giovedì 4 aprile 2013

The Last Supper / 王的盛宴 ( Lu Chuan / 陆川 , 2012 )

Giudizio: 8/10
La tragedia dell'ambizione

207 AC , caduta della dinastia Qin; 195 AC morte di Liu Bang , passato alla storia col nome di Gao Zu, fondatore della dinastia Han: in questo lasso temporale si svolge la storia raccontata da Lu Chuan, personale interpretazione di uno dei periodi storici più drammatici e al tempo stesso più affascinanti della millenaria storia imperiale della Cina.
Sin dall'inizio, con Liu Bang sul letto di morte, tormentato da fantasmi che sorgono dal profondo della sua anima, l'impronta alla storia impressa da Lu è chiara: dramma storico sì, ma soprattutto tragedia umana di stampo quasi shakespeariano, in cui gli eventi sembrano rispondere ad una trama costruita per mostrare fin nel profondo alcuni aspetti della natura umana che albergano dentro di noi da quando è nato il mondo.
Utilizzando una narrazione a balzi temporali che in certi tratti sembrano quasi voler frantumare la unitarietà del racconto Lu Chuan ci mostra episodi con occhio quasi rashomoniano che sono passati alla storia ( il banchetto di Hongmen, che già abbiamo visto  citato di recente in White Vengeance con ben diversa profondità, la battaglia di Gaixia) nell'epoca in cui Liu Bang e Xiang Hu si contendevano lo scettro imperiale dopo la caduta dei Qin, l'affermazione del primo, di estrazione umile sul secondo, nobile razza guerriera doc e il concretizzarsi del motto " re si diventa , non si nasce", la figura del generale Han Xi, fratello d'armi di Liu Bang prima di diventare il fantasma che perseguiterà l'imperatore fino alla morte convinto della sua slealtà, gli intrighi di corte tra imperatrici-Lady Macbeth, dignitari oscuri concubine e prole bastarda.

Ma Lu Chuan va brillantemente oltre: tutto diventa una riflessione sull'ambizione smodata, sulla sete di potere, sul trionfo della ragione di stato, sull'arbitrio e sulla applicazione aprioristica del potere, sul rimorso e sulla lealtà; qui il regista piazza il colpo di  classe creando un racconto che si appoggia quasi casualmente agli eventi storici che servono solo per  scandire i tempi di una tragedia dai contorni infiniti.
Ben lungi dall'essere un film d'azione, anche se la scena della battaglia di Gaixia che decretò il trionfo di Liu Bang è brano da blockbuster di classe, tutta la storia è permeata di questo senso incombente di dramma e, senza voler essere sacrileghi, in alcuni tratti sembra respirarsi un'aria che soffia forte dalle parti del Sommo Maestro Kurosawa, così come almeno il sospetto che dietro all'analisi di un passato  lontano e quasi sempre raccontato in maniera apologetica e nazionalista, Lu Chuan abbia voluto nascondere una strisciante metafora della storia moderna è tangibile, soprattutto laddove uno dei maggiori dignitari di corte predica agli scriba il dovere dell'imparzialità di chi scrive la Storia.
La figura di uno dei personaggi più gloriosi della Storia cinese si ammanta di quella tragica fallibilità umana che annega nei mostri che popolano gli incubi, dopo essersi nutrito di impulsi ambiziosi e avidi e regala al film momenti di autentica grandezza.
Dopo i primi suoi film nei quali c'è quasi una natura underground pulsante e dopo l'ambizioso e non perfettamente riuscito City of Life and Death che narra del massacro di Nanchino, Lu Chuan con The Last Supper sembra aver raggiunto una maturità che gli permette di sapere confezionare sì un lavoro ambizioso e spettacolare , ma che da forma anche al magma informe della natura umana con doti drammaturgiche non trascurabili.
La pattuglia di interpreti, degna del miglior kolossal, si avvale di Liu Ye nel ruolo di Liu Bang, Daniel Wu in quello di Xiang Yu e Chang Chen in quella del generale Han Xi, essendo quest'ultimo quello che lascia l'impronta più rimarchevole, insieme a Qin Lan, macbethiana Imperatrice Lu Zhi, gelida manovratrice delle sorti dell'Impero.

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