mercoledì 22 novembre 2017

Men Don't Cry ( Alen Drljevic , 2017 )




Men Don't Cry (2017) on IMDb
Giudizio: 8/10

In un isolato albergo deserto da fuori stagione tra i monti della Serbia a vent’anni ormai dalla fine delle guerre balcaniche un gruppo di reduci appartenenti alla varie fazioni che si combatterono si ritrovano per un programma riabilitativo tenuto da una organizzazione umanitaria. 
Il tutor del gruppo è uno psicologo sloveno cui è affidato il compito di tentare di guarire le ferite interiori che gli uomini si portano dentro.
Il gruppo è eterogeneo non solo per provenienza etnica , ma anche per età e provenienza sociale: ci sono ex combattenti croati e serbi, musulmani bosniaci che hanno conosciuto la tortura, mutilati  e invalidi che portano sul corpo, oltre che dentro di sé, i disastri della guerra.
Attraverso esercizi ludici apparentemente infantili, sedute di autocoscienza e vere e proprie confessioni di episodi atroci che vengono riprodotte come in una tragica recita, lo psicologo inizia il suo faticosissimo lavoro, perché, dopo vent’anni le tensioni tra gli appartenenti alle varie fazioni sono lungi dall’essere sopite: cetnici, ustascia, muslim sono i termini dispregiativi con cui serbi, croati e bosniaci vengono appellati e nelle sale dell’albergo questi termini ancora vengono urlati con rabbia e violenza.


Momenti di rimembranze drammatiche e scatti di violenza si alternano nel difficile lavoro dello psicologo , e anche quando grazie all’alcool che il gruppo si procura la tensione sembra svanire , il gioco da ubriachi, come bambini irruenti si trasforma in una parodia della guerra in cui invece dei proiettili e delle bombe volano tovaglioli, cuscini e suppellettili vari lanciati tra insulti gridati con la voce impastata dall’alcool.
I racconti delle esperienze personali della guerra sono atroci e lungi dal portare a una riconciliazione spesso alimentano la rabbia e il rancore.
Sarà un funerale a far coagulare finalmente un minimo di pietas umana intorno al gruppo dopo tanto risentimento e odio, tra le preghiere musulmane e i segni della croce ortodossa e cattolica.

La scena finale rappresenta in maniera emblematica quella che è una delle possibili vie d’uscita da una situazione di belligeranza silenziosa ancora presente dopo venti anni, quasi una visione che già in alcuni film sul tema delle Guerre Balcaniche abbiamo visto: la fiducia nelle nuove generazioni che non hanno conosciuto quegli orrori.
La recensione completa può essere letta su LinkinMovies.it

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