lunedì 31 gennaio 2011

Anatomia di un rapimento ( Akira Kurosawa , 1963 )

Giudizio: 8.5/10
Noir e la forza dell'etica


E' senz'altro uno tra i lavori più atipici della filmografia del Sommo Maestro: anzitutto perchè è una delle rarissime incursioni nel noir, poi perchè anche nella struttura , oltre che per i riferimenti, si avvicina molto ad un certo modello molto occidentale di intendere il Cinema, specificatamente il giallo di stampo americano.
Kurosawa divide il film in due parti ben separate tra loro: una fase iniziale, molto teatrale, con un unico ambiente costituito dalla casa di Gondo , ricco industriale , in cui si consuma il tentato rapimento del figlio a scapito del figlio del suo autista che viene scambiato per il vero obiettivo, e gli inziali contatti con il rapitore.
Ed una seconda parte che si incentra sulla liberazione del ragazzino , dopo il pagamento di un riscatto che comunque l'uomo paga, anche se la perdita di quei soldi lo manderà in rovina, e sulle indagini della polizia.

Heroes of the east [ Shaolin sfida Ninja ] ( Liu Chia-liang , 1978 )

Giudizio: 9/10
Scuola di arti marziali


Nello stesso anno in cui  dirigeva La 36° camera dello Shaolin, il grande Liu Chia-liang sfornava un altro caposaldo fondamentale della sua filmografia e del genere con questo Heroes of the east, grottescamente titolato Shaolin sfida Ninja nella versione italiana homevideo.
L'operazione che mette in piedi il regista è assolutamente geniale: sfruttando una trama semplice e lineare costruisce una sorta di compendio sulle arti marziali cinesi, in contrapposizione con quelle giapponesi, prestando grande attenzione all'aspetto tecnico e tralasciando quella trasposizione cinematografica carica di avversione ed astio verso la civiltà e le cultura nipponica, che ancora oggi (vedi Ip Man ) emerge in molte pellicole cinesi.

venerdì 28 gennaio 2011

Il fascino discreto della borghesia ( Luis Bunuel , 1972 )

Giudizio: 9/10
Lo status che si mantiene
E' forse l'opera più rigorosamente paradigmatica del grande Maestro spagnolo e al contempo la sua più intellegibile seppur ben permeata di quel surrealismo che sconfina nell'onirico tanto caro al regista: ogni momento del film è chiaramente interpretabile e riconducibile ad un  senso di grottesca ironia e sarcasmo come rarissimamente si è visto sul grande schermo, senza cadere in alcun tipo di eccesso che non sia puramente descrittivo.
Una classe sociale così ferocemente rappresentata nella sua meschinità e nei suoi falsi valori funge da protagonista di una pellicola passata definitivamente alla storia proprio per la sua lucida descrizione, in cui il surrealismo tanto caro a Bunuel altro non è che la materializzazione delle ossessioni , delle paure e della bassezza, presentate sotto forma di sogno e sotto forma di una assoluta incapacità di costruirsi una morale e una etica.

In the heat of the sun ( Jiang Wen , 1994 )

Giudizio: 8.5/10
La Rivoluzione Culturale e le piccole storie quotidiane

E' questa l'opera prima di Jiang Wen , attore e , soprattutto , regista tra i più bravi del Cinema cinese, autore di quel Devils on the doorstep , lavoro tra i più belli in assoluto degli ultimi anni in Cina.
Per il suo esordio sceglie di dirigere un'opera dalla forte impronta auotobiografica, ambientandola nella Cina degli anni 70, ancora pervasa dall'onda lunga della Rivoluzione culturale; in quegli anni Jiang era un ragazzotto che viveva , come molti, quel clima tra l'esaltato ed il magico che si imperniava intorno alla figura del Grande Timoniere.
In questo lavoro i suoi occhi sono quelli del sedicenne Ma Xiaojun , protagonista della storia, emblema di quella gioventù cinese che vedeva i propri genitori vivere spesso lontano da casa tra missioni militari e lavori nei campi collettivi , cosa che lasciava ai giovani ampia libertà di poter vivere la loro vita; il gruppo di ragazzi su cui si impernia la storia sono amici sin dall'età infantile, e dopo varie peripezie, si ritrovano nella stessa scuola e a vivere il passaggio dall'adolescenza all'età matura.

giovedì 27 gennaio 2011

Happiness of the Katakuris ( Takashi Miike , 2001 )

Giudizio: 6/10
Il mostriciattolo, la bella famigliola e i cadaveri in giardino

Ispirandosi all'eccellente The quiet family del 1998 diretto dal coreano Kim Ji-woon, Takashi Miike ci offre una divertente e quasi totalmente spensierata incursione nella commedia nera, arricchendola , e non poteva essere diversamente, di sprazzi cinematografici proprio del suo bagaglio.
Se l'impianto di base è quello della black comedy, Miike però si diverte a innestarvi musical e thriller, un tocco di splatter ed animazione creando una pellicola che , una volta tanto, si allontana dai suoi stili, un lavoro insomma atipico in cui il punto forte sta proprio nella sua commistione di stili e nella sua struttura filmica molto eterogenea.
Il marchio di fabbrica di Miike viene subito ostentato con un prologo in claymation assolutamente avulso dal resto della narrazione ( e la tecnica viene utilizzata altre volte nel corso del film) con un esserino che spunta fuori da un piatto e che strappa l'ugola alla povera malcapitata ragazza.

mercoledì 26 gennaio 2011

La fiamma del peccato ( Billy Wilder , 1944 )

Giudizio: 9/10
Il primo noir di Billy Wilder


Dopo anni  e anni  e migliaia di film noir visti, rivisitare La fiamma del peccato di Billy Wilder offre una ulteriore conferma, ammesso ce ne fosse bisogno, della grandezza del film , autentico capostipite del genere, impreziosito dalla magnifica sceneggiatura di Raymond Chandler ( e si vede tutta) e da una regia talmente perfetta che sembra quasi impalpabile.
Al di là dello script assolutamente straordinario, il film offre un modello di ambientazione e di scelta narrativa che aiutano alla perfezione il coinvolgimenrto dello spettatore in un clima torbido, oscuro, rassegnato.

martedì 25 gennaio 2011

Alone ( Banjong Pisanthanakun , Parkpoom Wangpoom , 2007 )

Giudizio: 7/10
Il fantasma della gemella siamese


Seconda opera a quatro mani dell'accoppiata thailandese tre anni dopo Shutter che aveva riscosso un buon successo e risultato ancora una volta convincente seppur non scevro da qualche difetto importante.
I due registi stavolta raccontano una storia che parte come un thriller psicologico, si sviluppa come una ghost story in perfetto stile thai e si conclude con un finale da thriller classico ad alta tensione.
Pim è la sopravvissuta di due gemelli siamesi, separate in età adolescenziale, Ploy la sorella è morta poco dopo l'intervento; Pim vive in Corea col marito Vee , ma l'improvvisa malattia della madre la obbliga a tornare in Thailandia.

lunedì 24 gennaio 2011

Soundless wind chime ( Wing Kit Hung , 2009 )

Giudizio: 7/10
L'amore in terra straniera


L'incontro tra due tormentate solitudini costituisce l'ossatura portante di questa opera prima tra i lungometraggi del regista cinese Wing Kit Hung: un giovane immigrato dalla Cina continentale, Ricky, che lascia la madre gravemente ammalata e vive ad Hong Kong presso una zia prostituta, sbarcando il lunario come lavorante in un piccolo e modesto ristorante e Pascal , uno svizzero che sopravvive tra esibizioni da strada e le angherie del suo compagno.
Incontro con amore a prima a vista sì, ma soprattutto come congiunzione di due vite sofferte, in una città che non gli appartiene e che per una volta tanto, cinematograficamente, non si dimostra così accogliente e luminosa.
I due, coraggiosamente, decidono di vivere insieme e di dare un senso di concretezza alla loro relazione, tra momenti felici e allontanamenti , sullo sfondo però di un amore assolutamente totalizzante.

sabato 22 gennaio 2011

Wheat ( He Ping , 2009 )

Giudizio: 8/10
La storia sul campo di grano


La battaglia di Changping del 260 AC tra il regno di Zhao e i Qin fu uno degli eventi che portò all'unificazione dell'Impero Cinese sotto le insegne dei Qin, usciti vincitori da quella battaglia. Su questo sfondo He Ping ambienta il suo film che se ha dei connotati storici ben delineati, d'altra parte è ben lontano sia dalle ambientazioni di lavori quali Hero sia dall'impronta nazionalistica che spesso le pellicole cinesi  d'epoca presentano in forma massiccia.
Il contesto storico fa qui da guscio soltanto per una storia che parla di uomini e di donne spazzati via dalla guerra e della sua violenza.
Al centro della narrazione due soldati Qin disertori che trovano rifugio in una città in territorio Zhao, un luogo abitato solo da donne e bambini, visto che gli uomini sono tutti in guerra; i due per salvare la pelle si spacciano per soldati Zhao e riscrivono completamente la storia della battaglia con esiti diametralmenti opposti, generando così nelle donne la convinzione della vittoria e  la speranza di rivedere presto i loro uomini di ritorno dalla guerra.

venerdì 21 gennaio 2011

Kontroll ( Nimrod Antal , 2003 )

Giudizio: 5/10
Underground senza costrutto


Opera prima del regista americano di nascita ma ungherese di origine , e di estrazione  cinematografica, Nimrod Antal ,Kontroll ha riscosso grandi elogi in giro per i vari festival, conquistando addirittura un premio a Cannes; pur volendo riconoscere una certa originilità in quanto ad ambientazione (ma Besson 20 anni prima aveva già optato per la metropolitana come set del suo Subway , con risultati ben diversi), tante lodi appaiono sinceramente esagerate, risultando infatti la pellicola tutt'altro che eccellente, anzi verrebbe da dire parecchio deludente, quando non adirittura noiosa.
Nella metropolitana di Budapest ( a proprosito il disclaimer iniziale delle autorità appare addirittuta grottesco) vediamo aggirarsi gruppi di controllori più simili a gang di teppistelli da quattro soldi che vivono perennemente nel sottosuolo, ragazze vestite da orsacchiotto, un incappucciato nero che butta sotto i treni malcapitati utenti, un altro ragazzotto che si diverte a spruzzare una schiuma urticante in faccia ai controllori, battone e magnaccia, macchinisti mezzi suonati ,immancabili giapponesi che fotografano tutto e non capiscono mai nulla, gufi infiltrati nelle gallerie non si sa bene come, dirigenti aziendali simili ad aguzzini, corse all'ultimo respiro tra un treno e l'altro con lo scopo di salvare la pellaccia e non farsi investire.

giovedì 20 gennaio 2011

Poetry ( Lee Chang-dong , 2010 )

Giudizio: 6/10
La poesia di Lee non abita qui


Altro regista asiatico stimatissimo in Europa e ospite fisso dei vari Festival, Lee Chang-dong sbarca a Cannes con il suo ultimo lavoro, dal quale si ci attendeva moltissimo dopo che il regista ci  aveva regalato quell'autentico capolavoro che è Peppermint Candy e altri due lavori belli e controversi quali Secret Sunshine e Oasis.
Le aspettative , occorre dirlo subito, sono andate in buona parte deluse, perchè Poetry lascia molto amaro in bocca, mancando in maniera palese di quella forza con la quale Lee è solito permeare i suoi lavori, al punto che il film appare eccessivamente minimalista e molto meno poetico di quanto fosse nelle intenzioni del regista.
La storia ruota intorno alla figura di una donna vicina ai settanta anni, Yang Mi-ja che vive in una città di provincia, in cui inizia ad affacciarsi con sintomi sfumati e subdoli il morbo di Alzheimer e che accudisce il nipote adolescente , tanto sfaccendato quanto idiota, che si è reso responsabile, in combutta con altri coetanei, di ripetute violenze contro una compagna di scuola costretta a suicidarsi.

mercoledì 19 gennaio 2011

Ararat - Il monte dell'arca ( Atom Egoyan , 2002 )

Giudizio: 6/10
L'arte che veicola la memoria


La memoria di un genocidio troppo spesso sottaciuto, quello degli Armeni ad opera dei Turchi nel 1914, quando non addirittura negato, incombe , pesante come un macigno, sul film , e non potrebbe essere altrimenti ,considerando le origini del regista.
Egoyan però non si lancia in un film storico-politico e assieme di denuncia, probabilmente non è proprio nelle sue corde, troppo interessato come è ai piccoli mondi che si incrociano  ed entrano in conflitto, bensì tenta una operazione di proiezione, ricorrendo all'ormai classico , e spesso abusato, registro narrativo del cinema nel cinema.
Non è quindi lui a dirigere il film sullo sterminio, bensì un affermato regista armeno, che vediamo all'opera nella costruzione di una pellicola dalla chiara impronta retorica; intorno a questo nucleo centrale, ruotano altre tessere di un mosaico, secondo i canoni cari al regista: una scrittrice studiosa di Gorky, artista armeno , simbolo del genocidio, morto suicida nel 1948, il giovane figlio che di ritorno da un vaggio in Turchia alla ricerca delle sue radici, passa la notte in dogana, in attesa che si chiarisca cosa contengano realmente quelle scatole dove abitualmente si conservano le pellicole cinematografiche e che intrattiene col doganiere un lungo discorso sul genocidio e sull'importanza dell'arte; lo stesso pittore Gorky, che vediamo intento a dipingere un suo autoritratto con la madre , opera simbolo sulla quale si teorizza in lungo e in largo nel film; un attore di origine turche che nell'interpretare il film scopre quanto gli eventi di tanti anni prima ancora pesano sulla realtà odierna.

martedì 18 gennaio 2011

Hereafter ( Clint Eastwood , 2010 )

Giudizio: 6.5/10
Dove ci porta la morte ?


Cosa c'è dopo la morte? Credo non esista persona al mondo, di qualunque età, credente o atea , che non si sia posta, magari solo per un attimo, questa domanda.
Altrettanto fa Clint Eastwood nel suo ultimo lavoro, non dando di fatto una risposta compiuta  (come avrebbe potuto?), ma affrontando comunque l'interrogativo, senza mai lanciarsi in dissertazioni scientifiche (o pseudotali) nè tanto meno in sproloqui spirituali o grondanti superstizioni, semplicemente mostrando l'anelito a scoprire la sostanza dell'aldilà in tre personaggi che fungono da perno del film e che in un modo o in un altro con la morte hanno un qualche rapporto.
Marie Lelay è una giornalista di successo parigina che durante una vacanza in Estremo Oriente sente la morte ad un passo in seguito ad un tremendo tsunami, da allora ha frequnti visioni di un luogo che ha visitato nei momenti in cui la vita stava sfuggendole; George Lonegan è un operaio che possiede il dono ( anzi la condanna come pedantemente viene ripetuto più volte) di vedere oltre la vita e che ha smesso di fare il sensitivo di professionene perchè, a suo dire, non aveva più una vita; Marcus è un ragazzino che conosce la pesantezza della morte quando il gemello muore investito da un'auto e lui continua in qualche modo a farlo rivivere , cercando di trovare un modo per comunicare con lui.

Takeshis' ( Takeshi Kitano , 2005 )

Giudizio: 7/10
E' un punto di arrivo o di partenza ?


Alla luce dei lavori seguenti , la rivisione di Takeshis' si rende quasi obbligatoria, soprattutto per chi, come il sottoscritto, provò un senso di stordimento allorquando il film uscì sei anni orsono.
Con questo lavoro, assolutamente atipico sia in senso assoluto che , soprattutto, relativamente al percorso cinematografico di Kitano, di fatto il regista sembra allo stesso momento chiudere una pagina della sua vita artistica ed aprirne un 'altra, quasi a volere tirare un consuntivo del suo Cinema.
Al di là della scelta narrativa, vicina a certo surrealismo felliniano, Kitano si guarda allo specchio come cineasta e come uomo di spettacolo, rimandando la riflessione sul Cinema al seguente Glory to the filmaker e sull'arte a Achille e la tartaruga: un tirare le somme del suo lavoro che presenta tante facce quanti sono i Kitano che conosciamo: showman, regista, guitto, attore e pittore.

lunedì 17 gennaio 2011

La regina dei castelli di carta ( Daniel Alfredson , 2009 )

Giudizio: 4/10
Fine della storia ( per fortuna...)


Terzo e (per fortuna) ultimo capitolo della trilogia del Millennium, la storia comincia dal medesimo punto in cui si era interrotta con la seconda parte; stesso regista, stessi attori (ovviamente) e , ahimè, stesso risultato scadente , perfettamente in linea con l'episodio precedente.
Da una parte la storia di Lisbeth, sopravvissuta ad una pallottola nel cervello e prossima al processo per tentato omicidio del padre Zalachenko, anche lui miracolosamente sopravvissuto alle accettate della figlia, ma non alla decisione dei suoi vecchi compari di una sezione deviata dello spionaggio, che seppur vecchi decrepiti trovano il modo di farlo fuori e di rimettere in piedi una struttura che anni prima, all'ombra dei palazzi governativi, gestiva la spia russa.

sabato 15 gennaio 2011

The secret reunion ( Jang Hoon , 2010 )

Giudizio: 6/10
Prima nemici poi amici


Una cellula di inflitrati nordcoreani è in azione a Seul, con la missione di uccidere i "traditori" rifugiati al sud, sulle loro tracce il nucleo speciale al comando dell'agente speciale Lee informato da una soffiata sul bersaglio dell'azione; l'operazione non andrà a buon fine, solo lo spietato capo inviato dal nord si salverà, la manovalanza, accusata di tradimento, rimarrà nel limbo della mancata protezione: se rientrano in patria saranno fatti fuori per tradimento, se si consegnao ai sudcoreani le ritorsioni saranno letali, l'agente Lee colpevole del fallimento perde il posto e lo ritroviamo sei anno dopo a capo di una agenzia che si occupa di recuperare persone scomparse.
Il caso lo metterà di fronte a Song Ji-won , uno dei componenti del commando che ha tentato di rifarsi una vita: si riconosceranno entrambi ma celeranno la cosa con la speranza di poter mettere a frutto quell'incontro. Song accetterà la proposta di lavorare con Lee e tra i due inizierà un gioco di controllo, sospetti e marcamento ad uomo spietato, ma , nello stesso tempo, sorgerà anche una forma di amicizia, dettata essenzialmente dalla loro solitudine.

venerdì 14 gennaio 2011

All about love ( Ann Hui , 2010 )

Giudizio: 7.5/10
Le nuove frontiere della famiglia


Macy e Anita sono due quarantenni bisessuali, ex amanti che si rincontrano in un centro di supporto per donne in gravidanza; due notti brave, scaturite da solitudine e ricerca di relazioni effimere , hanno lasciato il segno indelebile ed il loro ritrovarsi e gettarsi con immutata passione una nelle bracia dell'altra, diventa lo stimolo a proseguire la gravidanza senza abortire.
Anita è silenziosa, schiva, introversa rimasta legata al ricordo dell'amica, Macy invece è esuberante, mascolina, timorosa dei legami, frequentatrice di un giro di lesbiche e militanti politiche che si battono contro la discriminazione sessuale e di cui lei non approva l'integralismo.
I partner di una notte futuri padri sono un ragazzotto ventenne, Mike, e un cliente di Macy, Robert, che lei assiste per le controversie legali con la moglie: inutile il tentativo dei due di accollarsi le responsabilità dell'accaduto, le due donne decidono che saranno madri anche in assenza di un padre, dopo che per un attimo nella mente di Macy è passata l'idea di fungere da utero in affitto per due amiche lesbiche che non riescono ad avere un bambino in adozione.

giovedì 13 gennaio 2011

CinquePerDue - Frammenti di vita amorosa ( Francois Ozon , 2004 )

Giudizio: 8/10
La vita di coppia secondo Ozon


Cinque scene per altrettanti momenti simbolo della vita di coppia compongono l'amaro e dolente compendio dell'amore coniugale secondo Francois Ozon, che con la consueta abilità unita ad una lucidità espressiva notevole mostra tutto il suo pessimismo sul rapporto di coppia, omo o eterosessuale che sia, visto come un illusorio momento di benessere in cui però sono altre le tematiche che si affacciano e che lo minano sin dall'origine.
I cinque frammenti di vita amorosa , come recita l'ingombrante sottotitolo alla versione italiana, come se allo spettatore vada spiegato sempre tutto, riguardano una coppia che seguiamo a ritroso, dal giorno in cui il divorzio diventa effettivo, con una lunga e agghiacciante lettura dell'atto di separazione, al giorno della confessione e del racconto della tragressione non condivisa e del tradimento, a quello della nascita del figlio, al matrimonio e al primo incontro, tappe che sono segnate come macigni, così ovvie e così uguali a molte coppie, ma raccontate con una partecipazione apatica dei personaggi, forse da subito consci del loro destino ineluttabile come lascia metaforicamente intendere il finale( che poi è l'inizio) in cui il sole al tramonto, nel luogo simbolo , ammantato di sacralità per il cinema di Ozon, che è la spiaggia.

mercoledì 12 gennaio 2011

Il grande capo ( Lars Von Trier , 2006 )

Giudizio: 7/10
Tra sarcasmo e commedia degli equivoci


Incursione inaspettate e fortemente atipica di Lars Von Trier nella commedia, con tanto di predica iniziale a dimostrare che anche quella forma di spettacolo è Cinema, in cui il regista danese, abbandonato ormai il Dogma (che comunque viene citato nel film) si diverte ugualmente mostrando uno spirito dissacratorio che spazia dall'aspetto tecnico (le riprese gestite dal computer con la tecnica dell'automavision) a quello politico, sociale ed etnico fino alla metafora sullo spettacolo e sull'attore che sta dietro la storia.
Un attore disoccupato viene assoldato dal capo di una azienda informatica per svolgere il ruolo del Grande Capo, un personaggio immaginario creato dal vero capo per fare da parafulmine a tutte le sue decisioni e siccome questo personaggio ovviamente è sconosciuto a tutti l'attore diverrà subito il suo alter ego, anche perchè il progetto che lo voleva in quel ruolo solo per il tempo necessario per stipulare la vendita della società ad un imprenditore islandese, subisce un contrattempo che costringe l'attore a continuare a svolgere la sua parte.

Oki's movie ( Hong Sang-soo , 2010 )

Giudizio: 7/10
La donna come ago della bilancia


Anche quest'anno a Venezia Hong Sang-soo non ha fatto mancare la sua presenza, ospite ormai abituale delle kermesse europee dove solitamente riscuote grandi consensi, presentando il suo ultimo lavoro, questo Oki's movie che si presenta come un approdo del regista a tematiche che lo rendono sempre più assimilabile al cinema di Eric Rohmer, non a caso Hong riceve grandi elogi proprio dalla Francia che è divenuta quasi la seconda patria.
In effetti il regista sembra muoversi sempre nel solco a lui caro del cinema nel cinema che racconta la contrapposizione uomo-donna e la difficoltà dei loro rapporti, ma in questa occasione la sua visione sembra un po' più quieta, come se con questo lavoro avese trovato la quadratura del cerchio.

martedì 11 gennaio 2011

Il tempo che resta ( Francois Ozon , 2005 )

Giudizio: 8/10
Aspettando la morte


Ancora un riflessione sulla morte, vissuta sulla propria pelle stavolta e non sotto forma di abbandono. Il tempo che resta , come risultato si avvicina più a Sotto la sabbia che a Il rifugio , gli altri due capitoli che hanno per tema la perdita, l'abbandono e la morte, in quanto Ozon riesce con la consueta grazia e forza al tempo stesso a raccontare una storia che parla della preparazione e dell'accettazione della dipartita, in cui morte ed infanzia si intecciano quasi a dimostrare una continuità finalistica.
Romain è un giovane fotografo di moda che scopre a soli 30 anni di avere un cancro che gli concede scarsissime possibilità di sopravvivenza , anche sottoponendosi alla chemioterapia; decide di rifiutare ogni tentativo e di attendere la fine. La prima reazione istintiva è quella di nascondere il tutto senza informare nessuno e con un gesto dettato dall'egoismo e dall'istinto di sopravvivenza allontana da se la famiglia e il suo compagno; si confiderà solo con la nonna  perchè, come dicono entrambi, sono simili l'uno all'altra.

lunedì 10 gennaio 2011

Amphetamine ( Scud , 2010 )

Giudizio: 7.5/10
Quando il ponte sarà pronto...


Sotto l'egida rassicurante e, sulla carta, garanzia di qualità di Lawrence Lau in veste di direttore esecutivo, il regista HKese Scud porta questo suo lavoro alla Mostra di Berlino dove, come è ovvio e naturale , ottiene critche molto positive.
In effetti Amphetamine è film da festival in tutto e per tutto, che trova spazio nelle sezioni collaterali dove un certo sperimentalismo e tematiche al limite fanno venire l'acquolina in bocca a quella critica sempre alla ricerca dell'eccesso.
Sicuramente è pellicola da non passare inosservata per tutta una serie di motivi che vanno dalle tematiche trattate al coraggio con cui sono state messe in scena e che ne fanno comunque un lavoro che merita di essere visto.

Per un pugno di dollari ( Sergio Leone , 1964 )



Giudizio: 10/10

La resurrezione del mito del Cinema


Come ogni capolavoro immortale del Cinema, anche Per un pugno di dollari possiede la straordinaria capacità di stupire e di entusiasmare ad ogni visione.
Anzitutto la fonte di ispirazione: il copione poco si discosta da La sfida del Samurai di Akira Kurosawa, ma ciò che rende unico il film di Sergio Leone è come i temi trattati già dal Maestro giapponese sianostati eleaborati e messi sullo schermo, in un film che dimostra la sua grandezza nel momento stesso in cui si dipana.
Ad esempio l'iniziale scena in cui il pistolero senza nome giunge nel macabro paese ci si offre in tutta la sua grandezza coreografica, quasi fossimo su un palcoscenico di un teatro di prosa: gli occhi di ghiaccio di Clint che scrutano, carpiscono brevi momenti, ondeggiano da una parte all'altra alla ricerca di quello che si nasconde dietro le bianche case; indubbiamente è un momento anche tecnicamente di grandissimo cinema che si perpetua nel prosieguo , laddove Leone descrive con apparente superficialità i personaggi, dei quali però più che le parole parlano gli occhi, i movimenti delle mani, le gesta.

domenica 9 gennaio 2011

Boat people ( Ann Hui , 1982 )

Giudizio: 9/10
La piccola storia della disperazione umana


Attraverso il reportage di un fotografo giapponese che già tre anni prima aveva immortalato la liberazione del Vietnam da parte dei Vietcong , Ann Hui racconta una storia che, al di là delle feroci polemiche politiche che seguirono il film, ha ben poco di politico, essendo invece una scrupolosa e attenta descrizione della condizione della popolazione durante gli anni seguenti il conflitto.
Laddove la regista inserisce spunti che potrebbero sembrare come denuncia di un sistema sanguinario, lo fa senza calcare la mano, descrivendone soltanto la loro fenomenologia, quasi con gli occhi di un cronista.

sabato 8 gennaio 2011

Cella 211 ( Daniel Monzon , 2009 )

Giudizio: 7/10
Uomini soli a confronto


Nello stesso anno in cui Audiard col suo Il profeta poneva una pietra miliare nel filone carcerario di stampo europeo, lo spagnolo Daniel Monzon dirigeva questo Cella 211, a confermare un affrancamento europeo, speriamo definitivo, da quel filone cinematografico di netto stampo americano che ha contraddistinto il Cinema sulle carceri per troppi anni.
Il parallelismo col lavoro di Audiard non è peregrino, perchè in entrambi i casi, prima di una storia tra cronaca e fantasia , la pellicola è anzitutto un racconto di disperazione e di degrado, una parabola sulla sopravvivenza vissuta sulle pelli dei protagonisti, racchiusi nel loro microcosmo nel quale sono nudi di fronte a se stessi e agli altri.

venerdì 7 gennaio 2011

Black swan ( Darren Aronofski , 2010 )

Giudizio: 7.5/10
Cigno bianco , cigno nero e la lotta nel dualismo


Torna a Venezia, due anni dopo il trionfo, Darren Aronofski con un film che per taluni aspetti sembra proseguire il discorso iniziato con The Wrestler: lì era il ring a dare vita ad un uomo mezzo fantasma e mezzo relitto, qui è il palcoscenico che diventa ragione di vita per la ballerina Nina, al punto che , una volta deciso dal coreografo che sarà lei a interpretare il white swan e il black swan nel Lago dei Cigni di Tchaikovskyi, pur di raggiungere una credibilità artistica completa sarà costretta a scrutare nella propria vita, nel profondo del suo essere per essere in grado di poter dare corpo al dualismo che si nasconde in ognuno di noi.
Nina , in effetti , è per natura un cigno bianco: timorosa, disciplinata nella danza, ossessivamente protetta da una mamma che la tratta come una adolescente, forse per vedere realizzato nella figlia il sogno della sua vita rimasto in sospeso, scopre nel coreografo Thomas il suo pigmalione, colui che cerca di portare in superficie le piume nere del cigno che alberga nel profondo della ragazza.

giovedì 6 gennaio 2011

The limits of control ( Jim Jarmusch , 2009 )

Giudizio: 5/10
Un giochino che non appassiona


Chi sarà mai quell'uomo che ieraticamente, con la faccia amimica ed elegantemente vestito, incontra vari personaggi girovagando per la Spagna, i quali immancabilmente gli pongono le stesse domande, sembrano indicargli qualche misterioso indizio e concludono l'incontro con uno scambio di scatole di fiammiferi al cui interno c'è un foglietto cifrato che l'uomo costantemente ingoia bevendo uno dei due caffè che ordina sempre nei locali dove si siede?
E perchè mai si reca metodicamente presso uno dei musei di Madrid a rimirare una sola opera, di volta in volta diversa?
Con la fine del film , forse , lo capiamo, ma quello che invece non si capisce nella maniera assoluta è dove voglia andare a parare Jim Jarmusch con questo film.

The longest night in Shanghai ( Zhang Yibai , 2007 )

Giudizio: 7.5/10
Anime perse a Shanghai


Variazione sul tema del coppoliano Lost in translation , The longest night in Shanghai di Zhang Yibai, uno tra i più validi e interessanti cineasti della nuova cinematografia cinese, pur non raggiungendo i livelli di eccellenza raggiunti un anno dopo col bellissimo Lost indulgence, si mantiene sul solco tracciato dal precedente Curiosity Killed the cat, spostandosi però più verso la commedia brillante , se non altro come contenuti, visto che anche qui , come per il precedente, il regista da sfoggio di una notevole capacità descrittiva delle nuove metropoli cinesi.
In effetti le luci di Shanghai, come lo erano le grandi vetrate e le insegne al neon per la Tokyo di Sofia Coppola, sono tra le protagoniste indiscusse del film che con estrema cura pittorica ci offre delle immagini della metropoli cinese molto belle e tutt'altro che stereotipate.

mercoledì 5 gennaio 2011

At the end of daybreak ( Ho Yuhang , 2010 )

Giudizio: 7.5/10
Storia ordinaria che diventa tragedia


Un rapporto madre-figlio tenuto insieme solo dal legame ancestrale, immerso in una situazione di ordinario squallore tra bottiglie di wiskey e noia, dal quale il giovanotto cerca di uscire frequentando una ragazzina quindicenne , anch'essa abulicamente inserita nella sua famiglia di ceto medio e presa di mira dalle compagne di scuola; una unione fittizia tra i due che ha molto poco del legame amoroso e molto invece della fuga e del diversivo.
Quando la famiglia della ragazzina scopre la frequentazione della figlia, decide di sporgere denuncia per stupro , a meno che il giovanotto e la madre non paghino il loro silenzio, cosa che avviene, anche per l'aiuto economico del padre, poco gradito dal figlio , divorziato dalla madre del ragazzo.

In the loop ( Armando Iannucci , 2009 )

Giudizio: 8/10
Il sottobosco della politica esplorato senza pietà


Altro esempio di film di qualità che probabilmente non vedrà mai le sale italiane, un po' perchè la sua genesi porta lontano dalla sfrenata americafilia che affligge ormai il nostro costume cinematografico, nonostante derivi direttamente da una serie TV e un po' perchè di commedia supersofisticata si tratta in cui la forza dei dialoghi (speriamo mai doppiati) e le battute al vetriolo di puro stampo british non troverebbero certo schiere numerose di estimatori.
Tutto ciò è un vero peccato, perchè di film bello e sinceramente divertente si tratta, condito con la giusta dose di sarcasmo, critica politica e di costume, irriverente al punto giusto, senza voler essere scandaloso a tutti i costi, senz'altro uno dei lavori più validi della stagione appena conclusa.

lunedì 3 gennaio 2011

Lo Zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti ( Apichatpong Weerasethakul , 2010 )

Giudizio: 9/10
Il grande e magnifico ciclo della vita

E' piaciuto a tutti ed ha incantato non solo a Cannes, questo straordinario lavoro del thailandese Apichatpong Weerasethakul , uno di quei film che  ancora ti fanno dire che il Cinema è il più grande spettacolo del mondo, la più grande fabbrica  di emozioni  che sanno uscire dallo schermo e saltarti addosso; uno di quei film che vorresti non finissero mai come una allucinazione piacevole e che una volta terminato vorresti rivedere da capo, subito.
Il regista thailandese dal nome impronunciabile è uno di quei cineasti capaci di parlare all'immaginario dello spettatore, avvalendosi di una tecnica formidabile e capace di investirci con un torrente di flussi emotivi leggeri e avvolgenti regalandoci tematiche anche smisurate , ma con una semplicità che necessita di una predisposizione d'animo a farsi assorbire in pieno; per tale motivo la visione del film  travalica la semplice sensibilità ottica per aprire un buco nero nel quale si affollano la vita e la morte, la reincarnazione ed il karma, bufali che vagano nella foresta e pesci parlanti, fiaba e mito, il ciclo della vita  e le creature della natura, un senso a metà strada tra l'animismo e il naturalismo, fantasmi , spettri, creature ibride , metà uomo e metà scimmia.

Alice in wonderland ( Tim Burton , 2010 )

Giudizio: 6/10
L'Alice di Burton, così fantasy e poco rivoluzionaria


Le premesse c'erano tutte: un testo tra i più rivoluzionari per l'epoca, carico di anticonformismo e di simbolismi , un regista tra i più originali, visionari e anticonformisti degli ultimi vent'anni che ha sempre fatto dell'impatto visivo e del messaggio rivoluzionario il suo credo cinematografico, uno tra i pochissimi che avrebbe potuto dare il suo tocco personale ad una storia  che affascina.
I risultati però ahimè non sono per nulla a livello delle aspettative; non che il film sia brutto, probabilmente diretto da qualcun altro avremmo anche detto che di buon film si trattava, ma l'assoluta mancanza di creatività non si sposa minimamente con le aspettative che un film di Burton ingenera sempre.

domenica 2 gennaio 2011

Exte : Hair extension ( Sion Sono , 2007 )


Giudizio: 7/10
Sempre capelli, ma stavolta uccidono


E' probabilmente un lavoro da considerarsi minore nella cinematografia di Sion Sono, senza che questo debba intendersi come un connotato negativo, in quanto, pur non raggiungendo nè le vette del suo capolavoro Strange Circus che lo precede, nè quelle dell'eccessivo e rutilante Love Exposure che lo segue, Hair Extension è film bello, atipico forse, considerando lo stile particolarissimo che distingue il regista, apparendo quasi come un intattenimento leggero , anche se al suo interno alcune delle tematiche che sempre accompagnano i film di Sono sono ben presenti.
Inoltre , cosa da non sottovalutare nel formulare il giudizio, il film trabocca di una scanzonata e dissacrante ironia sul J-horror, quasi ad assurgere a parodia: quello che per centinaia di film  del genere è un topos consolidato, quasi sacro, per Siono diventa oggetto di sarcasmo: i lunghi capelli che scendono sul viso, diretta emanazione del Ringu nakatiano, diventano in questo lavoro, i protagonisti assoluti, ma nei modi e nelle forme che al regista sono più consone, tra feticismo e splatter.

The stool pigeon ( Dante Lam , 2010 )

Giudizio: 8.5/10
Vite al capolinea a confronto


E' fra i più belli e riusciti film del cinema di Hong Kong del 2010 questo lavoro di Dante Lam che pur rifacendosi per larghissima parte allo stile del noir HKese , tende però a privilegiare all'azione convulsa le atmosfere, le ambientazioni e lo studio dei personaggi al punto di farlo apparire a conti fatti molto meno legato al genere poliziesco di quanto si sia naturalmente portati a pensare.
La situazione è di quelle raccontate tante volte: il detective che arruola gli infiltrati, dopo averne studiato il passato e le problematiche ad esso legate, l'inevitabile connubio che si crea , nonostante si tratti di affari, e la missione che deve essere portata a termine.
Quello che rende Stool pigeon diverso e più bello è la rappresentazione di personaggi giunti ormai al capolinea della loro esistenza , con davanti poco meno del nulla , se non un gesto per redimere, almeno in parte , la loro vita.
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