giovedì 20 giugno 2013

Countdown ( Nattawut Poonpiriya , 2012 )

Giudizio: 8/10
Jesus, lo spacciatore che viene dal Vecchio Testamento

La stanchezza mi aveva sopraffatto e quindi ben oltre mezzanotte pensai bene di abbandonare il Festival al suo destino in cambio di qualche ora di riposo in più, tanto , pensai, è il solito film Thai mezzo violento, mezzo fantasmoso, mezzo thriller; e malissimo feci: uno dei soli tre film che persi al FEFF è risultato sia nel giudizio del pubblico che in quello della critica come uno dei più belli e interessanti, a piena ragione.
L'opera prima del regista thailandese Nattawut Poonpiriya è infatti un film originale, dalle tematiche affrontate con ironia e con uno sguardo totalmente nuovo che tende a espandere i limiti del thriller nudo e crudo in favore di una  narrazione quasi mai ovvia e ben ritmata, sebbene il fattore claustrofobico sia prepotente.
Passare il Capodanno in piazza a  New York, dopo che dall'altra parte del mondo i fuochi hanno già illuminato l'alba del nuovo anno è un desiderio comune a molti, ma non a tutti, sicuramente non ai tre ragazzotti thailandesi che a New York vivono già da un po' cazzeggiando e sperperando il denaro che le famiglie han dato loro per mandarli a studiare.

martedì 18 giugno 2013

Like Father, Like Son ( Hirokazu Kore-eda , 2013 )

Giudizio: 8/10
Quale legame inseguire?

Il Premio Speciale della Giuria del Festival di Cannes, assegnato al regista giapponese Hirokazu Kore-eda è il giusto riconoscimento per un cineasta che con Like Father, Like Son è giunto al suo nono lavoro e che presenta una filmografia fatta di pellicole che quasi tutte, per un motivo o per l'altro, hanno lasciato il segno nel panorama giapponese, risultando uno degli autori più attenti soprattutto alle tematiche famigliari che come sappiamo costituiscono uno dei cardini narrativi del cinema Giapponese.
Quest'ultimo lavoro, senza dubbio non il migliore del regista, è comunque un film bello, che si contraddistingue per il suo stile inconfondibile , uno dei puni di forza del cinema di Kore-eda: è un racconto che ti aspetti e nonostante ciò è capace di stimolare l'interesse e di toccare i sentimenti.
Come spesso è avvenuto nei lavori precedenti la trama del film è piuttosto esile, con pochissimi snodi, lineare nella sua semplicità e racconta di due famiglie cui , dopo 5 anni, viene comunicato che i loro figli sono stati vittima di uno scambio (non troppo accidentale scopriremo poi) nell'ospedale dove sono nati.

domenica 16 giugno 2013

Kung Fu Cyborg : Metallic Attraction / 机器侠 ( Jeffrey Lau / 刘镇伟 , 2009 )

Giudizio: 7.5/10
Transformers ? Non proprio

Kung Fu Cyborg è stato uno dei lavori di Jeff Lau meno apprezzati, spesso addirittura deriso, forse perchè dietro ad un titolo che può apparire forse truffaldino si celavano aspettative che coniugavano le arti marziali con Transformers: in realtà è un lavoro che anzitutto mostra una stupefacente coerenza nella sua scrittura con le pellicole precedenti e poi perchè, ancora una volta, il grande regista HKese riesce a mettere in scena un racconto ricco di citazioni cinematografiche e letterarie, che non possono non definirsi colte solo perchè presentate con il consueto stile beffardo e ironico e poco importa se frequentemente è se stesso la fonte d'ispirazione delle citazioni stesse.
E' la storia di un poliziotto integerrimo e valoroso della campagna cinese cui una potente industria che fabbrica intelligenza artificiale affida un robot, ultimo uscito dalla fabbrica, ormai prossimo alla perfezione antropomorfa.
Su questa base narrativa si inseriscono storie di amore tra androidi ed umani ( la poliziotta), storie d'amore impossibili e tenute nascoste, duelli tra robot anarchici che rifiutano le regole e altri che invece al loro software che li governa sono fedelissimi, metamorfosi in stile Transformers con battaglie all'ultimo sangue, ribellioni interiori che esplodono dopo avere covato sotto la cenere.

sabato 15 giugno 2013

A Touch of Sin / 天注定 ( Jia Zhangke / 贾樟柯 ,2013 )

Giudizio: 8.5/10
La violenza è dentro di noi

Sette anni sono trascorsi da quando la Mostra del Cinema di Venezia conferì a Jia Zhangke il massimo riconoscimento per Still Life; da allora il regista cinese si è cimentato solamente in lavori documentaristici (molto sui generis ). Con A touch of Sin interrompe la sua assenza dietro la macchina da presa per lavori di fiction e Cannes gli assegna il Premio come migliore Sceneggiatura, consacrandolo definitivamente come uno dei più grandi cineasti del Cinema moderno.
A Touch of Sin è lavoro che per molti versi risulterà comunque fondamentale nel curriculum cinematografico di Jia: è un deciso ritorno a temi e a situazioni già esplorate ma scandagliate stavolta con un occhio decisamente meno distaccato.
Quello che all'apparenza può sembrare un film quadripartito con un impianto da crime story è in effetti un racconto unitario di disperazione e di violenza dalle tinte cupe, dietro il quale si intravede una profonda riflessione sul male che la società moderna foraggia ed alimenta fino a portare alla deflagrazione inevitabile.

venerdì 14 giugno 2013

I Love Beijing / 夏日暖洋洋 ( Ning Ying / 宁瀛 , 2001 )

Giudizio: 7/10
Pechino all'alba del Terzo Millennio

Cineasta cinese votata da sempre al racconto dei cambiamenti epocali che hanno investito la Cina a cavallo dei due millenni, Ning Ying con I Love Beijing, ultimo atto della Trilogia su Pechino, porta in scena con un occhio talmente realista da sembrare a volte un documentario, una storia semplice, quasi banale in cui più che quello che si vede e si racconta è quello che c'è dietro, sullo sfondo ad interessare maggiormente la regista.
Il giovane taxista  Desi fresco divorziato dopo una colorita quanto emblematica sceneggiata da cortile, si trova a vagare per la città col suo taxi, seguendo a stento la frenesia che monta nella città.
La sua labilità sentimentale post-divorzio lo porta a stringere rapporti con altre donne, sempre però all'insegna di una superficialità e di una aridità, specchio di uno smarrimento che si mescola alle incertezze che i cambiamenti che attraversano la società portano con sè.

mercoledì 12 giugno 2013

Outrage Beyond ( Takeshi Kitano , 2012 )

Giudizio: 6.5/10
L'eroe della yakuza che non c'è più

Dopo la lunga digressione durata diversi anni sull'arte e sul ruolo del cinema ( e quindi di se stesso come uno dei massimi esponenti dell'arte), con Outrage Beyond Takeshi Kitano da seguito alla strada aperta, senza troppo convincere a dire il vero, con Outrage, di cui questo è l'ideale sequel , anche se, narrativamente, non così intimamente legato.
Il ritorno allo yakuza movie può essere letto sotto varie forme tra cui quella che più potrebbe appassionare e cioè una rilettura decenni dopo di un mondo che nei suoi lavori più riusciti Kitano aveva descritto col giusto mix di poesia, umorismo e cattiveria, quasi un reload artistico che dovrebbe condurre ad uno sguardo moderno sulla malavita giapponese.
Mantenendoci su un livello di interpretazione superficiale, effettivamente questo avviene e Outrage Beyond ne è l'ulteriore conferma: il racconto della faida tra famiglie alleate-avversarie per  il controllo dell'organizzazione mafiosa infatti si svolge su un livello che apertamente tende a togliere ogni aura di romanticismo o di poesia , essendo anche la yakuza, come il mondo intero, travolta dalla bramosia di potere e di denaro fine a se stessa, utilizzando legami con la politica e la polizia.

martedì 11 giugno 2013

Child's Pose [ Aka Il Caso Kerenes ] ( Calin Peter Netzer , 2013 )

Giudizio: 8/10
L'ossessione materna

Assoluto trionfatore del Festival di Berlino, Child's pose, distribuito in Italia con l'ammiccante seppur incomprensibile titolo Il caso Kerenes, esce sugli schermi italiani e dimostra ancora una volta come la New Wave rumena rappresenti al momento una delle correnti cinematografiche più prolifiche ed interessanti del panorama mondiale.
Terzo lavoro di Calin Peter Netzer a fortissima impronta autobiografica come ha tenuto a precisare più volte il regista, Il Caso Kerenes è il racconto drammatico di un insano rapporto madre-figlio nella Romania che si affaccia nel consesso dei paesi ad impronta occidentale.
Cornelia è una donna dominante, di quelle che tende a mettere tutto sotto il suo controllo ferreo, compreso il figlio trentenne che considera ancora il suo bambino indifeso e bisognoso di cure; fa parte di quella borghesia rumena che sembra un clone di quella italiana a metà strada tra Prima Repubblica e Berlusconismo, che basa la sua forza su dinamiche che si nutrono di corruzione e di diseguaglianze sociali.
La Recensione completa può essere letta su LinkinMovies

domenica 9 giugno 2013

Stoker ( Park Chan-wook , 2013 )

Giudizio: 7/10
La mano di Park c'è, la storia zoppica

L'esordio lontano dalla natia Corea di Park Chan-wook era uno degli appuntamenti cinematografici più attesi di questo scorcio del 2013: co-prodotto dal defunto Tony Scott e basato su una sceneggiatura di Wentworth Miller, Park dirige in America questo psyco-thriller sul quale incombono un paio di equivoci che è bene risolvere subito.
Il presunto riferimento hitchcockiano dello script è forzatissimo, basato solo su qualche analogia nell'intreccio narrativo; la stessa sceneggiatura,al di là dei riconoscimenti ricevuti, oltre ad esser deboluccia ha un peculiare gusto occidentale nel suo svolgimento, motivo per il quale riconoscere quelle che sono le tematiche care  al Park che tutti conosciamo sarà particolarmente difficile, molto più semplice pensare ad un Polanski ad esempio.
Fatte queste debite premesse Stoker è nel complesso un thriller che in più parti scricchiola nonostante alcuni momenti , che sembrano derivare più dalla sola ed autentica mano del regista, in cui si respira l'aria conturbante del grande Cinema.
India Stoker è una diciottenne cui la morte del padre proprio a ridosso del suo compleanno sembra aprire definitivamente le porte sulla vita e sul mondo; la madre è una fredda e incostante donna che sembra tutt'altro che affranta dal lutto piovuto addosso; fra di loro piomba uno zio, il fratello del defunto, di cui nessuno conosce l'esistenza e che si installa nella casa andando a scompaginare un fragilissimo equilibrio famigliare mettendo i piedi una sorta di morboso triangolo alimentato dal sospetto e dal dubbio.

sabato 8 giugno 2013

Girls for keeps ( Yoshihiro Fukagawa , 2012 )

Giudizio: 6/10
Donne ad una svolta

Lo sguardo sull'universo femminile filtrato da toni da commedia  che una volta si piega verso il brillante , un'altra si raggomitola sul drammatico è il tema centrale di Girl for Keeps del regista giapponese Yoshihiro Fukagawa, film che si affida alla storia di quattro donne, tutte tra la soglia dei 30 e quella dei 40 anni che rappresenta un po' il punto di svolta e al tempo stesso di bilancio della vita.
Queste donne, tutte legate tra loro da un rapporto di amicizia oltre che tutte ugualmente impegnate nel competitivissimo mondo del lavoro del Giappone moderno, si trovano in quel punto fatidico della loro esistenza in cui si tirano i conti e si progetta quello che si vorrà fare una volta raggiunta la maturità: la manager frustrata che deve rispondere agli agguati maschilistici, la più giovane di tutte, quasi trentenne , che ancora non sa bene cosa volere dalla sua vita se non spendere e spandere in shopping compulsivi, la donna matura che subisce il fascino del ragazzotto appena assunto nella sua azienda e che però si reprime conscia del gap generazionale ed in fine la single madre che deve barcamenarsi tra un figlio da crescere cui manca la figura paterna e il lavoro.

venerdì 7 giugno 2013

A Story of Yonosuke ( Shuichi Okita , 2013 )

Giudizio: 5.5/10
Tutti pazzi per Yonosuke

L'anno scorso al FEFF il regista Shuichi Okita presentò la storia colorata di surreale e di tinte tenui del boscaiolo solitario catturato dal cinema in The Woodman and the Rain, quest'anno con A story of Yonosuke , storia-fiume di oltre 2 ore e mezza, conferma la sua scelta narrativa in un lavoro che vede al centro degli eventi Yonosuke Yokomichi, a partire dagli anni 80, quelli del boom economico che consolidò la potenza del Giappone, quando il giovane provinciale dal candore tipico del campagnolo si trasferisce a Tokyo per studiare all'Università.
Nel corso degli anni il giovane, suo malgrado e tutto sommato abbastanza incomprensibilmente, diviene il catalizzatore delle vite di gran parte delle persone che gli girano intorno: colleghi di università, fidanzate quasi per caso, escort di alto bordo per finire a quello che appare come l'amore della sua vita , la ragazza alla moda figlia del benessere urbano del boom economico.
Usando flashback rapidi e, a volte, anche difficili da ricollegare, vediamo gli stessi personaggi, vent'anni dopo ripensare alla figura di Yonosuke, nel frattempo, apprendiamo , morto in circostante grottesche quanto drammatiche.

giovedì 6 giugno 2013

See you tomorrow, everyone ( Yoshihiro Nakamura , 2013 )

Giudizio: 6.5/10
L'eterna fedeltà al Danchi

L'impietoso countdown che appare sovraimpresso sullo schermo segna il numero di ex compagni di scuola che abbandona l'isolamento del Danchi dove vive da sempre Satoru per tornare nella vita disordinata e confusa di un Giappone ormai potenza industriale dalla forza economica straripante.
Satoru infatti ha deciso fermamente di rimanere legato al suo complesso abitativo dove ha sempre vissuto, uno di quei luoghi che sono l'emblema del boom economico nipponico del dopo guerra, e se la sua scelta appare per larga parte del racconto quasi incomprensibile, ma nel finale, quando un po' di fili vengono riannodati, le cose appariranno un po' logiche e giustificate.
Satoru però non è un asociale nè un personaggio problematico, è la sua concezione della vita, morbosamente legata alle sue radici che lo porta a fare le sue scelte, contrariamente a tutti i suoi amici che mosche scapperanno via come ne avranno la possibilità.

mercoledì 5 giugno 2013

La Grande Bellezza ( Paolo Sorrentino , 2013 )

Giudizio: 8/10
La Roma sacra e la Roma puttana

La Roma di Paolo Sorrentino sembra rimandare ad archetipi antichi, a cartoline cinematografiche del passato su cui è stampigliata la firma indelebile di Federico Fellini: La Grande Bellezza sembra muoversi verso quei modelli, salta subito alla memoria e all'occhio La Dolce Vita e Roma del Maestro riminese, ma il rimando è quasi automatico, come un riflesso condizionato, probabilmente improprio perchè Sorrentino non ha la stessa pietas narrativa di Fellini, non chiede empatia per i suoi personaggi, semmai suscita e invoca sentimenti opposti dal disgusto al disprezzo più totali, pur servendosi di un bestiario umano e di una gusto per il grottesco affini al grande regista de La Dolce Vita.
La Roma  di Fellini era il caos del GRA , le sfilate di moda dell'abbigliamento clericale, i rioni popolari, quella di Sorrentino è la Città Eterna Sacra delle chiese barocche e dei palazzi signorili, è la Roma del Colosseo ma è soprattutto la Roma puttana e sguaiata, il ventre molle in cui galleggiano i disperati che hanno venduto l'anima al divertimento a tutti i costi, gli psudo-colti che vivono di gossip e di falso edonismo; una umanità che trova nelle Feste sulle terrazze vista-mozzafiato la sua esaltazione fatta di cattivo gusto e di apparenza, dove saltano felici al ritmo delle canzoni dell'estate che lavano il cervello donnine scosciate, milf che tentano di essere arrapanti con movenze sinuose ed ammiccanti, peracottari arricchiti, cialtroni di ogni risma, cocainomani attempati e, primo fra tutti Jep Gambardella, autentico deus ex machina di questa grottesca movida privata notturna, colui che crea e distrugge le feste, che fa della mondanità l'essenza di una vita annoiata e arrendevole.

martedì 4 giugno 2013

C'est la vie mon cherie / 新不了情 ( Derek Yee / 尔冬升 , 1994 )

Giudizio : 7.5/10
Il melodramma della Hong Kong che fu

Il più classico dei melodrammi HKesi è probabilmente uno dei lavori più riusciti del regista Derek Yee che a suo tempo raccolse una messe di riconoscimenti per questo film in cui ancora si respira aria da pre handover: commedia brillante con esplosione melodrammatica di quelle intrise di quel gusto molto cantonese di affrontare le storie d'amore.
I protagonisti sono Kit, ombroso e insoddisfatto sassofonista frustrato nelle sue aspirazioni artistiche nonchè deluso sentimentalmente, tipico prototipo di personaggio inquieto e alla deriva e Min, ragazza piena di vitalità che si esibisce in strada con una compagnia di opera famigliare, che affronta la vita con semplicità e ottimismo.
L'incontro tra i due porta ad un binomio che nel suo insieme è un altro di quei luoghi comuni del cinema romantico: ognuno dei due saprà essere una spalla e uno stimolo per l'altro, superando anche le difficoltà che la madre di lei frappone alla loro unione.
Le rose e i fiori naturalmente, secondo il più classico dei canoni, non sono destinate a durare in eterno: la malattia che colpì Min da ragazzina, si riaffaccia dopo tanti anni mettendo a dura prova il rapporto tra i due che si andava sempre più saldando.

Juvenile Offender ( Kang Yi-kwan , 2012 )

Giudizio: 7/10
La strada comune verso il riscatto

La vita di Jigu è segnata già dall'inizio: persino il nome è un errore del nonno in fase di registrazione; non conosce il padre, la madre che lo ha messo al mondo da ragazzina lo ha lasciato col nonno che ora è gravemente malato e che conta solo sul ragazzo per la sua sopravvivenza, frequenta coetanei tutt'altro che raccomandabili, piccoli vascelli alla deriva in un mondo dove l'emarginazione si paga a caro prezzo e inevitabilmente fa la spola tra la scuola che frequenta svogliatamente e il riformatorio dove il giudice non ha alcuna intenzione di avere indulgenza con lui, ritenendo che allontanarlo dalla sua casa e parcheggiarlo nell'istituto per minori problematici sia la scelta migliore per il recupero del giovane.
Dal nulla spunta la madre e la possibilità di assaporare nuovi aspetti della vita attraverso la frequentazione e la conoscenza della donna, autentica sconosciuta fino ad un attimo prima.
Il percorso comune di figlio e madre, anch'essa travolta dalle problematiche della vita, segna tutta la seconda parte del film, descrivendo un tentativo di riscatto comune nel quale ognuno può essere lo stimolo decisivo per l'altro.

lunedì 3 giugno 2013

It's me , It's me ( Satoshi Miki , 2013 )

Giudizio: 4.5/10
L'Io moltiplicato

Cosa penserebbe ciascuno di noi se scoprisse che esistono delle nostre copie che se ne vanno in giro per il mondo tranquille? E se poi scoprissimo che forse l'originale non siamo noi ma una di quelle copie?
Ed un evento del genere scatenerebbe più il narcisismo egocentrico o la confusione dei ruoli ? E come ci sembrerebbero gli altri "noi" che come noi non sono?
Il film di Miki Satoshi It's me, It's me contiene in fondo tutte queste e molte altre domande che affiorano in una atmosfera che si fa sempre più surreale man mano che la storia procede e purtroppo ben presto quelle che sembrano domande cosmiche si perdono in un racconto dove oltre le moltiplicazioni del protagonista, le chiacchiere, regna l'appiattimento e la noia.
Il protagonista del film Hitoshi (interpretato dall'idol Kazuya Kamenashi) da il via a questo surreale bailamme appropriandosi di un cellulare dimenticato in un bar: da qui, pensando di fregarsi un po' di soldi fingendosi il proprietario del telefono, scopre che esistono altri Hitoshi, per molti versi differenti da lui, quasi della facce diverse di una stessa realtà.

Shackled ( Upi , 2012 )

Giudizio: 6/10
Il coniglio rosa immerso nell'incubo

Elang vive i suoi incubi notturni sempre nello stesso modo: omicidi, sangue a profusione e l'immancabile pupazzo a forma di coniglio, unica vera e stabile presenza in tutte le circostanze.
Che il protagonista abbia qualche sofferenza psicologica lo si capisce subito: la sua vita è un continuo rincorrere gli incubi notturni che lo portano a squarciare un velo sulla realtà che pian piano affiora con il passare del film, soprattutto quando si scopre che nel quartiere dove vive si nasconde probabilmente un serial killer.
I sogni inquietanti sono realtà filtrata dal subconscio oppure sono un affiorare di schegge impazzite dell'ossessione che attanaglia Elang ?
Dietro la risposta c'è la soluzione del film, thriller per certi aspetti interessante che però si perde un po' nella scelta narrativa troppo flemmatica.

sabato 1 giugno 2013

Touch of the Light / 逆光飞翔 ( Chang Jung-chi / 张荣吉 , 2012 )

Giudizio: 7/10
La forza dell'amicizia

Opera prima del poco più che trentenne regista taiwanese Chang Jung-chi, Touch of Light è stato uno dei film che alla rassegna udinese del FEFF ha riscosso maggior successo, ricevendo anche uno dei premi collaterali.
Rispetto al filone classico per cui il cinema taiwanese gode oggi di grande credito, la commedia romantica, questa pellicola si discosta alquanto andando a raccontare più una storia di amicizia , di riscatto e di affermazione che una storia d'amore.
Huang è un ragazzo cieco, con la grande passione per il pianoforte che vive nella campagna taiwanese che si trasferisce a Taipei per frequentare la facoltà di Musica; qui farà conoscenza con una aspirante ballerina,Chieh, che lavora in un chiosco di bibite.
Due aspirazioni a confronto, che vengono però da lidi opposti: lui , nonostante il difficile status è un ragazzo pieno di tenacia e di ottimismo, lei invece vive la sua aspirazione come una frustrazione in quanto incompresa da una madre sciroccata intenta solo a comprare prodotti di bellezza in offerta speciale e vessata da un fidanzato che non le presta attenzione.

The thieves ( Choi Dong-hoon , 2012 )

Giudizio: 5/10
Ladri che rincorrono Ocean's Eleven

In Corea The thieves  è risultato uno dei film che maggiormente hanno sbancato al botteghino nella storia del cinema coreano; in effetti il regista Choi Dong-hoon ha creato un lavoro che ha tutto per essere appetibile commercialmente: attori di fama, situazioni spettacolari, cast tecnico di primo ordine, scene d'azione e, non ultimo, il richiamo ad Ocean's Eleven di cui per buona parte sembra ricalcare il canovaccio narrativo.
La trama semplice , ma al contempo, artificiosamente articolata, fino ad un finale alla "ognuno per sè e Dio per tutti", si basa sul più classico dei colpi del secolo e si svolge tra Macao, Hong Kong e la Corea con tutto il corredo di personaggi loschi e misteriosi, ladri esperti in acrobazie, in furti con classe, in fughe in macchina che debbono mettere in atto un piano articolato e difficilissimo e per il quale vengono convocati dai quattro angoli dell'Estremo Oriente.
Tutti i personaggi, e forse qui sta il tratto più positivo del film, hanno il loro background personale che affonda nelle più varie problematiche, e costituiscono un piccolo universo che il colpo da mettere in pratica agglomera per un breve lasso di tempo, sufficiente a scatenare dinamiche e situazioni imprevedibili.

I have to buy new shoes ( Eriko Kitagawa , 2012 )

Giudizio: 6.5/10
Incontrarsi a Parigi

Il tema dello straniero in terra lontana è diventato negli ultimi anni uno fra i capisaldi più utilizzati su cui incentrare commedie per lo più dal tono agrodolce, basti citare il famosissimo Lost in Translation di Sofia Coppola; e, a parti invertite, I have to but new shoes, sembra proprio , almeno sotto taluni aspetti, un richiamo  a quel film, soprattutto perchè qui è un giapponese perso nella Ville Lumiere cui arriva in soccorso una connazionale trasferita ormai da anni in Francia.
La storia, assolutamente scarna e giocata su atmosfere e dialoghi (al limite del logorroico ad essere sinceri) in cui domina la pacatezza cui fa da sfondo scenico la magnificenza di Parigi, racconta infatti di Sen, giovane fotografo trascinato con forza dalla sorella nella capitale francese per essere poi comicamente mollato dalla stessa che ha da inseguire un artista vecchia fiamma che vive qui da anni.
L'incontro con Aoi, giornalista e frotografa , ben più matura del giovanotto piacente, diventa il classico pretesto per mettere a confronto ,fino a toccarsi fugacemente , due anime in pena: lei solitaria e preda della frequente nostalgia per il Giappone, lui insoddisfatto per il suo lavoro che trova poco appagante e tutto sommato spirito libero poco incline a legami. Come spesso accade in questi casi l'alchimia e l'attrazione silenziosa alimentano la situazione altrimenti destinata a chiudersi nello spazio temporale di poche battute.
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