martedì 8 febbraio 2011

Shanghai dreams ( Wang Xiao-shuai , 2005 )

Giudizio: 8.5/10
Vivere sognando Shanghai


Ossessionata dalla temuta invasione russa la classe dirigente cinese mise in opera , a partire dal 1960, una migrazione massiccia delle attività produttive nelle zone interne del sudovest con relativo spostamento della manodopera che prese quasi le forme di una deportazione forzata; questa manovra , nota come ""terzo fronte",  ha costituito uno degli eventi socialmente più drammatici nella recente storia cinese con lo sradicamento di un numero elevatissimo di nuclei famigliari dalla loro città di origine verso zone impervie e sconosciute.
Di questo aspetto tratta Shanghai dreams, premiato nel 2005 a Cannes con il Gran Premio della Giuria, giustissimo riconoscimento per un film e un regista che già con Le biciclette di Pechino aveva incantato grazie al suo neorealismo molto vicino a quello italiano.
Seguendo le vicende di una famiglia trapiantata da Shanghai a Guizhou, composta da un padre iperprotettivo che vuole per i figli un futuro che li riporti nella loro città d'origine e che tiranneggia soprattutto la figlia Qing Hong impedendole perfino un amore adolescenziale che possa distrarla dallo studio, una madre che tenta di fungere da parafulmine addolcendo le decisioni tiraniche del marito e il piccolo figlio maschio poco più che un bambino , ma anch'esso opprtessivamente indottrinato  dal padre, il regista racconta con grande sensibilità ed efficacia una storia comune a molte famiglie di quegli anni.
I primi anni 80 (il film è ambientato nell'83) vedono i primi influssi occidentali farsi timidamente largo soprattutto nell'abbigliamento , nella musica e negli atteggiamenti dei giovani, anche nella provincia lontana dove si favoleggia di una Shanghai ormai lanciata verso il mondo occidentale e dove , attraverso radio scalcinate, si ascolta Voice of America.
Tutti questi sussulti non fanno altro che spingere verso una sorta di revanchismo dei deportati che mira a riconquistare la loro città e le loro radici e dopo traversie anche drammatiche che portano la giovane Qing Hong sull'orlo della disperazione, in cui anche quello che era l'amore le si rivolta contro, la famiglia decide di fuggire come ladri nell'alba della provincia verso Shanghai, ultima possibilità per ritrovare uno straccio di vita dignitosa.
Il finale è durissimo, con poco spazio per quello che può sembrare un raggio di ottimismo nella cupa mattina della fuga.
Ricalcando stilisticamente quello che rimane probabilmente il suo lavoro più bello (Le biciclette di Pechino), Wang costruisce ancora un film in cui i forti accenti neorealistici si affermano prepotentemente, ed è uno stampo neorealista vero, genuino, costruito a partire dai suoni e dall'ambiente, in cui lo scorrere dell'esistenza della famiglia protagonista si incastona come una perla; i forti influssi autobiografici (la famiglia del regista subì la medesima sorte dei protagonisti) rendono la pellicola ancora più sentita con le tematiche dell'abbandono delle proprie radici, della difficoltà dell'ambientamento, della contrapposizione coi "locali", del sogno del ritorno a casa che  permeano tutto il racconto.
Per non incorrere in ulteriori problemi con la censura Wang evita palesi riflessioni sulla Rivoluzione Culturale e sulle conseguenze delle politiche sociali ed economiche , si rifugia in una sottile ironia ( la festa da ballo semiclandestina, il racconto sulle nuove sigarette che si trovano a Shanghai) per mettere in evidenza i mutamenti sociali che muovono i primi passi, ma soprattutto mantiene un livello quasi intimistico della narrazione mettendo sempre al centro le vicende della famiglia, nucleo nel quale i disagi, le difficoltà , il sogno di un futuro migliore interagiscono e si scontrano in una battaglia generazionale tra chi sogna le scarpe rosse e chi vede ancora nella fatica , nel sudore e nella austerità della vita il mezzo per progredire.
E' dunque un film che dietro la facciata di una storia piccola e intima nasconde un grande universo sociale in perenne mutazione, dove le ferite del passato si rimarginano con difficoltà e dove però c'è sempre un piccolo pertugio che lascia passare un spiraglio di speranza; Wang Xiao-shuai si conferma regista di grande talento, capace di raccontare piccole grande storie quotidiane col respiro del grande poeta e con l'occhio di chi scruta la realtà in ogni piccola piega.

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