sabato 28 febbraio 2015

Love on the Cloud / 微爱之渐入佳境 ( Gu Changwei / 顾长卫 , 2014 )

Giudizio: 7.5/10

Dopo aver svolto una carriera prestigiosa come direttore della fotografia , tra gli altri per Zhang Yimou, Chen Kaige e Jiang Wu, costellata di premi e riconoscimenti, nel 2005 Gu Changwei ha intrapreso la nuova attività di regista, sfornando tre lavori interessanti il primo dei quali, Peacock , addirittura insignito del Gran Premio della Giuria a Berlino, tutte opere dallo sfondo drammatico e ricche di riflessioni sociali; per tutto ciò stupisce  non poco la sua ultima fatica, Love on the Cloud, film confezionato come la più classica delle commedie romantiche commericali.
Ma il lavoro di Gu Changwei serba svariate sorprese che vanno al di là del genere di riferimento.
La storia inizia in una splendida Pechino fotografata in maniera superba da Shu Yang, uomo di fiducia del regista, e vede tre giovani , un attore , uno sceneggiatore ed un direttore di fotografia, che aspirano ad entrare nel mondo del cinema che conta, all'appuntamento fondamentale con una produttrice che deve finanziare il lavoro basato su una loro sceneggiatura.
La magnate gli concederà  un buon budget e un buon anticipo col quel i tre possono stabilirsi a Pechino, ponendo come condizione un po' di pubblicità all'interno del film per il suo allevamento di buoi in Mongolia Interna: un trionfo insomma che sembra aprire le dorate porte del mondo della celluloide ai tre.

Naturalmente la città è un crogiuolo di vita pulsante ed uno dei tre, l'aspirante sceneggiatore, si trova ben presto caduto come una pera cotta a i piedi di una giovane fotomodella la quale da parte sua vorrebbe solo utilizzarlo come dog sitter; il seme comunque è gettato e tra i due e poi anche con gli altri componenti la troupe cinematografica nasce un intenso rapporto cameratesco.

lunedì 23 febbraio 2015

Man on High Heels ( Jiang Jin , 2014 )

Giudizio: 7.5/10

Yoon è una leggenda della polizia di Seoul, un tipo tosto di quelli che affrontano senza battere ciglio orde di gangster riducendoli in polpette e che porta scritte sul fisico scultoreo le tracce delle numerose battaglie come abbiamo modo di vedere nell'incipit frenetico.
Ma Yoon, icona del machismo più sfrenato è ( segretamente) una donna nel corpo di un uomo: finita l'ultima missione si licenzierà per cambiare sesso dopo che già da un po' si sottomette a terapie ormonali.
Lo shock non può che essere grande nel vedere il tema del transessualismo trattato con tanta originalità ed in modo rivoluzionario e probabilmente al limite dell'offensivo per la Corea inguaribilmente maschilista.
La storia di Yoon è costellata dal crescente e doloroso disagio che gli procura questa situazione di guado in cui si trova, ma è anche dominata dall'opprimente ricordo della relazione amorosa avuta con il suo amico del cuore ai tempi del liceo che gli spalancò le porte sulla sua femminilità interiore.
E proprio quel ricordo , la tragica fine dell'amico e la promessa fattagli fa sì che per Yoon l'onore e la parola da rispettare possono perfino fermare la sua trasformazione e rinascita in corpo da donna.
Mentre nottetempo e di nascosto frequenta un pub popolati di transgender presso cui svolge una sorta di tirocinio per la sua nuova vita sotto la guida di esperte e affascinanti transex, Yoon deve risolvere il suo ultimo caso che lo contrappone ad una feroce banda di gangster nel quale sarà obbligato a rimettere in campo tutta la sua forza e la sua abilità da maschio vero per averla vinta.

domenica 22 febbraio 2015

Feng Ai [aka Til Madness Do Us Part] / 瘋愛 ( Wang Bing / 王兵 , 2013 )

Giudizio: 10/10

Quattro mesi passati all'interno dell'ospedale psichiatrico provinciale dello Yunnan, un periodo nel quale Wang Bing ha vissuto come ospite nella struttura non per conoscerla ma per farsi assorbire da essa e soprattutto dai suoi ricoverati, un periodo di tempo che doveva servire per far assimilare la sua presenza e quella del cameramen nel momento in cui finalmente ha iniziato a girare una storia tra le più straordinarie che il Cinema abbia mai visto.
Feng Ai , un po' superficialmente rinominato in Til Madness Do Us Part nel titolo internazionale, privandolo del poetico connubio dei due caratteri cinesi che significano follia ed amore, è opera che rompe definitivamente ogni schema nella cinematografia del regista cinese: definirlo documentario è quanto di più riduttivo si possa fare, perchè Feng Ai è la quintessenza del Cinema, la realtà non filtrata, non mediata, non raccontata con orpelli o finzioni, bensì cruda, pura , fatta di spezzoni di vite immerse in un mondo di follia.
I ricoverati dell'ospedale psichiatrico non sono tutti malati di mente, la struttura accoglie anche disadattati, barboni, persone scomode alla società e alle famiglie, addirittura persone senza nome, un universo variegato racchiuso in un luogo che incute timore e angoscia alla sola visione: un lungo corridoio quadrato che si affaccia su un cortile interno e su cui si aprono camere con 5-6 letti nei quali passano la gran parte delle giornate i ricoverati.

Marshland [aka La Isla Minima] ( Alberto Rodriguez , 2014 )

Giudizio: 8/10

Dopo avere attraversato Siviglia poco prima di sfociare nell'Oceano il Guadalquivir crea una vastissima zona paludosa ricca di coltivazioni di riso: è con questa sorprendente regione vista dall'alto che pare disegnare linee geometriche folli in cui strade, canali, campi, meandri e anse fluviali si intersecano che si apre La Isla Minima dello spagnolo Alberto Rodriguez , lavoro che ha fatto incetta di premi Goya risultando il film migliore dell'anno in Spagna.
Il film ha tutti gli ingredienti per risultare vincente: riflessi storici che rimembrano un'epoca neppure tanto lontana che appare però preistoria, un thriller dai toni spesso angoscianti e una storia di uomini così distanti tra loro che gli eventi hanno portato a dover vivere fianco a fianco.
Ambientato nel 1980 nel sud della Spagna appena uscita dal franchismo ma ancora pericolosamente percorsa da impulsi nostalgici e golpisti che minano le debolissime fondamenta della giovane democrazia, La Isla Minima narra di due poliziotti inviati appunto nella regione andalusa da Madrid per risolvere un caso di scomparsa di alcune giovani ragazze.
Nel piccolo paese la storia sembra essersi fermata, tra slogan franchisti ed effigi che inneggiano al dittatore e ai suoi illustri predecessori in Europa e riuscire a raccogliere informazioni sarà compito arduo visto che tutti sembrano avere qualcosa da nascondere gelosamente.
Ben presto i due si renderanno conto di essere nel pieno di una caso in cui sordide storie di ricatto e di disperazione dominano le vite delle vittime.

venerdì 20 febbraio 2015

Hibiscus Town / 芙蓉镇 ( Xie Jin / 谢晋 , 1986 )

Giudizio: 9/10

Consultando qualsiasi classifica sul cinema cinese stilata da riviste, centri culturali o associazioni di critici cinematografici nei primi dieci posti campeggia sempre Hibiscus Town di Xie Jin uno dei registi più importanti del panorama cinese: vedendo il film si capisce bene il perchè.
L'opera vede la luce nel 1986, in piena fase di riforme e di liberalizzazioni, prima però dello shock dei fatti  di Piazza Tienanmen avvenuti tre anni dopo, in un periodo in cui il processo di revisione della Grande Rivoluzione Culturale era già iniziato da un pezzo.
Hibiscus Town è lavoro dalle molte facce che prende come riferimento proprio il periodo della Rivoluzione Culturale a partire dal 1963 per estendersi fino al 1979; non è però un film storico è semmai un dettagliato resoconto di una epoca in cui storia, politica, umanesimo e sentimenti si miscelano in un racconto al cui centro ci sono però individui che subiscono le tumultuose onde rivoluzionarie dell'epoca.
Ambientato in una piccola città di campagna racconta la storia di Yuyin una giovane donna dotata di grande intraprendenza che vede la sua piccola attività di ristorante da strada, che gestisce insieme al marito, fiorire al punto di poter permettersi una casa nuova e un bel gruzzolo di soldi sotto il materasso.
Invidie e fervore rivoluzionario fanno di lei una candidata ad entrare di diritto tra i contadini ricchi e quindi reazionari e destrorsi che si meritano la gogna da parte del fanatismo rivoluzionario.

mercoledì 18 febbraio 2015

Whispers behind the Wall ( Grzegorz Muskala , 2013 )

Giudizio: 6.5/10

Martin è un giovane aspirante avvocato che dalla provincia si reca a Berlino per frequentare l'università, si intuisce che per lui è la prima esperienza al di fuori della cerchia famigliare e si trova subito nella situazione di dover risolvere il problema dell'alloggio.
Da sotto le grate di un marciapiede uno strano individuo che gira con l'ossigeno a permanenza gli propone un appartamento da affittare in un palazzo fatiscente, dal quale il precedente condomino è sparito senza lasciare traccia.
La proprietaria è una donna che ha diviso il suo immenso appartamento in due con dei tramezzi posticci e che prima di decidere se affittare la metà a Martin pretende dall'uomo con l'ossigeno una foto istantanea del ragazzo da inviare tramite cellulare.
Le stranezze non finiscono qui: tramezzi sottilissimi che consentono di ascoltare tutto, un corridoio nascosto che sembra unire la casa di Martin a quella della donna, buchi nelle pareti da cui origliare con un fonendoscopio, scarichi dell'acqua che ribollono di rosso, un cortile interno su cui si affacciano altri appartamenti abitati da strani personaggi; e poi c'è lei Simone, bella biondona teutonica inquietante e perturbante che convoca il ragazzo nella sua casa , lo riceve con solo una camicetta che lascia in bella mostra le cosce e fa generosamente intravvedere le mammelle tornite ed in men che non si dica gli salta addosso voluttuosa, il fidanzato pianista di lei che abita nel palazzo di fronte, sempre inguainato in abiti di pelle e la oscura presenza/assenza del precedente condomino che con la donna sembra avere qualcosa a che fare, se non altro perchè è la protagonista della sue fantasie sessuali riportate su un diario che Martin trova in casa insieme ad un paio di mutandine nere.

martedì 17 febbraio 2015

Father and sons / 父与子 ( Wang Bing / 王兵 , 2014 )


Giudizio : 7.5/10


“Quello che cerco di fare è trasformare la vita reale in immagini e suoni.Attraverso il Cinema vorrei immortalare questo o quel segmento della vita di tutti i giorni. Io sono interessato all’individuo all’interno della società cinese e voglio raccontare le sue storie specifiche e concrete”
Questo è il manifesto del cinema di Wang Bing, ribadito nel corso di una una recente intervista, cui il regista cinese si è mantenuto rigidamente fedele fin dal 2003 anno in cui il suo monumentale Tie Xi Qu : West of the Track si impose come straordinaria ed unica opera cinematografica.
Forte di questa convinzione Wang Bing gira l’immensa Cina e racconta ciò che vede: dall’inospitale e terribile Deserto del Gobi alle fredde regioni del nord, dal montuoso Yunnan al confine con la Birmania a Shanghai dove girerà il prossimo lavoro.
Durante il suo peregrinare nello Yunnan , divenuto fonte inesauribile personale di storie negli ultimi anni, proprio mentre girava Three Sisters, Wang Bing ha incontrato un’altra di quelle storie che accendono la sua sensibilità di grande narratore per immagini; così nasce Father and Sons , la storia di un uomo che lascia il suo villaggio e si reca nella città di Fuming a lavorare in una delle tante fabbriche che trasformano le pietre in polvere; dopo qualche anno viene raggiunto dai due figli maschi adolescenti che vivono con lui in uno squallido tugurio concesso loro dalla proprietà della fabbrica.

Ma Father and Sons è un film abortito, perché dopo qualche giorno di riprese , il proprietario della fabbrica minaccia la troupe e l’operaio, con sistemi che è facile immaginare, e Wang Bing è costretto a lasciare incompiuto il suo lavoro, potendo attingere a solo poche ore di girato per mettere insieme la ora e mezza scarsa di documentario.
La recensione completa può essere letta su LinkinMovies.it

mercoledì 11 febbraio 2015

C'era una volta in Anatolia ( Nuri Bilge Ceylan , 2011 )

Giudizio: 8/10

Le desolate e inquietanti steppe della Anatolia, il buio pesto appena squarciato dai fari di una piccola carovana di macchine che solca le strade nella notte, un assassino reo confesso che cerca di condurre le autorità sul luogo dove ha sepolto il morto, tre personaggi che scandiscono con le loro inquietudini i ritmi del racconto, una notte lunghissima che sembra non avere mai fine nella quale  il destino ha fissato il punto d'arrivo in cui ognuno dovrà fare i conti con la propria coscienza, un lungo , a tratti pesantissimo, percorso costellato di angosce personali e di rimpianti; C'era una volta in Anatolia non è un thriller , come frettolosamente e stoltamente viene  classificato: non c'è nessuna suspance, non c'è nessun nodo da sciogliere nè misteri da scoprire, c'è semmai un angoscioso stordimento di fronte a storie cui il titolo, quasi fosse l'incipit di una favola, rimanda.
Il lavoro di Nuri Bilge Ceylan è opera difficile da sostenere, lunga, che spesso sembra gettare nelle braccia di Morfeo, cadenzata da ritmi blandi, da movimenti di macchina misurata, logorroica nei suoi silenzi nello stesso modo come lo è negli altrettanto lunghi dialoghi, dominata , soprattutto nella prima parte, dai suoni della natura dell'altopiano stepposo, stormire di fronde, tuoni minacciosi, calpestii su terreni sassosi ed introdotta da una lungo piano sequenza iniziale attraverso una finestra il quale solo verso il finale riemerge nel suo significato.

martedì 10 febbraio 2015

Birdman ( o l'imprevedibile virtù dell'ignoranza ) ( Alejandro Gonzalez Inarritu , 2014 )

Giudizio: 7/10

Con Birdman il regista messicano Alejandro Gonzalez Inarritu si allontana in maniera siderale da quello che fino ad oggi era stato il suo cinema intriso di dramma e di racconti esistenzialisti che ne hanno amplificato, in parte anche in dismisura, la considerazione a livello mondiale: il suo ultimo lavoro indossa infatti le vesti della commedia sotto le quali però rimane bene evidente lo studio della tragedia umana.
Il tono in alcuni casi sofisticato in altri quasi fiabesco di Birdman è quello di una lunga e logorroica disquisizione sul senso dell'arte e sull'artista, sulla vita pubblica e quella privata, sulle lotte titaniche tra le varie facce dell'uomo.
Il filo del racconto lo tiene Riggan , un attore ormai inevitabilmente sul viale del tramonto, da sempre identificato col suo personaggio fantastico che ha interpretato in svariati blockbuster di successo ma di scarsa qualità, che decide di mostrare a se stesso prima e al pubblico poi che lui sa essere anche un attore vero e stimato.
Per fare ciò mette in piedi in un teatro glorioso di Broadway una piece teatrale di Raymond Carver di cui è protagonista e regista oltre che produttore.
Intorno a lui ruotano una serie di personaggi, tutti a modo loro in preda a qualche crisi esistenziale: la figlia ex tossica, la giovane amante e la attrice protagonista in cerca entrambe di una affermazione definitiva della loro ambizione di poter calpestare un palcoscenico prestigioso di New York ed un attore che sembra lo specchio di quanto avviene solitamente, e cioè reale nella scena e attore nella vita privata.

sabato 7 febbraio 2015

Gangster Payday / 大茶飯 ( Lee Po-Cheung / 李保章 , 2014 )

Giudizio: 7/10

Brother Ghost è un rispettabile boss delle Triadi ormai sul viale del tramonto; il suo autoesilio lo vive all'interno del karaoke bar di sua proprietà, lontano dalle lotte di strada , dall'escalation immobiliarista intrapresa dalla malavita di Hong Kong e dal traffico di droga: un prepensionamento insomma trascorso coi suoi uomini fedeli tra chiacchiere e qualche karaoke girl.
Quando incontra casualmente una giovane donna proprietaria di un piccolo bar in stile HKese, nasce in lui un innamoramento quasi adolescenziale misto ad un sentimento di protezione verso la ragazza che ha da poco perso il padre e che con molta difficoltà riesce a tirare avanti il locale: Mei è una ragazza idealista che tenacemente vuole tenere in piedi l'attività che era appartenuta al padre e Ghost , alla ricerca di qualche investimento che gli assicuri una vecchiaia tranquilla, decide di aiutarla. 
Mei però è innamorata del giovane uomo di fiducia di Ghost che ha rischiato la vita per salvarla dalla prepotenza di un bulletto scagnozzo di un altro boss; il ragazzo , tra due fuochi, la fedeltà al boss e l'amore per la ragazza, è tormentato dalla scelta della strada da intraprendere.


martedì 3 febbraio 2015

Tokyo Tribe ( Sono Sion , 2014 )

Giudizio: 7/10

Ci voleva pure il musical nella filmografia di Sono Sion: seguendo un andamento cinematografico ondivago e apparentemente senza alcun riferimento, il regista giapponese negli ultimi anni ha abbandonato se non lo stile le tematiche a lui più care o meglio le ha fortemente contaminate sino ad approdare a lavori come The Land of Hope e Why don't you play in Hell ? che si posizionano quasi agli antipodi l'uno dell'altro.
Tokyo Tribe è un musical, molto sui generis, piuttosto monocorde dal punto di vista musicale che però è molto ben aderente alla ambientazione della storia: la città di Tokyo è ormai in mano a bande organizzate di giovani teppisti che si spartiscono i vari quartieri e che sono in lotta tra di loro inseguendo ognuna il suo credo anarchico; ci sono i seguaci del peace and love che però menano le mani anche loro, c'è la gang di ragazzotte in lattice vestito e con fruste in mano, c'è quella che controlla i bordelli e altre i cui membri girano vestiti come giocatori di baseball; infine c'è la banda più feroce capitanata da un folle personaggio che racchiude tutte le perversioni e le manie possibili al cui soldo lavora un biondo ossigenato che se ne va in giro quasi sempre mezzo nudo.

domenica 1 febbraio 2015

The White Haired Witch of Lunar Kingdom / 白发魔女传之明月天国 ( Jacob Cheung / 張之亮 , 2014 )

Giudizio: 5/10

Produzione dai connotati kolossal a cura della Bona Film, specializzata negli ultimi anni nelle coproduzioni Cina-Hong Kong, film dal budget sterminato che getta sul tavolo l'accoppiata Fan Bingbing-Huang Xiaoming con il supporto di Vincent Zhao, la regia di Jacob Cheung e addirittura la supervisione artistica di Tsui Hark, The White Haired Witch of the Lunar Kingdom è probabilmente l'esempio più lampante della tendenza in auge in Cina di combattere la cinematografia americana maistream sul piano delle megaproduzioni.
Il film in effetti ha ottenuto un grosso successo commerciale, forte anche dell'apporto dato dal 3D, ma come spesso accade in questi casi, a meno che la pellicola non sia plasmata da personaggi quasi infallibili come lo stesso Tsui Hark ad esempio, la qualità artistica complessiva non risulta di quelle da tramandare ai posteri.
Risultato di tutta l'operazione è un film con mirabilie tecniche, impressionanti lavori di grafica digitale ma non sorretto da un livello narrativo adeguato, per cui The White Haired Witch è lavoro tipico da famiglia al cinema con pop corn e coca cola che si vede anche piacevolmente a livello di intrattenimento, ma che , ne siamo ben certi, non lascerà minima traccia nel tempo.

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