Giudizio: 6.5/10
Vincitore della Palma d'Oro al Festival di Cannes di quest'anno ( i francesi, si sa, come un loro film si elevi anche se di poco sopra la mediocrità, non vedono l'ora di impalmarlo...) Anatomia di una caduta è il quarto lungometraggio di Justine Triet, che dopo una carriera ormai ultraventennale nel mondo cinema, raccoglie il prestigioso riconoscimento dopo una serie di altri premi che l'hanno comunque imposta come una delle voci più interessanti del cinema francese.
Onde poter da subito sgombrare il campo da pericolosi equivoci e accuse di spoiler, occorre dire che l'opera della Triet non è un thriller, o meglio non lo è nel senso cinematografico-letterario, e tanto meno è un legal thriller, sebbene buoni tre quarti della durata del film siano ambientati in una aula di tribunale; più propriamente possiamo affermare che la regista ha optato per una struttura da thriller classico con apparentemente tutti i canoni del genere, per affrontare in maniera verrebbe da dire quasi originale, tutt'altre tematiche.
Diciamo che la storia è semplicissima , come potrebbe essere quella di un thriller di Hitchcock che poi si avvolge intorno ad essa creando suspance e tensione: Sandra e Samuel vivono in uno chalet di montagna nelle Alpi francesi, entrambi sono scrittori, di successo lei, molto meno lui che anzi sembra in piena crisi ispirativa; hanno un figlio di 10 anni ipovedente in seguito ad un incidente di cui Samuel si sente colpevole; un giorno, dopo che Sandra si vede costretta a rinunciare ad una intervista in casa a causa del comportamento del marito che non trova da fare nulla di meglio di sparare a volume assurdo niente meno che la versione strumentale di P.I.M.P. di 50 Cent, Samuel viene trovato morto dal figlio e dal cane che lo accudisce nella sua semicecità , caduto dall'ultimo piano dello chalet con presente in casa solo Sandra; ovviamente ci vorrà poco agli inquirenti, e non poteva essere altrimenti, considerare la donna come una possibile sospettata.
Un anno dopo inizia il processo nel quale dovrà testimoniare tra l'altro anche Daniel il ragazzino figlio della coppia che del giorno dell'incidente ha dato una testimonianza contraddittoria.
Da questo momento in poi , in larghissima parte, tranne brevi momenti, soprattutto verso il finale, il film trova il suo habitat nell'aula di tribunale dove si deve decidere se Sandra abbia ucciso il marito o se invece questi non si sia suicidato oppure semplicemente caduto accidentalmente.
Come ogni legal thriller naturalmente si disquisisce su indizi, moventi, prove, testimonianze , accusa e sospetti, ma ben presto si capisce che l'aula del tribunale serve solo da auditorio per raccontare non la caduta accidentale o meno cui il titolo dell'opera fa riferimento, ma il percorso ed il destino di una storia coniugale che dietro una parvenza di normalità nasconde un groviglio di sentimenti contrapposti, di verità e di bugie, di rancori e di accuse che piano piano verranno a galla con l'indagine.
Ecco perchè Anatomia di una caduta non è un thriller; inoltre la sensazione tangibile , man mano che la storia va avanti, è che abbia poca importanza sapere se Sandra abbia ucciso o no il marito, cambierebbe poco o nulla rispetto a quello che abbiamo visto e saputo, facendo quindi venire meno il cardine di un thriller che è appunto l'attesa della verità o in alternativa del colpo di scena clamoroso che stravolga tutto; nell'opera di Justine Triet non c'è nulla di ciò e soprattutto non ne sentiamo la necessità , al punto che quel timido accenno a colpo di scena che dovrebbe rovesciare le carte, oltre che ben poco riuscito sembra addirittura forzato.