Giudizio: 7.5/10
Changfeng Town, una minuscola cittadina, forse sarebbe quasi meglio definirlo un paese, immaginaria, situata in quale chissà angolo della immensa provincia cinese è il crogiuolo all'interno del quale la regista Wong Jing, che ha alle spalle pochi ma buoni lavori e soprattutto una frequentazione come aiuto regista di Jia Zhangke in Mountains May Depart, costruisce il suo universo di nostalgia e di ricordi firmando la pellicola con l'omaggio ai genitori.
La piccola cittadina, un luogo che appare sin da subito quasi uno di quegli scenari di fantasia, animato da una atmosfera fiabesca, vede le gesta di un gruppo di persone rigorosamente divise in due: da un lato alcuni ragazzini che trascorrono tutta la giornata in strada in giro per il paese, tirando scherzi e prendendo di petto solitamente qualcuno più debole da poter sottomettere; dall'altro una serie di personaggi adulti che sono tutti a loro modo il risultato di una vita trascorsa per decenni in una provincia povera , sonnecchiosa, priva di vitalità e che hanno immaginato chissà quante volte di trasferirsi in città, miraggio di una vita migliore e più agiata; alcuni hanno orami le loro indelebili radici a Changfeng: il vecchio muto che gira col pappagallo e che ve alla stazione a vedere i treni pensando così di poter viaggiare con la fantasia, il barista che ormai ha perso ogni possibilità di fare il famoso viaggio in città, madri e padri di quei ragazzini che tirano avanti tra mille difficoltà.
Non è un caso che il tema del viaggio si affaccia in continuazione nel film, puntualmente evocato dall'immagine dell'aereo che solca il cielo azzurro, e che il viaggio è quello intraprende il teppistello Testarossa, il capo banda dei ragazzini in quanto più grande, un viaggio però con ritorno e nemmeno troppo fortunato.
La regista si adagia sul racconto di questa placida quotidianità, uno scorrere come fosse senza tempo di immagini, di simbiosi dell'uomo con la natura nelle sue forme leggiadre (fiori di cui si favoleggia si possa udire il rumore mentre crescono, uccelli che cantano nascosti in cima agli alberi), ma anche in quelle più terribili come le invasioni di topi che affligge la cittadina.
A scandire i sentimenti, la fantasia , la favola, la maraviglia Wong Jing, da autentica cinefila, mette al centro del film uno di quei cinema che persino la memoria di chi ha qualche anno sulle spalle ricorda anche qui da noi: è qui che la ragazza più carina della città , corteggiata dal teppistello Testagrossa, ma anche dall'intellettuale giornalista e aspirante scrittore , sogna l'amore guardando le dive occidentali del cinema ed è qui che i ragazzini sognano guardando le gesta degli spadaccini wuxia ed infine è qui il luogo del ricordo e dalla immaginazione filmica della regista stessa che cita Truffaut e Fellini, il cinema francese e quello d'epoca cinese e si affida ad una colonna sonora che spazia nella musica di ogni tempo.
La carrellata di episodi e di personaggi è lunga come non può non essere una descrizione di un arco di tempo di un anno, sempre con la finalità di mostraci una comunità che vive nella sua placida e tranquilla apatia, che sogna un futuro migliore ma che stenta a liberarsi dai legami con la sua terra, perchè come dice la voce narrante " alla fine a Changfeng Town sono sempre tutti felici" ed il partire altro non è che una corsa verso l'ignoto.
Che buona parte del film possa anche essere intesa come una vasta metafora della Cina che negli anni in cui si ambienta il film (all'incirca anni 80 , anche se non c'è nulla che lo stabilisca in maniera precisa) si affacciava ad un nuovo mondo, a nuove forme sociali, ricca di speranze e di vitalità ma che comunque voleva rimanere ancorata alle sue tradizioni contadine , non possiamo affermarlo con assoluta certezza, ma sta di fatto che anche involontariamente il quesito si pone.
Changfeng Town è insomma un film in cui il sogno della fuga e dell'evasione, la realtà che lascia sperare in un futuro migliore, il trionfo dei sentimenti, ma anche la difficoltà nei rapporti sociali e soprattutto la fantasia che corre libera costituiscono il tessuto connettivo cui si ancora tutto l'aspetto narrativo del film.
La regista da parte sua sembra voler richiamare nel suo stile i registi della Sesta Generazione, il mentore Jia in primis, che ha fatto del legame con la sua terra il perno principale dei suoi racconti: anche in Changfeng Town Wong Jing alterna il verismo alle atmosfere sospese nel tempo, il presente col ricordo del passato.
ChangFeng Town trova spazio in una rassegna come quella udinese che dimostra ancora una volta come anche per il cinema d'autore ci sia spazio in un Festival che fa del cinema popolare il suo punto di forza.
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