mercoledì 11 maggio 2011

Bedevilled ( Jang Cheol-soo , 2010 )

Giudizio: 6.5/10
Storia di violenza primordiale


Il lavoro d'esordio di Jang Cheol-soo , ex assistente di Kim Ki-duk, risente fortemente, almeno nelle intenzioni, degli influssi del Maestro: la citazione de L'isola è smaccata, quella selvaggia primitività dei sentimenti che prepotentemente abitava nei lavori iniziali di Kim Ki-duk viene quasi pedissequamente rappresentata, l'assoluta freddezza morale ed etica da parte del regista, che caratterizzava lavori come Bad Guy e L'isola, è nuovamente catapultata sullo schermo. Tutto ciò potrebbe far pensare di essere di fronte ad un capolavoro o ad un film citazionista e di maniera: in effetti il risultato non è nè l'uno nè l'altro, bensì un film che presenta indubbiamente belle tematiche ma che in certi momenti sembra troppo forzato.
L'isola c'è anche questa volta: è uno sperduto sperone roccioso presso cui Hae-won, prostrata dalla vita di Seoul (lavoro, violenza, anaffettività), decide di passare un breve periodo di vacanza presso la sua amica d'infanzia Bok-nam; la piccola comunità che abita l'isola, è un concentrato di grettezza, violenza , sopraffazione, inciviltà di cui Bok-nam è vittima predestinata e dalla quale non riesce a liberarsi.

La codardia di Hae-won, che da flashback rapidi sappiamo essere sua caratteristica sin dall'infanzia, rende l'esistenza dell'amica ancora più umiliante e quando la disgrazia si abbatte su questa sorta di schiava di una famiglia violenta e dominata da regole odiose, la sua reazione diventa incontrollabile e finisce per travolgere anche l'amica Hae-won.
Se il film si chiudesse con pochi minuti di anticipo potremmo dire di essere di fronte ad un lavoro promettente che al suo interno svela comunque una forza narrativa notevole, ma un finale assolutamente fuori dai binari fino ad allora percorsi lascia un certo amaro in bocca.
Il contrasto che viene raccontato nella prima parte della pellicola tra le due amiche e il loro modo di intendere la vita e i rapporti, rafforzato dai flashback dell'infanzia, sembra volere introdurre ad un piano narrativo in cui la contrapposizione tra la giungla urbana e quella rurale fungono da linea guida, poi la discesa agli inferi della descrizione della ristretta comunità in cui vige la totale mancanza del rispetto reciproco in favore di una istintualità animalesca regala momenti forti e disperati, ed infine l'ultima mezzora si trasforma in un classico revange movie in cui l'esplosione di violenza deflagra con tutta la sua forza rappresentata con immagini splatter e qualche spunto ironico (la fagiolata distesa sul cadavere) che però dona una forza inaspettata alle immagini di violenza primordiale; qui in effetti il tributo a Kim Ki-duk sembra raggiungere il suo momento artisticamente più valido.
Il confronto tra le personalità di Hae-won e Bok-nam, che sembra nella prima parte volersi ergere a tema dominante viene un po' troppo frettolosamente abbandonato, quando probabilmente un racconto più dettagliato del loro rapporto sarebbe stato di maggior ausilio alla intera vicenda che invece alla fine sembra ridursi ad una contrapposizione tra la selvaggia, resa vitale dallo scoppio di violenza repressa, e la cittadina semifrigida, ingessata, pusillanime che solo nello scatto finale trova forse una parziale redenzione.
Nel complesso il film vale comunque senz'altro la visione e qualche scoria nell'animo la lascia, dopo essere stati investiti dalla ribellione che scaturisce dalla emarginazione e dalla disperazione, verso cui Jang sembra porsi come un semplice narratore imparziale, incapace di esprimere giudizi morali nel momento in cui la violenza primordiale prorompe sullo schermo.
Magnifica Sao Young-hee nella parte di Bok-nam: una interpretazione da grande attrice in grado di reggere benissimo i due volti della protagonista; non convincente invece Ji Seon-weon nei panni di Hae-won, troppo controllata e poco incisiva, ma forse il suo ruolo, a forti connotati spregevoli, imponeva questo.

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