sabato 8 maggio 2010

Brothers ( Jim Sheridan , 2009 )

*****
Le devastazioni interiori della guerra e il dramma famigliare

Basandosi su un soggetto scritto e sviluppato in film da Susanne Bier nel 2004 , il regista irlandese Jim Sheridan dirige questo dramma in stile americano del terzo millennio, dominato dalle devastazioni morali delle varie guerre che vedono sparsi nel mondo decine di migliaia di giovani americani.
Per fortuna il film è anche molto di più: un dramma famigliare e personale che trova nel distacco causato dalla guerra lo spunto per esplodere in tutto il suo fragore.
Sam e Tommy sono due fratelli apparentemente agli antipodi, risultato di aspettative paterne concretizzatesi e frustrate; il primo ufficale dei Marines in partenza per l'Afghanistan proprio mentre l'altro, sbandato e poco di buono, esce di galera: su di loro incombe la figura paterna concentrato di vizi e virtù tipicamente americane.
Sam verrà dato per morto, e forse lo è veramente dentro e Grace, la giovane moglie non vorrà mai aprire la lettera del marito che un ufficiale le consegna, la sua presenza aleggia ancora nella famiglia, al punto tale che Tommy colto da improvvso senso di responsabilità decide di dedicarsi alla cognata e alle due nipotine. L'incendio tra i due sta per esplodere ma la presenza eterea di Sam impedisce ad entrambi di andare oltre.

Sam non è morto era solo disperso , ma nelle gole gelate, in mano ai Talebani la sua vita interiore muore veramente, costretto ad un gesto che sa di cannibalismo morale, prima che i commilitoni lo mettano in salvo.
Il ritorno sarà una sconfitta su tutti i fronti per Sam: con se stesso anzitutto, con la moglie e con il fratello dei quali sospetta la tresca e con le figlie , che trasformano l'amore per lui in terrore puro.
Il finale lascia qualche spiraglio di luce, ma la domanda finale di Sam, finalmente liberatosi del peso che lo tormentava, è amarissima e agghiacciante.
L'essere riuscito a coniugare bene drammi nazionali con drammi personali gioca a favore di Sheridan, che evita abilmente la trappola del solito film antimilitare  d'occasione; piuttosto è molto bravo, nel momento in cui la quiete lascia il posto alla deflagrazione, a raccontare con cura quelle che sono le aspettative e i rapporti che regnano nella famiglia , gli scontri e i riavvicinamenti, i sensi di colpa e il superamento del dolore che immobilizza e annienta.
La "morte" di Sam diventa per Tommy una occasione di redenzione, anzitutto interiore, e quindi nei rapporti famigliari, che lascia intraevedere per lui una risalita , proprio nel momento in cui quello che è sempre stato il fratello bravo affonda nel suo rimorso e nella sua follia: il bene non sta sempre tutto da una stessa parte.
Il film insomma funziona bene, colpisce con la giusta forza e lascia in bocca un gusto amaro, anche grazie ad una regia misurata che ha il pregio di tenere sempre alta la tensione emotiva.
Bravi e convincenti gli attori: da Sam Shepard nel ruolo del carismatico pater familiae a Tobey Maguire, un Sam devastato nel corpo e nella mente, ma soprattutto Natalie Portman e Jake Gyllenhaal che regalano due interpetazioni notevolissime.

2 commenti:

  1. Il finale devo ammettere che mi ha emozionata fino alle lacrime. Il film è un buon film, con qualche "sbavatura" che io avrei evitato (troppi retoricismi "sentimentali" come la lettera che la moglie non apre e non solo).

    RispondiElimina
  2. Sì vero, un po' di retorica c'è, ma non infastidsce più di tanto ed il finale è debordante di pathos sano e genuino.

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.

Condividi