Giudizio: 7.5/10
Il problema dell'alcolismo , che come sappiamo appartiene ormai a tutte le società del pianeta, trova in ogni paese un suo tentativo di spiegazione sociale: in Giappone il bere fa parte dell'attività lavorativa, è un momento di cameratismo necessario per saldare il legame con i clienti e con i colleghi e al tempo stesso di liberazione dallo stress che la competitività esasperata e il formalismo portano con sè.
Su queste basi il bel film di Katagiri Kenji, al suo secondo lungometraggio, A Life Turned Upside Down: My Dad's an Alcoholic, affronta con la giusta leggerezza e misura quello che per le famiglie coinvolte è un vero dramma che spesso si conclude malissimo.
Il punto di vista con cui il regista racconta la storia è quello delle figlie di Tadokoro, Saki e Fumi, partendo dalla fine degli anni 90 quando entrambe sono delle ragazzine che osservano ogni sera il padre rientrare a casa barcollante e che la moglie deve trascinare a letto; inizialmente per le due ragazze assistere a quella scena ha persino i caratteri del divertimento e del gioco , ma ben presto iniziano a contare le volte in cui il padre torna in quello stato segnando con delle grosse X sul calendario la data.
La madre dal canto suo, per combattere la solitudine e la disperazione crescente, è affiliata ad una setta cattolica che predica la resistenza alla sofferenza perchè consolida il carattere.
Una famiglia insomma sull'orlo del baratro, certificato dalla frase che la madre Saeko dice a Saki in età ancora preadolescenziale: " Avrei voluto divorziare subito da vostro padre, ma ormai è tardi" e la risposta che la ragazza ripete a se stessa " sarebbe stato meglio per tutti"; ben presto il baratro si apre sotto i piedi e Saeko si impicca lasciando le figlie da sole col padre che per un breve periodo sembra avere acquisito la forza per smettere di bere.
Il tempo passa , le due ragazze crescono e il padre naturalmente ricade nel vecchio vizio; soprattutto Saki assume atteggiamenti di aspra critica verso il padre, mente Fumi si mantiene molto in disparte; l'esistenza di Saki è messa a dura prova anche dalla storia d'amore con un fidanzato idiota e violento dal quale però non riesce a liberarsi, perpetuando una sorta di dipendenza da figure maschili negative e dominanti.
Il suo tentativo di sottrarre il padre al vizio del bere, spogliandolo delle motivazioni lavorative , sociali e goliardiche, diventa una battaglia anche con se stessa, incapace di vedere il padre sotto un'ottica meno severe e rinfacciandogli la sua totale assenza nella vita di famiglia da sempre.
Il finale agrodolce segna forse un percorso di redenzione e di perdono, una occasione per poter finalmente osservare tutta la vita dello sventurato Tadokoro sotto un'ottica meno severa, sgravando anche Saki e Fumi del senso di rabbia e di rancore che provano verso l'uomo.
Il problema dell'alcolismo è uno di quelli di cui il cinema si è nutrito da sempre, spesso come aspetto collaterale, altre volte come vera analisi di un fenomeno diffuso praticamente ovunque , ma il modo in cui lo affronta Katagiri ha il pregio di essere ricco di equilibrio e di una prospettiva che esula da quella prevalentemente sociale con la quale solitamente si guarda al problema.
Soprattutto nella prima parte del film i toni sono quasi da commedia brillante, forse un po' stravagante, ma di certo non da tragedia , questo perchè la prospettiva scelta dal regista giapponese è quella delle due ragazzine che ancora possiedono quel candore intellettuale che le porta a ridere delle malefatte del padre e poi, crescendo, accumulano un rancore e una rabbia verso questi ritenuto il responsabile del fallimento della famiglia e della morte della madre.
D'altra parte il regista punta il dito contro alcuni aspetti dell'attività lavorativa che impone agli impiegati le serate a base di alcool come momenti fondamentali dell'attività stessa, al punto che chi non beve trova la carriera addirittura sbarrata, una trappola nella quale Tadokoro cade e si consuma, portando al suo fallimento di padre e di capofamiglia, anche se la sua immagine quasi mitizzata continua a essere presente nel profondo dell'animo delle due figlie.
Riuscirà comunque l'affetto e l'amore filiale a sopraffare la rabbia verso un padre così assente e inaffidabile ? Riuscirà Saki a capire se il mostro era il padre o lei incapace di capirlo? E' un po' questo il nucleo intorno cui ruota il film di Katagiri Kenji, un racconto di un fallimento ma anche quello di un sentimento fortissimo come l'amore filiale.
Shibukawa Kiyohiko è straordinario nella parte del padre alcolizzato nello stesso modo in cui lo fu in quella del protagonista di Lowlife Love di Uchida Eiji, due ruoli per molti aspetti simili; buone anche le prove di Matsumoto Honoka ( Saki) e Imaizumi Yui (Fumi).
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