giovedì 2 febbraio 2012

Peacock / 孔雀 ( Gu Changwei / 顾长卫 , 2005 )

Giudizio: 8/10
La rinascita dell'individuo dopo la Rivoluzione Culturale

Dopo una lunga e fruttuosa carriera come sceneggiatore e direttore della fotografia di alcuni tra i lavori più importanti del cinema cinese ( Red sorgum, Farewell my concubile, Devils on the doorstep), nel 2005 Gu Changwei passa per la prima volta dietro la macchina da presa ed esordisce con un lavoro, che seppur mutilato di circa la metà (in origine durava quasi 4 ore), possiede una sua bellezza intrinseca stupefacente.
Attraverso il racconto della storia di una famiglia, Gu focalizza con precisione e con ammirevole efficacia un momento topico della storia cinese: l'uscita dal periodo turbolento della Rivoluzione culturale e il ritorno ad un concetto individualistico che per tanti anni era stato sepolto sotto ideologie collettivistiche.

Lo sguardo del regista varia di prospettiva a secondo di quale personaggio racconta le sue vicende: i tre figli di una famiglia come tante, che con fatica cerca di riemergere dal buio degli anni vissuti in precedenza.
L'unica figlia è uno spirito ribelle, che insegue i suoi sogni e che mal sopporta le regole famigliari e della società, ricercando con ostinazione una indipendenza agognata e sognata attraverso il volo dei paracadutisti che ammira nelle loro evoluzioni.
Il figlio maggiore è mentalmente ritardato, obeso, spesso vessato da amici e colleghi di lavoro, ma nel profondo è dotato di un pragmatismo che lo porta comunque a crearsi una sua famiglia; è l'elemento disturbante della famiglia, quello verso cui i genitori ripongono più attenzioni proprio per la sua condizione e che scatena dolorose invidie negli altri due.
Infine il fratello minore, taciturno, introverso, codardo che poco si integra con l'ambiente famigliare e che alla prima occasione se ne va di casa inseguendo un sogno di emancipazione.
Scorrendo su questi tre piani narrativi in maniera sequenziale, ma che a volte si intrecciano, Gu Changwei fotografa in maniera attenta e con molta cura quelle che sono le dinamiche di una famiglia e degli individui che la compongono in un momento storico che si trascina pesantemente dietro i drammi degli anni passati, di cui proprio i nuclei famigliari subirono le maggiori conseguenze nefaste.
C'è da dire che , pur mantenendo un profilo ben caratterizzato dal punto di vista storico e sociale, il film tende a scavare maggiormente nella visione dei tre giovani protagonisti, accentuando quel concetto di "individuo" che proprio la Rivoluzione Culturale aveva annullato, quasi un risveglio delle coscienze sopite che finalmente possono inseguire il proprio sogno e i proprio obiettivo di vita.
La bellezza del film sta proprio nei toni mai sopra le righe, in una narrazione che seppur sembra risentire dei tagli effettuati sull'originale, mantiene sempre una sua linearità e coerenza che trovano nell'esplorare la vita di tutti i giorni di persone comuni il loro puntello solidissimo; non c'è ostentata nostalgia e neppure propaganda, c'è solo un sfondo storico ben preciso che fa da palcoscenico a storie ordinarie, caratteristica che il regista ben manterrà anche nei lavori seguenti.
Il film offre momenti di struggente bellezza , ricchi di dramma e di sentimento non urlato, avvolti in una atmosfera cui una bellissima fotografia, oltre che una precisa ricostruzione scenica, donano credibilità e vivacità ed un finale in cui allegoria e poesia rendono ragione del titolo, tutti fattori che hanno permesso a Peacock di ricevere il Gran Premio della Giuria a Berlino e di essere accolto con entusiasmo un po' ovunque
Da segnalare l'esordio, con tanto di riconoscimenti ufficiali, di quella splendida attrice che è Zhang Jingchu che interpreta il ruolo della sorella con una grandissima carica espressiva.

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