sabato 3 gennaio 2015

The Snow White Murder Case ( Nakamura Yoshihiro , 2014 )

Giudizio: 7.5/10

Il cadavere di una giovane donna ritrovato in un bosco, trafitto da numerose coltellate e bruciato, un giovane reporter stagista presso una televisione che passa il tempo a cinguettare col suo smartphone presunte recensioni culinarie, una giovane collega della morta che contatta il reporter, suo vecchio amico, con l'intenzione di raccontare qualcosa che potrebbe essere utile per capire chi ha ucciso la povera ragazza: così inizia questo thriller molto atipico, percorso dalle venature stilistiche molto personali di Nakamura Yoshihiro, regista tra i più originali del panorama cinematografico giapponese.
Inizia da qui un racconto fatto di mille sfaccettature e prospettive: il reporter , armato di telecamera si reca dall'amica, e poi da altre conoscenti di Miki Noriko, la defunta; ma il nostro reporter non riesce a fare a meno di cinguettare e quindi quelle che sono , almeno in apparenza, notizie confidenziali, ben presto fanno il giro della rete e , ovviamente il colpevole è presto individuato: Jono Miki una collega di Noriko che avrebbe agito per gelosia e per vendetta amorosa.

La telecamera allora riprende e registra le storie di chi Jono Miki la conosceva, ma ormai l'assassina è lei , che nel frattempo si è resa irreperibile dopo una cena tra colleghe al termine della quale è avvenuto l'omicidio: su twitter , dove il nostro poco accorto eroe continua le sue cinguettate impenitenti, la sentenza è emessa salvo ribaltare  tutto al primo stormire di fronde.
Basandosi sul kurosawiano cambio di prospettiva rashomoniano che porta a verità parziali e a punti di vista che appaiono coerenti e credibili, Nakamura intesse un racconto che, più nella forma e nello svolgimento che nella sostanza, crea un intreccio spinoso al quale solo un resoconto a ritroso in forma di confessione riesce a dare il suo aspetto reale.
Nella scelta formale e stilistica il film  possiede probabilmente il suo aspetto più valido,  perchè, grazie anche ad una musichetta delicata ma onnipresente di sottofondo, le atmosfere si fanno spesso vicine allo stralunato, passando dal bombardamento di voci e parole riportate da twitter che si sovrappongono a quelle del racconto ai momenti di intimismo quasi surreale soprattutto nei racconti dell'infanzia di Jono Miki.
Su questo contesto articolato , dove si insegue la verità che sembra avere mille facce, si innestano le riflessioni di Nakamura sul potere dei media, tv e internet in primis, e sulla capacità che hanno di creare mostri atrefatti, sull'ipocrita competitività lavorativa tipicamente giapponese, sul conformismo ideologico e morale che induce la superficialità indotta da ciarlatani televisivi e internauti e per finire sul valore dell'amicizia che getta le basi nella tenera età e che permea tutta la parte centrale del racconto, dove accanto ad un certo adagiarsi dei ritmi, lancia coriandoli di sentimentalismo giovanile.
Come risultato abbiamo la costruzione di due immagini femminee antitetiche: Miki Noriko, bella, sicura di sè, arrivista, Jono Miki fragile, silenziosa, sensibile , spesso in balia degli eventi, nonostante le presunte gesta in età adolescenziale, bersaglio delle allusioni e delle maldicenze.
Naturalmente , alla fine di tutto, le cose non staranno come per larga parte del film abbiamo creduto: The Snow White Murder Case è pur sempre un thriller e l'epilogo , tra racconto personale scritto a mano e confessioni, mette tutti i suoi pezzi che abbiamo visto per quasi due ore roteare freneticamente al posto giusto.
Senza dubbio il lavoro di Nakamura ha più note positive di quante siano quelle negative: soprattutto nella sua struttura narrativa e nella scelta di utilizzare  per buoni tratti uno stile da reportage televisivo uniti a certe atmosfere da acqua stagnate che nasconde il ribollire sotto la sua superficie e alla creazione di alcuni personaggi ottimamente tratteggiati , tutti elementi che si riscontrano con una certa regolarità nella filmografia del regista giapponese.

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