lunedì 31 gennaio 2022

Celts [aka Kelti] ( Milica Tomović , 2021 )

 




Celts (2021) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Celts, opera prima della regista serba Milica Tomović, presentata in prima mondiale alla Berlinale del 2021, riproposta in numerose altre rassegne con tanto di premi e riconoscimenti, arriva in Italia grazie al Trieste Film Festival, privilegiato ed essenziale punto di osservazione del cinema balcanico e dell'est Europa in genere.
La  regista di Belgrado  ci ha tenuto a far sapere che il suo voleva essere un lavoro che instillasse allegria, che divertisse , che fosse lo specchio delle generazioni in un periodo di grande difficoltà per il paese.
Il racconto è ambientato nel 1993, in piena dissoluzione della Jugoslavia percorsa da guerre interne in cui la Serbia è contrapposta alle altre repubbliche balcaniche , sprofondando in una drammatica crisi economica e di identità.
Minja compie otto anni e la famiglia gli organizza una festicciola a tema: tutti i ragazzini infatti indossano vestiti che richiamano le Tartarughe Ninja mentre i grandi (famigliari ed amici) passano il tempo in chiacchiere , bevendo e fumando. 



Quello che però in superficie pare un ambiente disteso e allegro, nasconde nel profondo insoddisfazioni e tensioni latenti che piano piano vengono a galla col passare del tempo e con lo scorrere del fiume di parole che i vari personaggi gettano sul racconto.
Attraverso una commedia/dramma da camera, quasi una piece teatrale, la regista ci mostra un ritratto di famiglia che vuole essere una proiezione di una società in profonda depressione, in cerca di una via maestra da seguire nello stesso modo in cui i vari personaggi cercano di uscire dalla loro solitudine e dai loro problemi: relazioni difficili, incomprensione, incomunicabilità,insoddisfazione profonda.
In alcuni momenti effettivamente il racconto si tinge di tinte umoristiche divertite, ma al fondo della storia rimane quel senso di dramma personale e collettivo che permea le esistenze.
La scelta di ambientare gran parte del film all'interno di un appartamento alla presenza di molte persone è risultata azzardata e al tempo stesso valida: la Tomović sa  muovere bene la camera da presa seppur in un ambiente che avrebbe potuto facilmente essere claustrofobico; ma nonostante le tematiche spesso conducano su lidi drammatici, l'atmosfera generale del film è ad ampio respiro pur rimanendo il ritmo del racconto non particolarmente brillante.

giovedì 20 gennaio 2022

Tre piani [aka Three Floors] ( Nanni Moretti , 2021 )

 




Three Floors (2021) on IMDb
Giudizio: 5/10

Solo un evento planetario  che ha sconvolto il mondo come la pandemia da Covid-19  poteva interrompere la cadenza quinquennale con cui Nanni Moretti ormai da quasi 30 anni presenta i suoi lavori; Tre Piani , terminato nel 2019 e in procinto di vedere la luce nel 2020 , viene invece presentato a Cannes nel 2021, dove ha ricevuto , soprattutto da parte del pubblico ,  una accoglienza trionfale ( valutazione basata sul minutometro di applausi): ben sappiamo come Cannes cerchi di fidelizzare i propri beniamini , e Moretti lo è di certo tra i maggiori, dispensando applausi e cori entusiastici, molto spesso a prescindere dal valore artistico della pellicola, più rivolti invece al personaggio e alla stima che raccoglie da anni in Francia.
Sta di fatto che l'accoglienza ricevuta dal pubblico ha un pesante contrappeso negativo da parte della critica, soprattutto nostrana, che spesso andando anche oltre le righe ( ma con Moretti purtroppo questo c'è da aspettarselo...), ha in buona parte stroncato l'ultima fatica del regista romano.
Che il cinema di Nanni Moretti sia cambiato, forse inevitabilmente , una volta approdato ad una diversa fase della vita personale e della carriera cinematografica, ci può anche stare, di sicuro, a partire da La stanza del figlio, Palma d'Oro a Cannes nel 2001, il regista ha messo da parte molta della verve anche pesantemente dissacratoria oltre che l'ironia e il sarcasmo per taluni aspetti della società , in favore di una visione più personale, intimistica che però conservava sempre al suo interno delle profonde venature derivanti dal suo passato cinematografico.



Tre piani , possiamo dirlo con tutta franchezza e anche con un po' di dispiacere , non solo perchè chi scrive si considera morettiano di ferro ( nel bene e nel male), è lavoro che si stenta a ricondurre all'autore di Mia madre o de La stanza del figlio: il cinema di Nanni Moretti sembra liquefatto e disperso all'interno delle stanze e lungo i piani  di un condominio borghese romano che funge da fulcro del racconto.
Per la prima volta il regista si cimenta con un testo non suo: l'ispirazione è il romanzo omonimo del regista israeliano Eshkol Nevo, e questa rimane l'unica citazione del testo letterario , perchè va assolutamente evitata la stucchevole disamina dell'eventuale aderenza della pellicola al libro: anzitutto perchè, volutamente, siamo all'oscuro del libro, inoltre perchè dopo decine di migliaia di film visti e e di libri letti, ancora non siamo riusciti a trovare un film che fosse aderente in pieno alle pagine  scritte, semplicemente perchè non è possibile.
Forse la scelta di manipolare un testo non originale ha contribuito alla riuscita deludente del film, sta di fatto che Tre Piani sembra semplicemente un lavoro di un regista come tanti che cerca di fare l'opera della vita, mescolando eleganza narrativa e visiva, influssi da thriller psicologico, dissertazioni sociali e antropologiche, analisi tendenzialmente grossolane sulla difficoltà dei rapporti interpersonali; ne viene fuori un ritratto di una borghesia cittadina  racchiusa nel suo livore e animata dalle sue dinamiche perverse, un condominio che diventa il crogiuolo di bassezze e rancori persino all'interno della stessa famiglia.
Nei tre piani del titolo vivono quattro nuclei famigliari che sin da subito si mostrano in qualche modo legati uno all'altro: quattro storie famigliari tutto sommato ovvie con esperienze comuni a tanti.
La coppia giovane con bambina sempre in affanno col lavoro e che si serve della gentilezza dei dirimpettai, una coppia di anziani, che gli ospitano la bambina quando sono assenti: la gentilezza dei dirimpettai diventerà sospetto atroce che divorerà i genitori soprattutto il padre, cui però il destino riserva una vendetta implacabile.

sabato 15 gennaio 2022

Unclenching the Fists ( Kira Kovalenko , 2021 )

 





Unclenching the Fists (2021) on IMDb
Giudizio: 8/10

Anche la giovane regista russa Kira Kovalenko è un altro prodotto di quella fucina di talenti che è la scuola di Aleksandr Sokurov che già aveva prodotto Kantemir Balagov, tra gli autori di punta , forse il capofila, del nuovo cinema russo , totalmente postsovietico in quanto generato da autori che non hanno conosciuto l'epoca socialista.
Come molti dei film diretti da questa nuova generazione di registi, anche Unclenching the Fists, è opera che va a scavare nel profondo dell'ex impero sovietico, mettendo in primo piano quelle che sono le profonde contraddizioni di una società che ha mantenuto usanze spesso millenarie che avevano resistito persino alla dominazione sovietica; il lavoro della Kovalenko si svolge infatti nella repubblica russa caucasica dell'Ossezia del nord, in una cittadina in declino come la sua fonte primaria di ricchezza e cioè la miniera attiva in epoca socialista, territorio che è stato inoltre, dissoltasi l'URSS, teatro di guerre e rivendicazioni etniche sanguinosissime.



In questo luogo racchiuso tra le montagne aspre e il passato comunista fatto di palazzoni in decadenza vive la giovane Ada, in una famiglia in cui manca totalmente la figura materna e che è dispoticamente governata da un padre possessivo e padrone; il fratello più piccolo vive con Ada , mentre il più grande , agli occhi della ragazza una sorta di eroe, ha lasciato la casa paterna e se ne è andato nella vicina Rostov abbracciando la vita cittadina; Ada vive le sue giornate aspettando il ritorno del fratello Akim, quasi un suo liberatore nella sua fantasia, che la affranchi un giorno dal pesante giogo paterno e le renda la libertà.
Ada però è una ragazza di animo nobile , sente comunque il legame per una famiglia seppur monca come la sua e quindi la sua speranza di fuggire altrove si scontra con l'affetto che comunque prova per il vecchio padre e per il fratello più piccolo.
Quando Akim finalmente torna a casa, Ada crede e spera che sia giunto il momento di andarsene , ma il crescente senso di ribellione che segue l'ennesimo rifiuto del padre a restituirle i documenti, la menomazione fisica che la opprime, esito di un episodio che fa chiaramente riferimento alla strage di Beslan in seguito alla quale le ferite riportate le hanno causato gravi disturbi che il padre ossessivamente si ostina a non voler risolvere attraverso un intervento chirurgico, gettano la ragazza nella disperazione e nella convinzione di essere pronta a tutto pur di lasciare una volta per tutte quella prigione che è diventata la sua casa.
Opera dal profondo senso umanistico che riesce a scavare con lucidità nella condizione di una ragazza che vive con frustrazione i suoi sogni e le sue speranze, Unclenching the Fists attraverso, il velo squarciato su una realtà lontana , dispersa in un ex impero che ha lasciato dietro a sè macerie fumanti, tratteggia con grande forza evocativa il ritratto di un personaggio che combatte la sua guerra di liberazione, contro una società patriarcale legata a vecchie abitudini, dopo che sul suo corpo è impressa la violenza che ha dominato per molto tempo le dinamiche etniche e religiose di quella terra.

sabato 8 gennaio 2022

Titane ( Julia Ducournau , 2021 )

 




Titane (2021) on IMDb
Giudizio: 4.5/10

Il Festival di Cannes, lo sappiamo, ormai insegue quello che è il suo sogno segreto: diventare il contraltare europeo e "di qualità" degli Oscar Hollywoodiani dove poter esaltare una grandeur cinematografica che non appartiene più alla Francia da decenni ormai: in tale ottica non deve stupire l'assegnazione della Palma d'Oro a Titane della regista Julia Ducournau, per un film che si fa già fatica a considerarlo in un concorso di un Festival.
Piuttosto c'è da scommettere che tra qualche anno il film verrà ricordato solo e soltanto per la ridicola gaffe del presidente della Giuria Spike Lee che durante la cerimonia di chiusura, manco fosse un demente incartapecorito, ha rovinato la festa annunciando anzitempo il vincitore, cosa mai avvenuta nella prestigiosa rassegna.
Per sgomberare subito il campo da equivoci , è bene affermare in maniera netta che Titane è lavoro sconclusionato, raffazzonato, in alcuni tratti rasenta il ridicolo, carico di una presunzione cinematografica che non fa onore ad una regista che aveva fatto centro alla grande col suo film d'esordio, il cannibalesco Raw e che si regge in piedi barcollante proprio soltanto grazie alle doti di regia di Julia Ducournau, che pur in un film tutt'altro che riuscito ha mostrato di aver indubbiamente talento.



Tutto ciò non fa altro che far sorgere il dubbio che il film sia carente soprattutto nella sceneggiatura e nella sua smodata ambizione di raccontare qualcosa che risulta alla fine di una ovvietà e di una superficialità sconcertanti.
Il film narra la storia di Alexia una giovane che da ragazzina subì un delicato intervento chirurgico nel quale le fu impiantata una placca di titanio  sulla calotta cranica in seguito ad un incidente stradale; curiosamente da adulta si guadagna di vivere esibendosi in danze voluttuose su macchine esposte in fiere e rassegne e soprattutto ha sviluppato un legame morboso con le auto al punto di consumare rapporti sessuali con esse(!!!) rimanendo addirittura gravida ( di cosa si scoprirà più tardi); inoltre , tanto per non farci mancare nulla, ammazza la gente , chiunque osi avvicinarsi a lei, anche con atteggiamenti affettuosi, come la collega di lavoro Justine e alla fine fa fuori pure il padre e la madre non si capisce bene perchè.
Quando capirà di essere ricercata prenderà le sembianze di un ragazzino scomparso anni addietro e che secondo una ricostruzione computerizzata assomiglierebbe incredibilmente a lei, ammesso fosse vivo ancora.
Il padre del ragazzino non si porrà alcun dubbio e la riconoscerà come il figlio, motivo per cui Alexia dovrà non solo incerottarsi per coprire le forme ma anche la gravidanza che avanza.
Meglio non proseguire oltre , rischio spoiler e racconto di momenti cinematografici onestamente imbarazzanti, considerato un finale che rasenta quasi il ridicolo.
Finita la visione di Titane ho velocemente rivisto quanto scrissi sull'osannata opera prima della regista francese e repentinamente mi è sorta una domanda nella testa: perchè dare lo stesso nome alle protagoniste di entrambi i film? In Raw la protagonista è Justine, qui l'amica che la protagonista ammazza senza pietà, e Alexia è la sorella, in Titane troviamo gli stessi nomi; vuole forse la regista creare un sottile filo che lega i due lavori? su una cosa Raw e Titane camminano di pari passo, ed è probabilmente l'ossessione cinematografica che più interessa la regista: la trasformazione dei corpi, il disfacimento e la mutazione che essi subiscono in un processo apparentemente inarrestabile.

venerdì 7 gennaio 2022

E' stata la mano di Dio [aka The Hand of God] ( Paolo Sorrentino , 2021 )

 




The Hand of God (2021) on IMDb
Giudizio: 8/10

La sfida degli Oscar che Sorrentino ripercorre dopo il trionfo del 2014 si affida ad una opera già largamente entrata tra i lavori pluripremiati, partendo dal gran Premio della Giuria conquistato alla 78° Mostra Cinematografica di Venezia dove è stato presentato nel settembre scorso, e che come sempre avviene con le produzioni del regista napoletano ha visto una critica divisa sulla valutazione da dare ad un film che risulta uno spettacolare e sorprendente cambio di registro nella sua idea cinematografica.
Messe da parte dissertazioni storico-grottesche su politici, viaggi quasi onirici all'interno delle contraddizioni di una città e di rimando dell'uomo, riflessioni sulla dicotomia mai così ampia tra giovinezza e vecchiaia, Paolo Sorrentino sembra in parte ripiegare su ambientazioni più simili ai suoi primi lavori, ma soprattutto affronta per la prima volta alcuni aspetti della sua vita e della sua storia personale  che fanno di E' stata la mano di Dio un opera dal forte impatto autobiografico, non tanto perchè pone al centro del racconto, come una porta girevole invisibile, l'episodio che più di ogni altro ha segnato la sua vita adolescenziale, quanto perchè la pellicola va a prendere di petto alcune tematiche personali probabilmente rimaste in qualche modo sospese nella vita artistica e non, alcuni momenti coi quali il regista ha voluto fare i conti, partendo dalla memoria personale.
Pur con un impianto del genere, di certo più personale ed intimo, non viene meno quel racconto cinematografico ricco di fantasia e di spunti felliniani, partendo proprio da un amarcord personale condito da tanto di citazioni del nume ispiratore (come sempre tiene a precisare il regista): ad esempio la scena iniziale , magnifica nel suo planare sul mare e quindi sulle strade di Napoli  fino a catturare una versione laica di San Gennaro che ci introduce la figura della zia Patrizia , autentica divinità pagana e sensuale , prototipo delle fantasie sessuali del giovane protagonista, Fabietto Schisa, alter ego del regista.



E' stato la mano di Dio si articola su due atti: commedia nel primo, tragedia nel secondo, con in mezzo la sliding door narrativa cui abbiamo già accennato; nella prima parte facciamo la conoscenza della famiglia di Fabietto, media borghesia napoletana con due genitori vivaci e simpatici, un fratello maggiore che sogna di fare l'attore ed una sorella che vive perennemente nel bagno e che vedremo per la prima volta solo nel finale; intorno a loro la tipica scia di parenti amici e conoscenti vari che anima l'esistenza di tante famiglie napoletane, una rassegna di personaggi che regalano colore e calore nei momenti di convivialità. 
Fabietto vive con grande trasporto l'appartenenza a questa colorita e ben compatta famiglia, ne osserva le piccole storie, ne scopre i segreti e le crepe che la percorrono ma soprattutto è in ansia per l'evento che tutti aspettano in città: la conclusione della trattativa che porterà Diego Armando Maradona a Napoli.
Poi l'episodio che chiude il primo atto e ci porta nella tragedia, la morte dei genitori per il malfunzionamento di una stufa in montagna dove Fabietto non si è recato perchè per la prima volta avrebbe seguito il Napoli con Maradona in trasferta.
Il secondo atto si appalesa quasi come una resa dei conti del regista con se stesso e con tutto ciò che ha segnato la sua vita: il suo ideale di cinema che prende già forma e che vediamo nascere nel lungo  confronto con il personaggio di Antonio Capuano, un altro tra i personaggi del cinema cui Sorrentino deve qualcosa, il suo trauma per non avere avuto la possibilità di vedere i genitori morti,  la sensazione di essersi sentito abbandonato, la città di Napoli dalla quale scapperà quasi , ancora giovanissimo, cui però dovrà tanto e con la quale sembra quasi abbia bisogno di ricongiungersi spiritualmente, Diego Armando Maradona, che da buona divinità laica quale è stata eletta dai napoletani, ha posato la mano salvifica sulla sua testa , quella stessa mano che giustiziò la protervia inglese e che diede dignità ad un popolo umiliato, e che Sorrentino accostò a Fellini, Scorsese e ai Talking Heads come fonte di ispirazione in quella serata hollywoodiana che lo vide conquistare l'Oscar nel 2014.
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