venerdì 1 novembre 2013

Dark Touch ( Marina De Van , 2013 )


Giudizio: 6.5/10
La piccola vendicatrice sterminatrice

Dopo il bellissimo Dans ma peau e l'ingiustamente bistrattato Ne te retourn pas, la regista francese Marina De Van dirige questa singolare coproduzione franco-svedese-irlandese, film che pur presentando una traccia coerente coi precedenti lavori , si affida maggiormente a canoni da horror più sperimentato e classico.
La regista ha sempre avuto una particolare attenzione alla sofferenza corporea intesa in senso stretto, ed il lavoro di esordio è senz'altro la pietra miliare di questa sua visione, e anche in un film come Dark Touch, che si appoggia più ad atmosfere da horror soprannaturale, questo tema è ugualmente sviscerato.
Il contesto in cui si muove la ricerca della De Van è quello dell'infanzia maltrattata e violentata e la sua eroina è stavolta una ragazzina unica superstite di un massacro famigliare inspiegabile che sembrerebbe a prima vista l'esecrabile gesto di una gang che sconvolge la tranquilla provincia irlandese.

Tre le verdi colline e le casette ordinate si consuma il dramma di Neve, una ragazzina che appare problematica, asociale , sconvolta da un passato cattivo e duro; anche la famiglia che la prenderà in affido ben presto si renderà conto che forse quello sterminio famigliare non è stato opera di una banda spietata.
In tutto questo primo segmento il racconto offre il meglio di sè: l'ipocrisia delle famiglie che si cela nelle esistenze così classicamente ordinarie, i traumi dell'infanzia (sempre intesi e mai ostentati, per fortuna), una atmosfera che nonostante i paesaggi bucolici è ben lungi dall'essere rassicurante, il personaggio di Neve che incute un misto di tenerezza e di terrore, la scarsa capacità degli adulti a rapportarsi efficacemente con l'universo dei ragazzini.
Quando poi nella parte finale la storia cerca una conclusione logica, paradigmatica, purtroppo si inceppa qualcosa e l'affidarsi a situazioni da horror classico e l'appalesarsi del ruolo da vendicatrice sterminatrice  della protagonista appaiono ben poco coerenti con il resto del racconto.
Marina De Van mostra ancora corpi feriti, carni strappate e penetrate da ogni sorta di oggetto, sofferenze corporali vecchie e nuove ed in questo il legame di Dark Touch coi lavori precedenti è evidentissimo, lasciando trapelare la predilezione della regista per il racconto della sofferenza che dilania le carni; ma anche la lenta trasformazione che subisce Neve, fino al finale, a dire il vero quasi grottesco pur nella sua orrorificità, è qualcosa di già ampiamente sperimentato dalla regista, seppur con atmosfere diverse, in Ne te retourn pas, quello che stona, semmai, è proprio la deriva da horror che vorrebbe dare un senso compiuto alla storia in un anelito finalistico poco convincente.
Nel complesso il film ha il suo valore, soprattutto nell'ottica del racconto del dramma, e il segmento finale ben poco riuscito oltre che largamente incoerente, riesce solo in parte a togliere credito all'opera nel suo complesso.

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