sabato 8 gennaio 2022

Titane ( Julia Ducournau , 2021 )

 




Titane (2021) on IMDb
Giudizio: 4.5/10

Il Festival di Cannes, lo sappiamo, ormai insegue quello che è il suo sogno segreto: diventare il contraltare europeo e "di qualità" degli Oscar Hollywoodiani dove poter esaltare una grandeur cinematografica che non appartiene più alla Francia da decenni ormai: in tale ottica non deve stupire l'assegnazione della Palma d'Oro a Titane della regista Julia Ducournau, per un film che si fa già fatica a considerarlo in un concorso di un Festival.
Piuttosto c'è da scommettere che tra qualche anno il film verrà ricordato solo e soltanto per la ridicola gaffe del presidente della Giuria Spike Lee che durante la cerimonia di chiusura, manco fosse un demente incartapecorito, ha rovinato la festa annunciando anzitempo il vincitore, cosa mai avvenuta nella prestigiosa rassegna.
Per sgomberare subito il campo da equivoci , è bene affermare in maniera netta che Titane è lavoro sconclusionato, raffazzonato, in alcuni tratti rasenta il ridicolo, carico di una presunzione cinematografica che non fa onore ad una regista che aveva fatto centro alla grande col suo film d'esordio, il cannibalesco Raw e che si regge in piedi barcollante proprio soltanto grazie alle doti di regia di Julia Ducournau, che pur in un film tutt'altro che riuscito ha mostrato di aver indubbiamente talento.



Tutto ciò non fa altro che far sorgere il dubbio che il film sia carente soprattutto nella sceneggiatura e nella sua smodata ambizione di raccontare qualcosa che risulta alla fine di una ovvietà e di una superficialità sconcertanti.
Il film narra la storia di Alexia una giovane che da ragazzina subì un delicato intervento chirurgico nel quale le fu impiantata una placca di titanio  sulla calotta cranica in seguito ad un incidente stradale; curiosamente da adulta si guadagna di vivere esibendosi in danze voluttuose su macchine esposte in fiere e rassegne e soprattutto ha sviluppato un legame morboso con le auto al punto di consumare rapporti sessuali con esse(!!!) rimanendo addirittura gravida ( di cosa si scoprirà più tardi); inoltre , tanto per non farci mancare nulla, ammazza la gente , chiunque osi avvicinarsi a lei, anche con atteggiamenti affettuosi, come la collega di lavoro Justine e alla fine fa fuori pure il padre e la madre non si capisce bene perchè.
Quando capirà di essere ricercata prenderà le sembianze di un ragazzino scomparso anni addietro e che secondo una ricostruzione computerizzata assomiglierebbe incredibilmente a lei, ammesso fosse vivo ancora.
Il padre del ragazzino non si porrà alcun dubbio e la riconoscerà come il figlio, motivo per cui Alexia dovrà non solo incerottarsi per coprire le forme ma anche la gravidanza che avanza.
Meglio non proseguire oltre , rischio spoiler e racconto di momenti cinematografici onestamente imbarazzanti, considerato un finale che rasenta quasi il ridicolo.
Finita la visione di Titane ho velocemente rivisto quanto scrissi sull'osannata opera prima della regista francese e repentinamente mi è sorta una domanda nella testa: perchè dare lo stesso nome alle protagoniste di entrambi i film? In Raw la protagonista è Justine, qui l'amica che la protagonista ammazza senza pietà, e Alexia è la sorella, in Titane troviamo gli stessi nomi; vuole forse la regista creare un sottile filo che lega i due lavori? su una cosa Raw e Titane camminano di pari passo, ed è probabilmente l'ossessione cinematografica che più interessa la regista: la trasformazione dei corpi, il disfacimento e la mutazione che essi subiscono in un processo apparentemente inarrestabile.
In effetti Titane è un continuo rimodellamento corporeo, compreso l'ausilio di placce , le gravidanza meccanizzate, il sangue tramutato in olio, la femmina che diventa maschio mortificando il suo corpo infliggendosi colpi come solo uno scultore che sgrezza un blocco di marmo riesce a fare; ma è anche il corpo in disfacimento del padre gonfiato dagli steroidi, paonazzo da overdose per contrastare l'avanzare dell'età.
Se non avesse esagerato, spingendosi su territori che francamente dimostra di conoscere poco, la Ducournau avrebbe quasi potuto ripercorre i sentieri di Tsukamoto, anch'esso ossessionato dalla fusione uomo-ferraglia; ma soprattutto il film presenta una serie di incongruenze , di snodi narrativi arcani e di situazioni che non fanno altro che ingarbugliare tutto il racconto in maniera caotica: perchè Alexia ha questo istinto omicida aprioristico, quasi primordiale che la porta addirittura ad ammazzare i genitori? da dove nasce questo legame morboso con le auto?  cosa c'entra quel finale francamente incomprensibile?
L'impressione è che la regista abbia voluto affrontare alcune tematiche ( la trasformazione dei corpi, la labilità della linea di confine di genere, una forma di veterofemminismo post-moderno, l'incontro di due solitudini disperate) immergendole in un mare magnum proteiforme e melmoso nel quale il film è per larga parte rimasto impantanato.
Il risultato, come detto, è un lavoro che mostra difetti in abbondanza, un impianto narrativo più che zoppicante figlio di una sceneggiatura carente e che non riesce a salvarsi dalla mediocrità nonostante Julia Ducournau dimostri di aver senz'altro delle doti dietro la macchina da presa, come ci aveva mostrato ampiamente nel suo lavoro d'esordio 
Tra i pochi aspetti positivi che meritano di essere ricordati c'è la buona prova dei due attori principali: se per Vincent Lindon si tratta di una solida conferma della sua bravura, Agathe Rousselle è una vera sorpresa soprattutto perchè riesce ad essere credibile sia nel ruolo di Alexia che in quello di Adrien.






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