martedì 10 giugno 2014

My Dog Killer [aka Moj Pes Killer ] ( Mira Fornay , 2013 )

Giudizio: 6/10

Presentato al Festival di Rotterdam dove ha ricevuto importanti riconoscimenti, My Dog Killer della regista slovacca Mira Fornay è il racconto sviluppato sull'arco di una giornata di un giovane, Marek, solitario, taciturno quasi apatico che vive con il padre in campagna  e che la madre lo ha abbandonato anni prima che colma il suo vuoto esistenziale frequentando una masnada di naziskin con neppure troppo convincimento; unico slancio affettivo il ragazzo lo riserva al suo cane Killer , un bel pitbull che addestra in maniera puntuale all'attacco e alla difesa.
Il padre per conservare la vigna è costretto a vendere una catapecchia che usa come alloggio e per fare ciò gli occorre anche la firma della moglie; Marek sarà costretto ad incontrare la madre dopo tanti anni e scoprirà che ha un fratello di 8 anni nato da una relazione della donna con un uomo di etnia Rom.
La giornata che ci viene raccontata è uno snodo cruciale nella vita del ragazzo, che porterà a conseguenze drammatiche, sebbene il finale sembra voglia farci apparire il tutto come una giornata normale, scelta minimalista della regista che in questo si mantiene coerente col resto del racconto.

Quello che in My Dog Killer emerge subito è l'ambiente desolato, squallido, percorso dalla cattiveria, dall'intolleranza e dall'odio in cui si muove il protagonista; la regista Mira Fornay sceglie di raccontare la sua storia di emarginazione e di autoreclusione di una comunità ristretta alternando il piano fisso, spesso interminabile con la macchina da presa a mano che insegue e bracca da vicino il protagonista.
L'apatia e la totale mancanza di affettività e di morale viene accentuata dalla scelta di utilizzare colori spesso desaturati, all'interno dei quali sembrano galleggiare esistenze al limite dell'abbrutimento.
Il film nel suo complesso soffre di una bipolarità accentuata: ambienti e situazioni molto efficaci che vanno a calcare la mano sulla intolleranza e momenti in cui la storia fatica non poco a rimanere a galla, più per una scelta di regia che tende a dilatare fino allo stremo i tempi (veder per due minuti di fila la faccia di Marek che va in motociclo non è esperienza particolarmente esaltante) che per un difetto di sceneggiatura, che anzi avrebbe meritato probabilmente un verve alla regia maggiore: la storia c'è, l'ambientazione anche e rende con efficacia il tema della pellicola; la maniera in cui viene messa la storia sullo schermo invece è piuttosto carente.
Indubbiamente come film che racconta un disagio personale, My Dog Killer ha il suo valore, peccato che spesso nello sviluppo della narrazione perda svariati colpi.
La regista ha Kiarostami come riferimento autoriale e si vede benissimo, proprio in quel suo modo scarno e fin troppo essenziale di dirigere il film; My Dog Killer avrebbe meritato sviluppo diverso per poter ambire ad essere un lavoro meno freddo e più emozionante: anche la noia a quel punto sarebbe stata meno invadente.

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