martedì 12 luglio 2011

Long arm of the law ( Johnny Mak , 1984 )

Giudizio: 8.5/10
Cinesi ad Hong Kong

Pur avendo diretto solo questo lavoro, e co-diretto insieme al grande Johnnie To e a Patrick Leung , dieci anni dopo Bare foot kid, Johnnie Mak è uno degli esponenti più importanti della New Wave Hkese degli anni 80, anche in veste di produttore, e Long arm of the law va sicuramente inserito in quella stretta cerchia di film che hanno segnato il cinema della ex colonia britannica.
Come fa giustamente notare l'amica achillesgirl nel suo bellissimo blog la versione in dvd con sub inglesi  soffre di una carenza grave, anche se non inficia la comprensione del film: la scena iniziale manca di alcuni sottotitoli che meglio fanno comprendere lo sviluppo della storia e che inquadrano in maniera precisa il personaggio di Daai Dong, uno dei protagonisti principali del film.
Fatta questa doverosa precisazione, dobbiamo subito dire che il film è bello nella sua crudezza, nelle sue atmosfere cupe, quasi spettrali, nel clima di sconfitta annunciata e inevitabile che lo avvolge.

E' un noir con la giusta dose di azione costruito intorno ad un gruppo di mainlander cinesi, ex guardie rosse, che entrano illegalmente ad Hong Kong , dove già Daai Dong vive da anni, per metter in atto una rapina che in poco tempo li renderà ricchi e felici, liberi dalle sofferenze economiche patite in patria.
Giunti ad Hong Kong quasi come turisti, abbagliati dal consumismo e dalle luci della città, si trasformano dapprima in ladri e quindi in killer di necessità visto che il loro piano originario va ben presto a gambe all'aria.
Finale convulso con carneficina immancabile in cui non c'è vittoria per nessuno, polizia inclusa e l'immagine finale del soffitto di legno grondante sangue è l'epilogo più coerente per una storia come questa.
Il cupo pessimismo che si respira in tutta la pellicola dove non c'è spazio per la speranza è amplificato da tematiche sociali che si rivolgono al problema dei mainlander immigrati illegalmente, e alle prime avvisaglie dell'handover di cui in quegli anni si cominciavano a mettere le basi che avrebbero portato 13 anni dopo Hong Kong sotto la bandiera cinese.
L'operazione che il regista compie è quella di creare subito un legame di simpatia con la banda dei cinesi, incolpati per altro di una rapina che non hanno commesso, che appaiono per lo più come pesci fuori d'acqua in un ambiente così lontano dalle loro abitudini e tradizioni e che guardano allo sfavillio di Hong Kong con gli stessi occhi con cui un bambino osserva qualcosa di nuovo e di sconosciuto, tra gangster, negozi immensi , poliziotti senza scrupoli, night club e prostitute.
Quello che anima i membri della gang è solo la fame di soldi, sinonimo di sicurezza e di un futuro agiato, un miraggio da raggiungere a tutti i costi, compreso l'arruolamento nelle bande criminali , una sorta di caduta nel lato oscuro del capitalismo.
Sono proprio l'indugiare sui personaggi, compresi quelli di contorno, descriverli con nitidezza e mettere a confronto la loro "ingenuità" con il cinismo e la mancanza di scrupoli dell'ambiente HKese gli aspetti più riusciti di un film in cui lo scontro fra i ruoli votati alla soddisfazione personale e al tornaconto personale non sembra dare alcuna possibilità di fuga dal massacro incombente.
E' un peccato che un regista che con questo film ha mostrato tanta lucidità narrativa non abbia dato seguito alla sua attività;  Long arm of the law è sicuramente lavoro che non può mancare nella cineteca di chi ama il cinema noir HKese.

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