martedì 24 dicembre 2019

The Best of All Worlds [aka Die beste aller Welten] ( Adrian Goiginger , 2017 )




The Best of All Worlds (2017) on IMDb
Giudizio: 8.5/10

Sin dalla sua prima apparizione al Festival di Berlino del 2017 l'opera prima del giovane regista austriaco Adrian Goiginger ha raccolto numerosi riconoscimenti nelle rassegne cinematografiche di mezzo mondo, imponendosi come uno degli esordi più promettenti degli ultimi anni.
Lavoro dal fondamentale tratto autobiografico racconta la vita di un ragazzino di sette anni e della giovane madre tossicodipendente sul finire degli anni 90 in una Salisburgo ben diversa da quella da cartolina dove viene presentata come un luogo quasi fiabesco.
Adrian ed Helga vivono una esistenza praticamente simbiotica immersi in un mondo di emarginati e di persone la cui esistenza corre sempre in bilico sul baratro; sin dalla scena iniziale all'apparenza carica di poesia, vediamo infatti Helga che frequenta un gruppo di tossicodipendenti come lei, emarginati , ricercati dal polizia, esseri ormai distrutti dall'abuso di droghe, ma tutto ciò non è sufficiente per lei a impedirle di offrire al figlio quel mondo migliore possibile cui allude il titolo del film.
Adrian da parte sua è un ragazzino sveglio, ricco di grande immaginazione che sogna di diventare un avventuriero che gira il mondo, ma nei suoi sogni trova posto anche un demone difficile da sconfiggere che lo perseguita.


Il mondo reale dell'emarginazione  e della droga e quello fantastico, pieno della felicità che può dare un amore reciproco madre-figlio totalizzante, riesce dunque a coesistere almeno finchè queste due entità non entrano in contatto in maniera violenta.
Come è facile capire anche grazie all'omaggio sui titoli di coda, il ragazzino di sette anni che vediamo nella storia è il regista , passato nella drammatica esperienza della tossicodipendenza della madre e dell'assenza del padre cui surroga però la presenza del nuovo compagno della madre stessa Gunter, tossicodipendente anch'esso; quindi The Best of All Worlds è un racconto di un giovane adulto che mette sullo schermo la sua esperienza tutt'altro che facile da ragazzino: questo è il nodo centrale intorno a cui si svolge il film e soprattutto spiega la riuscita straordinaria di questo lavoro; il film infatti vive di una silenziosa , grandiosa drammaticità, di violenza  e di amore infinito, di vita e di morte e lo fa attraverso un racconto asciutto privo di facili espedienti, senza drammatizzazione ridondante, insomma nella maniera in cui lo può fare chi quell'esistenza drammatica e grandiosa insieme l'ha vissuta veramente e non necessita di orpelli narrativi nè di esacerbazioni fuori luogo.
Come ha spesso ripetuto il regista questo non è un film che parla di droga o di drogati, non è un film che vuole stupire con scene esecrabili o cariche di tragedia, è invece un grande racconto personale di amore vicendevole: quello di Helga per Adrian che riesce ad emergere anche nel buio di una vita vissuta ai margini e malata e che la ragazza non dimentica mai di anteporre a tutto, quello del ragazzino per la madre , unica fonte di vitalità e di felicità, attraverso un rapporto di indissolubilità che raggiunge dei livelli addirittura commoventi.

venerdì 20 dicembre 2019

The Gangster , the Cop, the Devil ( Lee Wontae , 2019 )




The Gangster, the Cop, the Devil (2019) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Presentato non senza qualche sorpresa al Festival di Cannes , seppur fuori concorso, l'opera seconda del regista coreano Lee Wontae è in un certo qual modo una sintesi abbastanza completa di quello che è il cinema coreano di questi anni: lavoro di intrattenimento, grande e proverbiale ormai tecnica di ripresa soprattutto per le scene d'azione, un misto di generi che partendo appunto dall'action movie presenta venature di thriller, di dark comedy , di racconto fracassone pieno di botte e di atrocità varie, grande impronta ironica che riesce a rendere credibili, o quanto meno non totalmente assurdi , certi momenti della pellicola.
A tutto ciò aggiungiamo due personaggi anch'essi caratteristici del film di genere coreano, il poliziotto molto poco propenso a seguire le regole , preferendo invece le vie di fatto, che combatte il crimine e anche la corruzione dei suoi colleghi e il gangster truce, spietato, che muove le fila degli affari loschi e che in fondo in fondo una qualche reminiscenza di etica ce l'ha, abbiamo un quadro più chiaro sul perchè The Gangster , the Cop , the Devil ( titolo che racchiude almeno un paio di citazioni) risulta uno dei lavori più interessanti e divertenti di questa stagione del cinema coreano.


Se poi aggiungiamo che i due protagonisti, naturalmente avversari come impongono i ruoli, sono costretti a stipulare un patto affinchè un pericoloso serial killer che ha osato tentare di far fuori il boss possa  esser catturato, è chiaro che il lavoro di Lee non può non diventare anche una divertente black comedy con momenti addirittura esilaranti e sempre sostenuti da una grande forza ironica.
Vedere il boss e il poliziotto che camminano in assetto da guerra con i loro scagnozzi attorno, eleganti e precisi i gangster, una masnada di pasticcioni i poliziotti oppure assistere ad una sorta di cena sociale, con tanto di bevute, nella quale i due gruppi stabiliscono i piani sono di certo due momenti che se non fossero sostenuti da una forte carica ironica sarebbero a dir poco assurdi.
Mentre il terzo personaggio che tiene in piedi la storia, il serial killer, si presenta fin troppo monolitico e privo di sfumature, i personaggi del gangster e del poliziotto godono di una buona costruzione che li rende credibili e capaci di sostenere il racconto: il detective, iracondo , pasticcione, provocatore, forte di una sua morale personale lotta per mettere fine alle gesta del serial killer e allo stesso tempo si rende conto che l'aiuto del boss può diventare decisivo; quest 'ultimo a sua volta vuole solo mettere le mani addosso al marrano che ha osato attaccarlo, violandone l'onore, per farne carne da macello e sa che può farlo solo assumendo un ruolo quasi "istituzionale".

venerdì 13 dicembre 2019

My Brother's Name is Robert and He Is an Idiot ( Philip Groning , 2018 )




My Brother's Name Is Robert and He Is an Idiot (2018) on IMDb
Giudizio: 8.5/10

Nel Cinema , soprattutto quello moderno, esistono due tipologie di film che si trovano agli estremi della gamma percettiva: quelli ( molti)" a largo spettro"  e quelli (pochi) "on off": i primi mirano al facile risultato , al pareggio racimolato in extremis, al commento  del tipo : " sì carino , però..." oppure " non mi ha convinto a pieno però..." ; i secondi sono invece quelli che rischiano tutto, che mettono in gioco il giudizio sull'opera in maniera coraggiosa , il che non significa che siano necessariamente bei film, anzi , spesso sono dei lavori odiati e detestati, semplificando i film che si amano e si odiano senza mezze misure, on-off appunto, come un qualsiasi interruttore che non conosce posizioni intermedie.
My Brother's Name is Robert and He Is an Idiot del regista tedesco Philip Groning, autore senz'altro incline a rischiare nelle sue opere come dimostrano almeno in parte i suoi lavori precedenti, è uno di quei film che appartengono alla categoria on-off; presentato a Berlino nel 2018 , già alla sua prima proiezione ha lasciato chiaramente intendere che avrebbe pesantemente diviso la critica oltre che il pubblico, ottenendo comunque a Sitges il premio  come migliore regia.
In effetti le tre ore di durata spaventerebbero chiunque a maggior ragione nel caso di un lavoro di Groning che fa proprio dei silenzi e delle attese le sue caratteristiche principali, ma è soprattutto l'impianto narrativo del film che si presta alle più feroci critiche, perchè My Brother's Name è essenzialmente un lavoro intriso di filosofia e di idealismo teutonico quasi classicheggiante.


La trama del racconto è esilissima: è estate, e Elena deve affrontare a breve l'ultimo esame di filosofia che potrebbe aprirgli le porte dell'università, il fratello Robert si presta ad aiutarla nel preparare l'esame, lui che è ben poco propenso alle attività scolastiche ma che si nutre di filosofia applicata alla vita; i due, gemelli e legati in maniera simbiotica con evidente tendenza incestuosa, passano le giornate gironzolando nei prati e nei boschi , in contatto intimo c on la natura ; unico legame con la società e con l'ambiente fuori del loro mondo è la stazione di servizio dove si recano per comprare qualcosa o per usare il bagno.
E' chiaro che il percorso intrapreso da Elena la porterà lontano dal fratello, scindendo quel legame ferreo e carnale, così come le attenzioni del ragazzo per una coetanea amica della sorella scatenano in Elena turbamenti di pura gelosia: insomma il mondo ermeticamente chiuso in cui i due gemelli vivono sta per dissolversi, lanciando i due verso la vita adulta, verso un futuro che li potrebbe vedere divisi.
Parallelamente a ciò però dal fondo del racconto monta la rabbia e la reazione violenta che trova il primo punto di partenza nella apparentemente assurda scommessa che lancia Elena al fratello: prima della fine del week end e quindi degli imminenti esami, lei darà via la sua verginità; una sfida più al fratello che a se stessa.
Tralasciando l'evoluzione finale per non creare spoiler, possiamo affermare che la trama del film di Groning non è altro che una impalcatura che serve al regista, attraverso i discorsi e le gesta dei due protagonisti, per affrontare alcune tematiche che sono il vero nucleo della pellicola, e che fanno riferimento alla filosofia di Sant'Agostino,  di Brentano, di Hegel e soprattutto dell' Heidegger di Essere e Tempo.
Il  Tempo e l'Essere sono in ogni frammento del film vivisezionati, l'esistenza viene concepita come l'essere che si afferma nel presente che però è una illusione temporale in quanto il presente nel momento stesso in cui si sostanzia è già passato e quello che un attimo prima era il futuro si è già mutato in presente: Elena e Robert vorrebbero che la loro vita fosse sempre un eterno presente che però la separazione prossima  sta per frantumare violentemente; il loro mondo autarchico che si nutre solo di sè stessi, del loro contatto con la natura, con gli insetti e con il lago, con i fili d'erba e con le nuvole che disegnano figure in cielo è giunto alla conclusione, la separazione li porterà nel futuro e quindi nel presente fatto di mondi differenti, dove neppure l'estremo gesto di rivolta, il più potente verso la morale , l'incesto, potrà fermare il tempo e quindi la loro esistenza.

lunedì 9 dicembre 2019

Tesnota [aka Closeness] ( Kantemir Balagov , 2017 )




Closeness (2017) on IMDb
Giudizio: 8.5/10

Esordio cinematografico tra i più sorprendenti degli ultimi anni, Tesnota del giovane regista russo Kantemir Balagov, allievo del grande Aleksandr Sokurov, è un'opera che colpisce soprattutto per la maturità dimostrata dal regista sotto svariati punti di vista.
Ambientato a Nalchik, repubblica autonoma del Kabardino-Balkaria del Caucaso, in quel coacervo di etnie e comunità da sempre uno dei luoghi più instabili dell'immensa Russia, il racconto si svolge sul finire degli anni 90, quando il Caucaso si apprestava a vivere un'altra guerra drammatica in Cecenia; protagonista è la giovane Ilana e la sua famiglia di religione ebraica.
La ragazza aiuta il padre in officina e non ne vuole sapere di dedicarsi a lavori più "femminili", ha un carattere piuttosto vulcanico che mal tollera le regole ferree della casa e della comunità ebraica, in più frequenta un giovane che di etnia è cabardo di religione islamica inviso alla famiglia.


Dopo la cena nella quale il fratello minore David si promette sposo alla giovane Lea alla presenza di entrambe le famiglie, la giovane  coppia viene rapita e viene chiesto un riscatto cospicuo che le famiglie non sono in grado di pagare: le regole della comunità impongono alle famiglie di rivolgersi ai propri fratelli ebrei , con ciò accettando anche la sottile ipocrisia e le bassezze della comunità stessa; per Ilana addirittura i genitori progettano un matrimonio per denaro che la giovane naturalmente rifiuterà.
L'evento drammatico piovuto sulla testa della ragazza , della famiglia e della comunità tutta porterà ad una serie di eventi che soprattutto per Ilana saranno un esordio nel palcoscenico del mondo reale.
Tesnota diventa ben presto quindi non un thriller come si potrebbe immaginare considerati gli eventi, bensì un dramma famigliare nel quale l'odioso gesto del rapimento porterà a galla una serie di tensioni sotterranee , di attriti sopiti ma non rimossi e un anelito di indipendenza e di libertà da parte della protagonista.
Balagov sceglie per il suo esordio un racconto reale, tramandatogli dal padre, che si svolge nella sua città natale alla quale è doppiamente legato, anche perchè è qui , presso la scuola di Cinema diretta da Sokurov, che iniziò la sua carriera cinematografica che lo porta a questo esordio che sin dalla sua premiere a Cannes ha raccolto meravigliati e persino roboanti consensi.
Dal grande maestro Balagov mutua il racconto di una silenziosa umanità tormentata, attraverso uno sguardo personale che si rivolge a personaggi defilati, al limite, ma racchiusi nello spazio quadrato del 4:3, personaggi che si posizionano di lato rispetto all'evento centrale del film, personaggi periferici perchè appartenenti a comunità piccole e di minoranza, persino la guerra della Cecenia, quella finita  e l'altra che sta per iniziare sposta Ilana , la sua famiglia, la comunità ebraica e quella islamica ai lati della narrazione.

domenica 8 dicembre 2019

Cities of Last Things / 幸福城市 ( Ho Wi Ding / 何蔚庭 , 2018 )

il



Cities of Last Things (2018) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

La scena iniziale mette subito l'impronta sul film: un lento movimento di camera che inquadra il cielo , un palazzo che si staglia i cui piani iniziano lentamente a distinguersi e d'improvviso una forma mal distinguibile all'inizio che precipita: è un uomo volato da un balcone e chi si schianta contro un pavimento come fatto di vetro, lasciandoci scorgere, a noi che siamo sotto, per un attimo il volto del morto e la chiazza di sangue che si spande rapidamente.
Cities of Last Things del regista taiwanese Ho Wi Ding fa di tutto per rimanere aderente ad un genere noir metropolitano, incentrato sulla storia di un uomo, Zhang Dong Ling, e raccontato con una tripartizione temporale a ritroso che ci porta a capire solo dopo quello che è successo nella sezione precedente.


Nel primo segmento, ambientato nel 2049,  un futuro dove il controllo statale è totale, l'AI controlla ogni gesto attraverso una forma di registrazione che risale ad ogni evento, i bus viaggiano da soli e la città, illuminata come fossimo in Blade Runner, affoga nella tecnologia; il nostro protagonista è un ex poliziotto in pensione, prossimo al divorzio con una moglie che si sta facendo un' altra vita e una figlia che sta per emigrare per trovare una vita più sicura ; questa notte del 2049 sarà quella in cui Zhang chiuderà i conti con la sua vita fatta di delusioni e di vessazioni, dopo aver conosciuto una giovane prostituta europea che le riporta alla mente un passato nel quale ci troviamo subito immersi.
Siamo saltati indietro di una ventina di anni, Zhang è un ambizioso  detective di polizia che però ha problemi con alcuni capi corrotti , inoltre scopre proprio in quella sera che la moglie lo tradisce proprio con il capitano corrotto.
Il giovane sopraffatto dall'odio e dalla frustrazione si imbatte in una giovane occidentale che aveva arrestato poco prima per taccheggio e con la quale imbastirà una fulminea relazione attraverso un viaggio notturno in una Taipei decadente e underground; ma anche qui il destino per il giovane Zhang non sarà benevolo.
Nel terzo segmento vediamo Zhang adolescente, beccato a rubare un motorino che nella centrale della polizia si trova davanti Mrs Wong il boss della mala, vera femme fatale da classico noir tormentato.
Quando l'incontro che appare occasionale ci fornirà ulteriori informazioni sul protagonista, sarà chiaro che il finale della storia di Zhang ,che abbiamo visto all'inizio , non poteva che essere diverso , essendo la sua vita segnata da eventi che lo hanno bastonato pesantemente, quasi un predestinato al passaporto per l'inferno.

giovedì 5 dicembre 2019

The Load [aka Teret] ( Ognjen Glavonic , 2018 )




The Load (2018) on IMDb
Giudizio: 8/10

Dopo aver diretto per quasi dieci anni solo cortometraggi e documentari, il regista serbo Ognjen Glavonic esordisce nel film di finzione con un lavoro dall'architettura scarna, ma che è capace di lasciare un segno importante: come la grandissima parte dei suoi colleghi di varie etnie riconducibili tutte alla galassia della ex Jugoslavia, anche Glavonic, quasi fosse diventato un dovere morale, affronta il tema delle guerre dei Balcani ed in particolare con The Load quella che vide contrapposta la ormai defunta ex Jugoslavia e la Serbia al Kosovo che causò anche l'impegno militare della Nato, ultimo capitolo di una tragedia che affondava le radici nella storia millenaria e spesso turbolenta di quella regione.
Il protagonista della storia è Vlada, un uomo che per mantenere la famiglia viaggia in camion dal Kosovo a Belgrado portandosi dietro un carico segreto; il lavoro nasconde chiaramente qualcosa di losco, ma Vlada rispetta le regole: niente soste, viaggio diretto attraverso strade secondarie e , alla bisogna, un lasciapassare per tirarsi fuori dai guai e soprattutto niente domande.


Ecco quindi che la macchina da presa sale in cabina con Vlade che si accinge a compiere il viaggio col suo carico segreto; nonostante le regole ferree , l'uomo darà un passaggio ad un giovane in fuga verso la Germania che dice di conoscere bene le strade che passano per le montagne e che giungono fino a Belgrado.
Alla fine della giornata Vlade avrà compiuto il suo lavoro, ma già c'è ne è un altro camion che lo attende in Kosovo, ma soprattutto, forse, la distruzione e l'orrore che lo circondano lo portano a guardare il suo lavoro in un'altra maniera.
Rimanendo fedele ad una scelta che molti registi balcanici hanno fatto nel raccontare storie di guerra, in The Load in effetti la guerra propriamente detta rimane molto sullo sfondo: il cielo illuminato dai traccianti della contraerea, grotteschi giochi pirotecnici, qualche passaggio dei jet della Nato che vanno a bombardare Belgrado, qualche esplosione in lontananza, non ci portano quindi in prima linea, ma Glavonic è bravo nel descrivere l'aspetto più intimo e devastante della guerra.
Il viaggio di Vlada col suo carico infatti si impregna delle immagini più cupe , grige, fredde di un conflitto assurdo:  il cielo è sempre carico di nubi, strade e rovine immerse in pantani, scheletri di un passato neppure lontano che rimangono in piedi solo per testimoniare la follia di chi ha inseguito con pervicacia solo la guerra chiudendo le porte a qualsiasi altra soluzione, salvo dovere poi capitolare sotto i colpi della comunità internazionale.
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