martedì 26 marzo 2024

La Passion de Dodin Bouffant [aka The Taste of Things] ( Tran Anh Hung , 2023 )

 




The Taste of Things (2023) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Tran Anh Hung, regista vietnamita di nascita ma ormai francese di adozione, ha sempre centellinato i suo lavori nell'arco di tempo dei 30 anni che intercorrono tra il suo folgorante esordio con Il profumo della papaya verde, straordinaria Palma d'Oro a Cannes nel 1993 fino a La Passion de Dodin Boufannt, presentato nel 2023 anch'esso a Cannes riscuotendo il Premio alla regia.
Anche Venezia nel 1995  lo consacrò al mondo del Cinema assegnandogli la Palma d'oro per l'eccellente Cyclo, opera girata da Tran interamente nel suo paese natale; in questo trentennio. e nonostante la reputazione ormai raggiunta il regista franco-vietnamita ha sempre trovato difficoltà nel portare a termine i suoi lavori, col risultato che in un trentennio vanta al suo attivo solo sette opere, di cui solo tre negli ultimi 13 anni.
L'opera, sicuramente tra le più ambiziose di Tran in questo caso ha ricevuto una importante spinta produttiva che ha permesso al regista di mettere sulla scena assieme due tra gli attori più stimati del cinema francese, Juliette Binoche, ormai una musa imperitura e Benoit Magimel , salito nella considerazione dopo l'eccellente prova di Pacifiction di Albert Serra, e di non risparmiare nella costruzioni degli ambienti richiamando le atmosfere di fine 800 , epoca in cui la storia è ambientata.



Film girato quasi totalmente all'interno del castello dimora di Dodin Bouffant , famoso gastronomo francese antesignano degli chef moderni, narra del rapporto professionale e personale tra quest'ultimo ed Eugenie , cuoca provetta che lavora per lui ormai da più di 20 anni.
Tra i due oltre ad una sintonia silenziosa fatta di gesti sul lavoro, esiste anche un rapporto personale sui generis, fatto di affetto, di sintonia , ma anche di rapporti sessuali, senza che però sia mai sfociato nel matrimonio, evento che proprio Eugenie non sembra considerare fondamentale per il proseguimento del loro rapporto.
Dodin sa di avere solo un'arma per cercare di convincere l'amata e recalcitrante Eugenie: quella della condivisione del piacere per il cibo, che è anche condivisione di esperienze gustativa e non solo, essendo la conoscenza delle tecniche di cucina un altro aspetto su cui il legame tra due persone può rendersi indissolubile.
Il film si sviluppa sempre più intorno alle due figure principali, mettendo sempre più ai margini il resto del racconto e focalizzandosi su un amore che trova nell'arte culinaria il suo legame principale.
Quando verso il finale del film, in un momento carico di poesia e di emotività, i due protagonisti si trovano a parlare tra loro come in una sorta di riassunto della loro vita, Eugenie chiede a Dodin " ma tu mi vorrai ricordare come cuoca o come moglie?" " come cuoca " sarà la risposta dell'uomo dopo una breve titubanza.
In questa risposta c'è tutto il senso del film di Tran; la gioia del condividere i piaceri del cibo, il mettersi al servizio dell'altro , come con grande passione farà Dodin quando Eugenie cadrà malata, il piacere di sperimentare e di trasmettere all'altro, offrono una lettura nuova , originale e potente del concetto di cibo in ambito cinematografico, come quasi mai abbiamo visto prima.

sabato 23 marzo 2024

Green Border ( Agnieszka Holland , 2023 )

 




Green Border (2023) on IMDb
Giudizio: 7/10

Riportando in primo piano la rotta migratoria ignominiosamente inaugurata nel 2021 dall'accoppiata più nefasta che popola l'Europa (  leggi Lukaschenko e Putin ) con lo scopo di creare un problema al confine del puteolente ex impero russo  con l'Europa, la regista polacca Agnieszka Holland, non nuova al cinema ad impronta civile,  racconta la crisi umanitaria scoppiata  appunto 3 anni orsono che va ad affiancarsi a quella ormai tristemente nota ed eternamente in prima pagina che deriva dalla rotta marittima che dalle coste africane conduce in Italia.
Il suo film inizia con una famiglia che fugge dalla Siria decomposta causa la presenza dell'Isis e della guerra per raggiungere l'Europa agognata attratta anche dalle infami menzogne del pagliaccio bielorusso, scagnozzo di Putin che promettevano facile ingresso in Bielorussia e successivo trasferimento in Polonia, segue poi la prospettiva di una guardia di confine, in attesa di diventare padre, che con i profughi ha a che fare tutti i giorni rendendosi protagonista , come i suoi commilitoni, dell'ignobile gioco a rimbalzo cui sono sottoposti i fuggiaschi letteralmente palleggiati con la violenza da una parte all'altra del confine; ed infine la storia viene raccontata attraverso gli occhi di una attivista di una organizzazione umanitaria che si occupa di dare aiuto ai profughi intrappolati sul confine, lanciati  come pacchi da una parte all'altra del filo spinato che segna il "confine verde" del titolo, che di verde non ha nulla , bensì il colore della morte e della violenza inumana.



La scelta di raccontare il film attraverso tre prospettive vuole anche essere una occasione per interpretare quelli che sono gli aspetti emotivi dei personaggi, non risparmiando nulla ai comportamenti dei suoi connazionali polacchi sul confine che a ben vedere gareggiano alla pari coi loro dirimpettai bielorussi.
Quello che sicuramente emerge da questo racconto è che l'orrore sembra veramente non avere mai fine quando di mezzo c'è gente che scappa dalla guerra e cerca di raggiungere quella che considera la terra promessa  dove però ad accoglierli c'è spesso l'indifferenza , quando va bene , o peggio delinquenti senza scrupoli quando va peggio.
Ed in effetti se possibile questa rotta terrestre, attraverso boschi e foreste nel cuore dell'Europa nasce e si sviluppa su basi, se possibile, ancora più ignobili e orribili di quella marittima a noi tristemente nota , se non altro perchè la rotta Turchia-Bielorussia -Polonia è una costruzione politica in cui i profughi vengono utilizzati per i giochetti da satrapi dei due compari: proiettili umani li abbiamo sentite definire, in una odissea fatta di violenza , di disperazione in cui ogni cosa può accadere, perchè quando si rimane inchiodati nella palude del confine riuscire a liberarsene è praticamente impossibile.

venerdì 15 marzo 2024

Memory [Michel Franco , 2023 )

 




Memory (2023) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Anche questa volta per presentare la sua ultima fatica, il regista messicano Michel Franco sceglie il palcoscenico della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia: con le su precedenti opere il regista aveva ottenuto il Premio della Giuria per Nuevo Orden e lusinghieri giudizi da parte della critica per Sundown; Memory, appunto l'ultima fatica di Franco, film girato negli Usa, sembra a prima vista avere poche attinenze con i due precedenti, opere da considerarsi quasi estreme nella loro (differente) durezza.
Memory invece può apparire sin da subito come una atipica ed inusuale love story che però affonda le sue deboli radici in un contesto molto buio e , a suo modo estremo anche esso.
Sylvia vive da sola Brooklyn con la sua figlia adolescente ( non esiste il seppur minimo accenno a chi possa essere il padre, anche se poi capito il contesto generale del film lo si può facilmente immaginare...), lavora in una casa di riabilitazione assistendo soggetti fragili non autosufficienti, ha un passato alle spalle di alcolismo , dal quale si è liberata ormai da 14 anni, pur continuando a frequentare una associazione di alcolisti anonimi.



Una sera , molto controvoglia, accetta di recarsi ad una reunion di ex compagni di scuola del liceo che appena può abbandona per fare ritorno a casa.
Sulla via del ritorno si accorge che un uomo che aveva visto alla festa la sta seguendo ed una volta rifugiatasi in casa l'inseguitore si mette seduto in attesa sul marciapiede. Avendolo trovato ancora lì la mattina seguente, in stato confusionale , la donna riesce a rintracciare il fratello grazie al telefono dell'uomo.
Colpita, o forse meglio dire incuriosita da questo episodio, Sylvia mette in moto la sua memoria e si convince che l'uomo sia un vecchio compagno di scuola che le aveva usato violenza ai tempi del liceo, sfruttando il suo stato di ebrezza alcolica.
L'uomo però non ricorda nulla perchè affetto da una forma di demenza precoce e Sylvia ad una iniziale reazione ostile fa seguire una fase di ripensamento: è lui veramente il violentatore, amico di un fidanzato dell'epoca  che sfruttava lo stato di alcolismo di Sylvia per approfittare di lei? oppure quell'uomo ha frequentato la scuola quando lei già se ne era andata perchè trasferitasi altrove?
I due iniziano a frequentarsi con Sylvia che funge da dama di compagnia , ma ben presto il rapporto si fa più intenso e sfocia nell'amore.

mercoledì 13 marzo 2024

About Dry Grasses ( Nuri Bilge Ceylan , 2023 )

 




About Dry Grasses (2023) on IMDb
Giudizio: 9.5/10

Il Festival di Cannes è un po' la seconda patria di Nuri Bilge Ceylan, ormai quasi adottato, almeno a livello cinematografico, dalla Francia sempre presente come contributo produttivo nei lavori del regista turco; a tutta la serie di premi ricevuti aggiunge quest'anno quello per la migliore interpretazione femminile ( una magnifica Merve Dizdar) , che forse non sarà il più prestigioso sebbene l'ultimo lavoro sia opera degna di Palma d'Oro.
Ma al di là dell'importanza dei premi About Dry Grasses ( che in Italia uscirà-non si sa quando- grazie alla meritoria opera di Movies Inspired col titolo di Racconto di due stagioni) è l'ennesimo capitolo della filmografia di un cineasta tra i più grandi del Cinema contemporaneo, che troppo colpevolmente viene spesso dimenticato quando si tratta di citare i sommi interpreti della Settima Arte.
Siamo , come sempre soprattutto negli ultimi lavori, nel ventre molle della Turchia asiatica, quel lembo di terra che non è più Europa , che si prolunga verso l'Asia e nel quale l'inverno ricopre con la fitta coltre di neve tutto ( immagine che avrà un forte significato anche in questa opera...); Samet è un insegnante di arte che presta servizio in un piccolo villaggio dell'Anatolia, vive insieme ad un suo collega e spera in breve tempo di poter finalmente ottenere  un trasferimento ad Istanbul, convinto che quello della metropoli sul Bosforo sia il suo mondo, dove cultura e tradizione si abbracciano.



Samet vive questa situazione con rassegnazione nella speranza di finire presto il suo periodo di apprendistato in provincia (come pare preveda la legge turca riguardo alle professioni socialmente importanti-insegnanti,militari, poliziotti), non ha grossa considerazione dei paesani e dei colleghi della scuola, solo una ragazzina , Sevim, sembra suscitare in lui qualche interesse ( senza fraintendimenti, la tematica pedofila non è neppure minimamente accennata e alla fine lo scopriremo inequivocabilmente , ma una certa ambiguità comunque si genera, almeno all'inizio).
Proprio un episodio di per sè insignificante in cui Samet mostra però la sua meschinità larvata, fa sì che dalla scuola , su segnalazione di due allieve, vengano mosse a lui e al suo collega coinquilino, accuse di aver avuto atteggiamenti non consoni verso le allieve; il tutto si risolverà con un nulla di fatto dal punto di vista disciplinare , tutto verrà sepolto sotto metri di neve, ma qualcosa nei due insegnanti ormai è scattato, anche perchè in qualche modo non vengono più visti come prima da parte degli allievi e dei colleghi.
Nello stesso momento i due iniziano a frequentare una loro collega, Nuray, insegnante di inglese, attivista politica, che insegna nella vicina città e che i due conoscono quasi come in un appuntamento al buio: dapprima Samet è disinteressato alla donna , ma quando vede l'amico Kenan stringere con lei  amicizia sono ancora la sua acrimonia e meschinità a prendere piede.
L'irruzione nella storia di Nuray ha l'effetto di portare a galla in Samet quello che ristagna nel suo profondo, la sua idea di socialità e di egoismo, il suo (dis)impegno politico, il suo individualismo, il suo accidioso nichilismo, il tutto espresso in una delle scene più belle che il Cinema abbia mai mostrato negli ultimi anni.
Passato l'inverno, finita la scuola, ottenuto (almeno pare) il trasferimento di Samet ed esplosa l'estate vediamo i tre in gita presso un sito archeologico e la fine poetica e filosofica di un film che riesce a toccare a vari livelli coscienza ed emotività in una atmosfera che mescola la rassegnazione e il crepuscolare.
L'osservazione che viene mossa abitualmente a Ceylan è quella di fare sempre lo stesso film, cambiando solo qualche contesto e qualche situazione: ammesso che ciò sia vero, comunque il regista turco , in questa ipotetica rigorosa fedeltà a se stesso, riesce sempre a raccontare qualcosa che riesce a coinvolgere e ad avvolgere , non sprecando mai neppure un minuto dei suoi mastodontici lavori.

lunedì 4 marzo 2024

La zona d'interesse [aka The Interest Zone] ( Jonathan Glazer , 2023 )

 




The Zone of Interest (2023) on IMDb
Giudizio: 10/10

Schermo nero, titolo scritto in bianco che campeggia nel centro; lentamente il bianco svanisce, il nero rimane e una musica stridente  che dapprima raggela poi lascia spazio a note che sembrano provenire da un baratro che sprofonda nella terra; note che solcano lo schermo nero, in mezzo qualche rumore metallico, forse addirittura  delle voci lontane, il tempo passa... Poi lentamente qualche cenno di vita si fa strada: cinguettii lontani, sempre più frequenti e più limpidi e alla fine dopo alcuni minuti interminabili il mondo si apre , squarciando il nero dello schermo con una immagine bucolica anche essa interminabile, piano fisso in lontananza che riprende scene d'estate su una riva di un fiume, qualche mormorio , qualche gesto lontano.
In questo inizio tra i più strazianti e drammatici possibili, Jonathan Glazer cala il biglietto da visita della sua personale (e geniale)  lettura dell'abominio nazista: aguzzate le orecchie, sembra avvertire, perchè non vedrete nulla ma ascolterete quello che a volte, soprattutto senza vedere, può essere più lacerante e raccapricciante di ogni cosa; il Cinema, arte visiva per eccellenza, nata senza parole, al massimo una musica ad accompagnare, demanda al suono, quello generato non dagli strumenti musicali bensì dalla follia umana, il racconto di una delle più grandi tragedie dell'umanità, uno dei trionfi più assurdi del male e della follia lucida dell'uomo.



La famigliola che vediamo in riva al fiume , in quello che potrebbe sembrare quasi un quadro impressionista, è quella di Rudolf Hoss, gerarca nazista , comandante del campo di sterminio di Auschwitz; c'è la moglie , i figli, dei ragazzi ospiti che si godono il sole e il bagno nel fiume.
Giunti a casa , di ritorno da questa giornata di sole e riposo, capiamo chiaramente che quella che sembra una casa linda e pinta circondata da un bel giardino con tanto di orto e serra ha come muro confinante quello del campo di concentramento di Auschwitz: un casa e lavoro perfetto per uno che deve occuparsi di far funzionare alla perfezione la fabbrica di morte che dirige.
E qui piano piano cominciano ad entrare nelle nostre orecchie, già messe in allerta dal prologo, rumori lontani che però non lasciano dubbi: grida disperate, risate oscene, colpi di arma da fuoco, il rumore incessante , come quello di un maglio che non si ferma mai, dei forni crematori che rilasciano senza tregua nuvole di fumo, ordini urlati con voci da esseri demoniaci.
E' il Truman Show, il grande fratello antelitteram del nazismo e dei suoi fedeli servitori: Glazer con una scelta geniale, degna di un grandissimo cineasta, prende spunto dal romanzo omonimo dello scrittore inglese Martin Amis, che per un incredibile scherzo del destino muore negli stessi giorni in cui il film di Glazer viene presentato a Cannes, per costruire , primo probabilmente nella storia del cinema, un racconto dell'Olocausto con la prospettiva dei carnefici, dipingendo i nazisti non come dei "mostri" come troppo spesso vengono identificati, di fatto deumanizzandoli e ponendoli in un mondo quasi avulso dal nostro, ma come dei personaggi mediocri, delle larve umane , incapaci di poter distinguere neppure lontanamente il bene dal male, dei borghesotti in cerca di gloria forti della loro ideologia inculcata da grottesche figure subumane.
Scegliendo di mostrarci Hoss e la sua bella famigliola che vive la propria esistenza in tutta tranquillità, nell'agio più completo, facendo crescere i figli ad un passo da quella fabbrica di morte ed abiezione che è stata Auschwitz, non solo ci mostra come dei mediocri personaggi fossero gli attori della messinscena della banalità del male, ma lo fa sfruttando la tecnica e l'arte cinematografica come raramente si è visto nella storia della settima arte.
I piani fissi interminabili, quasi dei quadri, sempre a distanza, mai un primo piano, una astrazione visiva che rasenta la spersonalizzazione dei personaggi, domina soprattutto la prima parte del film, con quel sottofondo sonoro che fa contorcere le budella a noi ma che a loro  non risulta neppure un po' fastidioso; la cenere invece no, quella dà fastidio quando ci sono i panni stesi, e anche quel muro di cinta , meglio far crescere delle belle viti che lo nascondano un po' per non turbare i pomeriggi in giardino con gli amici.
E' questa totale normalità che rende La zona di interesse un film che lascia senza parole, che non riesce neppure ad indignare; è quel suono continuo , quel misto di dolore e lamenti, di follia e di brutalità che rimane nelle orecchie che dà la vera misura dell'atrocità, senza che essa venga mai mostrata.
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