martedì 30 giugno 2020

The Captain / 中国机长 ( Andrew Lau / 劉偉強 , 2019 )




The Captain (2019) on IMDb
Giudizio: 6.5/10

L'incidente che si verificò nel maggio del 2018 a bordo di un Airbus di una compagnia aerea cinese mentre era in viaggio sopra l'Altopiano del Tibet e che si concluse con il salvataggio di tutti i passeggeri grazie alle formidabili capacità del comandante e del resto dell'equipaggio, è uno di quegli episodi che non potevano mancare nel festival di eventi da ricordare nella storia della Repubblica Popolare Cinese di cui nel 2019 si sono festeggiati i 70 anni di vita: ed infatti insieme a numerosi altri lavori a forte impronta nazionalistica e rievocativa, è uscito nelle sale cinesi riscuotendo un enorme successo The Captain diretto da Andrew Lau, uno dei registi che più di tutti hanno segnato il cammino del cinema di Hong Kong prima che l'industria mainlander consigliasse alla gran parte dei registi e delle crew di emigrare sulla terraferma e cercare nel ricco mercato cinese la strada per continuare a svolgere il loro lavoro.


Il film di Lau descrive quasi fosse una cronaca quelle poche ore intercorse da quando l'equipaggio giunge in aeroporto a quando scende finalmente dall'aereo costretto ad un atterraggio di fortuna a Chengdu; nel racconto naturalmente vengono create storie e personaggi che in qualche modo fossero l'alter ego dell'equipaggio: figli che tornano dal padre in Tibet, buddhisti che intraprendono il viaggio in cerca di spiritualità, l'anziano militare che come ogni anno va a rendere omaggio ai compagni morti in guerra, famiglie che si trasferiscono, insomma tutto un campionario di umanità che serve a creare quel substrato che permetta il formarsi di una empatia verso i passeggeri e la loro terribile esperienza.
Viceversa, anche dal punto di vista meramente tecnico, l'equipaggio è descritto come un gruppo di grandi professionisti, un mix di esperienza e vigore giovanile, nel quale comunque regna la disciplina e la precisione sul lavoro; in particolare la figura del comandante Liu, un ex pilota e addestratore militare , è disegnata col rigore di rito ( forse anche troppo ...) e con la necessaria professionalità: per lui la tratta da Chongqing a Lhasa, dove sorvolando il Tibet si deve costantemente viaggiare ad altezze ben maggiori del consueto, è un compito routinario , almeno finchè l'incidente con il quale si infrange il vetro della cabina di pilotaggio causando una veloce depressurizzazione all'interno dell'aereo, non impone il ricorso a tutte le conoscenze, alla freddezza e alla capacità di prendere decisioni fatidiche.
Sebbene  come detto il racconto spesso si configuri come una cronaca, Andrew Lau riesce comunque a far sì che la tensione e la suspance salgano in maniera esponenziale, nonostante tutti sapessimo già come sarebbe andata a finire e questo perchè le riprese e l'aspetto più puramente tecnico del film si sono rivelate particolarmente credibili , calandoci all'interno del dramma delle 120 persone a bordo dell'aereo.

lunedì 29 giugno 2020

Victim(s) / 加害者、被害人 ( Layla Zhuqing Ji / 季竹青 , 2019 )


Giudizio: 8/10

Con l'aumentare vertiginoso dei casi riportati di bullismo in tutto il mondo ,  l'ambiente cinematografico ha parallelamente aumentato il suo interesse per il problema sociale che va sempre più configurandosi come una vera e propria emergenza.
Quello che distingue Victim(s) , opera prima della regista cinese Layla Zhuqing presentata in prima mondiale al FEFF22 , è la prospettiva scelta per raccontare la sua storia: non esiste un taglio netto che mette da un lato i buoni e dall'altro i cattivi,  bensì esiste una stratificazione nella quale tutti sono un po' l'uno e un po' l'altro, nessuno insomma può sentirsi innocente.
La scelta di girare e produrre il film in Malaysia è conseguenza del rischio di vedere la censura cinese intervenire pesantemente , come già fece con l'acclamato Better Days, altro film a tematica molto simile.
Il film si apre  con l'omicidio di Gangzi, e il ferimento di altri due ragazzi compagni di classe , avvenuto nei pressi della scuola che frequentano; le immagini di una telecamera in strada mostra l'omicidio e i sospetti ricadono su Chen, il migliore alunno della classe, nel frattempo resosi irreperibile , figlio di una facoltosa imprenditrice , anche in base alle testimonianze degli altri alunni che riferiscono come i rapporti tra i due non fossero buoni anche a seguito dell'arrivo di una nuova alunna , Qianmo, verso la quale entrambi hanno mostrato interesse.


Chen poco dopo si costituisce, la madre non crede che possa essersi macchiato di un simile delitto mentre la madre di Gangzi reclama giustizia per il figlio; Chen finisce in galera e la stampa e tutta l'opinione pubblica  crede di aver trovato il colpevole da additare , assolutamente  insensibili al fatto se quella fosse la verità.
Attraverso alcune cose scoperte dalla madre di Gangzi e un lungo inserto centrale in flashback che ci racconta la vita nella scuola, scopriamo come le cose siano in realtà molto più complesse ed affondino le radici nel bullismo, nella violenza indiscriminata, connivenza ed omertà  e nella miopia degli insegnanti incapaci di vedere quanto avvenga sotto i loro occhi: Victim(s) insomma diventa un lungo, durissimo, a tratti disturbante  racconto di sopraffazione , di realtà distorta , di legame con il mondo digitale perverso che porterà a vedere i fatti avvenuti nella giusta prospettiva.
Il finale che squarcia una piccola fessura nel buio pesto e nella coltre cupa che ricopre il film , indica forse una qualche speranza veicolata, in maniera simbolica, dai tre personaggi femminili del racconto.
Layla Zhuqing, mostrando una sicurezza e una maturità solida, si lascia alle spalle i rischi tipici che si affrontano quando si prende di petto un problema simile e cioè quelli di utilizzare situazioni di facile presa e ovvie  senza rischiare nulla; la scelta di offrire varie prospettiva che sembrano in continuazione voler cambiare il ruolo della vittima e quello del carnefice, oltre a proporre tematiche più originali, mette lo spettatore di fronte a diversi problemi morali: fin dove la colpa è personale e fin dove arriva invece quella degli altri? Essere deboli è una colpa perchè si ci si concede come bersaglio ai bulli? Perchè se tutti vedono il problema nessuno fa niente ?  Nessuno dice la verità perchè conosce le conseguenze nel dirla?

Ashfall ( Kim Byungseo , Lee Haejun , 2019 )




Ashfall (2019) on IMDb
Giudizio: 7/10

Dopo avere letteralmente infranto tutti i record del cinema coreano Ashfall diretto dalla coppia Kim Byungseo e Lee Haejun è stato scelto per aprire il  22° Far East Film Festival di Udine , che a suo modo scrive ancora una volta la storia del cinema con la scelta di presentare la rassegna tutta online, un viaggio insomma solo virtuale per questa volta  nella città friulana attraverso la rete che ormai connette tutto il mondo in tempo reale.
Il film, un intelligente mix di fantascienza, dramma, action e disaster movie, si apre con le imagini del disarmo nucleare della Corea del Nord sotto la supervisione degli USA; mancano solo poche testate da rimuovere quando un vulcano, il Monte Paekdu, situauo nei pressi de confine che divide le due Coree e apparentemente silente da moltissimi anni, riprende ad eruttare causando una serie di terremoti devastanti che sconquassano le viscere di tutta la penisola coreana; ma questo è solo l'antipasto, perchè se non si mette in atto qualche soluzione entro pochi giorni il vulcano darà vita ad un'altra terribile e devastante serie di terremoti che porteranno la devastazione totale sia nella Corea del Nord che in quella del Sud.


A studiare il fenomeno per trovare soluzioni che salvino dalla catastrofe viene chiamato il più noto sismologo , il professor Kang che inizialmente si mostra titubante a collaborare per poi accettare senza riserve: la sua soluzione è quella di far esplodere nelle viscere del vulcano un ordigno atomico che annienti la potenza del vulcano.
Il piano messo in atto per effettuare questa operazione ben presto va a gambe all'aria, per cui tutto l'onere dello stesso ricade sulla squadra di artificieri che dovrà nell'ordine:  passare il confine, trovare Ri la spia della Corea del Nord , liberarla dalla detenzione, farsi passare le notizie su come raggiungere l'ultimo sito in cui ancora si conservano le testate atomiche in Corea del Nord, rubarle , portarle all'interno del vulcano e farle esplodere.
Naturalmente le cose non andranno via lisce , e soprattutto il confronto tra Ri e il capitano Jo , l'artificiere a comando della squadra infiltrata nel Nord, animerà tutto il racconto, tra momenti di altissima tensione e di immagini spettacolari; inoltre altre sottotrame irrobustiscono il racconto, soprattutto quella della moglie di Jo, incinta, che non riesce ad essere evacuata e che non sa della missione del marito, e quella della figlia di Ri, unico legame rimasto per l'uomo con il suo paese. 
E' proprio il mescolare generi diversi che fa di Ashfall un lavoro interessante e di indubbia presa popolare: un po' mainstream, un po' kolossal , ma anche buddy-movie con venature nazional popolari attraverso la tematica sempre più presente nel cinema coreano della divisione delle due Coree e del desiderio della popolazione di sanare una volta per tutte questa ferita che dura ormai da tre quarti di secolo, in questo caso particolarmente ben trattata perchè carica di ironia che gioca coi luoghi comuni che emergono dai frequenti confronti serrati  tra Ri e  Jo, così come non guasta per nulla anche un pizzico di autentico sarcasmo quando ci fa vedere le statue dei vari condottieri della patria della famiglia Kim miseramente gettate a terra dal sisma oppure ci raffigura gli americani come i veri cattivi subdoli del film.

sabato 27 giugno 2020

Changfeng Town / 长风镇 ( Wang Jing / 王晶 , 2019 )




Changfeng Town (2019) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Changfeng Town, una minuscola cittadina, forse sarebbe quasi meglio definirlo un paese, immaginaria, situata in quale chissà angolo della immensa provincia cinese è il crogiuolo all'interno del quale la regista Wong Jing, che ha alle spalle pochi ma buoni lavori e soprattutto una frequentazione come aiuto regista di Jia Zhangke in Mountains May Depart, costruisce il suo universo di nostalgia e di ricordi firmando la pellicola con l'omaggio ai genitori.
La piccola cittadina, un luogo che appare sin da subito quasi uno di quegli scenari di fantasia, animato da una atmosfera fiabesca, vede le gesta di un gruppo di persone rigorosamente divise in due: da un lato alcuni ragazzini che trascorrono tutta la giornata in strada in giro per il paese, tirando scherzi e prendendo di petto solitamente qualcuno più debole da poter sottomettere; dall'altro una serie di personaggi adulti che sono tutti a loro modo il risultato di una vita trascorsa per decenni in una provincia povera , sonnecchiosa, priva di vitalità e che hanno immaginato chissà quante volte di trasferirsi in città, miraggio di una vita migliore e più agiata; alcuni hanno orami le loro indelebili radici a Changfeng: il vecchio muto che gira col pappagallo e che ve alla stazione a vedere i treni pensando così di poter viaggiare con la fantasia, il barista che ormai ha perso ogni possibilità di fare il famoso viaggio in città, madri e padri di quei ragazzini che tirano avanti tra mille difficoltà.


Non è un caso che il tema del viaggio si affaccia in continuazione nel film, puntualmente evocato dall'immagine dell'aereo che solca il cielo azzurro, e che il viaggio è quello intraprende il teppistello Testarossa, il capo banda dei ragazzini in quanto più grande, un viaggio però con ritorno e nemmeno troppo fortunato.
La regista si adagia sul racconto di questa placida quotidianità, uno scorrere come fosse senza tempo di immagini, di simbiosi dell'uomo con la natura nelle sue forme leggiadre (fiori di cui si favoleggia si possa udire il rumore mentre crescono, uccelli che cantano nascosti in cima agli alberi), ma anche in quelle più terribili come le invasioni di topi che affligge la cittadina.
A scandire i sentimenti, la fantasia , la favola, la maraviglia Wong Jing, da autentica cinefila, mette al centro del film uno di quei cinema che persino la memoria di chi ha qualche anno sulle spalle ricorda anche qui da noi: è qui che la ragazza più carina della città , corteggiata dal teppistello Testagrossa, ma anche dall'intellettuale giornalista e aspirante scrittore , sogna l'amore guardando le dive occidentali del cinema ed è qui che i ragazzini sognano guardando le gesta degli spadaccini wuxia ed infine è qui il luogo del ricordo e dalla immaginazione filmica della regista stessa che cita Truffaut e Fellini, il cinema francese e quello d'epoca cinese e si affida ad una colonna sonora che spazia nella musica di ogni tempo.

martedì 23 giugno 2020

Gone With the Light / 被 光 抓走 的 人 ( Dong Runnian / 董 润 年 , 2019 )





Gone with the Light (2019) on IMDb
Giudizio: 7/10


Nel bel mezzo di una mattina di dicembre  come tante una luce improvvisa squarcia il cielo di una città della Cina centrale, pochi attimi di sbandamento e una volta passata la sensazione di stordimento tutto torna normale, tranne che alcune persone sono misteriosamente scomparse: alunni in aula, guidatori che lasciano la macchina alla deriva nelle strade, persone intente a fare qualsiasi attività normale e abitudinaria; ancor più sorprendente il fatto che il fenomeno si è verificato in altre città del mondo, motivo per cui iniziano a rincorrersi le teorie più fantasiose su cosa sia realmente accaduto, dal rapimento da parte di una civiltà aliena alle teorie psudoscientifiche più assurde.
La storia si focalizza su quattro personaggi privi di qualsiasi legame tra di loro dando quindi al film una struttura quadripartita: Wenxue è un maestro di scuola che insegna letteratura cinese e nella sua classe scompaiono due ragazzini insieme ad altri alunni e professori, Kuazi , un delinquente che sta assistendo un compare che sta impartendo una lezione ad un negoziante, quando improvvisamente l'amico scompare, l'impiegata di banca Li Nan che è impegnata nelle pratiche di divorzio e che si trova a bordo di un taxi rimasto senza autista e infine Li Jiaqi una giovane che vorrebbe sposarsi contro il parere dei genitori e che li vede sparire proprio davanti ai suoi occhi mentre litiga con loro.


Finalmente qualcuno, valutando la connessione esistente tra le persone scomparse teorizza che coloro che si sono volatilizzati siano persone unite da un forte legame amoroso; pur essendo una semplice teoria, questa trova subito presa sulla popolazione, anche se poi una volta valutato bene il significato della teoria stessa è chiaro che inizia a scorrere malumore tra le coppie "rimaste indietro" e attraverso i nostri quattro personaggi assistiamo a come il sospetto si instauri e soprattutto come il valore morale delle persone venga screditato.
Wenxue addirittura, preoccupato per la sua carriera professionale, inscena una farsa per dimostrare che la moglie quel giorno non era in città ma in un altra dove il fenomeno non si era verificato, anche se nel frattempo pure in lui i dubbi iniziano a insinuarsi e non solo verso la moglie ma anche verso se stesso.
Li Nan deve far fronte agli assalti dell'amante del marito da cui sta divorziando la quale continua a credere che la donna che questi amasse veramente fosse  lei nonostante scoprano assieme che l'uomo era un donnaiolo incallito.
Insomma l'evento di cui tutti parlano e teorizzano crea non pochi problemi nei vari protagonisti, mettendo a repentaglio la pacifica convivenza e i legami.
Ma quando qualcuno capirà che quella luce bianca altro non era che una sorta di soprannaturale  avvertimento, le cose potranno tornare alla loro normalità con rinnovata coscienza del  senso dell'amore , o comunque trovare la loro soluzione.
L'opera prima del regista cinese Dong Runnian, dietro le tematiche sci-fi e il mistery nasconde una profonda riflessione sul senso dell'amore e sulla fenomenolgia dell'amore stesso: se quella luce fosse qualcosa che ci porta a riflettere sul fatto che siamo dei deboli o dei bugiardi quando affermiamo che siamo innamorati? E se quella stessa luce fosse una prova e un avvertimento che una entità superiore ci manda per testare la nostra onestà, il nostro essere pronti a cadere sotto il peso del sospetto, la nostra moralità?

domenica 21 giugno 2020

Dear Ex / 誰先愛上他的 ( Mag Hsu / 徐譽庭 , Hsu Chih-Yen / 許智彥 , 2018 )





Dear Ex (2018) on IMDb
Giudizio: 7/10

Il sempre vitale cinema di Taiwan riesce a sfornare con grande puntualità ogni anno alcuni lavori di buona fattura che confermano che nonostante le difficoltà generali del settore e quelle in particolare del cinema taiwanese, la qualità è ancora di casa nell'isola e non solo grazie al cinema più autenticamente d'autore, ma anche per merito di pellicole ad impronta più popolare ma non per questo meno interessanti.
Un esempio tipico è Dear Ex della coppia esordiente Mag Hsu, attivissima però come sceneggiatrice e regista di fortunate serie tv e Hsu Chih-Yen molto conosciuto invece per la sua attività di creatore di videoclip; l'opera fu presentata in anteprima mondiale al Far East Film Festival di Udine  del 2018 prima di essere proiettata in diverse altre rassegne e approdare alfine su Netflix, carica di numerosi riconoscimenti e premi.
Il film è una commedia a tematica gay, nella quale si riscontrano spunti romantici e anche qualche venatura drammatica, senza però indugiare mai troppo.


E' il racconto di un dramma famigliare a tinte colorate perchè tratta la storia di Zhengyuan che abbandona la famiglia perchè innamorato di un giovane attore e regista di teatro conosciuto durante la preparazione di una rappresentazione; una volta morto ancora in giovane età si scopre che l'amante è diventato il beneficiario della assicurazione sulla vita inizialmente riservata al figlio Chengxi per permettergli di studiare all'estero, cosa che manda su tutte le furie Sanlian la moglie del defunto, la quale non ha problemi a recarsi dall'amante del marito ricoprendolo di insulti e minacciandolo se non gli avesse restituito i soldi dell'assicurazione.
Chengxi, tipico adolescente in crisi di ribellione, provato inoltre dall'abbandono del padre, vuole però conoscere meglio questo uomo che ha distrutto la sua famiglia, per cui si va a stabilire a casa sua , una autentica topaia, tipica di un single trasandato, fuggendo dalla madre isterica e oppressiva che naturalmente non lo mollerà certo facilmente.
La storia per grandissima parte di Dear Ex è raccontata attraverso la prospettiva del ragazzo, alle prese con sedute dallo psicologo da cui viene mandato dalla madre per sedare il suo istinto di ribellione.
Chengxi inizia a scrutare il comportamento di Jay, si domanda se sia veramente un bastardo sfasciafamiglie frocio , come lo chiama la madre , o se invece sotto quella scorza di cinico trasandato non si nasconda invece una persona dai buoni sentimenti.
I suoi dubbi verranno fugati allorquando verrà a conoscenza , sia lui che la madre, di come Jay abbia accudito Zhengyuan nel corso della malattia che lo ha portato a morte e soprattutto un piccolo colpo di scena obbligherà sia il ragazzo che la madre a guardare i fatti sotto un'altra prospettiva.

giovedì 18 giugno 2020

Suburban Birds / 郊区的鸟 ( Qiu Sheng / 仇晟 , 2018 )





Suburban Birds (2018) on IMDb
Giudizio: 8/10

Il lavoro d'esordio del giovane regista e sceneggiatore cinese Qiu Sheng offre due valutazioni complessive: da un lato un film enigmatico, forse anche ostico, ma che ha una sua dimensione ben precisa, dall'altro la certezza che il regista entra di diritto a far parte di quel manipolo di nuovi autori del panorama cinematografico indipendente cinese che stanno scrivendo pagine importanti ( su tutti Bi Gan) e che hanno preso progressivamente le distanza dal concetto di cinema che gli autori della Sesta Generazione avevano consolidato negli anni.
Con la convinzione fortissima che è  nato un autore, prendere di petto Suburban Birds è impresa per niente facile, perchè di lavoro che non cerca il compromesso si tratta e perchè nella sua enigmaticità con la sequela di domande senza risposta che lascia costruisce il suo indubbio valore.
La storia inizia ai giorni nostri, in una città del sud della Cina, dove un intero quartiere è stato evacuato perchè si sono verificati dei fenomeni di smottamento che rischiano di produrre danni agli edifici e a compromettere la costruzione della linea metropolitana.
Per tale motivo in una giungla di grattacieli tutti uguali e tutti deserti lungo strade deserte e chiuse si muove una squadra di tecnici cui è affidato il compito di eseguire i rilevamenti sul terreno: l'ingegnere capo sembra minimizzare i danni , ma il suo giovane collaboratore Xiahao la pensa diversamente , l'altro giovane del gruppo, Ant, è più preoccupato del fatto che la ragazza lo rimprovera di fare un lavoro inutile, mente il quarto componente del gruppo è un funzionario cittadino che vorrebbe mettere una pietra sopra al problema.


Durante un incontro con i cittadini evacuati che raccontano la loro esperienza nel giorno dello smottamento, Xiahao conosce Swallow una giovane donna sfollata che è ospitata nel suo stesso hotel e con la quale stringe un legame sentimentale.
Questa prima parte introduttiva si trasforma quindi in qualcos'altro allorquando Xiahao all'interno di una vecchia scuola diroccata del quartiere trova un vecchio diario che racconta giorno per giorno le vicende di un ragazzino , Xiahao anch'esso e di un gruppo di suoi amici coetanei: lo spazio temporale sembra tornare quindi indietro e ci mostra , in un lungo corpo centrale la storia di questo gruppo di ragazzini , sempre da soli, sempre isolati, senza quasi segni di vita intorno, che girano in un quartiere che  viene demolito cancellando la memoria in favore di una nuova urbanizzazione selvaggia e intensiva.
I ragazzini giocano, vanno a caccia di nidi d'uccelli, si confessano i sentimenti, vivono una vita tranquilla e spensierata, fino a quando uno di essi sparisce, non si presenta a scuola e gli altri decidono di andarlo a trovare seguendo le indicazioni di una delle amichette del gruppo che conosce la casa del ragazzo; il viaggio sarà un girare intorno alla città , ai suoi quartieri periferici, scavalcare muri e incontrare fiumi e lungo la strada il manipolo si riduce di numero finchè non rimangono Xiahao e le due ragazzine del gruppo alle quali il ragazzo piace.
Con il ritorno al presente vediamo il gruppo che si avvia all'ultimo controllo, quello nel tunnel della nuova metropolitana, un viaggio nelle viscere della terra che sembra ribellarsi  dove Xiahao vedrà la sua teoria confermata e nel buio del tunnel comparire il disegno di un grande uccello ad ali spiegate.
Il finale introduce un altro possibile segmento temporale legato forse ad uno dei due precedenti.
Presentato al Festival di Locarno dove ha ottenuto buone critiche, Suburban Birds è un lavoro, come abbiamo detto, tutt'altro che facile , soprattutto per una scelta precisa del regista, al limite del pretenzioso: non cercare alcun tipo di compromesso narrativo, non spiegare nulla, anzi accumulare domande che rimangono senza risposta esplicita o comunque che producono una scia di enigmi e di dubbi.
Quel diario che funge da switch temporale, apre un flashback nella mente di Xiahao, oppure è una semplice fantasia o un sogno? Il regista si guarda bene dal caratterizzare l'epoca che riguarda il segmento dei ragazzini: probabilmente si tratta di una ventina di anni prima, lo deduciamo dai fazzoletti rossi al collo indossati dai ragazzini usciti di scuola, ma non abbiamo dati certi per dire che quel tratto del racconto appartiene al passato, anzi, quando ce ne stiamo convincendo, i ragazzini si imbattono nella squadra di tecnici che dorme su un prato suggerendo che le due storie siano contemporanee.

martedì 16 giugno 2020

A Life Turned Upside Down : My Dad's an Alcoholic ( Katagiri Kenji , 2019 )





A Life Turned Upside Down: My Dad's an Alcoholic (2019) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Il problema dell'alcolismo , che come sappiamo appartiene ormai a tutte le società del pianeta, trova in ogni paese un suo tentativo di spiegazione sociale: in Giappone il bere fa parte dell'attività lavorativa, è un momento di cameratismo necessario per saldare il legame con i clienti e con i colleghi e al tempo stesso di liberazione dallo stress che la competitività esasperata e il formalismo  portano con sè.
Su queste basi il bel film di Katagiri Kenji, al suo secondo lungometraggio, A Life Turned Upside Down: My Dad's an Alcoholic, affronta con la giusta leggerezza e misura quello che per le famiglie coinvolte è un vero dramma che spesso si conclude malissimo.
Il punto di vista con cui il regista racconta la storia è quello delle figlie di Tadokoro, Saki  e Fumi, partendo dalla fine degli anni 90 quando entrambe sono delle ragazzine che osservano ogni sera il padre rientrare a casa barcollante e che la moglie deve trascinare a letto; inizialmente per le due ragazze assistere a quella scena ha persino i caratteri del divertimento e del gioco , ma ben presto iniziano a contare le volte in cui il padre torna in quello stato segnando con delle grosse X sul calendario la data.


La madre dal canto suo, per combattere la solitudine e la disperazione crescente, è affiliata ad una setta cattolica che predica la resistenza alla sofferenza perchè consolida il carattere.
Una famiglia insomma sull'orlo del baratro, certificato dalla frase che la madre Saeko dice a Saki in età ancora preadolescenziale: " Avrei voluto divorziare subito da vostro padre, ma ormai è tardi"  e la risposta che la ragazza ripete a se stessa " sarebbe stato meglio per tutti"; ben presto il baratro si apre sotto i piedi e Saeko si impicca lasciando le figlie da sole col padre che per un breve periodo sembra avere acquisito la forza per smettere di bere.
Il tempo passa , le due ragazze crescono e il padre naturalmente ricade nel vecchio vizio; soprattutto Saki assume atteggiamenti di aspra critica verso il padre, mente Fumi si mantiene molto in disparte; l'esistenza di Saki è messa a dura prova anche dalla storia d'amore con un fidanzato idiota e violento dal quale però non riesce a liberarsi, perpetuando una sorta di dipendenza da figure maschili negative e dominanti.
Il suo tentativo di  sottrarre il padre al vizio del bere, spogliandolo delle motivazioni lavorative , sociali e goliardiche, diventa una battaglia anche con se stessa, incapace di vedere il padre sotto un'ottica meno severe e rinfacciandogli la sua totale assenza nella vita di famiglia da sempre.
Il finale agrodolce segna forse un percorso di redenzione e di perdono, una occasione per poter finalmente osservare tutta la vita dello sventurato Tadokoro sotto un'ottica meno severa, sgravando anche Saki e Fumi del senso di rabbia e di rancore che provano verso l'uomo.
Il problema dell'alcolismo è uno di quelli di cui il cinema si è nutrito da sempre, spesso come aspetto collaterale, altre volte come vera analisi di un fenomeno diffuso praticamente ovunque , ma il modo in cui lo affronta Katagiri ha il pregio di essere ricco di equilibrio e di una prospettiva che esula da quella prevalentemente sociale con la quale solitamente si guarda al problema.

lunedì 15 giugno 2020

A Girl Missing ( Fukada Koji , 2019 )




A Girl Missing (2019) on IMDb
Giudizio: 8/10

Il film si apre con una scena che alla prima apparenza sembra priva quasi di senso: una donna entra in un negozio di parrucchiere e chiede di cambiare il taglio dei capelli; alla domanda del parrucchiere che crede di averla già vista lei risponde di chiamarsi Risa e negando di essersi mai visti prima.
In effetti la scena è lo spartiacque del film, il punto di inversione del racconto e , dal punto di vista temporale, in effetti sta "in medio res" ; scopriremo più avanti che è il punto di svolta nella vita della protagonista rappresentato appunto dal taglio e dal colore diverso di capelli e dal nome fittizio.
Infatti ben presto, in un salto temporale all'indietro  scopriamo che quella Risa si chiama invece Ichiko, è una infermiera che si prende cura da diverso tempo di una anziana donna malata di cancro, vivendo tutta la giornata nella casa della famiglia della donna dove è ben voluta , soprattutto dalle due figlie, la liceale Saki e la studentessa universitaria Motoko, cui nei momenti liberi, dà una mano nello studio.
Ichiko è fidanzata e prossima alle nozze con un medico con cui lavora assieme che ha un figlio da un precedente matrimonio.


Una esistenza insomma apparentemente felice che le regala anche una certa soddisfazione sul lavoro, anche se le sue colleghe la ritengono troppo coinvolta in quella famiglia e verso la paziente.
Qualcosa però accade e mette in discussione lentamente ma inesorabilmente quanto costruito da Ichiko: Saki viene rapita per una settimana e quando ricompare apparentemente priva di segni di violenza alcuna, viene fermato come sospetto un nipote di Ichiko, la quale vorrebbe da subito informare la famiglia dove lavora della cosa onde evitare più spiacevoli conseguenze, ma viene dissuasa dal farlo da Motoko, timorosa che possa essere licenziata.
Da qui il tono del film cambia in maniera netta, nonostante quella scena iniziale lasciasse intendere qualcosa, e diventa il dramma personale della protagonista , messa in mezzo dal morboso attaccamento di Mokoto che si trasforma quasi in odio quando scopre che la donna è prossima alle nozze e dal suo timore di subire pesanti conseguenze dal fatto accaduto.
Soprattutto l'ambiguo, ma neppure tanto, rapporto con Mokoto , diventa il grimaldello con il quale produrre delle crepe irreparabili nel mondo di Ichiko: la ragazza infatti nel nome di una vendetta alimentata solo dalla sua frustrazione sarà la causa della rovina della protagonista, messa in mezzo dalla famiglia che la licenzia e dalla stampa che deve trovare un colpevole da dare in pasto all'opinione pubblica, attaccandosi a fantasiose e calunniose storie che dimostrerebbero la ben  scarsa moralità di Ichiko.
Dalla vendetta nasce vendetta e quella di Ichiko parte proprio da quel cambio repentino del taglio di capelli cui assistiamo all'inizio.
Il lavoro di Fukada Koji ,che ha riscosso buone critiche sia a Locarno che a Toronto, si articola su una atmosfera che sin dall'inizio instilla qualche sprazzo di inquietudine e di tensione sottile, nonostante, secondo lo stile del regista, i toni e le situazioni rimangono sempre nei limiti della pacatezza , tra le Variazioni Goldberg che Ichiko mette in riproduzione mentre si prende cura dell'anziana inferma e i dipinti di Van Gogh a tema floreale.

sabato 13 giugno 2020

A Long Goodbye ( Nakano Ryota , 2019 )




A Long Goodbye (2019) on IMDb
Giudizio: 6/10

Con alle spalle già un paio di lavori apprezzabili, il regista giapponese quarantatreenne Nakano Ryota, per il suo terzo film decide di affrontare una tematica che in Giappone, come in tutti i paesi in cui la contrazione della crescita demografica ha causato un costante ed inarrestabile aumento percentuale della popolazione anziana, sta diventando sempre più attuale : A Long Goodbye, lungi dal richiamare atmosfere altmaniane di ormai quasi 50 anni  orsono, è infatti il racconto dello sviluppo della demenza in un uomo di settanta anni e delle conseguenze sugli equilibri famigliari.
La storia prende piede sette anni prima quando Shoehi , il patriarca di una famiglia per il resto tutta al femminile, in pensione dopo avere svolto la sua onesta e apprezzata professione di insegnante, inizia a dare i primi segni della malattia ( chiamata talvolta anche " il lungo addio", da qui il titolo).


L'amorevole moglie Yoko convoca per l'occasione del compleanno dell'uomo le sue due figlie; Fumi, una donna alla ricerca della sua realizzazione come appassionata di cucina, e Mari che vive ormai da anni in Giappone col marito ed un figlio adolescente, le quali non immaginano che l'invito è per metterle al corrente della situazione del padre che inesorabilmente seppur lentamente si sta deteriorando; preso atto della situazione le tre donne cercano di affrontare il problema con gli inevitabili futuri sviluppi  nella migliore maniera possibile; a questo punto però vengono fuori le difficoltà e le profonde insoddisfazioni delle due figlie , entrambe pesantemente frustrate: Fumi dal punto di vista della realizzazione lavorativa e di quella sentimentale, mentre Mari vive in America come una straniera , incapace di imparare l'inglese, con un marito che in perfetto stile giapponese pensa alla sua realizzazione lavorativa e un figlio che , come tutti gli adolescenti, comincia a creare problemi.
Scandito da salti temporali di due anni seguiamo quindi il percorso di Shoehi che si inoltra sempre più profondamente nella demenza e le scelte che la famiglia compie per tentare dapprima di tenere viva nell'uomo un minimo di capacità cognitiva e quindi di accudirlo come inevitabilmente accade con i soggetti affetti da questa malattia.
L'inevitabile finale, si colora di toni persino troppo leggeri per un film a tematica simile, ma questo, come vedremo, è un po' l'equivoco di fondo di A Long Goodbye che potremmo definire un racconto a tinte agrodolci e molto eteree di una malattia che annienta e cancella le persone.
Molto del film è basato sull'impatto che la malattia di Shiehi ha sul nucleo famigliare, attraverso il racconto di come ognuno dei componenti reagisce e affronta il problema  lungo i sette anni che compongono il lasso temporale della pellicola, ma è anche la descrizione di come l'evento influisca sulle loro vite personali e sui loro rapporti famigliari, ribadendo con forza uno dei concetti più cari a certa parte dei registi giapponesi e cioè la centralità del nucleo famigliare e le dinamiche dei suoi legami interpersonali.

mercoledì 10 giugno 2020

Microhabitat ( Jeon Gowoon , 2017 )




Microhabitat (2017) on IMDb
Giudizio: 8/10

Presentato per la prima volta al Festival di Busan del 2017, è soprattutto nei due anni seguenti che l'opera prima della giovane regista Jeon Gowoon raccoglie importanti riconoscimenti nel circuito festivaliero nei quattro angoli del mondo: Microhabitat  è infatti un lavoro che si aggiunge alla folta schiera di pellicole che dimostrano in maniera inequivocabile come , soprattutto negli ultimi anni, il cinema indipendente coreano, tutt'altro che schiacciato e soffocato tra mainstream e blockbuster, ha raggiunto considerevoli livelli di qualità.
Il film narra la storia di Miso una trentenne che sbarca il lunario lavorando come domestica part time, vive in una modesta e freddissima casa, gestisce la sua scarna disponibilità di denaro privilegiando le sigarette ed il whiskey dei quali non riesce a fare a meno, e che insieme al fidanzato anch'esso tutt'altro che ben messo economicamente e col quale , a causa dei forti debiti che ha, non vive neppure assieme, costituiscono i soli, unici, piccoli piacere della vita.
Per tale motivo allo scoccare del 2015 quando il governo raddoppia il prezzo delle sigarette e il padrone di casa le aumenta l'affitto, di fronte ai conti che impongono un taglio deciso alle spese, Miso decide di lasciare la casa, pur di non rinunciare ai suoi piccoli piaceri.


Inizia così a girovagare presso i vecchi amici dell'università coi quali suonava in una band, per rimediare un tetto dove dormire: Miso però è tutt'altro che molesta e scroccona, anzi spesso porta con sè un ottimismo e una gentilezza che i suoi amici non hanno, anzi , seppur apparentemente tutti in condizioni più agiate di lei, vivono però una esistenza triste, dove hanno visto fallire le loro vite; chi la rifiuta senza mezzi termini, chi l'accoglie ma vive col marito e suoi genitori facendo la donna di casa a tempo pieno, chi invece è sull'orlo della disperazione per essere stato lasciato dalla moglie, chi vive ancora coi genitori e che vede in lei una possibile moglie ed infine chi è diventata ricca ha una casa immensa grazie ai soldi dei suoceri e che ormai è distante anni luce dal modo di vivere la vita che avevano  quando suonavano assieme.
Il peregrinare di Miso nelle varie case degli amici si tinge spesso di momenti divertenti, ma poi quello che prevale è un senso di profonda tristezza per come il tempo ha cambiato le cose e le persone, e un bel finale sospeso tra l'enigmatico, il fiabesco e il poetico ci dà il senso di tangibilità di esistenze provate dall'opprimente metropoli e dal tempo trascorso che ha segnato le vite in maniera indelebile.
Jeon Gowoon stupisce notevolmente in questo suo esordio, perchè Microhabitat è lavoro che poggia su basi solidissime: anzitutto c'è la costruzione di un personaggio, quello di Miso, magnificamente interpretata da Esom, verso il quale si prova subito una irresistibile simpatia, vuoi per le sue scelte di vita, vuoi per la filosofia  che si nasconde dietro queste scelte; la regista gioca molte carte con la protagonista  perchè da subito appare come il personaggio più equilibrato, al di là delle apparenze, non a caso è lei che giunge nelle case con il capo chino a chiedere ospitalità ma poi di fatto è sempre lei che porta nelle esistenze dei suoi vecchi amici una ventata di gentilezza e di ottimismo; se lei appare a prima vista la classica perdente , la storia ce la restituisce come colei che invece  riesce ad avere dalla vita ancora qualche piccolo piacere che riscalda l'anima.

martedì 9 giugno 2020

The Man Standing Next ( Woo Minho , 2020 )




The Man Standing Next (2020) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

La lunga e feroce dittatura militare che tenne in ostaggio la Corea del Sud dal 1963 al 1979 a cui capo c'era il Presidente Park Chunghee, vide la sua fine per mano di colui che per molto tempo era stato dapprima commilitone del presidente durante la rivoluzione che portò alla nascita della terza repubblica e quindi capo del KCIA , formalmente l'organizzazione per la sicurezza nazionale, di fatto il braccio politico e repressivo di Park, il potere certamente più forte e onnipotente del paese: l'omicidio di Park, avvenuto il 26 ottobre del 1979 e i quaranta giorni che lo precedettero sono il lasso di tempo in cui si volge il racconto di The Man Standing Next, ispirato ad un romanzo e , come prudentemente precisa il regista nei titoli di testa, ispirato a fatti veri in cui alcuni aspetti sono stati elaborati dal punto di vista narrativo.
La sostanza , comunque, è quella che il lavoro di Woo Minho è un film che sta a metà strada tra lo storico e il thriller spionistico, con un intrigo piuttosto articolato, di cui conosciamo sì la fine ma molto meno le dinamiche che portarono il capo del KCIA a premere il grilletto contro il Presidente della Corea.


Il direttore della KCIA è inviato in America per cercare di risolvere un problema che può diventare pericolosissimo per Park: l'ex capo del KCIA stesso sta per rendere pubblico un memoriale che inchioda il presidente dimostrando le sue malefatte , compreso lo storno di ingenti cifre di denaro verso la Svizzera, che dimostrerebbero come sia di fatto il traditore della Rivoluzione da lui stesso promossa 16 anni prima.
Kim si trova a combattere tra il suo dovere e il legame con Park e il crescente senso di imbarazzo a sentirsi un meccanismo che serve solo a mantenere al potere un uomo corrotto e sanguinario, soprattutto in quel momento in cui la Corea del Sud è percorsa da convulsioni democratiche popolari che il potere , dietro consiglio soprattutto del capo della sicurezza del presidente, vorrebbe soffocare nel sangue.
Il film sarà un lento processo di allontanamento di Kim da Park e l'insorgere di una coscienza che lo porta a considerare il presidente un traditore dello spirito originario della rivoluzione che lo condusse al potere.
Il finale ci racconta l'operazione condotta da Kim con un piccolo nucleo di fedeli agenti del KCIA che portò alla morte di Park e del capo della sicurezza che ormai aveva assunto un potere formidabile e sanguinario.
Parlare di un thriller spionistico sapendo come andrà a finire potrebbe effettivamente sembrare un esercizio di vacuità cinematografica, ma Woo è riuscito con alcune scelte di regia a far sì che più che l'epilogo della storia è la sua prospettiva e le sue angolature narrativa a far sì che l'interesse non scemi mai durante la visione.
Soprattutto il ritratto dei personaggi  oltre che vivido è ben tratteggiato: se il capo della sicurezza appare come il classico violento guerrafondaio legato biecamente al potere, il presidente Park si mostra come un uomo macerato dall'ossessione per la sua fine e la sua morte, una consapevolezza silenziosa che il potere gli sta sempre più sfuggendo di mano , soprattutto alla luce dell'atteggiamento dei suoi alleati più importanti, gli Usa, che lo vedono ormai quasi come un peso, e ben sappiamo quando gli americani prendono quella strada che fine fanno gli alleati anche storici.

sabato 6 giugno 2020

A Witness out of the Blue / 犯罪現場 ( Fung Chi Keung / 馮志強 , 2019 )




A Witness Out of the Blue (2019) on IMDb
Giudizio: 7/10

Nonostante la fuorviante presenza di un pappagallo testimone, animale intelligentissimo, come sappiamo, che sa parlare, come tutti i suoi simili tra l'altro, che viene spacciato un po' il coupe de  theatre della storia, A Witness out of the Blue del regista HKese Fung Chi Keung è invece un thriller che trova la sua solidità nei canoni più classici del genere.
Due mesi dopo una rapina andata male con morti e feriti, uno dei componenti della banda  viene trovato morto e i sospetti cadono subito sul capo della gang di rapinatori Sean Wong, un delinquente conosciuto dalla polizia su cui ancora si concentrano le ricerche; proprio il fatto di non essersi allontanati da Hong Kong porta la polizia a pensare che qualcosa sia accaduto all'interno della banda.
Le indagini sono condotte dall'ispettore capo Yip coadiuvato dal maldestro e stravagante ispettore Lam , che ha appena messo su , in uno dei tanti terrazzi della città, un ricovero per animali randagi, facendosi prestare i soldi dagli strozzini che gli stanno alle calcagne, e dalla giovane agente Charmaine. 


Quando però anche gli altri membri della gang cominciano a lasciarci le penne, appare chiaro che le cose non stanno come crede la polizia e Sean Wong , che nel frattempo si è stabilito in una stanza di una casa abitata da anziani e gestita da una donna mezza cieca, più di una volta capitato a tiro della polizia grida la sua innocenza sulla morte dei suoi compari; oltre tutto la borsa che conteneva l'ingente bottino è scomparsa il che rafforza l'idea che qualcuno stia cercando di far fuori tutta la banda di malavitosi.
Lam continua nella sue indagini che lo portano a considerare la possibilità che qualcuno voglia vendicarsi con i banditi , magari tra i presenti alla rapina che hanno subito la violenza omicida o addirittura lo stesso ispettore Yip che quel giorno era sul posto e che aveva visto morire giustiziato un suo collaboratore infiltrato nella banda e scoperto.
Anche Wong intraprende le sue indagini e alla fine grazie ad un paio di colpi di scena il giallo viene risolto e la resa dei conti è inevitabile.
Come thriller il film di Fung funziona perchè possiede il giusto groviglio narrativo, i colpi di scena, i momenti di azione, inoltre traspaiono chiare le tematiche che nel thriller di Hong Kong sono sempre presenti, dal sacrifico al melodramma, dall'etica che muove i personaggi agli atti di eroismo.

giovedì 4 giugno 2020

Chiwawa ( Ninomiya Ken , 2019 )




Chiwawa (2019) on IMDb
Giudizio: 8/10

Il regista ventottenne giapponese Ninomiya Ken, rappresentante della cultura psichedelica moderna che riesce a fondere il pop con la subcultura social, dirige Chiwawa, opera tratta da un manga dei tardi anni 90  scritto da Okazaki Kyoko che aveva al centro del suo racconto una generazione oppressa dai problemi economici che colpirono il Giappone di fine secolo dopo lo sviluppo sensazionale degli anni 70-80.
Ninomya ambienta la sua storia ai giorni d'oggi e mette al centro la figura della ventenne Chiwawa che vediamo all'inizio presentarsi alla sua nuova cerchia di amici come la ragazza del tenebroso ma carismatico Yoshida; " mi chiamo Chiwawa perchè sono alta come Mr Bean ma ho due tette enormi", questa la definizione che la ragazza fa di se stessa prima di lanciarsi nel furto di una borsa che contiene un sacco di soldi e dando il via ad una delle sequenze più belle e ben costruite di tutto il film: un inseguimento tra la banda di Chiwawa e un gruppo di personaggi loschi intenzionati e riprendersi la borsa.

Il bottino porterà il gruppo a passare tre giorni in vacanza senza limiti spendendo tutto.
Drammaticamente però ben presto scopriamo che Chiwawa viene trovata morta , fatta a pezzi e gettata nella Baia di Tokyo; mentre l'amica del cuore Yumi è affranta dal dolore e Yoshida rimane chiuso nel suo ermetismo, è Miki l'altra amica della morta ad iniziare la sua personale indagine finalizzata non tanto alla scoperta di chi abbia ucciso Chiwawa, bensì a capire chi fosse veramente quella ragazza che in effetti tutti conoscevano veramente poco nella sua totalità; attraverso le testimonianze dei vari amici e a numerosi e a tratti anche confusi salti temporali scopriamo pian piano degli aspetti segreti della vita dei Chiwawa , di come fosse diventata in breve tempo una star dei social e una modella ricercata, delle sue compagnie segrete e ben poco raccomandabili, dei suoi flirt e soprattutto della sua profonda ossessione di diventare una persona amata da tutti.
L'indagine di Miki è la vivisezione della personalità della ragazza morta e l'esplorazione di un mondo social dove conta solo l'apparenza e dove il proprio valore viene misurato con il numero di followers.
Il film di Ninomiya presenta una mirabile struttura basata su un montaggio sincopato , da videoclip, a volte persino frenetico, musica onnipresente, richiami alla cultura pop ( il nome del locale dove il gruppo di amici si ritrova è Sedgwick, la musa di Andy Wharol scomparsa a 28 anni per overdose ) e alla descrizione di una generazione che cerca di colmare il vuoto che la pervade con l'apparenza, con l'edonismo sfrenato e con l'effimero; ma la pellicola è anche scene da feste in spiaggia stile Riviera Adriatica oltre che rimandi all'Harmony Korine di Spring Breakers e soprattutto il tangibile timore di diventare adulti e di abbandonare una vita trattata come un giocattolo.

martedì 2 giugno 2020

Doorlock ( Lee Kwon , 2018 )




Door Lock (2018) on IMDb
Giudizio: 7/10

Qualche tempo fa su una rivista scientifica , uno studio condotto dimostrava come una delle situazioni che generano più terrore nelle menti delle persone è quella di rimanere chiusi da qualche parte senza avere la possibilità di poter aprire la porta: Doorlock  del ben poco prolifico regista coreano Lee Kwan ( quattro film in sedici anni) basa buona parte del suo impianto da thriller su questa condizione.
Il film racconta di Kyeongmin una donna che lavora in banca e che vive da sola in un piccolo appartamento situato in un grande caseggiato: la donna appare da subito non proprio a suo agio, non riesce a riposare bene, è molto introversa, incapace di prendere iniziative, non ha amici tranne una collega; quando poi in seguito a degli eventi che si verificano si convince che la sua casa è stata visitata da qualcuno che la perseguita, Kyeongmin si fa più sospettosa e preoccupata: controlla e valuta tutti i piccoli dettagli che la circondano, sente rumori che provengono da fuori la porta,  scopre tracce che potrebbero far pensare a qualche presenza al punto di chiamare la polizia, sebbene tutto finisca in una bolla di sapone.


Alla notizia positiva che la sua posizione al lavoro è diventata stabile e non più precaria, fa seguito però un inquietante episodio con un cliente piuttosto rozzo e buzzurro che la porta a pensare che la persona con cui ha un diverbio possa essere lo stalker che la minaccia, oltre ad altre situazioni che fanno aumentare in lei a dismisura la paura e l'ansia ; quando poi in casa trova un suo collega morto le cose sembrano imboccare un sentiero pericoloso, soprattutto perchè la polizia che già la considerava poco nelle sue denunce inizia a ritenere che possa essere lei l'assassina del collega.
Da qui in poi la storia si ingarbuglia, la sorte di Kyeongmin appare sempre più incerta  e la donna viene oppressa sempre più pesantemente dalla sua paura che diventa chiara ossessione ma soprattutto il pericolo diventa sempre più reale e tangibile.
Svolta finale un po' forzata e , come spesso avviene nei thriller coreani, epilogo tirato un po' troppo per le lunghe, probabilmente il difetto maggiore del film.
Remake del thriller Sleep Tight del 2011 diretto dal regista spagnolo Jaime Balaguerò, Doorlock è lavoro che in larga parte svolge bene il suo compito affidandosi nella prima parte alla costruzione e al contempo allo studio del personaggio di Kyeongmin attraverso la descrizione di una personalità all'apparenza fragile, introversa , timorosa, incapace di prendere decisioni, che tiene in casa oggetti maschili (scarpe, vestiti) per far credere che non viva da sola e che almeno inizialmente porta a prospettare che tutto quello che lei percepisce non sia altro che frutto della sua mente scossa e delle sue paure , prima fra tutte quella riguardante la sicurezza in casa e il terrore irrazionale , quasi l'ossessione di rimanere chiusa (dentro o fuori poco conta) che la spinge a cambiare di frequente il codice di accesso per aprire la porta di casa.
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