martedì 20 aprile 2010

I cattivi dormono in pace ( Akira Kurosawa , 1960 )

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Rivisitazioni  Cinematografiche
Corruzione e potere

Il grande banchetto nuziale che apre il film funge da prologo attraverso il quale vengono raccontati gli antefatti e presentati i protagonisti, ed è uno dei momenti più belli di tutta la pellicola: essere catapultati nel mezzo di una storia di avidità, corruzione, potere e morte che funge da filo conduttore, mostrando gli aspetti più feroci e più tragici di personaggi privi di ogni etica, assetati solo del denaro e del potere.
La vendetta escogitata da Nishi, il novello sposo della figlia del suo grande capo, presidente dell'ente nazionale per la ricostruzione, può finalmente scattare: placare il suo desiderio di giustiza per il padre, costretto al suicidio cinque anni prima da quegli stessi burocrati corrotti con cui ora lavora da anni.
La vendetta passa attraverso Yoshiko, la mansueta e sfortunata figlia di Iwabuchi, la donna sposata per poter finalmente entrare nei meccanismi del sistema di corruzione e fare esplodere tutto.
Ma Nishi scoprirà a sua spese che il suo animo non è malvagio al punto di desiderare il male più assoluto per i corrotti che indussero al suicidio il padre e il suo amore vero per la moglie risulterà un altro ostacolo al compimento della vendetta.
Alla fine, nonostante l'impianto vendicativo alla Hitchcock messo in piedi, Nishi soccomberà di fronte alla forza e all'arroganza del potere e della malvagità, consentendo ai cattivi di poter tornare a dormire sonni tranquilli. Unico successo per Nishi sarà il disprezzo che la moglie e il fratello di lei urleranno in faccia al padre, vero macabro trionfatore della vicenda.
Tutto il film è solcato da un senso di pessimismo ed ineluttabilità, come quando si ha a che fare con eventi di cui sappiamo già prima l'esito: le nefandezze umane che vanno a braccetto con la denuncia della corruzione pubblica, alimentata dalla smodata sete di potere, all'ombra di un perido post bellico tragicamente rappresentato dal covo di Nishi, rifiugio antiaereo immerso nella devastazione più totale, retaggio di una guerra ancora troppo vicina.
E' insomma l'evoluzione del Kurosawa neorelista che volge lo sguardo alle miserie interiori umane e alla meschinità, con  quella triste rassegnazione che distrugge anche l'etica esaltazione di Nishi, eroe solitario di una battaglia impari.
Se da una parte quindi il film si pone come modello delle storie a forte impatto di denuncia sociale, dall'altro il viaggio del Maestro nelle pieghe più profonde dell'animo umano si arricchisce di un altro capitolo straordinario, forte di una lucidità e di una conoscenza umanistica insuperabili.

2 commenti:

  1. uno dei pochi film del Maestro che mi manca! devo assolutamente rimediare....

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  2. Beh sì Monsier, è senz'altro uno dei più belli di Kurosawa, non deve assolutamente mancare la visione.

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