sabato 27 novembre 2010

Bright future ( Kiyoshi Kurosawa , 2002 )

Giudizio: 7/10
La salvezza in una medusa

Kiyoshi Kurosawa è regista indubbiamente mai scontato, spesso affascinante nella sua idea cinematografica, le cui opere sono soggetto di ampie discussioni con giudizi che vanno da un estremo all'altro con in mezzo tutte le sfumature possibili.
Ed un film come questo Bright future non poteva che essere figlio di un cineasta di tale lignaggio: ermetico, metaforico, spesso oscuro, difficile da seguire e da assimilare, in cui spesso si ha l'istinto di lasciarsi trasportare dalle immagini splendide a discapito di una narrazione che fluisce lenta.
Yuji e Mamoru, giovani lavoranti di una lavanderia industriale, vivono nello stesso appartamento, l'uno, eterno adolescente, dorme( e vede un futuro luminoso) o gioca , l'altro passa la giornata a rimirare la sua medusa che volteggia in un acquario; la piatta esistenza viene scossa dal gesto apparentemente senza spiegazioni di Mamoru che uccide il suo datore di lavoro, lasciando Yuji in preda alla solitudine con la sola medusa da accudire come scopo di vita, almeno finchè non compare il padre dell'amico anch'esso lacerato dai dubbi sul gesto del figlio.

La coesistenza tra il giovane e l'uomo diviene metafora , a volte oscura altre venata di ovvietà, mediante la quale il percorso di vita viene analizzato e manipolato.
Su tutto regna incontrastata la medusa , che caduta dall'acquario si riversa nei canali di Tokyo, proliferando per partenogenesi ed offrendo visioni oniriche di corsi d'acqua illuminati dalla fluorescenza dell'animale.
Quella della medusa è indubbiamente la metafora che domina nel film, cospargendolo di simbolismi molti dei quali, occorre ammetterlo, risultano oscuri assai; l'idea di partenza di Kurosawa sembra essere quella della descrizione di un disagio giovanile profondissimo, quasi senza via d'uscita, se non attraverso gesti estremi, una inadeguatezza che crea depressione e mestizia, un vivere doloroso dove solo le iridescenze innaturali della medusa sembrano offrire qualche squarcio di colore.
La scelta tecnica di Kurosawa di fotografare una Tokyo quasi monocromatica, piatta, priva di vitalità offrendo immagini bellissime che indubbiamente colpiscono vuole essere il background stilistico ad un'opera che merita senz'altro almeno una rivisione, per poter meglio comprendere quello che è il messaggio del regista, mai come stavolta ermetico e criptico fino al limite dell'incomprensibile.
Giudizio in parte sospeso, anche se il film, pur nei suoi ritmi quasi estenuanti, affascina fino a confondere, lasciando però profonde lacune che forse solo la scena finale con il suo commento musicale tenta di colmare.
Ben si adattano all'atmosfera quasi ipnotica Tadanobu Asano che quando c'è da essere inespressivi da il meglio di sè e Jo Odagiri che mostra senz'altro una vitalità maggiore.

2 commenti:

  1. credo sia il primo k. kurosawa che ho visto (erano ancora i bei tempi di ghezzi), e l'avevo un po' rimosso. rispetto alle altre opere, questa fa un po' storia a sé, è più tsaimingliangheggiante. ho da tempo da parte tokyo sonata, forse è ora di spacchettarlo.

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  2. Concordo Iosif , la medusa sembra tanto il pescione che è sempre presente nei lavori di Tsai; Tokyo Sonata è bellissimo, un grande film dopo qualche prova non proprio entusiasmante di Kurosawa.

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