Giudizio: 6.5/10
C'è sempre il Messico nel cuore cinematografico di Michel Franco: l'ultima volta che lo avevamo visto era stato il politico-apocalittico pluripremiato , ma per certi versi deludente, Nuevo Orden che nel 2020 vinse il Gran premio della giuria a Venezia; ora il ritorno al Lido, quasi un atto di fedeltà e gratitudine, è con Sundown, altro dramma moderatamente violento che per certi versi sembra riprendere anche l'analisi sociologica e antropologica che il precedente Nuevo Orden sbatteva in faccia allo spettatore con inaudita violenza e crudezza.
In una Acapulco che dietro l'apparente splendore e sfrenato lusso dei resort, nasconde un'anima marcia , decadente e schifosa Alice e Neil , fratello e sorella britannici, oziano al sole , godendosi drink e vedute marittime da cartolina; con loro i figli di lei, fratello e sorella, da poco usciti dalla adolescenza; sono i rampolli di una ricca famiglia inglese, proprietaria di una immensa catena di distribuzione di prodotti derivati dal maiale, macellai di gran lusso insomma.
Nel breve prologo il tempo passa come ci si aspetterebbe in ogni film ambientato nel sole cocente delle località marittime messicane, manca solo il sombrero e poi l'iconografia classica è completa.
Due momenti fulminei danno però , in maniera diversa, la svolta al racconto: da Londra una telefonata annuncia la morte della matriarca della famiglia e un breve ,e al primo impatto inspiegabile, segmento di qualche secondo, ci offre la chiave di lettura di tutto il film, ma sfido chiunque a capirlo prima che si giunga alla fine, una trappola narrativa insomma che funziona perchè non svela niente ma che al termine darà una prospettiva nuova alla storia, ammesso che uno si ricordi di quel piccolo inserto.
Neil finge di smarrire il passaporto e quindi non abbandona Acapulco per fare ritorno in Inghilterra, anzi, trascinandosi con i suoi bermuda lisi e le sue camiciole sempre sgualcite prende una stanza in un albergo di infimo ordine nella Acapulco nascosta dietro le cartoline fatte di mare splendente e di scogliere mozzafiato, dove prosegue il suo buen retiro messicano stavolta su spiagge in stile ostiense con fagottari panzoni, bellezze sfiorite , delinquenti e assassini in libera attività.
Neil vive nella indolenza assoluta , lo sguardo che scivola sempre più verso l'ebete, stringe un rapporto con una giovane ragazza del posto di cui diventa amante, una deriva personale che appare addirittura ridicola vista alla luce dell'inedia che sembra circondarlo.
Quando la sorella tornerà per capire cosa è successo a Neil, quest'ultimo compirà il gesto che porterà alla frattura conclusiva con quello che è stato il suo mondo.
Sundown vive essenzialmente su due binari narrativi sostanziali: da un lato quello sociale che ci mostra la visione di Franco del Messico attuale, dall'altro quello antropologico che ci racconta le conseguenze di una presa di posizione netta che porta alla volontà di tagliare con tutti ed isolarsi nel mondo che intorno continua a scorrere.