martedì 28 settembre 2010

Peppermint candy ( Lee Chang-dong , 1999 )

Giudizio: 9/10
La deriva di un uomo

E' questo il secondo lavoro di Lee Chang-dong, regista coreano di indubbia bravura, la cui prima conoscenza si ebbe con Oasis, film senz'altro di impatto e che segue Peppermint Candy di due anni, in cui al regista è mancata la durezza e la spietatezza che invece sono grandiosamente contenuti in questo.
Già nella struttura narrativa Lee fa centro brillantemente, costruendo il film su un percorso a ritroso fatto di flashback sempre più lontani nel tempo, immaginificamente introdotti dall'intermezzo di un treno che sembra correre all'indietro , mentre invece altro non è che un orologio che ritorna sui suoi passi a mostrarci i momenti sempre più lontani della vita del protagonista.
Il treno a ritroso nello spazio e nel tempo parte da un ameno picnic sulle rive del fiume Han in cui si mangia, si balla , si canta e si rievocano gli anni passati; l'improvvisa comparsa di Young-ho, che alla allegra compagnia non è del tutto estraneo, ribalta in un solo attimo il registro narrativo, fino a piombare nel dramma.
Ecco allora che il treno inizia a correre a ritroso, raccontandoci in maniera cruda e lacerante la vita di un uomo frustrata nelle sue aspettative, plasmata dagli eventi, ridotta a brandelli da disperazione e rabbia, ed il ritratto che ne risulta è di quelli che il Cinema raramente riesce a disegnare con tanta richezza di sfumature.
Con lo scorrere indietro nel tempo capiamo quindi come un tranquillo ragazzo possa trasformarsi in un uomo alla deriva, abbandonato a se stesso e al suo mondo fatto di rimpianti e di annientamento.
Quando il treno fermerà la sua corsa, saremo nuovamente in riva all'Han, 25 anni prima ed il cerchio sarà splendidamente chiuso dando un senso di potente drammaticità a tutta la storia.
La discesa agli inferi di Young-ho è narrata con dovizia di particolari in tutte le fasi della sua vita, dalla violenza della vita militare durante il regime autoritario coreano, fino all'impiego nella violenta polizia che lava via l'ultima scorza di umanità e marchia indelebilmente Young-ho, la vita di famiglia in cui l'uomo rigetta il suo crescente disagio, gli amori giovanili abbandonati, i tradimenti, la scalata sociale contando sui soldi facili e l'inevitabile tonfo nella solitudine e nell'abbandono con solo un carico di disperazione insopportabile sulle spalle.
Per Lee è anche un pretesto per raccontare, nascosta tra le pieghe della vicenda personale, 25 anni di storia e di vita coreana che abbraccia la dittatura militare, la repressione, il boom economico , il forte senso della competizione e l'inevitabile senso di sconfitta e di rifiuto che segue ad un fallimento.
Per chi guarda è istintivo immergersi nel crescente degrado di una vita irrimediabilmente votata alla tragedia e l'espediente di raccontarla a ritroso , portandoci a conoscenza delle vicende per tappe scorrendo indietro il tempo , sembra accentuare ancora di più la mestizia e la cupezza che regnano nella vita di Young-ho, un autentico ritratto di perdente che ha sempre, di fronte al bivio, girato per la strada sbagliata.
Tutta la storia è sostenuta da una regia decisa in cui Lee ha sempre il controllo, non sfuggendogli nulla, neppure dal punto di vista tecnico , col risultato di rappresentarci a tinte quasi eroiche la battaglia di un uomo votato alla rovina, magnificamente supportato in questo dalla splendida prova di Sol Kyung-gu, perno imprescindibile di un film bellissimo che non si va lontano dalla verità definendolo un capolavoro.

4 commenti:

  1. Concordo: capolavoro. E lo stratagemma di raccontare la storia a ritroso è molto più efficace qui che in pellicole successive che usano lo stesso device narrative, che siano riuscite ("Memento", "CinquePerDue") o meno ("Irreversible").

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  2. Giusto Christian, la scelta tecnica è fondamentale, da al film maggior forza. Grazie ovviamente per il consiglio che mi hai dato, Lee lo conoscevo veramente poco, ed è invece autore che merita.

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  3. Spinto dalla tua recensione (e ti ringrazio) l'ho visto e debbo dire che mi ha colpito enormemente, non è assolutamente fuori luogo parlare di capolavoro; un film che possiede la forza del Kim ki duk prima maniera e che costruisce un personaggio indimenticabile.

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  4. Son contento che ti sia piaciuto , baobab, e a distanza di giorni e dopo aver conosciuto meglio il regista son sempre più convinto che sia un film stupendo.

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