Una cittadina dell'Ohio post industriale, squallida e uguale a tante altre dell'America provinciale , una fabbrica di bambole dove lavorano i protagonisti di questa storia e soprattutto il vacuo più totalizzante intorno, intorno alle cose e intorno alle persone.
Tutto è grigio, ovvio, banale, scontato, privo di qualsiasi segno di vitalità, rapporti umani compresi , almeno fino a che compare sulla scena Rose una giovane di una antipatia assoluta e che verrà trovata morta. Qualche sussulto lo vedremo, ma è poca cosa nel grigiore e nella desolazione.
Questo il quadro entro cui Soderbergh colloca la sua storia, e sicuramente lo fa con buona efficacia, ma la struttura narrativa è più che carente: nella prima parte si vedono solo i protagonisti mangiare, scambiarsi idee su come sbarcare il lunario, con tanto di sottofondo di denuncia sociale che sa di trito e ritrito; poi il film si incanala in una sorta di thriller quasi psicologico che anima un po' la vicenda, pur non facendola decollare per nulla.
Ma è soprattutto la quasi ostentata descrizione di uno stereotipo americano sempre alle prese con i problemi economici, figlio delle grandi crisi industriali che risulta poco convincente; d'altronde se il cardine della storia doveva essere la desolazione interiore ed esteriore, lo si poteva fare senza far ricorso a tematiche troppo abusate, in special modo da certa ideologia liberal-americana da salotto.
Sa troppo di giochino cinematografico questo film di Soderbergh, una specie di esercizio teso a dimostrare che certe corde sa toccarle anche lui, solitamente interessato maggiormente ad altre tematiche.
Ammetto di non trovare Soderbergh particolarmente interessante come regista e con questa prova, da molti osannata, rimango fermo sulla convinzione, senza ovviamente nulla togliere alla bravura tecnica e a quel poco di valido che nel film è contenuto. Se bisogna cercare la descrizione del "nulla desolante" nel Cinema ,meglio rivolgersi altrove, anche se di Gus Van Sant ce ne sono pochi in giro.
Bel posticino che hai qua missile, ce n'è di roba interessante da spulciare...
RispondiEliminaPer quanto riguarda Soderbergh capisco le tue perplessità, è un regista che spesso non si capisce dove voglia andare a parare.
Eppure bisogna riconoscergli la volontà di cercare strade diverse e ogni tanto una certa vena sperimentale.
Anche se la sua produzione è stata piuttosto altalentante, ma comunque di livello medio-alto, riesce comunque a far parlare di sè con ogni nuova uscita e questo non è cosa da poco.
Grazie Martin :) spero tu possa trovare interessanti queste mie riflessioni cinematografiche.
RispondiEliminaVero Soderbergh possiede una forte verve innovativa e questo gli va riconosciuto, però questo oscillare tra tematiche e stili vari non mi convince molto.
Sobek! Ok, per Sodobergh è un esercizio (un esercizio minimalista), ma gli è riuscito da dio. Magari si 'esercitasse' sempre così... Certo tutto è grigio - ma non banale, né scontato! - e lo è pure il delitto in un film che non cerca sussulti ovvi e che non può esserci mostrato in modo diverso dall'immagine di un cibo in tv o da un cibo ingoiato, da una seduta dal parrucchiere o dalla gonfiatura di una testa di gomma. La struttura narrativa non è carente, bensì eccellente ed è mantenuta tale dall'inizio alla fine. I protagonisti che mangiano sono parte del quadro: mangiano come si può fare l'amore o uccidere. Non cambia nulla. Non è un film di denuncia. E' un ritratto. Riuscito. ;)
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