venerdì 16 aprile 2010

L'angelo ubriaco ( Akira Kurosawa , 1948 )


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Rivisitazioni cinematografiche
L'acquitrino della condizione umana

In una Tokyo appena uscita annientata dalla seconda guerra mondiale, le periferie appaiono come la materializzazione dell'inferno: in questo contesto Kurosawa ambienta L'angelo ubriaco, dolorosa lente di ingrandimento posata su un paese e su un popolo distrutto e annichilito, in cui la forza propositiva di un medico burbero e ubriacone, guaritore di corpi e di anime, getta un raggio di luce umanistica che rischiara l'immondo acquitrino intorno a cui si svolgono gli eventi narrati.
Il dottor Sanada combatte la sua battaglia contro la tubercolosi e le malattie infettive che trovano  terreno fertile in una popolazione allo stremo, in cui si iniziano ad affacciare i paladini del malaffare e i delinquenti.
Missione quasi impossibile salvare il boss Matsunaga dalla TBC e redimerne l'anima, turbolenta e orgogliosa, sprezzante della morte, forse perchè molto simile alla sua. L'incontro-scontro tra i due è il filo conduttore di tutta la pellicola, accanto al quale si muovono personaggi collaterali, ma tutti chiusi nella loro disperazione.
Il declino del boss malato, scavalcato nelle gerarchie malavitose, abbandonato, è tumultuoso nonostante la strenua resistenza imposta dal medico,ed il finale tinto di un cupo pessimismo, in cui sembra percepirsi una totale sfiducia del regista nelle capacità di redenzione dell'uomo , appare più come un angosciato lamento sulla stupidità umana.
La palude che appare immancabilmente in quasi tutte le riprese esterne diviene un lurido specchio in cui la società e l'uomo possono specchiarsi e leggere le proprie disgrazie; la stessa palude che vedremo bonificata in Vivere, chiara denuncia sociale sulle condizioni di vita del Giappone post bellico.
Solo la ragione, come sentenzia Sanada sul finale parlando con la giovane guarita dalla TBC, può far uscire l'uomo dall'abbrutimento e dalla disgrazia; altrimenti , seguendo i suoi istinti la catastrofe è sicura.
Ricco di simbolismi e di riflessioni sociali ed intimistiche , questo lavoro del Maestro appare affiancarsi pienamente al filone neorealista, attento come è alla descrizione della realtà dei bassifondi di Tokyo e si presenta come un'opera angosciante, grondante disperazione ,con piccoli fasci di luce che la percorrono.
La coppia di attori fidati di Kurosawa, che diverranno colonne portanti dei suoi più grandi successi, composta da un giovane e quasi esordiente Toshiro Mifune e il bravissimo Takashi Shimura offre una eccellente prova, ricca di unamintà.

2 commenti:

  1. Un grande Kurosawa. La coppia Mifune-Shimura, che l'anno seguente si ripeterà in "Cane randagio", è davvero affiatata!

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  2. La cosa che più stupisce è il realismo che pervade il film, vi ho trovato, rivedendolo, molte analogie con il neorealismo italiano. L'accoppiata di attori ha trovato con Kurosawa la fortuna, ma loro ci hanno messo tantissimo nei suoi capolavori.

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