sabato 12 novembre 2011

Purple butterfly ( Lou Ye , 2003 )

Giudizio: 6.5/10
Amore, morte e spie a Shanghai

Tre anni dopo il bellissimo Suzhou River, Lou Ye dirige  Purple butterfly, l'unico lavoro che non gli ha procurato particolari noie con la censura cinese.
Affidandosi ancora una volta al suo stile inconfondibile e alla creazione di atmosfere molto dilatate, Lou Ye intende raccontarci una storia che si dipana nell'arco di 10 anni, quelli a cavallo tra fine anni venti e fine anni trenta, in cui il paese fu scosso dalla invasione giapponese e dalla guerra.
All'interno di questo contesto storico si svolgono le vicende di Xian Xia e del suo amore giovanile Itami, un giapponese che la guerra le strapperà per tornare in patria come militare, immerse in un contesto in cui guerra, spionaggio, morte, tradimenti , amori drammatici e scherzi del destino si susseguono senza sosta, creando un substrato di cui la storia d'amore, diventata poi storia di spie quando Itami torna a Shanghai come agente segreto giapponese e Xin Xia diventa una attivista antinipponica.

Se la costruzione delle ambientazioni è come sempre pregevole, ricca di silenzi e di di sguardi , di movimenti lenti e di musichette d'epoca, il quadro d'insieme però stona svariate volte, soprattutto per una sceneggiatura che fatica a mantenersi unitaria nel contesto dei svariati filoni narrativi che percorrono il racconto dando a volte una fastidiosa impressione di eccessiva frammentazione.
Quello che in Suzhou River era pulsante e frenetico, sotto la coltre di una narrazione lenta, qui appare invece troppe volte poco convincente con una narrazione che procede troppo a strappi senza andare a colpire nel segno in pieno: la storia d'amore e morte tormentata , le frenetiche tematiche storico-politiche a volte sottaciute altre volte portate alla ribalta, come nel finale del film, il continuo ondeggiare tra passato e presente in cui si insinua una sottile nostalgia, non creano quella amalgama magica che nel precedente lavoro Lou Ye aveva saputo ottimamente maneggiare.
Indubbiamente la mano sapiente del regista si vede , sia nella ricostruzione della Shanghai d'epoca, sia , come detto, nelle ambientazioni, sempre molto sfumate, quasi dimesse come si converrebbe ai film di spionaggio degli anni 50-60, che nella scelta di presentare sempre ambienti bui, in cui la cromaticità si annulla quasi; però la sostanza del film rimane troppo sottotraccia, non emerge e le vicende ci appaiono un po' troppo slegate e a se stanti.
Naturalmente, pur non essendo un lavoro da ricordare, la visione la vale in pieno, perchè comunque il film è caratterizzato dalla forte impronta della mano del regista e si avvale della buona prova di Zhang Ziyi nella parte di Xin Xia.

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