giovedì 15 gennaio 2015

American Dreams in China / 中国合伙人 ( Peter Chan / 陈可辛 , 2013 )

Giudizio: 7.5/10

Dopo qualche divagazione attraverso generi a lui non abituali, Peter Chan ritorna a tematiche e situazioni più convenzionali alla sua cinematografia: American Dreams in China è infatti una commedia nella quale il regista accumula, a volte anche con un po' di confusione, temi a lui cari quali l'amicizia , la nostalgia, un deja-vu con qualche venatura autobiografica e tutta una serie di argomenti molto "cinesi".
La storia , che si svolge nell'arco di due decenni, vede come protagonisti tre amici che sin dai primi anni del collage condividono il sogno americano: studiare l'inglese, leggere i classici americani, ottenere il visto e abbracciare la terra promessa.
I tre incarnano tipologie diverse: Meng è ambizioso e con una forte considerazione di se stesso, Cheng viene dalla campagna dove la famiglia ha dovuto chiedere i soldi in prestito per mandarlo all'università, Wang è il più estroso dei tre e sfrutta lo studio dell'inglese per rimorchiare le ragazze.
Dopo svariati tentativi, mostrati nel loro aspetto quasi grottesco, solo Meng riesce ad emigrare, con l'idea che giunto in America e fatta fortuna non sarebbe mai più tornato.

Gli altri due , delusi e ormai quasi rinunciatari decidono di mettere in piedi una scuola di inglese privata ( siamo nell'epoca dell' " Arricchirsi è glorioso" in piena liberalizzazione) che riscuote subito successo grazie ai loro metodi poco convenzionali nonostante le lezioni si tengano in una vecchia fabbrica dismessa ed abbandonata.
La fortuna non arride a Meng che torna in Cina, avendo frantumato il suo sogno americano, ma la scuola ormai è divenuta un business per cui i due vecchi amici non perdono tempo a infilare nell'impresa anche il transfugo penitente.
Anni dopo i tre sono importanti uomini d'affari, la scuola ha raggiunto dimensioni grandiose, ma quella che  era la loro terra promessa ha in serbo per i tre una valanga di guai.
Se Peter Chan non avesse tentato una impossibile fusione della messe di tematiche e di argomenti nel finale, America Dreams avrebbe potuto essere un film di quelli che lasciano una traccia indelebile nel tempo; invece un epilogo che si trascina un po' e che per alcuni aspetti appare piuttosto forzato toglie qualcosa ad un film che comunque ha i suoi grandi pregi e che racconta qualcosa e anche bene.
La generazione di cui si occupa il film è quella che per prima ha vissuto come una ubriacatura le liberalizzazioni (siamo a Pechino e la storia parte dai primi anni 80 per giungere alle soglie del terzo millennio), una generazione intrisa di idealismo e di voracità culturale, pronta ad affacciarsi al mondo per conquistarlo dopo i tanti anni di isolamento, che vede nel sogno americano la possibilità di affermazione individuale e di conseguenza nello studio della lingua una possibilità di affrancarsi dall'emarginazione; tutto questo Peter Chan , anche perchè tutto sommato appartenenete anagraficamente a quella generazione, lo racconta egregiamente con grande lucidità e con quel giusto pizzico di nostalgia, si dilunga sugli aspetti sociali e filosofici, cita Fronte del porto e Ghost, descrive con occhio cinese quello che è il sogno americano, ma soprattutto tratteggia bene la grande spinta giovanile a volersi affacciare nel mondo convinta di poterlo cambiare.
Volevamo cambiare il mondo, ma il mondo ha cambiato noi, sentiamo ripetere frequentemente nel film , quasi che l'analisi di quegli anni risenta di una una presa di coscienza adulta della realtà, ed in effetti il sogno americano sembra cadere a pezzi davanti agli occhi, la nascita di un orgoglio cinese si contrappone all'accettazione aprioristica di modelli lontani ed il lungo finale di American Dreams sembra quasi volere mettere a confronto due realtà e due culture che rimangono lontane nonostante il mondo doventi sempre più piccolo.
Come detto American Dreams non convince troppo nel finale, dove tutte queste tematiche vorrebbero fondersi, operazione troppo ambiziosa perchè far collimare argomentazioni sociali, politiche ed economiche con le storie personali che fanno del film un racconto fondamentalmente basato sull'amicizia e su come essa si modifichi con il passare degli anni risulta praticamente impossibile.
La pellicola comunque per larghissima parte è bella, divertente e regala anche emozioni nostalgiche; qualcuno l'ha definita un racconto di maturazione dietro al quale si nasconde anche qualche metafora, di certo l'asse portante sta tutto nei tre personaggi che reggono la storia, nella loro caratterizzazione e nella vivida descrizione che ne fa Chan e nelle atmosfere che tendono a ricordare quegli anni con grande efficacia ( ed in questo c'è la sapientissima mano di Christopher Doyle alla fotografia); se a ciò aggiungiamo l'eccellente prova di Huang Xiaoming, Deng Chao e Tong Dawei, credibilissimi nei rispettivi ruoli, il giudizio complessivo sull'opera non può che essere positivo.

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