martedì 14 febbraio 2012

Terraferma ( Emanuele Crialese , 2011)

Giudizio: 7.5/10
L'isola degli immigrati

Il terzo capitolo dei lavori dedicati al mare e alla sua cultura di Emanuele Crialese riceve un riconoscimento prestigioso al Festival di Venezia, dove presenta, questa volta , una storia di immigrazione e di emigrazione che trova nello splendido scenario dell'isola di Linosa il suo palcoscenico naturale.
Va subito detto però che , nonostante il film sia ad un livello che la grandissima parte delle pellicole italiche neppure si sogna di sfiorare, nel complesso si posiziona ad un livello inferiore rispetto a Respiro e a Nuovo Mondo.
Anche qui è una famiglia partiarcale tradizionale al centro del racconto, una famiglia percorsa da fremiti e da aspirazioni diverse spesso in contrasto con quelle del pater familiae, uomo di mare , tenacemente legato alla sua barca e al suo lavoro di pescatore sempre più anacronistico agli occhi di un figlio che sogna la facile emancipazione, una nuora che vede in quel mondo la causa che gli ha portato via il marito, un giovane nipote che ondeggia tra il rispetto ancestrale per il passato e il fascino del moderno.

In questo crogiulo di passioni irrompe il dramma dei clandestini che per Ernesto il patriarca altro non è che assecondare le leggi non scritte del mare che si fondono con quelle dell'uomo: la giovane donna gravida con bambino al seguito salvata dalle acque trova in quella terra di emigrazione la sua salvezza in attesa di migrare nuovamente verso la terraferma promessa.
L'isola diviene quindi terra di passaggio per chi fugge dalle guerre e per chi vuole partire per cambiare vita, in mezzo il mare stavolta solcato ad inizio e fine film da un piccolo peschereccio e non dal grande transatlantico di Nuovo Mondo.
Fosse tutto qui, probabilmente grideremmo nuovamente al grandissimo film; Crialese però vuole infarcire di nuove e ulteriori tematiche che vanno oltre il rapporto dell'Uomo con la sua storia e con la natura, mette troppa carne sul fuoco col risultato di appesantire il lavoro: oltre al grido ecologico sul cambiamento dell'habitat marino, troviamo il turismo di massa volgare e chiassoso alla perenne ricerca di "vista mare" e aria condizionata, terrorizzato dall'incursione clandestina che turba la settimana di riposo e mare, la legge scritta che spinge l'uomo a violare le leggi ancestrali, la violenza della modernità che sradica le fondamenta di una società antica e tradizionale fondata sul ciclo della natura, lo stesso tema dell'immigrazione clandestina, che vorrebbe essere il contraltare dell'immigrazione interna per necessità, appare un po' troppo ovvio.
Nel complesso comunque il film è bello, paga qualche difetto di troppo, ma sa offrire uno spaccato antropologico efficace e chiude idealmente il ciclo iniziato con Respiro sulla cultura tradizionale marittima, voltando lo sguardo verso un altra forma di migrazione.
Peccato solo per l'eccessiva ambizione che il regista ripone nel film e che fa si che sotto molti aspetti Terraferma risulti un lavoro ben riuscito in ampie parti, molto meno in altre.

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