venerdì 22 giugno 2012

Cow / 斗牛 ( Guan Hu / 管虎 , 2009 )

Giudizio: 8/10
La guerra, l'uomo e la mucca

Seconda guerra sino-giapponese, montagne dello Shandong, l'aviazione giapponese ha appena raso al suolo uno dei tanti villaggi rurali adagiati sulle montagne: tutti morti, tranne Niu Er che vaga inebetito in mezzo alle macerie fumanti intrise di morte per ritrovarsi a rotolare in un fossato tra corpi carbonizzati e membra maciullate.
Con questa immagine , narrata con un ritmo incalzante che apparentemente stona con la tragicità degli eventi e che sfocia nel grottesco macabro, si apre Cow, lavoro del regista cinese Guan Hu.
Il macabro e il grottesco sfuma nel surreale nella scena seguente in cui vediamo comparire una mucca che abbatte a testate il muro di una casa: Niu Er e la mucca sono gli unici due superstiti del bombardamento e proprio quella mucca che il consiglio del villaggio in fretta e furia, nell'imminenza dell'attacco giapponese, aveva affidato a lui, in attesa che l'Ottava armate tornasse a riprenderla, diviene la protagonista del racconto insieme allo stralunato protagonista.

La mucca, del tipo europeo, bella grossa al contrario di quelle cinesi, pian piano assume per Niu Er le sembianze di un totem da difendere a tutti i costi: in lei rivede la donna che stava per sposare, Jiu, una vedova allegra e ribelle che sembra avere trasmesso il suo carattere al bovino ed il legame tra i due diventa quasi simbiotico, soprattutto perchè c'è da evitare un plotone di giapponesi che si sono stanziati nel villaggio, i valligiani morti di fame che dopo avere spremuto la vacca vorrebbero renderla cibo, i cinesi nazionalisti e quelli rivoluzionari.
L'assurdità della situazione, molto meno articolata ma chiaramente ispirata a  di Jiang Wen è raccontata con la giusta miscela di brio e  mestizia, umore nero e poesia, grazie a una narrazione a balzi temporali in cui è il bombardamento e lo sterminio del villaggio a fare da rigido spartiacque.
Il racconto , nonostante la frammentazione temporale, scorre fluidissimo, dominato dalla mole della mucca e dalla simpatica semplicità del protagonista che contrasta nettamente con l'orrore irrazionale della guerra, al punto che per Niu Er non rimane altro che ritirarsi sulla montagna al riparo delle grotte con la sua inseparabile compagna, quasi a volere abbandonare un mondo che non accetta la sua bonaria semplicità ("Ecco come dovrebbe essere il mondo" ripete guardando dall'alto della montagna la vallata con seduta accanto la mucca e l'orticello che prende vita accanto a loro).
E proprio il personaggio di Niu Er, gigionescamente e grandiosamente interpretato da un bravissimo Huang Bo, il centro della narrazione, esempio tangibile di quel gusto della semplicità e della vita rurale che la guerra spazza via gettando in un vortice di follia la vita delle persone, così come, la rassegna antropologica sugli abitanti del villaggio, vero e proprio compendio di scienze naturali , sociali ed umane, appare coloratissima e contribuisce a costruire una ambientazione vivace e divertente in cui c'è spazio persino per una sorta di anticipo della Rivoluzione Culturale nella scena in cui Niu Er viene messo alla berlina con l'accusa di rubare il cibo della vacca e di averla molestata toccandole i capezzoli; se il film ha una base di indubbia drammaticità, non mancano però i momenti che divertono, e proprio il giusto amalgamarsi di situazioni agli antipodi regala al film una perfetta linearità pur nelle sue numerose stratificazioni.
Come detto la bravura di Huang Bo si evidenzia in maniera clamorosa: volto che da solo già parla, spontaneità recitativa, capacità di passare dal riso alle lacrime trasformando la sua maschera  facciale da quella che chiama gli schiaffi a quella che intenerisce e stimola simpatia irrefrenabile: il film si regge in buona parte sulla sua prova e i suoi duetti ( o meglio monologhi) con la mucca sono degni di comparire nelle antologie interpretative.

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