martedì 8 aprile 2014

Tokyo Family ( Yamada Yoji , 2013 )

Giudizio: 8/10

A sessanta anni esatti dall'uscita di Tokyo Story, capolavoro di Ozu Yasujiro e uno dei più importanti lavori cinematografici di tutta la cinematografia orientale, il suo allievo più affermato, l'ultraottantenne Yamada Yoji dedica il suo personale omaggio al maestro con questo remake che è prima di tutto un grande ponte tra la classicità del glorioso passato di celluliode nipponico ed il moderno panorama in cui svariati eredi ( o presunti tali ) del grande regista ripropongono tematiche rivedute e aggiornate che a lui appartengono.
Yamada è anzitutto questo nel cinema moderno nel quale occupa un posto di primissimo piano: un testimone del cinema del passato riletto e rielaborato dopo mezzo secolo di storia che ha cambiato in modo straordinario la società giapponese.
Il remake, con qualche variazione strutturale tutto sommato marginale, è una rilettura in chiave Terzo Millennio di una società che sembra assorbire i suoi drammi e i cambiamenti con grande difficoltà ma al tempo stesso con vitalità inaspettata.
Va detto da subito che Tokyo Family è tutt'altro che un mero esercizio stilistico nostalgico o con intenti puramente rievocativi: Yamada è regista di grande spessore, che sa raccontare storie come pochi e quindi il suo è il modo più coerente di rendere omaggio all'indiscusso maestro.

Dove Ozu raccontava un Giappone appena uscito dall'umiliazione della guerra, attraverso le vicende di una famiglia media , Yamada racconta la storia della stessa famiglia media in un contesto completamente diverso che vede il Paese all'apice della sua potenza economica  con però addosso l'altra grande umiliazione, sempre nucleare, mediata dalla natura con lo tsunami e l'incidente connesso della centrale di Fukushima; lì era un Giappone in cerca di se stesso,smarrito e senza riferimenti, qui è un paese che ancora una volta è smarrito, quasi alienato, dietro la sua continua, folle corsa al benessere e al suo mantenimento in cui persino l'istituzione tradizionale basilare della storia del Giappone è in discussione, travolta dalla frenesia della vita dell'era moderna.
Nel film di Ozu i treni erano quelli caratteristici, sferraglianti sotto chilometri di cavi, qui sono quelli ultramoderni, velocissimi che consentono in poche ora ai vecchi coniugi di raggiungere Tokyo dalla loro tranquilla cittadina isolana di provincia per rendere visita ai propri figli e alle loro famiglie.
Ma la vita a Tokyo è frenetica: lavoro, impegni, una certa superficialità dei rapporti umani, competitività e affanno continuo che non consentono ai figli di svolgere il loro dovere filiale verso i vecchi genitori. 
Lo hiatus esistenziale e generazionale che separa i due anziani dal resto della famiglia è un fossato difficilissimo da colmare , per gli uni e per gli altri , e solo la felicità della vecchia matriarca di vedere i figli più o meno sistemati, sembra gettare ottimismo sulla storia; il vecchio padre è ancora troppo ancorato al suo passato e ai suoi dettami rigidi da poter guardare il mondo dei figli con occhio sereno; gli attriti del passato ancora sono accesi  soprattutto per il più giovane della famiglia, il meno rigidamente legato alle tradizioni ma , alla fine , quello in cui albergano i sentimenti più sinceri, siano essi l'assurda infatuazione per il suo rottame ( una incredibile Fiat 500) o un affetto sincero seppur timido verso i genitori.
Il racconto di Yamada possiede eleganza, sobrietà e gentilezza, scruta gli angoli più reconditi dei rapporti famigliari, e asserisce a gran voce l'unicità e l'importanza dei legami all'interno della vita sociale.
I 140 minuti del film sono un lento , pacato , mai mai noioso osservare il piccolo mondo di una famiglia comune, come faceva Ozu e come oggi fa anche Kore-eda (si pensi a Still Walking ad esempio) che tra i registi più giovani sembra essere quello che più si ispira alla lezione di Ozu, un fluire lento e riflessivo di un racconto ordinario al cui interno c'è però la difficoltà e anche la eccessiva rigidità della istituzione famigliare.
Tokyo Family, lungi dall'essere un esercizio sterile citazionista, è lo sguardo moderno di un grande vecchio testimone della lunga marcia giapponese dalle macerie post belliche alla moderna ricchezza e prosperità che porta con sè il cambiamento delle relazioni personali e sociali fino ad intaccare il santuario più intimo della società giapponese, quella famiglia che per taluni, oggi, è il vero male intrinseco del modello di vita nipponico, prossima alla sua disintegrazione.

2 commenti:

  1. Non vedo l'ora di vederlo. A me anche Still Walking era sembrato un po' un update di Tokyo Story.

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  2. Kore-eda in molte occasioni è stato un rielaboratore delle tematiche di Ozu, modulate nel tempo; di sicuro Yamada è quello che più di ogni altro ha continuato sul sentiero tracciato dal Maestro e questo film ne è la dichiarazione inconfutabile.

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