mercoledì 27 gennaio 2010

Le mele di Adamo ( Anders Thomas Jensen , 2005)

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Il bene, il male e la redenzione


Ivan , pastore protestante di campagna, si occupa del recupero di soggetti inviati ad una sorta di esilio in luogo della detenzione in carcere, Adam è un neonazista appena uscito di galera ed assegnato alle cure spirituali del pastore.
Due personalità che si incontrano e scontrano subito: l'uno totalmente votato al bene e all'altruismo, propugnatore convinto del "porgi l'altra guancia" , l'altro violento , brutale , arido , che ben presto lascia capire di che pasta è fatto sostituendo il crocifisso della sua stanza con una foto di Hitler; inevitabile il canglore dello scontro frontale in cui Adam dall'alto della sua straffottenza e del senso di sfida spezzante sceglie come obiettivo  per la redenzione una torta di mele da cucinare con i frutti raccolti dal grande albero che domina il prato davanti la chiesa. Abitanti della comunità sono anche un islamico rapinatore, un ex tennista ciccione alcolizzato e stupratore ed una donna incinta senza padre per il nascituro, alcolizzata anch'essa.
L'opera di recupero di Adam procede con risultati nulli, tanto è il fastido che prova verso il pastore, impersonificazione integralista del bene ad ogni costo al punto di negare e di rimuovere il male. In un drammatico scontro verbale Adam sputerà in faccia la sua verità al prete: "Dio ti odia, non è il diavolo che mette ostacoli" a spiegazione delle profonde ferite che hanno segnato fin dall'infanzia la vita di Ivan.
In un finale dai toni quasi fiabeschi  Adam e Ivan capiranno molto uno dell'altro e soprattutto di sè stessi , disegnando una parabola umanistica rivolta all'ottimismo e alla speranza.

Shutter ( Banjong Pisanthanakun , Parkpoom Wongpoom , 2004 )

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Vendetta oltre la morte


Tun e Jane, fotografo rampante e belloccio lui, laureanda lei, di ritorno da una festa investono una giovane donna, fuggendo poi spaventati senza prestare soccorso.
Il fatto crea turbamento soprattutto nella giovane , ma quando strane presenze iniziano a prendere corpo, dapprima in maniera flebile come ombre su fotografie ed in seguito prepotenti e ossessive, i due si rendono conto di essersi attirati le ire di una qualche entità legata alla ragazza morta. Quando poi tre degli amici di Tun sin dai tempi del liceo muoiono suicidi in rapida successione, la coppia , atterrita, decide comunque di indagare; scopriranno che gli eventi hanno una qualche attinenza con una ragazza , Natre, che fu fidanzata abbandonata di Tun.
Il fantasma che li perseguita dimostra sempre più i suoi intenti bellicosi e quando la verità, crudissima ,verrà a galla,  la vendetta verso Tun sarà peggiore della morte.
La coppia di enfant prodige del cinema thailandese dai nomi impronunciabili, esordisce con un lavoro che lungi dall'avere una seppur minima impronta di originalità è però riuscito in larghissima parte , se non altro perchè in grado di donare qualche sano balzo sulla sedia. I canoni sono quelli classici cui il cinema orientale si ispira ormai da anni e che vanno da The grudge a Ringu , fino a Dark Water che accanto a capelli neri lunghi sul volto, apparizioni improvvise , rumori e grida più o meno spaventevoli, vede la figura del fantasma incavolato affamato di vendetta per il torto subito.

martedì 26 gennaio 2010

8 donne e un mistero (Francois Ozon , 2002)

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Teatro, musical e tante star


Anni 50, una splendida villa immersa nella neve, una ricca famiglia che si ritrova per le festività natalizie e, sorpresa iniziale, l'unico uomo della casa trovato morto con un pugnale nella schiena.
L'assassino non può che albergare nella casa, popolata, fino alla fine del film, da sole donne: la moglie con le sue due figlie, la sorella, la cognata , la suocera e le governanti; una di queste ha inferto il colpo fatale. Con un impianto volutamente ispirato ad Agatha Christie assistiamo al dipanarsi della vicenda che rimane circoscritta all'interno dello splendido salone della villa e che si avvale di una struttura scenica tipicamente teatrale.
Se da una parte la vicenda, tra inserti di puro musical , rivelazioni varie e immancabile colpo di scena finale, svela alla fine il mistero, dall'altra scoperchia una sorta di vaso di Pandora portando alla luce intrecci e personalità degne del miglior nido di vipere.
Ozon si avvale di un testo teatrale per mettere in scena un arditissimo tentativo: riunire su un unico palco alcune tra le più grandi attrici francesi appartenenti ad almeno tre generazioni diverse e dietro il pretesto della scrittura, lasciarle scambiarsi frasi al vetriolo, insulti (mai volgari) e maldicenze; indubbiamente operazione ardua, ma perfettamente riuscita e con un risultato gradevolissimo, nobilitato anche dalle performance canore delle otto attrici.

Blind shaft ( Li Yang , 2003 )

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Storia di disperazione e cattiveria

Lucidissimo esempio di neorealismo in stile cinese, l'opera prima di Li Yang ha vissuto notevoli traversie con la dura censura di Pechino fino a quando l'entusiastica critca mondiale non la ha elevata ad una delle maggiori espressioni della  nuova cinematografia orientale.
Song e Tang , animati da diverso furore, escogitano un sistema agghiacciante per fare soldi: uccidono in miniera dei loro compagni di lavoro , fingendo un incidente e riscuotono l'indennizzo spacciandosi per parenti della vittima. L'uno cinico e amorale , l'altro spinto dalla necessità di procacciare denaro per mantenere il figlio agli studi, si muovono nel sottobosco umano delle provincie del nord della Cina, popolato da disperati alla ricerca affanosa di un lavoro. Il loro occhio malevolo cade su un giovanotto sprovveduto e sperduto che cerca lavoro per mandare i soldi a casa e sostenere gli studi della sorella, essendo il padre partito per lavoro a sua volta e mai più ritornato.
Il progetto delittuoso viene pianificato: trovano lavoro in una miniera, imbrogliano il direttore dei lavori spacciando il ragazzo come nipote di Song, carpiscono la fiducia dell'ingenuo ragazzo che cercano di avviare alla vita tra consigli e incontri nei bordelli, e quando l'ora X arriva un fato maldestro (o chi per lui) rovescia totalmente la vicenda, portando ad una conclusione che sta agli antipodi rispetto a quella immaginata e beffardamente rappresentata dalla grigia fumata che esce dall'inceneritore, ultima immagine del film.

lunedì 25 gennaio 2010

Them (David Moreau , Xavier Palud , 2006)

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Finalmente suspance !
Il prologo mette già le carte in tavola: madre e figlia uccise in maniera misteriosa al bordo di una strada con l'auto in panne.
Clementine e Lucas, coppia francese emigrata in Romania, dove lei insegna e lui cerca ispirazione narrativa, vivono in una grande villa alla periferia di Bucarest, vicina al luogo del delitto che apre il film.
La vita della giovane coppia sembra serena e tranquilla, fino a quando una notte, allertati da strani rumori, si ritrovano assediati in casa da presenze ignote molto male intenzionate; fuggire dalla casa, unica apparente possibilità di salvezza, non serve a nulla, saranno braccati nei boschi prima e in bui e squallidi sotterranei poi.
Sfruttando tutto ciò che decennni di cinema di genere hanno sfornato , i due giovani registi francesi dirigono un thriller di quelli veri, che incollano allo schermo e che coinvolgono; la storia è quanto di più banale e semplice, non ci sono funambolismi tecnici o trovate rivoluzionarie, ma attingendo a piene mani a schemi , situazioni e tecniche classici ottengono un risultato ottimo, un crescendo lento e inesorabile di tensione, angoscia e paura come di rado ultimamente è capitato di vedere negli horror-thriller.

domenica 24 gennaio 2010

Green snake (Tsui Hark , 1993)

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Rivisitazioni cinematografiche

Fantasy e sensualità

Lo spunto è quello di una famosa leggenda cinese, il risultato è un classico film  fantasy ricco di pieghe e di sinuosità che ne fanno un lavoro affascinante e  piacevolissimo.
White e Green sono due serpenti, solitamente esemplificazione del male in tutte le latitudini e relegioni, che ricevono il dono di poter assumere sembianze umane sotto forma di due sorelle , grazie alla magnanimità del monaco Fa-hai, custode della parola del Buddha.
Le due sorelle, finalmente dalle sembianza umane, si insinuano nella vita del villaggio, riuscendo a celare le loro ricadute rettili che le trasformano fugacemente nelle forme originali.
White ammalia col suo fascino il giovane maestro Hsui Xien grazie alla sua maggior quota di "umanizzazione" che la porta a provare sentimenti, Green invece è ancora troppo grezza come "umana" , ma vorrebbe essere come la sorella; inevitabile la gelosia, i tentativi insinuanti di sedurre il giovane preso tra due fuochi e in un crescendo finale una sorta di resa di conti tra bene e male, uomo e dio, religione e tormenti umani, con omini volanti e wuxia sullo sfondo.

Running on karma (Johnnie To , Wai Ka-Fai , 2003)

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Thriller filosofico-religioso


Uno spettacoloso inizio fatto di omini Michelin che si spogliano su un palco tra donne adoranti, una scena del delitto buia e insozzata che vede sbucare da una scatola il presunto assassino, inseguimenti che si incrociano tra chi cerca l'assassino e chi deve riacciuffare un gonfio culturista fuggito nudo, apre in maniera frenetica questo film dell'accoppiata To-Wai, a dire il vero piacevolmente atipico, soprattutto riguardo  Johnnie To che pur non abbandonando il poliziesco e il noir in senso lato, si cimenta in un riuscito esperimento di thriller filosofico.
Big è un culturista che sbarca il lunario esibendosi come spogliarellista in club per donne in cerca di trasgressione; anni prima era stato un monaco buddhista fino al giorno in cui una sua amica fu uccisa brutalmente.
Si ritrova nel bel mezzo di una retata della polizia condotta da Lee Fung Yee, giovane poliziotta che si era finta sua fan, che si conclude con il poveraccio completamente nudo alla mercè della polizia dopo un lungo inseguimento nel quale viene anche scambiato per un assassino cui altri poliziotti stavano dando la caccia. Big ha un dono e una maledizione: riesce a vedere il karma delle persone riuscendo quindi a leggere il loro destino.

giovedì 21 gennaio 2010

The longest Summer ( Fruit Chan , 1998 )

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La lunga estate di Hong Kong


Primavera del 1997 : la guarigione speciale hongkongese dell'esercito di Sua Maestà viene sciolta in vista del passaggio imminente della colonia sotto la sovranità della Cina Popolare.
Un gruppo di commilitoni si ritrova all'improvviso senza lavoro, privati di quella divisa che per tanti anni con orgoglio avevano indossato. E' lo specchio spietato del trauma epocale che scuote una megalopoli e i suoi abitanti: nulla sarà più come prima, bisogna riciclarsi in fretta perchè le regole del mercato impongono di far soldi subito e tanti.
L'ex sergente Ga Yin, spinto dai genitori ansiosi di vederlo guadagnare e contando sulla buona parola del fratello minore, scagnozzo di un boss mafioso, viene avviato alle attività border line che ruotano intorno alle triadi.
Serve però qualcosa che dia una svolta alla vita e d'accordo con gli altri ex commilitoni, ognuno dei quali col sogno e i progetti nel cassetto, organizza una rapina che finisce tragicomicamente male.
Il boss , all'oscuro della cosa , non la prende bene, una enigmatica ragazza si intromette nell'affare e l'evoluzione della storia e della sacca coi soldi rubati giunge sin quasi alla fine del film.
Su tutto, a fare da sottofondo quasi osessivo, l'imminente handover, con la città eccitata ed in fermento per l'evento, visto sotto la più varie sfaccettature dalla popolazione.

mercoledì 20 gennaio 2010

Three ( Kim Ji-woon, Nonzee Nimibutr,Peter Chan , 2002 )

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Trittico di horror in salse varie


Trittico di mediometraggi orientali con tema comune l'horror nelle sue forme più disparate e con tinte da thriller psicologico e sovrannaturale. Le tre storie hanno nulla in comune e sono un esempio in buona parte valido di cinematografia stereotipata.
Memories del coreano Kim Ji-won apre il film, in maniera piuttosto conturbante, mostrando un uomo solo su un divano, un palloncino che aleggia ed una bambola che fa scattare la testa; è un incipit bello, uno dei momenti di maggior tensione del film e che ci introduce nella storia di un uomo annichilito dalla scomparsa della moglie, apparentemente senza motivo. Moglie che vediamo in rapidi e misteriosi inserti con flash terrorizzanti che ci pongono il fondatissimo sospetto che qualcosa di terribile le sia successo.
Pur rimanendo appena accennata una traccia, nel finale sembra che tutto si chiarisca e che l'alternarsi di realtà e incubo prenda finalmente una strada definitiva.
Kim conferma le sue ottime capacità di regista a forte impronta visiva, dirigendo un mediometraggio in cui disturbi della personalità, realtà mutevoli , rimozione e repressione degli eventi costituiscono un fulcro attorno cui gira tutta la storia. A parte qualche momento di sano splatter, quello che incute tensione è lo svolgersi degli eventi e lo scoprire piano piano come la psiche sa essere terrorizzante.
Nonostante il ritmo tendezialmente lento e compassato, i momenti di frenesia visiva non mancano; emerge una certa confusione nello svolgersi della storia, un volere forse lasciarla troppo aperta, ma a al di là di questo l'episodio si fa vedere con interesse.

martedì 19 gennaio 2010

Synecdoche , New York ( Charlie Kaufman , 2008 )

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Un film che stordisce


Charlie Kaufman , stimatissimo e geniale sceneggiatore, tra  gli altri di Michel Gondry, passa dietro la macchina da presa e firma questo formidabile film che lascia in chi lo guarda il senso di essere stato investito da un tir a velocità supersonica, tanto grandi sono lo sbigottimento e la lacerante, tangibile sensazione di dolore e oscurità che infondono le storie che vanno dritte alla quintessenza della vita.
Narrarne la trama può risultare altamente riduttivo; basti sapere che dietro le vicende di Caden Cotard, commediografo americano di un certo successo, in rapida successione scosso da insoddisfazione, ipocondria etrema , abbandono da parte della moglie, artista anch'essa, e della piccola figlia, rapporti umani in perenne instabile equilibrio, il regista mette in scena un progetto tra i più ambiziosi che si siano mai visti: la descrizione della vita, nei suoi aspetti più pregnanti e la sua parabola  tracciata dal profondo senso della morte, dall'arte come espressione  e come specchio della realtà, dall'incomunicabilità umana racchiusa nella famiglia e nei rapporti interpersonali.
Come tutte le opere ambiziose, anche questa non sfugge a qualche imperfezione, minima a dire il vero e soprattutto, quando sa andare dritta al cuore del problema, si tinge coi colori del capolavoro assoluto.

lunedì 18 gennaio 2010

Exodus ( Pang HoCheung , 2007 )

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Pang guarda beffardo


Uno straordinario incipit fatto di pinne , maschere, boccagli , martellate sulla schiena e scie di sangue, su cui incombe lo sguardo sorridente di una giovane Regina Elisabetta , apre questo raffinato e gustoso film di Edmond Pang , autore che fa della sua eleganza visiva e della sua beffardia i cardini dei suoi lavori.
Tsim , poliziotto con più di vent'anni di onorata carriera alle spalle, sposato con una ricca e bella ragazza ,stila il verbale di arresto di uno strano tipo preso mentre riprendeva con una telecamera alcune donne nei bagni pubblici, asserendo che spiava la combriccola in quanto un fantomatico sindacato delle donne ha deciso l'annientamento degli uomini dalla faccia della terra.
Dopo poche ore, probabilmente indotto da qualcuno, lo stesso personaggio cambia radicalmente la versione dei fatti, ammettendo di essere semplicemente un guardone pervertito.
Tsim , inizialmente assolutamente disinteressato alle argomentazioni, prova uno strano sospetto che lo porta ad indagare più a fondo sul bizzarro episodio: lo strano tipo sparisce, ma in compenso il poliziotto farà la conoscenza della sua bella moglie, la quale gli si concederà proprio quando apprende della morte del marito.
Le indagini ulteriori sembrano portare ad un coinvolgimento di tutti i personaggi donna e ad un finale beffardo, surreale e probabilmente neppure troppo riuscito.

domenica 17 gennaio 2010

Freaks ( Tod Browning , 1932 )

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Rivisitazioni cinematografiche

Imprescindibile film maledetto

Film tra i più incredibili mai prodotti questo di Tod Browning, che si ammanta sin dalla sua ideazione dei crismi "maledetti". Il solo pensare di poter portare sullo schermo una storia simile, negli anni 30, è già di per sè sinonimo di follia; se a questo aggiungiamo quale fosse la morale comune riguardo ai diversi e ai deformi e le loro condizioni di vita, in segregazione e nascosti, è facile rendersi conto come siamo di fronte ad uno dei primi autentici visionari del cinema moderno.
I freaks radunati dal regista sono i protagonisti di una storia che si svolge nell'ambiente circense dove nani, deformi, mezzi uomini e mezze donne, esseri senza arti et similia lavorano come attrazioni, sotto la perenne vessazione e umiliazione perpetrata ai loro danni da una trapezista e da un forzuto; quando i freaks coalizzati scopriranno l'ultimo insulto rivolto ad uno di loro, scatterà una vendetta atroce, talmente orribile che il film ne risulta mutilato, essendo state tagliate le scene di tortura e mutilazione a carico dei soli due esseri normali , ridotti , alla fine, anche loro a dei freaks.
Da un lato il diverso, dall'animo buono e candido, dall'altro il normale turpe e cattivo: la dicotomia si inverte, rovesciando totalmente quello che era un caposaldo nel pensare dell'epoca e cioè che alla deformità fisica facesse da contraltare una cattiveria e una malattia anche interiore.

sabato 16 gennaio 2010

Zatoichi ( Takeshi Kitano , 2003 )


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Kitano si diverte


Sorprendente salto nel passato e nel cinema in costume per Takeshi Kitano, che con un film che si rifa ad un personaggio che è stato la storia della TV giapponese anni '60, dirige questo lavoro imperniato sulla figura di Zatoichi ed ambientato nel XIX secolo , tra campagna e bande di delinquenti in kimono.
La figura del cieco massaggiatore nonchè abilissimo branditore di katana che si schiera in difesa dei deboli contro le ingiustizie dei prepotenti e vessatori rimanda senza troppe acrobazie a Kurosawa;
così come il convergere nel piccolo villaggio di personaggi che hanno qualche legame labile e trasversale che troveranno un senso ai loro tormenti, siano essi alimentati da sete di vendetta o da ricerca dell'onore perduto, rimanda a certo western popolato da tante storie individuali che si intrecciano; il mirabolante e sorprendente finale catapulta dritto in una musical stile Broadway con tanto di tip tap, di colori e di musica ritmata.
Questo mixing risulta l'aspetto più bello del film , nel quale Kitano si diverte a fare il Tarantino con katane svolazzanti, schizzi di sangue e arti mozzati, tenendo in secondo piano il topos dell'eroe solitario e dei personaggi circoscritti nel loro destino ineluttabile, la cecità della violenza e del sopruso, il pessimismo estremo; sì perchè alla fine il film risulta soprattutto divertente,quasi leggero e anche le scene più sanguinose sono tinte di quell'umorismo che Kitano ogni tanto è uso sbattere in faccia allo spettatore.

venerdì 15 gennaio 2010

Festen ( Thomas Vinterberg , 1998 )


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Il feroce ritratto della borghesia


Una grande e suntuosa residenza di campagna nella quale si celebra in pompa magna il sessantesimo compleanno di Helge, patriarca di una famiglia dell'alta borghesia danese: questo è lo scenario, in perfetta conformità col Dogma, in cui Vinterberg ambienta questo lavoro che, con fin troppa baldanza e pomposità, viene definito come il primo film fedele alle rigide regole del patto sottoscritto da alcuni registi nordici capitanati da Lars Von Trier.
La villa si popola di personaggi vari tra i quali i figli del ricco proprietario, il cui solo presentarsi sullo schermo li rende subito facilmente classificabili.
Nella casa e sulla festa aleggia la presenza/assenza impalbabile della giovane figlia morta suicida solo poco tempo prima, fantasma che popola i pensieri e la mente dei fratelli, incapaci di spiegarsi il gesto.
Nel bel mezzo della festa Christian , il figlio più grande, tra canti e discorsetti di circostanza , durante il suo discorso di brindisi, accusa il padre di aver ripetutamente abusato di lui e della sorella gemella morta quando erano in tenera età e di essere colui che ha causato il suicidio della ragazza.
La festa diviene da quel momento una sorta di ring dove si lotta per la sopravvivenza e in cui nessun colpo è vietato, raggiungendo apici di meschinità , di cattiveria e di violenza inusitati.

giovedì 14 gennaio 2010

Marebito ( Takashi Shimizu , 2004 )


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Terrore e follia


Masuoka, cameramen e appassionato di video, vive la sua ossessione alla ricerca dell'immagine che incarni il terrore e la paura, circondato di video e monitor sui quali riguarda tutto ciò che riprende in continuazione camminando per la città con la sua inseperabile videocamera.
Nella metropolitana si trova a riprendere un suicidio apparentemente inspiegabile e nel riguardare le immagini si accorge dello sguardo traboccante terrore del suicida un attimo prima di conficcarsi un coltello nell'occhio. Un fugace sguardo verso la camera sembra indicare a Masuoka la strada per raggiungere la comprensione della paura.
In un viaggio nei sotterranei della metro , dove è convinto si nasconda l'arcano, avrà modo di incontrare strane creature che si muovono nel buio ed una ragazza incatenata che porterà con sè in casa. Scoprirà presto che la ragazza si nutre di sangue umano.
Da quel momento, in una spirale di follia allucinata, il nostro eroe diverrà procacciatore di sangue per la fanciulla, proseguendo il suo personale viaggio verso la pazzia.
All'inizio non sappiamo nulla di lui, ma col procedere della storia, piccoli frammenti ci aiutano a capire da dove provenga il suo stato mentale e come i demoni che si materializzano non sono altro che quelli che albergano nella sua anima, votata ineluttabilmente alla follia.
Il finale , volutamente poco chiaro, si presta ad una libera interpretazione, seppur ammantato di toni bui e di incubi.

mercoledì 13 gennaio 2010

Arca russa ( Alexandr Sokurov , 2002 )


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La Russia tra Arte e Storia


Un non meglio precisato visitatore contemporaneo russo ed un nobile proveniente dall'800 si ritrovano come per magia nel Palazzo dell'Hermitage a San Pietroburgo: nessuno (o quasi) può vederli nè sentirli e si avviano ad un lungo cammino lungo gli sterminati corridoi e le colossali sale del palazzo, passando in rassegna opere d'arte, incontrando personaggi storici che quel palazzo abitarono ( i vari zar e zarine da Pietro il Grande a Nicola II, dai cortigiani ai diplomatici), disquisendo di storia , a rte, lettere e politica. Il viaggio, tra sale ora adibite a museo ed altre che testimoniano la magnificenza del palazzo, si conclude in un fantasmagorico ballo nel 1913 alle soglie della Rivoluzione che spazzerà via tutto e alla quale simbolicamente vanno incontro i nobili uscendo dal salone da ballo lungo le scale che conducono all'esterno.
L'opera di Sokurov si presta a molteplici considerazioni così ammantata come è di visionarietà e di magia, pesantemente condizionata dalla scelta rivoluzionaria e geniale di girare il film in un unico piano sequenza.
L'Hermitage inteso come fulcro della storia russa, passata e presente, diviene il magico luogo di culto in cui si celebra la grandiosa e tragica epopea della madre Russia: da un lato il diplomatico francese che ne celebra la grandezza derivata da una poderosa potenza politica e militare, dall'altro il nostro contemporaneo che del paese conosce il dramma del XX secolo tra Rivoluzione, guerre e sconvolgimenti sociali e politici che ammantano il suo narrare di disincanto e di tragicità.

martedì 12 gennaio 2010

The equation of love and death ( Cao Baoping , 2008 )


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Ritmo e oscillazioni


Li Mi è una tassista di Kunming, città del sud della Cina, inguaribilmente ossessionata dal ricordo del fidanzato sparito ormai quattro anni prima ma che continua a spedirle lettere che lei freneticamente ripete ai suoi clineti, rimuginando numeri e fumando come una turca; Huogui e Shuitian sono due
campagnoli, nonchè maldestri aspiranti malavitosi giunti in città per effettuare una consegna di droga racchiusa in ovuli e custodita nei loro intestini; Ma Bing e Feifei sono una coppia intenta in una pseudoscientifica discussione a bordo della loro auto. I destini di questi personaggi convergeranno fugacemente e pericolosamente nei pressi di un cavalcavia dal quale un capellone, che i malviventi avevano individuato come il loro contatto, vola di sotto schiantandosi sulla macchina di Ma Bing e Feifei.
I due corrieri, di certo più simili a Totò e Peppino che a una coppia di malavitosi, rimasti senza contatto e senza possibilità di ritorno a casa, sequestrano Li Mi, la quale in circostanze comiche riesce a liberarsi. Nella stazione di polizia crede di riconoscere il suo fidanzato in Ma Bing, ma questi e il poliziotto che si occupa del caso smontano le sue convinzioni. Lei ben lungi dall'essere convinta cercherà di saperne di più ed in un finale da noir tipico tutti i dubbi saranno fugati in un coacervo di dramma e di tenerezza.

lunedì 11 gennaio 2010

Le biciclette di Pechino ( Wang Xiao-shuai , 2001 )


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Neorealismo cinese


Bell'esempio di cinematografia neorealista proveniente da quella fucina della celluloide che è divenuta ormai la Cina, Le biciclette di Pechino, oltre a citare in maniera sincera Ladri di biciclette, ne ripercorre il solco all'insegna di un realismo che neppure la finzione filmica riesce a scalfire minimamente.
Il film è un bell'affresco tinto di forza di rivalsa, di emancipazione sociale, di lotta per la sopravvivenza e per il riscatto.
Guei giunge dalla campagna a Pechino dove viene assunto come pony express in una società di consegne che gli assegna una fiammante bici in dote che diverrà sua dopo aver raggiunto un guadagno prefissato; Jian invece la bici non ce l'ha , aspetta da molto che il padre gliela compri nonostante a scuola sia studioso e senza di essa non possiede quello staus symbol che serve per fare colpo sulla ragazza che gli piace.
A Guei la bici viene rubata gettandolo nello sconforto di vedere in un colpo solo perdere il mezzo di locomozione e il lavoro; la stessa bici compare tra le mani di Jian che afferma di averla comprata usata , rubando i soldi al padre.
Il film prosegue quindi con lo scontro tra i due , affannati a conquistare per sè l'ambita bicicletta che passerà di mano svariate volte, nonostante i corpi abbarbicati su di essa ,fino ad un apparente accomodamento.

Mysterious skin ( Gregg Araki , 2004 )


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Ferite che lasciano il segno

Tenendo fede alla sua fama di cineasta indipendente e scomodo, Araki dirige questo Mysterious skin dimostrando profonda onestà intellettuale e coraggio, confermando inoltre le sue doti di regista a forte impronta visiva.
Brian e Neil sono due ragazzini di 8 anni, famiglie sconquassate alle spalle, che subiscono le attenzioni e le molestie del loro allenatore di baseball.
Dieci anni dopo li troviamo a ripercorrere la storia che li ha condotti a 19 anni dopo essere stati segnati dalla tragica esperienza. Mentre Brian reagisce con l'annichilimento convincendosi che i vuoti di memoria e i suoi malori dipendano dal fatto di esser stato rapito anni prima dagli alieni, Neil si trova invece lanciato nella sua spinta omosessualità che lo porta alla prostituzione e ad una sfrenata e promiscua attività sessuale.
Brian visse il trauma come un annientamento , Neil invece come una sorta di esaltazione ed infatuazione : entrambi però giunti nel pieno della maturità capiranno come il modo di reagire così diametralmente opposto non è altro che la duplice faccia di un trauma che ha distrutto le loro giovani vite.
Si rincontreranno dopo 10 anni da quell'evento e in un finale toccante e magico insieme prenderanno piena coscienza dei fantasmi che li perseguitano, lasciando però spazio ad una possibile via d'uscita di redenzione, dopo che l'incubo sarà passato per intero davanti ai loro occhi.

domenica 10 gennaio 2010

Center stage ( Stanley Kwan , 1992 )


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Cinema nel cinema e un ritratto che commuove

Ruan Ling-yu è stata la prima diva del cinema cinese muto, vissuta nei primi tre decenni del 900 e morta suicida all'età di soli 25 anni. Con una strabiliante quanto riuscitissima operazione Stanley Kwan costruisce un film imperniato sulla leggendaria figura, con inserti documentaristici e backstage nel quale si vedono regista ed attori che discutono sulla figura di Ruan.
Come tutti i divi di ogni epoca , anche Ruan influenzò in maniera notevole non solo l'ambiente cinematografico, ma soprattutto i costumi e la vita della Shanghai degli anni 30, grazie alla sua grandissima personalità che nascondeva però un alto grado di fragilità.
Kwan ne tratteggia la figura con grandissimo stile ripercorrendo la sua vita artistica sui vari set e ne scolpisce in modo sublime la personalità, la sensibilità, gli amori, le sue idee rivoluzionarie avvalendosi di una incommensurabile Meggie Cheung e di uno spaccato dell'epoca preciso e circostanziato.
L'ancora bigotta società dell'epoca mal sopportava la fervente ideologia dell'attrice e le sue relazioni amorose che facevano scandalo, minando la già fragile personalità della donna; il mondo della celluloide , seppur ancora agli albori, già lasciava presagire le difficoltà nei rapporti interpersonali e il chiacchiericcio che lo avrebbe poi dominato negli anni a venire ad ogni latitudine, ma nonostante questo la figura di Ruan passa sulla storia del cinema come una purissima meteora destinata a lasciare una traccia indelebile.

sabato 9 gennaio 2010

Two lovers ( James Gray , 2008 )


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L'amore che sa fare male


Ritorna a descrivere il suo ambiente preferito James Gray, quello della New York di Brighton , popolata da ebrei che già splendidamente aveva disegnato in Little Odessa, il suo film più bello. Questa volta abbandona però il thriller per dedicarsi ad un dramma sentimentale che in alcuni momenti si tinge si thriller se non altro per la sottile tensione che si affaccia e per la costruzione degli eventi.
Leonard, giovane appena emerso da una drammatica storia d'amore che lo ha svariate volte portato al tentato suicidio, si trova all'apice di un triangolo amoroso con Sandra, la figlia di un socio in affari del padre, ragazza irreprensibile e molto premurosa con lui e Michelle, una ragazza inquieta, nevrotica e invischiata in una storia amorosa con un uomo sposato, di cui non vede una conclusione tranquillizzante.
Leonard oscilla tra le due donne e capiamo subito che la situazione non porterà a nulla di buono, troppo fragile e inquieto è lui e troppo diverse sono le due.
Quando la scelta eroica sembra fatta, il finale ci condurra dritti dritti nel baratro emotivo e ad una conclusione nerissima, lontana anni luce dagli happy end cui certo cinema americano ci ha cronicamente abituato.

Turning point ( Herman Yau , 2009 )


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Triadi ed infiltrati


Ultimo film del 2009 per il prolifico regista HKese che firma questa ennesima storia di triadi, killer e poliziotti che si lascia apprezzare per il buon ritmo e per la regia ordinata, nonostante le continue convulsioni temporali che percorrono la storia.
Laughing è un poliziotto infiltrato nella criminalità che a seguito di un grave incidente subito dal suo contatto durante una operazione, si ritrova ad essere nudo e crudo, inseguito dalle gang che sospettano fortemente il suo tradimento e dalla polizia che non conosce il suo vero ruolo.
A dire il vero una certa ambiguità sul suo ruolo incombe su tutto il film, visto che in alcuni rapidi flashback apprendiamo come sia stato convinto ad entrare in polizia da un boss ex poliziotto a sua volta, interpretato da un sorprendente e bravissimo Anthony Wong, che ha in mente per lui un ruolo da infiltrato nella polizia.
Con queste premesse, cadute le poche certezze, visto che anche il suo boss referente è stato incaricato di farlo fuori, Laughing dovrà barcamenarsi tra orde di killer e di poliziotti che gli mordono le gambe.
La sua melodrammatica storia d'amore con la sorella di una gang avversaria , capitanata da un Francis Ng in ottima forma, darà una svolta inaspettata e ci porterà dritti in un finale con qualche sorpresa...

venerdì 8 gennaio 2010

Lost indulgence ( Zhang Yibai , 2008 )


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Gambe , seduzione e fragilità familiare


Convincente prova del regista cinese Zhang Yibai che con questo lavoro dimostra grandi doti di narratore, sensibilità da vendere e capacità visive notevoli. Il film, superati i problemi iniziali di censura in Cina ha avuto anche una buona accoglienza in Occidente, pur rimanendo relegato nei festival specializzati.
La storia si apre con un incidente stradale in cui Wu Tao, tassista e la provocantissima passeggera Su Dan finiscono nello Yangtze; lui non verrà ritrovato, lei subirà dei gravissimi danni ad una gamba.
La moglie del tassista ed il figlio si prenderanno cura della ragazza accogliendola in casa loro e mentre Li (la moglie) cercherà di farsi una ragione dell'accaduto , il ragazzo Xiao-Chuan continuerà a credere che il padre sia in vita ancora, solo disperso; di pari passo una ambigua e insinuante attrazione lo porterà verso Su Dan, di cui spierà le lunghissime e bellissima gambe cinte da calze a rete colorate con corredo di vistosissime scarpe, nonostante il fissatore esterno che la ragazza si porta dietro. Una bellissima scena in cui il giovane mostra un suo modellino che tiene nascosto che appare come una sorta di proiezione della sua vita, abitato da statuine raffiguranti persone reali, suggella una complicità sottilmente erotica che accompagnerà il resto del film. Rimane nell'aria cosa sia successo quella sera col taxi e quando Xiao-Chuan cercherà di indagare , siamo proiettati verso un finale che si tinge di irrisolto e di incompleto.
La figura del padre ,...

mercoledì 6 gennaio 2010

Last life in the universe ( Pen-ek Ratanaruang , 2003 )


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Quando i poli si scontrano

Altro film del filone guarda-osserva-aspetta e lasciati pervadere, questo del thailandese Pen-ek Ratanaruang che dimostra la sua indubbia bravura raccontando una storia al limite, dove la solitudine e l'incontro-scontro di due poli portano a risultati non prevedibili, incarnando in maniera terrena e tangibile la volubilità del fato.
Kenji è un bibliotecario giapponese che vive a Bangkok, circondato da libri e ossessionato dall'ordine delle cose e dall'idea del suicidio (mirabile l'incipit in cui lo teorizza); per uno scherzo del destino compierà un omicidio quasi per caso, così come casuale sembra tutto ciò che fa. Mentre fantastica in bilico su un ponte l'ennesimo tentativo di suicido, la morte si appalesa ancora, uccidendo una giovane in strada proprio davanti a lui; conoscerà quindi Noi la sorella della morta che incarna un modo di vita che giace totalmente agli antipodi rispetto al suo: è disordinata, vive in una casa sporca, più simile ad una stamberga, ma possiede senz'altro una vitalità, seppur caotica, che Kenji non conosce.
L'incontro tra i due se da un lato può apparire quanto di più ovvio, dall'altro mette a confronto in modo dialettico, nei fatti, due mondi diversi che però hanno in comune la solitudine e la vacuità che li circonda.
Tra lunghi silenzi, ...

martedì 5 gennaio 2010

Turning gate ( Hong Sang-soo , 2002 )


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Il male di vivere

Avvalendosi del suo stile a forti influssi rohmeriani, Hong dirige questo lavoro sull'inquietudine del vivere e sulla caducità dei rapporti personali; film difficile, di nicchia, nonostante descriva situazioni comunissime; lo fa però con molta discrezione, con silenzi lunghissimi e con immagini che scavano nell'animo ma donano poco allo sguardo frettoloso.
Kyung-soo è un attore prossimo alla deriva artistica, allontanato con ignominia dal set in cui è impegnato; decide così di tagliare col lavoro e di partire per Chuncheon dove lo aspetta un vecchio amico. La prima parte del suo viaggio lo porta a conoscere Myung-sook , ballerina di cui il suo amico è segretamente innamorato, la donna proverà una immediata infatuazione per Kyung-soo alla quale lui non saprà che contrapporre sesso e timide frasi non certo piene di amore.
L'amico scoprirà il loro legame e a Kyung-soo non rimarrà che incassare l'ennesima sconfitta e partire.
Sul treno incontra Sun-young che si dichiara sua fan , ma che in effetti lui aveva conosciuto molti anni prima: la donna ora è sposata ma lui ne sarà irrimediabilmente attratto e nonostante gli incontri negli alberghi, stavolta sarà lei a non dare seguto all'amore.
La porta scorrevole del titolo è quella che fa riferimento ad una antica leggenda: si apre e si chiude in entrambi i sensi e quando sembra che sei dentro, ti ributta fuori.

lunedì 4 gennaio 2010

Still life ( Jia Zhang-ke , 2006 )


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La nuova Cina tra rovine e futuro


Mai Leone d'oro fu più meritato e capace di rendere giustizia ad un film meraviglioso, per il quale ogni altro aggettivo, neppure il più roboante, sarebbe in grado di essere adeguato.
Jia Zhang-ke , stimato rgista ed esponente di punta della Sesta Generazione di cineasti cinesi, ci offre un film che è poesia pura, come solo le cose vere riescono ad essere , un film in cui la telecamera sembra essere solo un piccolo particolare, quasi nascosto in un mondo che mostra tutte le sue sfaccettature.
Le storie di Han Sanming e Shen Hong, imperniate sulla solitudine e sull'abbandono vengono calate in un immenso teatro naturale fatto di dige mostruose che divorano villaggi e città , causando esodi e separazioni e di demolizioni che lasciano il posto a scheletri di cemento squarciati che presto verranno ricoperti d'acqua; ma soprattutto è la vita quotidiana vista in tutti i suoi aspetti, lentamente con discrezione, senza grida , una vita che cambia troppo in fretta per chi per troppo tempo ha vissuto nell'isolamento più stretto e che lascia lacerazioni e difficoltà insuperabili.
L'aspetto sociale del cambiamento tumultuoso della Cina moderna emerge prepotente in questo film, visto però sempre dalla parte dei protagonisti di cui noi siamo degli osservatori puri, tanto è votata al naturalismo e ad una sorta di Neorealismo la poetica di Zhang.
Il film parte lento,...

domenica 3 gennaio 2010

The mourning forest ( Naomi Kawase , 2007 )


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Film che sussurra e affascina

Esistono film sui quali sarebbe meglio astenersi dallo scrivere qualcosa , almeno fino a che non abbiano sedimentato e lasciato segno tangibile: The mourning forest di Naomi Kawase è uno di questi.
La visione lascia qualcosa di appena tangibile, potentissimo ma che merita elaborazione, impedendo quasi una sua descrizione che non sia fatta di rapidi flash, impressioni, ferite inferte o immagini stampate negli occhi.
E' un film sul dolore, sull'abbandono, sulla perdita che distruggono e annientano ma di fronte ai quali lo spirito può comunque tornare a sollevarsi seppur a costo di fatica immensa.
I due protagonisti del film sono impercettibilmente legati dallo stesso dolore: lui la perdita, ormai 30 anni orsono, della amata moglie; lei giovane donna annichilita dalla perdita del figlio in circostanze che ne fanno intuire una sua qualche responsabilità.
L'inoltrarsi nella foresta di Mogari (etimologicamente sembrerebbe derivare dal termine giapponese che significa "la fine del lutto") che potrebbe apparire per chiunque altro opprimente e spaventevole, diviene viaggio di rimpianto e di lancinante dolore che conduce alla catarsi e alla pace spirituale. I due conoscono e compenetrano il dramma reciproco,...

Durian Durian ( Fruit Chan , 2000 )


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Le due anime della Cina moderna


Opera essenziale nella filmografia del regista HKese che dimostra con questo film tutta la sua sensibilità e il suo verismo, riuscendo a coniugare in un solo lavoro lo spirito della cinematografia di Hong Kong e quella della Cina, operazione tutt'altro che semplice, a maggior ragione se il risultato è degno di nota.
Yan e Fan, due vite così diverse all'apparenza , ma così drammaticamente simili nell'intimo: la prima giunge ad Hong Kong proveniente dal freddo nordest della Cina seguendo il percorso di tutti gli emigrati alla ricerca della fortuna; la cosmopolita e scintillante città cantonese avrà da offrirle solo il mercato della prostituzione; Fan invece è una ragazzina al seguito della famiglia, anche loro attratti dai possibili facili guadagni , proveniente dalla campagna cinese e stabilitasi nel quartiere di Mong Kok , il cui presente è fatto di piatti su piatti lavati nel vicolo dove abita e che è abitato dalla tipica umanità fatta di diseredati e di teppistelli, di prostitute e di clandestini. Anche il suo futuro vede la clandestinità come alternativa alla partenza da Hong Kong una volta scaduto il visto.
In quel vicolo,che Yan percorre decine di volte per recarsi presso i clienti, i loro occhi si incrociano e capiscono vicendevolmente che le loro esistenze sono molto simili : nascerà una fugace quanto bella amicizia tra le due.
Poi d'improvviso ci ritroviamo nella città natale di Yan,...

sabato 2 gennaio 2010

Rough cut ( Jang Hoon , 2008 )


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L'eterna lotta tra realtà e finzione

Altra interessante opera prima proveniente dalla Corea: Jang Hoon, avvalendosi, tra gli altri, di Kim Ki-duk come sceneggiatore, propone un film che, oltre a ricevere svariati riconoscimenti, gioca con ironia ed efficacia sulla sempiterna dicotomia tra finzione e realtà.
Su-ta è un famoso attore dal caratterino non certo facile, attento alla sua immagine che in occasione di una scazzottata sul set con un altro attore rischia di uscirne a brandelli: il film è bloccato, nessuno vuole recitare con lui.
L'attore si rivolgerà allora a Gang-pae gangster provetto, nonchè (di nascosto) amante del cinema che aveva incontrato in maniera non certo amichevole qualche tempo prima in un ristorante. Unica condizione posta dal malvivente, quella di portare sulla scena la realtà vera fatta di cazzotti e calci.
Tra scozzattate stile saloon , scene fin troppo vere nella loro violenza e sopraffazione, guai veri e lotte tra bande, amori che nascono e che svaniscono sempre oscillanti tra scena e vita reale, tradimenti veri e problemi di produzione, il film giunge alla conclusione scandita da un duello a mani nude nel fango dal sapore epico. Ancora qualcosa rimane da chiudere, e il finale del film (vero) è improvviso, drammatico , sublimato dal fotogramma finale del video splittato in due:...

venerdì 1 gennaio 2010

I senza nome ( Le cercle rouge) ( Jean-Pierre Melville , 1970 )

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Rivisitazioni cinematografiche
La forza del destino ineluttabile


Da molti considerato il capolavoro del regista francese, anche questo subisce l'ignominia di una traduzione del titolo in italiano ridicola, che spoglia ancora una volta del senso il titolo stesso e con esso il (presunto) aforisma di Buddha che apre il film.
Al di là di questa operazione scellerata, il lavoro di Melville sicuramente è la sua summa cinematografica, nel quale sono contenuti tutti gli aspetti poetici e filmici del regista.
I senza nome del titolo sono tre personaggi che più melvilliani di così non si può, che vivono la loro esistenza nella consueta gabbia imperforabile fatta di solitudine, malaffare e personalissimo codice d'onore. Il destino li farà unire in un arditissimo colpo e in un finale che cala il sipario come una accetta sul film.
Non sappiamo nulla dei tre, salvo che uno è appena uscito di galera, l'altro è un fuggiasco ricercato e il terzo avviato sul viale della rovina dall'alcool e dagli incubi; capiamo però subito che il destino per loro ha in serbo solo quella vita, grigia,vacua, ai limiti e spesso oltre, braccati da una polizia che fa il suo mestiere giocando anche sporco.
Sarà come sempre il tradimento...
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