martedì 24 dicembre 2019

The Best of All Worlds [aka Die beste aller Welten] ( Adrian Goiginger , 2017 )




The Best of All Worlds (2017) on IMDb
Giudizio: 8.5/10

Sin dalla sua prima apparizione al Festival di Berlino del 2017 l'opera prima del giovane regista austriaco Adrian Goiginger ha raccolto numerosi riconoscimenti nelle rassegne cinematografiche di mezzo mondo, imponendosi come uno degli esordi più promettenti degli ultimi anni.
Lavoro dal fondamentale tratto autobiografico racconta la vita di un ragazzino di sette anni e della giovane madre tossicodipendente sul finire degli anni 90 in una Salisburgo ben diversa da quella da cartolina dove viene presentata come un luogo quasi fiabesco.
Adrian ed Helga vivono una esistenza praticamente simbiotica immersi in un mondo di emarginati e di persone la cui esistenza corre sempre in bilico sul baratro; sin dalla scena iniziale all'apparenza carica di poesia, vediamo infatti Helga che frequenta un gruppo di tossicodipendenti come lei, emarginati , ricercati dal polizia, esseri ormai distrutti dall'abuso di droghe, ma tutto ciò non è sufficiente per lei a impedirle di offrire al figlio quel mondo migliore possibile cui allude il titolo del film.
Adrian da parte sua è un ragazzino sveglio, ricco di grande immaginazione che sogna di diventare un avventuriero che gira il mondo, ma nei suoi sogni trova posto anche un demone difficile da sconfiggere che lo perseguita.


Il mondo reale dell'emarginazione  e della droga e quello fantastico, pieno della felicità che può dare un amore reciproco madre-figlio totalizzante, riesce dunque a coesistere almeno finchè queste due entità non entrano in contatto in maniera violenta.
Come è facile capire anche grazie all'omaggio sui titoli di coda, il ragazzino di sette anni che vediamo nella storia è il regista , passato nella drammatica esperienza della tossicodipendenza della madre e dell'assenza del padre cui surroga però la presenza del nuovo compagno della madre stessa Gunter, tossicodipendente anch'esso; quindi The Best of All Worlds è un racconto di un giovane adulto che mette sullo schermo la sua esperienza tutt'altro che facile da ragazzino: questo è il nodo centrale intorno a cui si svolge il film e soprattutto spiega la riuscita straordinaria di questo lavoro; il film infatti vive di una silenziosa , grandiosa drammaticità, di violenza  e di amore infinito, di vita e di morte e lo fa attraverso un racconto asciutto privo di facili espedienti, senza drammatizzazione ridondante, insomma nella maniera in cui lo può fare chi quell'esistenza drammatica e grandiosa insieme l'ha vissuta veramente e non necessita di orpelli narrativi nè di esacerbazioni fuori luogo.
Come ha spesso ripetuto il regista questo non è un film che parla di droga o di drogati, non è un film che vuole stupire con scene esecrabili o cariche di tragedia, è invece un grande racconto personale di amore vicendevole: quello di Helga per Adrian che riesce ad emergere anche nel buio di una vita vissuta ai margini e malata e che la ragazza non dimentica mai di anteporre a tutto, quello del ragazzino per la madre , unica fonte di vitalità e di felicità, attraverso un rapporto di indissolubilità che raggiunge dei livelli addirittura commoventi.

venerdì 20 dicembre 2019

The Gangster , the Cop, the Devil ( Lee Wontae , 2019 )




The Gangster, the Cop, the Devil (2019) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Presentato non senza qualche sorpresa al Festival di Cannes , seppur fuori concorso, l'opera seconda del regista coreano Lee Wontae è in un certo qual modo una sintesi abbastanza completa di quello che è il cinema coreano di questi anni: lavoro di intrattenimento, grande e proverbiale ormai tecnica di ripresa soprattutto per le scene d'azione, un misto di generi che partendo appunto dall'action movie presenta venature di thriller, di dark comedy , di racconto fracassone pieno di botte e di atrocità varie, grande impronta ironica che riesce a rendere credibili, o quanto meno non totalmente assurdi , certi momenti della pellicola.
A tutto ciò aggiungiamo due personaggi anch'essi caratteristici del film di genere coreano, il poliziotto molto poco propenso a seguire le regole , preferendo invece le vie di fatto, che combatte il crimine e anche la corruzione dei suoi colleghi e il gangster truce, spietato, che muove le fila degli affari loschi e che in fondo in fondo una qualche reminiscenza di etica ce l'ha, abbiamo un quadro più chiaro sul perchè The Gangster , the Cop , the Devil ( titolo che racchiude almeno un paio di citazioni) risulta uno dei lavori più interessanti e divertenti di questa stagione del cinema coreano.


Se poi aggiungiamo che i due protagonisti, naturalmente avversari come impongono i ruoli, sono costretti a stipulare un patto affinchè un pericoloso serial killer che ha osato tentare di far fuori il boss possa  esser catturato, è chiaro che il lavoro di Lee non può non diventare anche una divertente black comedy con momenti addirittura esilaranti e sempre sostenuti da una grande forza ironica.
Vedere il boss e il poliziotto che camminano in assetto da guerra con i loro scagnozzi attorno, eleganti e precisi i gangster, una masnada di pasticcioni i poliziotti oppure assistere ad una sorta di cena sociale, con tanto di bevute, nella quale i due gruppi stabiliscono i piani sono di certo due momenti che se non fossero sostenuti da una forte carica ironica sarebbero a dir poco assurdi.
Mentre il terzo personaggio che tiene in piedi la storia, il serial killer, si presenta fin troppo monolitico e privo di sfumature, i personaggi del gangster e del poliziotto godono di una buona costruzione che li rende credibili e capaci di sostenere il racconto: il detective, iracondo , pasticcione, provocatore, forte di una sua morale personale lotta per mettere fine alle gesta del serial killer e allo stesso tempo si rende conto che l'aiuto del boss può diventare decisivo; quest 'ultimo a sua volta vuole solo mettere le mani addosso al marrano che ha osato attaccarlo, violandone l'onore, per farne carne da macello e sa che può farlo solo assumendo un ruolo quasi "istituzionale".

venerdì 13 dicembre 2019

My Brother's Name is Robert and He Is an Idiot ( Philip Groning , 2018 )




My Brother's Name Is Robert and He Is an Idiot (2018) on IMDb
Giudizio: 8.5/10

Nel Cinema , soprattutto quello moderno, esistono due tipologie di film che si trovano agli estremi della gamma percettiva: quelli ( molti)" a largo spettro"  e quelli (pochi) "on off": i primi mirano al facile risultato , al pareggio racimolato in extremis, al commento  del tipo : " sì carino , però..." oppure " non mi ha convinto a pieno però..." ; i secondi sono invece quelli che rischiano tutto, che mettono in gioco il giudizio sull'opera in maniera coraggiosa , il che non significa che siano necessariamente bei film, anzi , spesso sono dei lavori odiati e detestati, semplificando i film che si amano e si odiano senza mezze misure, on-off appunto, come un qualsiasi interruttore che non conosce posizioni intermedie.
My Brother's Name is Robert and He Is an Idiot del regista tedesco Philip Groning, autore senz'altro incline a rischiare nelle sue opere come dimostrano almeno in parte i suoi lavori precedenti, è uno di quei film che appartengono alla categoria on-off; presentato a Berlino nel 2018 , già alla sua prima proiezione ha lasciato chiaramente intendere che avrebbe pesantemente diviso la critica oltre che il pubblico, ottenendo comunque a Sitges il premio  come migliore regia.
In effetti le tre ore di durata spaventerebbero chiunque a maggior ragione nel caso di un lavoro di Groning che fa proprio dei silenzi e delle attese le sue caratteristiche principali, ma è soprattutto l'impianto narrativo del film che si presta alle più feroci critiche, perchè My Brother's Name è essenzialmente un lavoro intriso di filosofia e di idealismo teutonico quasi classicheggiante.


La trama del racconto è esilissima: è estate, e Elena deve affrontare a breve l'ultimo esame di filosofia che potrebbe aprirgli le porte dell'università, il fratello Robert si presta ad aiutarla nel preparare l'esame, lui che è ben poco propenso alle attività scolastiche ma che si nutre di filosofia applicata alla vita; i due, gemelli e legati in maniera simbiotica con evidente tendenza incestuosa, passano le giornate gironzolando nei prati e nei boschi , in contatto intimo c on la natura ; unico legame con la società e con l'ambiente fuori del loro mondo è la stazione di servizio dove si recano per comprare qualcosa o per usare il bagno.
E' chiaro che il percorso intrapreso da Elena la porterà lontano dal fratello, scindendo quel legame ferreo e carnale, così come le attenzioni del ragazzo per una coetanea amica della sorella scatenano in Elena turbamenti di pura gelosia: insomma il mondo ermeticamente chiuso in cui i due gemelli vivono sta per dissolversi, lanciando i due verso la vita adulta, verso un futuro che li potrebbe vedere divisi.
Parallelamente a ciò però dal fondo del racconto monta la rabbia e la reazione violenta che trova il primo punto di partenza nella apparentemente assurda scommessa che lancia Elena al fratello: prima della fine del week end e quindi degli imminenti esami, lei darà via la sua verginità; una sfida più al fratello che a se stessa.
Tralasciando l'evoluzione finale per non creare spoiler, possiamo affermare che la trama del film di Groning non è altro che una impalcatura che serve al regista, attraverso i discorsi e le gesta dei due protagonisti, per affrontare alcune tematiche che sono il vero nucleo della pellicola, e che fanno riferimento alla filosofia di Sant'Agostino,  di Brentano, di Hegel e soprattutto dell' Heidegger di Essere e Tempo.
Il  Tempo e l'Essere sono in ogni frammento del film vivisezionati, l'esistenza viene concepita come l'essere che si afferma nel presente che però è una illusione temporale in quanto il presente nel momento stesso in cui si sostanzia è già passato e quello che un attimo prima era il futuro si è già mutato in presente: Elena e Robert vorrebbero che la loro vita fosse sempre un eterno presente che però la separazione prossima  sta per frantumare violentemente; il loro mondo autarchico che si nutre solo di sè stessi, del loro contatto con la natura, con gli insetti e con il lago, con i fili d'erba e con le nuvole che disegnano figure in cielo è giunto alla conclusione, la separazione li porterà nel futuro e quindi nel presente fatto di mondi differenti, dove neppure l'estremo gesto di rivolta, il più potente verso la morale , l'incesto, potrà fermare il tempo e quindi la loro esistenza.

lunedì 9 dicembre 2019

Tesnota [aka Closeness] ( Kantemir Balagov , 2017 )




Closeness (2017) on IMDb
Giudizio: 8.5/10

Esordio cinematografico tra i più sorprendenti degli ultimi anni, Tesnota del giovane regista russo Kantemir Balagov, allievo del grande Aleksandr Sokurov, è un'opera che colpisce soprattutto per la maturità dimostrata dal regista sotto svariati punti di vista.
Ambientato a Nalchik, repubblica autonoma del Kabardino-Balkaria del Caucaso, in quel coacervo di etnie e comunità da sempre uno dei luoghi più instabili dell'immensa Russia, il racconto si svolge sul finire degli anni 90, quando il Caucaso si apprestava a vivere un'altra guerra drammatica in Cecenia; protagonista è la giovane Ilana e la sua famiglia di religione ebraica.
La ragazza aiuta il padre in officina e non ne vuole sapere di dedicarsi a lavori più "femminili", ha un carattere piuttosto vulcanico che mal tollera le regole ferree della casa e della comunità ebraica, in più frequenta un giovane che di etnia è cabardo di religione islamica inviso alla famiglia.


Dopo la cena nella quale il fratello minore David si promette sposo alla giovane Lea alla presenza di entrambe le famiglie, la giovane  coppia viene rapita e viene chiesto un riscatto cospicuo che le famiglie non sono in grado di pagare: le regole della comunità impongono alle famiglie di rivolgersi ai propri fratelli ebrei , con ciò accettando anche la sottile ipocrisia e le bassezze della comunità stessa; per Ilana addirittura i genitori progettano un matrimonio per denaro che la giovane naturalmente rifiuterà.
L'evento drammatico piovuto sulla testa della ragazza , della famiglia e della comunità tutta porterà ad una serie di eventi che soprattutto per Ilana saranno un esordio nel palcoscenico del mondo reale.
Tesnota diventa ben presto quindi non un thriller come si potrebbe immaginare considerati gli eventi, bensì un dramma famigliare nel quale l'odioso gesto del rapimento porterà a galla una serie di tensioni sotterranee , di attriti sopiti ma non rimossi e un anelito di indipendenza e di libertà da parte della protagonista.
Balagov sceglie per il suo esordio un racconto reale, tramandatogli dal padre, che si svolge nella sua città natale alla quale è doppiamente legato, anche perchè è qui , presso la scuola di Cinema diretta da Sokurov, che iniziò la sua carriera cinematografica che lo porta a questo esordio che sin dalla sua premiere a Cannes ha raccolto meravigliati e persino roboanti consensi.
Dal grande maestro Balagov mutua il racconto di una silenziosa umanità tormentata, attraverso uno sguardo personale che si rivolge a personaggi defilati, al limite, ma racchiusi nello spazio quadrato del 4:3, personaggi che si posizionano di lato rispetto all'evento centrale del film, personaggi periferici perchè appartenenti a comunità piccole e di minoranza, persino la guerra della Cecenia, quella finita  e l'altra che sta per iniziare sposta Ilana , la sua famiglia, la comunità ebraica e quella islamica ai lati della narrazione.

domenica 8 dicembre 2019

Cities of Last Things / 幸福城市 ( Ho Wi Ding / 何蔚庭 , 2018 )

il



Cities of Last Things (2018) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

La scena iniziale mette subito l'impronta sul film: un lento movimento di camera che inquadra il cielo , un palazzo che si staglia i cui piani iniziano lentamente a distinguersi e d'improvviso una forma mal distinguibile all'inizio che precipita: è un uomo volato da un balcone e chi si schianta contro un pavimento come fatto di vetro, lasciandoci scorgere, a noi che siamo sotto, per un attimo il volto del morto e la chiazza di sangue che si spande rapidamente.
Cities of Last Things del regista taiwanese Ho Wi Ding fa di tutto per rimanere aderente ad un genere noir metropolitano, incentrato sulla storia di un uomo, Zhang Dong Ling, e raccontato con una tripartizione temporale a ritroso che ci porta a capire solo dopo quello che è successo nella sezione precedente.


Nel primo segmento, ambientato nel 2049,  un futuro dove il controllo statale è totale, l'AI controlla ogni gesto attraverso una forma di registrazione che risale ad ogni evento, i bus viaggiano da soli e la città, illuminata come fossimo in Blade Runner, affoga nella tecnologia; il nostro protagonista è un ex poliziotto in pensione, prossimo al divorzio con una moglie che si sta facendo un' altra vita e una figlia che sta per emigrare per trovare una vita più sicura ; questa notte del 2049 sarà quella in cui Zhang chiuderà i conti con la sua vita fatta di delusioni e di vessazioni, dopo aver conosciuto una giovane prostituta europea che le riporta alla mente un passato nel quale ci troviamo subito immersi.
Siamo saltati indietro di una ventina di anni, Zhang è un ambizioso  detective di polizia che però ha problemi con alcuni capi corrotti , inoltre scopre proprio in quella sera che la moglie lo tradisce proprio con il capitano corrotto.
Il giovane sopraffatto dall'odio e dalla frustrazione si imbatte in una giovane occidentale che aveva arrestato poco prima per taccheggio e con la quale imbastirà una fulminea relazione attraverso un viaggio notturno in una Taipei decadente e underground; ma anche qui il destino per il giovane Zhang non sarà benevolo.
Nel terzo segmento vediamo Zhang adolescente, beccato a rubare un motorino che nella centrale della polizia si trova davanti Mrs Wong il boss della mala, vera femme fatale da classico noir tormentato.
Quando l'incontro che appare occasionale ci fornirà ulteriori informazioni sul protagonista, sarà chiaro che il finale della storia di Zhang ,che abbiamo visto all'inizio , non poteva che essere diverso , essendo la sua vita segnata da eventi che lo hanno bastonato pesantemente, quasi un predestinato al passaporto per l'inferno.

giovedì 5 dicembre 2019

The Load [aka Teret] ( Ognjen Glavonic , 2018 )




The Load (2018) on IMDb
Giudizio: 8/10

Dopo aver diretto per quasi dieci anni solo cortometraggi e documentari, il regista serbo Ognjen Glavonic esordisce nel film di finzione con un lavoro dall'architettura scarna, ma che è capace di lasciare un segno importante: come la grandissima parte dei suoi colleghi di varie etnie riconducibili tutte alla galassia della ex Jugoslavia, anche Glavonic, quasi fosse diventato un dovere morale, affronta il tema delle guerre dei Balcani ed in particolare con The Load quella che vide contrapposta la ormai defunta ex Jugoslavia e la Serbia al Kosovo che causò anche l'impegno militare della Nato, ultimo capitolo di una tragedia che affondava le radici nella storia millenaria e spesso turbolenta di quella regione.
Il protagonista della storia è Vlada, un uomo che per mantenere la famiglia viaggia in camion dal Kosovo a Belgrado portandosi dietro un carico segreto; il lavoro nasconde chiaramente qualcosa di losco, ma Vlada rispetta le regole: niente soste, viaggio diretto attraverso strade secondarie e , alla bisogna, un lasciapassare per tirarsi fuori dai guai e soprattutto niente domande.


Ecco quindi che la macchina da presa sale in cabina con Vlade che si accinge a compiere il viaggio col suo carico segreto; nonostante le regole ferree , l'uomo darà un passaggio ad un giovane in fuga verso la Germania che dice di conoscere bene le strade che passano per le montagne e che giungono fino a Belgrado.
Alla fine della giornata Vlade avrà compiuto il suo lavoro, ma già c'è ne è un altro camion che lo attende in Kosovo, ma soprattutto, forse, la distruzione e l'orrore che lo circondano lo portano a guardare il suo lavoro in un'altra maniera.
Rimanendo fedele ad una scelta che molti registi balcanici hanno fatto nel raccontare storie di guerra, in The Load in effetti la guerra propriamente detta rimane molto sullo sfondo: il cielo illuminato dai traccianti della contraerea, grotteschi giochi pirotecnici, qualche passaggio dei jet della Nato che vanno a bombardare Belgrado, qualche esplosione in lontananza, non ci portano quindi in prima linea, ma Glavonic è bravo nel descrivere l'aspetto più intimo e devastante della guerra.
Il viaggio di Vlada col suo carico infatti si impregna delle immagini più cupe , grige, fredde di un conflitto assurdo:  il cielo è sempre carico di nubi, strade e rovine immerse in pantani, scheletri di un passato neppure lontano che rimangono in piedi solo per testimoniare la follia di chi ha inseguito con pervicacia solo la guerra chiudendo le porte a qualsiasi altra soluzione, salvo dovere poi capitolare sotto i colpi della comunità internazionale.

venerdì 29 novembre 2019

Il traditore ( Marco Bellocchio , 2019 )




The Traitor (2019) on IMDb
Giudizio: 8/10

Tommaso Buscetta è stato senza dubbio una delle figure più importanti nella storia  del dopoguerra del nostro paese: la sua collaborazione con la giustizia iniziata negli anni 80 ha portato infatti alla definizione e all'abbattimento della struttura piramidale di Cosa Nostra, permettendo di assestare un duro colpo all'organizzazione criminale grazie al maxi processo che si svolse a Palermo, il primo nel quale furono portati alla sbarra centinaia di affiliati ai clan, fra cui numerosi boss di primissimo piano.
Costruire un film intorno a questa figura storicamente importante, complessa nella sua definizione personale ed intima, controversa soprattutto riguardo alla scelta di collaborare con la giustizia, è percorso  ricco di trappole e solo un grande regista quale Marco Bellocchio, forse l'ultimo rimasto a saper creare opere che abbiano ancora una forte impronta civica, ha evitato che il film diventasse uno dei tanti prodotti dozzinali su storie di malavitosi, bande, delinquenti vari di registi in cerca di gloria di cui il panorama cinematografico nazionale pullula .


Il traditore, è bene dirlo sin da subito, è lavoro importante, bello, in cui la mano di un regista sapiente e navigato ha saputo scolpire sì un personaggio come Buscetta in maniera credibile senza mitizzare nè giudicare moralmente, ma è anche riuscito a tratteggiare un disegno di un'epoca nella quale sono state scritte pagine tra le più infami della nostra storia recente.
Il film si apre con un omaggio, non sappiamo quanto voluto, al Gattopardo di Visconti e di Tomasi di Lampedusa: nei primi anni 80 il giorno di Santa Rosalia patrona di Palermo in una grande villa in riva al mare viene firmato un patto di pacificazione tra la mafia palermitana e i corleonesi con tanto di festa e balli.
Ben lungi dall'essere l'inizio di una pace , quella festa  è invece l'inizio di una guerra infinita e sanguinaria senza esclusione di colpi che porterà alla morte di centinaia di persone e che Bellocchio ci ricorda con un macabro contatore che scorre ad indicare il numero dei morti; boss, mogli, figli, ragazzini, parenti di vario grado sono coinvolti, è l'affermarsi dell'ala più feroce e rampante delle famiglie mafiose quella dei corleonesi di Toto Riina.
Buscetta , compreso che nella lista dei morituri c'è anche lui, fugge in Brasile, lasciando a Palermo una parte della famiglia ( due figli e la ex moglie) che ovviamente verrà sterminata, finchè anche lui cadrà nelle mani della polizia brasiliana per essere sospettato di traffico di droga e quindi estradato in Italia.

martedì 26 novembre 2019

The White Storm 2 - Drug Lords / 掃毒2天地對決 ( Herman Yau / 邱禮濤 , 2019 )




The White Storm 2: Drug Lords (2019) on IMDb
Giudizio: 7/10


Nel 2013 Il Festival del Cinema di Roma chiudeva i battenti con il film  The White Storm di Benny Chan, a dimostrazione di un progetto (allora) che ben si guardava , seppur tra mille problemi e difficoltà, di appiattirsi sullo stantio americanismo hollywoodiano e sullo sterile panorama indie-stelle-striscie da salotto radical chic che avrebbe contraddistinto gli anni seguenti della kermesse romana sotto la guida di Antonio Monda.
Harman Yau, forse il regista cinematograficamente più genuinamente hongkonghese di questi anni segnati da una crisi soprattutto autoriale del cinema per la ex colonia britannica, dirige The White Storm 2:Drug Lords, che del  lavoro di Benny Chan richiama solo il nome e le tematiche , ma non la storia , non potendo quindi considerarsi un sequel.


Dopo aver visto un paio di anni fa al FEFF di Udine Shock Wave nel quale il regista si cimentava su un lavoro con budget da blockbuster, situazione non abituale per lui, con la sua nuova fatica torna all’action movie più strutturato nel quale non mancano i momenti da grande cinema di intrattenimento.
Il racconto si apre con un fondamentale prologo ambientato 20 anni prima: Tin e Dizang sono due amici affiliati alla medesima Triade, mentre il primo vede la sua vita privata andare a rotoli perché la fidanzata lo molla,  stanca di avere a che fare con un gangster, al secondo le cose vanno anche peggio; scoperto dal boss a commerciare droga per conto suo dovrà subire la giusta punizione che il capo decide da far infliggere proprio dall’amico Tin: tre dita mozzate e una amicizia che finisce.

domenica 24 novembre 2019

Dolor y gloria ( Pedro Almodovar , 2019 )




Pain and Glory (2019) on IMDb
Giudizio: 7/10


Quando ad un certo punto del racconto, Salvador, il protagonista ,parlando del suo scrivere cionema dice :” Si scrive per dimenticare il contenuto di quello che si è scritto” , si capisce subito che l’ultimo lavoro di Pedro Almodovar è una di quelle opere che in qualche maniera sfuggono da una valutazione oggettiva e che costituiscono comunque una pietra miliare nella carriera di un artista.
Dolor y gloria è infatti un racconto introspettivo quasi con la pretesa di essere il bilancio di una vita vissuta, dal quale affiorano appunto dolori e gioie, segreti e confessioni intime che prendono il sopravvento sull’aspetto più squisitamente  narrativo, anche perché la scelta di Almodovar è stata quella di presentare una storia costruita sui piani temporali del passato e del presente: nei primi il regista racconta se stesso da quando ancora ragazzino dimostra un particolare interesse per la lettura e la scrittura passando in seguito per le più importanti tappe della sua esistenza; nel presente si affida a quello che probabilmente è il suo alter ego cinematografico più genuino e vicino, Antonio Banderas che interpreta Salvador Mallo, un regista che sembra inevitabilmente avviato sul viale del tramonto sia dal punto di vista fisico che da quello artistico.


Nella scelta di affidare se stesso e la sua vita narrata a Banderas c’è il senso del grande travaglio che probabilmente ha agitato Almodovar nella stesura del film e solo un grande amico oltre che suo attore prediletto poteva maneggiare le pagine della vita del regista senza che per questi potesse scattare quel blocco dato dal pudore e dalla difficoltà a raccontarsi, soprattutto nelle sue esperienze che lo hanno più segnato: il rapporto con l’amatissima madre ( non a caso interpretata da Penelope Cruz,altra pietra miliare del cinema di Almodovar), il suo grande amore giovanile, l’uso delle droghe pesanti, i malanni fisici e la depressione.
Salvador eè un regista che forse proprio perchè fedele a quella frase  è in pieno blocco di ispirazione , sebbene di scritti ne abbia non pochi, la salute è precaria, i cocktail di farmaci sembrano non essere più sufficienti e , grazie all’incontro con Alberto, l’attore protagonista di un film che 25 anni prima aveva decretato il grande successo per il regista, decide di passare all’eroina fumata.

lunedì 18 novembre 2019

The Nightingale ( Jennifer Kent , 2018 )




The Nightingale (2018) on IMDb
Giudizio: 7/10

Siamo nei primi anni dell' 800, nel Nuovissimo Mondo, il continente australiano, dove l'Impero Britannico consuma l'ennesimo atto di colonialismo brutale ai danni degli indigeni; per la precisione siamo in Tasmania una isola situata a sud dell'Australia: qui , proveniante dalle galere inglesi vive l'irlandese Clare, deportata insieme al marito.
In seguito al  rifiuto di accondiscendere ai turpi desideri di un ufficiale britannico che si ritiene un suo protettore, la famiglia di Clare subirà un brutale quanto odioso atto violento che spingerà la donna a viaggiare per l'inospitale isola alla ricerca della vendetta.
Dietro al revenge movie d'epoca la regista australiana Jennifer Kent, al secondo lavoro come regista dopo l'esordio nell'osannato horror Babadook, racconta non solo una storia di soprusi e di violenza , ma anche il genocidio e le violenze subite dagli indigeni durante quella che è stata la stagione colonialistica australiana dell'Impero Britannico, probabilmente la meno conosciuta e anche la meno raccontata ma che è ricca come tutte le altre di pagine di vero raccapriccio e odiosa violenza.


Per tale motivo il perno intorno cui gira tutto il racconto, dal momento in cui Clare parte per la sua vendetta, sta proprio nel binomio che si forma tra la donna stessa e Billy un indigeno che assolda per farle da guida all'interno della pericolosa foresta che domina l'isola per poter consumare la sua vendetta all'inseguimento del soldato britannico autore dello spregevole gesto.
Clare  l'irlandese galeotta deportata e Billy il nativo aborigeno che ha visto la famiglia sterminata dai bianchi colonizzatori diventano insomma i protagonisti del viaggio e al contempo l'emblema dei soprusi e delle violenze compiute dall'esercito che a sua volta viene dipinto dalla regista come un branco di violenti, ubriaconi, disgustosi personaggi in cerca di gloria: la Kent non risparmia nulla dal punto di vista visivo riguardo le violenze e gli atteggiamenti dei colonizzatori, risultando per tale motivo il film piuttosto crudo e in certi momenti quasi pesante da sopportare.

Queen of Hearts ( May el-Toukhy , 2019 )




Queen of Hearts (2019) on IMDb
Giudizio: 8/10

Anne è una affermata avvocata con una bella famiglia da cartolina, una splendida casa nel bosco e una esistenza di certo agiata e gratificante, a giudicare almeno da quanto si vede.
L'unico neo nella vita di Anne è il suo approccio al lavoro: lei infatti si occupa di casi di violenze sui minori, soprattutto ragazze e l'incapacità dei tribunali di fare  giustizia rincorrendo cavilli legali e tematiche da azzeccagarbugli  le genera un senso di frustrazione.
Quando però nella vita della sua famiglia irrompe Gustav , il figlio diciassettenne del marito, l'effetto sarà fragoroso: il giovane di fatto non conosce il padre che lo ha trascurato per tutti gli anni passati lasciandolo con la madre, è un ragazzo problematico, che indubbiamente ha sofferto una esistenza difficile che lo ha plasmato carico di durezza, e il ritrovarsi in una bella famiglia da telefilm il cui asse portante è il padre che invece a lui ha negato la gioia di averne una lo rende almeno all'inizio ruvido e violento.


Poi un po' l'affetto che le sorelline gli dimostrano da subito e l'atteggiamento di Anne che cerca di coinvolgerlo nella vita famigliare sembrano scalfire almeno in parte il muro che circonda il ragazzo.
Il problema è che Anne forse per noia, forse perchè stanca della routine matrimoniale, forse semplicemente per curiosità un po' morbosa, abbindola il giovanotto e inizia con lui una relazione ovviamente segreta.
Fintanto che Anne ha il suo toyboy con cui trastullarsi tutto procede per il meglio, per lei e anche per il ragazzo, ma quando per un eccesso di confidenza qualcuno vede qualcosa la donna decide che è il momento di tagliare; Gustav non accetterà facilmente la decisione, e tutto prenderà una piega pessima con Anne disposta stavolta a tutto pur di salvare la sua esistenza , il suo benessere borghese e la morale.
Terzo lavoro della regista danese May el-Toukhy, Queen of Hearts nella sua prima parte si struttura come un lavoro dall'apparenza lenta e privo si spunti, con qualche venatura melodrammatica, ma quando l'evento centrale della storia si concretizza , il racconto assume subito le giuste tinte morbose, drammatiche, violentemente cattive grazie alla tematica che il film getta nella storia: una apologia della violenza del forte contro il debole, del ricco contro il poveraccio, di chi nella vita ha tutto da difendere contro chi invece non ha nulla.

martedì 12 novembre 2019

Blanco en blanco [aka White on White] ( Theo Court , 2019 )




White on White (2019) on IMDb
Giudizio: 7/10


Inizi del XX secolo, il fotografo Pedro viene assoldato da un potente e invisibile latifondista del sud del Cile , in piena Terra del Fuoco, per immortalare il suo matrimonio con la giovanissima Sara. La bellezza e il candore virginale della giovane sposa, poco più che una adolescente, crea un forte turbamento su Pedro, quasi una ossessione che lo porterà a rimediare un bel po’ di botte e soprattutto a diventare un altro dei numerosi sgherri beceri e violenti che compongono l’esercito personale dell’ineffabile Mr Porter, il promesso sposo. Da fotografo che deve catturare la bellezza femminile e il momento del matrimonio Pedro diventa il testimone dell’odioso sterminio degli Indios nativi Selkman, immortalato dalla sua macchina fotografica.


Lavoro di grandissima ambizione, White on White ( Blanco en blanco il titolo originale), opera seconda del regista di origini cilene Theo Court, trova però il suo valore essenzialmente nell’aspetto tecnico, in quanto la mole di tematiche che il regista decide di affrontare ( lo sterminio, la violenza infinita, la costruzione dell’immagine, il concetto di opera d’arte) in larga parte affogano in un mare magnum che non riesce alla fine a rendere organiche le tematiche stesse. 
Viceversa la regia, la costruzione dell’immagine, i piani sequenza, i giochi con la luce , la ricerca della perfezione cromatica e una fotografia che esalta lo splendore terrificante della Terra del Fuoco fanno di White on White un lavoro meritevole, forse troppo incline al manierismo, ma di sicura presa. La prova di Alfredo Castro nei panni di Pedro dimostra per l’ennesima volta la bravura dell’attore, in un ruolo in cui più delle parole contano gli sguardi e i silenzi.

The Criminal Man ( Dimitri Mamuliya , 2019 )




The Criminal Man (2019) on IMDb
Giudizio: 4.5/10


Un uomo assiste casualmente ad un omicidio che diverrà poi un caso nazionale: il morto è infatti il portiere della nazionale di calcio georgiana; inizialmente tentato di telefonare alla polizia per rendere una preziosa testimonianza, l’uomo invece intraprende un percorso improntato alla follia  che lo conduce a diventare egli stesso un assassino.
Negli interminabili 130 minuti di The Criminal Man del regista georgiano Dimitri Mamulya si consuma una per molti versi inspiegabile parabola personale che porta il protagonista a compenetrarsi dapprima nell’omicidio motivo per cui si reca ripetutamente  a visitare  il luogo del delitto e quindi a far emergere in sé quel lato malvagio che lo conduce all’omicidio.


Vero che il protagonista è un uomo talmente normale da risultare grigio , ma francamente la sua smania silenziosa di assurgere al ruolo di omicida  risulta evidentemente  ben poco credibile per la mancanza di una qualche spiegazione razionale o non che indichi dove e perché risiede in lui il germe del male, quasi il percorso fosse un semplice sentiero già tracciato che  si trova in ogni essere umano, interpretazione antropologica ben poco credibile tra l’altro.

lunedì 11 novembre 2019

Adoration ( Fabrice du Weltz , 2019 )




Adoration (2019) on IMDb
Giudizio: 7/10


Regista che aveva coagulato intorno a se qualche anno fa un grande interesse, soprattutto per l’impulso personale dato al genere horror psicologico, Fabrice duWeltz aveva da qualche tempo fatto perdere le sue tracce prima di riemergere dall’anonimato con Adoration, un thriller con al centro del racconto una coppia di adolescenti in fuga dalla vita.
Paul vive con la madre nella clinica psichiatrica immersa nel bosco dove la donna lavora, è un ragazzino silenzioso ma sensibile, che vive quasi un afflato sensoriale con la natura che lo circonda; quando nel parco nel quale è immerso l’istituto incontra Gloria, una ragazzina con notevoli problemi psichiatrici, la sua esistenza subisce un cambiamento repentino. Letteralmente rapito a infatuato della ragazza Paul si presta in tutti i modi per aiutarla nonostante la madre lo metta in guardia; niente però impedirà ai due di fuggire dopo che Paul avrà visto con i suoi occhi per la prima volta cosa è in grado di fare Gloria.


Nonostante il timore per lo stato della ragazza, Paul si lascia andare a questa fuga folle, nutrita dalla insanità che risiede nelle mente di Gloria e dall’amore totalizzante del ragazzo che non vacilla neppure davanti all’emergere dei demoni della sua amica.
Lavoro che si lascia alle spalle le atmosfere morbose e ribollenti di follie e perversioni che avevano fatto la fortuna del regista, Adoration possiede una notevole forza narrativa che però duWeltz non sempre riesce a incanalare nel modo più opportuno al punto che il film per molti versi può essere considerato  una occasione persa; girato in pellicola , l’ultimo lavoro del regista belga tende a richiamare più la compenetrazione con la natura di stampo malickiano che i toni da horror, con il risultato di offrire immagini che la pellicola e le scelte di fotografia rendono particolarmente calde e avvolgenti, quasi ad avviluppare i due giovani protagonisti alle prese con la follia e con il battesimo nella vita adulta dove c’è poco spazio per il gioco e l’innocenza.

Trois jours et une vie ( Nicolas Boukhrief , 2019 )




Three Days and a Life (2019) on IMDb
Giudizio: 5.5/10


Ultimi giorni del Secondo Millennio: un paesino delle Ardenne al confine tra Belgio e Francia, un ragazzino di sei anni scompare misteriosamente e tutto il paese durante le feste si mobilita alla sua ricerca; l’unico che sa veramente cosa è successo è Antoine , un altro ragazzino di qualche anno più grande, che però per paura e per mantenere il segreto tace. 
Le ricerche risultano infruttuose , il racazzino sembra esseresi volatilizzato e come non bastasse nel pieno delle ricerche una violenta tempesta flagella le Ardenne cancellando ogni possibile traccia.
Quindici anni dopo Antoine torna al suo paese dove nulla sembra cambiato, ora è un giovane medico pieno di speranze che non ha smesso di amare la madre con cui è cresciuto; il ritorno a casa incredibilmente riporterà alla luce lentamente, ma inesorabilmente, il passato, mettendo il ragazzo di fronte a scelte dolorose.


Costruito nella prima parte come un intelligente noir a sfondo psicologico  che viene però spazzato via dalla tempesta che si scatena sul paese e che cancella forse per sempre le tracce di quello che è accaduto al piccolo scomparso, Trois jours et une vie di Nicholas Boukhrief perde nella seconda parte molto dello smalto del suo inizio, troppo impegnato a rincorrere un plot narrativo fin troppo incalzante nel quale si affastellano episodi e situazioni che dovrebbero sì creare un groviglio narrativo che avvolge e immobilizza i personaggi, ma che di fatto crea una pletora di avvenimenti che vengono trattati con colpevole superficialità e che portano a diluire la forza dei personaggi, senza considerare alcune situazioni francamente forzate ( quella dell'amante segreto della madre di Antoine) che sembrano attaccate alla storia solo per risultare degli snodi narrativi e dei colpi di scena.

giovedì 7 novembre 2019

The Farewell [aka The Farewell-Una bugia buona] ( Lulu Wang , 2019 )




The Farewell (2019) on IMDb
Giudizio: 7/10


Billi vive a New York dove si è trasferita con la famiglia venticinque anni prima lasciando la Cina, ormai è una americana acquisita a tutti gli effetti e i suoi ritorni nel paese Natale sono stati rari e distanti nel tempo ormai.
Quando giunge la notizia che la vecchia nonna è malata di cancro e le rimane poco da vivere Billi decide di volare a Changchun nonostante i genitori lo sconsiglino: tutta la famiglia ha deciso di mettere in scena il finto matrimonio tra il cugino di Billi e una ragazza giapponese per poter giustificare la presenza di tutti i membri della famiglia giunti per vedere per l’ultima volta viva la vecchia nonna.


Muovendosi tra il film autobiografico, la commedia agrodolce, la satira sui costumi e le usanze dei cinesi (ma anche degli americani), soprattutto riguardo alla tematica dell’informare o meno un malato terminale delle sue condizioni, la regista sino-americana Lulu Wang dirige The Farewell, un lavoro che ha divertito  e anche commosso la platea della rassegna cinematografica romana dopo aver raccolto numerosi apprezzamenti al Sundance Film Festival dove ha avuto l’anteprima e nelle altre rassegne in cui è stato proiettato.
In effetti la mescola funziona bene, e soprattutto si apprezza la sincerità della storia e dei sentimenti come sempre quando il lato autobiografico viene maneggiato in maniera non invasiva e discreta. Anche la tematica della ricerca delle proprie radici e della prospettiva di vedere le cose che cambia al modificarsi dell’ambiente sociale esterno è ben strutturata in modo equilibrato.
The Farewell risulta lavoro piacevole, che diverte in modo intelligente a lascia riflettere su come , in conclusione, la globalizzazione planetaria incalzante non riesca a omogeneizzare tutto e a cancellare gli usi e le tradizioni millenarie facenti parte della cultura di un paese.
Il lavoro di Lulu Wang sarà presente anche nelle sale  Italiane a partire dai primi giorni del 2020.

The Irishman ( Martin Scorsese , 2019 )




The Irishman (2019) on IMDb
Giudizio: 8/10

Leggi il titolo e le poche note che hanno accompagnato il film, osservi i nomi degli attori, pensi al regista e inevitabilmente la mente corre a Quei bravi ragazzi, a Casinò a Mean Streets, ai lavori insomma che Scorsese ha diretto raccontando il mondo della malavita soprattutto newyorkese; ma appena il film parte si capisce che sebbene la scena sia costruita in perfetto stile scorsesiano, siamo di fronte a qualcosa che sarà ben diversa dall'epopea ammantata di mito che accompagnava i lavori citati.
La lunga carrellata della macchina che si muove tra i corridoi e le stanze conduce al vecchio in sedia a rotelle, un De Niro ben più credibile da vecchi decrepito che artificiosamente ringiovanito dalla CGI, ma di questo parleremo dopo. 
De Niro è l'ultraottantenne Frank Sheeran, irlandese di origine, un tempo pezzo grosso della manovalanza del crimine organizzato, di cui però adesso nessuno si ricorda più, neppure la giovane infermiera che lo  accudisce nello ospizio.


The Irishman è  un lungo racconto a ritroso, partendo dall'immediato dopoguerra e giungendo al nuovo millennio, raccontato da Frank , con un intreccio di pieno temporali che non creano però mai nè confusione nè quel senso di indefinibile quando vengono utilizzati in maniera poco credibile.
Frank ha fatto la guerra in Italia, ed ora , anni 50 , vive a Filadelfia con la su famiglia, guida il camion per eseguire consegne di quarti di carne e ogni tanto arrotonda facendo la cresta sulle consegne.
Il fato, che sembra il motore della storia, lo mette davanti al primo bivio importante della sua carriera criminosa: l'incontro con Russell , uno dei pezzi grossi della famiglia mafiosa dei Bufalino, il quale vede in lui una persona fedele, efficiente e che esegue i suoi compiti in maniera discreta senza fare problemi; dapprima qualche carico, poi qualche intimidazione ed infine killer ben prezzolato e stimato.
Nella sua ascesa Frank si troverà di fronte al secondo incontro che stavolta non tanto casualmente gli si parerà davanti, quello con Jimmy Hoffa il celeberrimo sindacalista d'assalto leader della corporazione dei camionisti, personaggio molto ambiguo, controverso ma di sicuro carisma, di cui diverrà guardia del corpo, confidente e amico.
Gli anni passano e il racconto di Frank procede fino a giungere ai momenti cruciali , quelli che lo porteranno alla inevitabile caduta, al contrario degli altri protagonisti, tutti o quasi morti ammazzati; ma la sua sarà una caduta non solo fisica ma soprattutto morale, abbandonato anche dalla famiglia stanca dei suoi lavori ben poco onesti.

lunedì 4 novembre 2019

Run with the Hunted ( John Swab , 2019 )




Run with the Hunted (2019) on IMDb
Giudizio: 5/10


Diretto da John Swab,al suo secondo lungometraggio, Run with the hunted fa parte di quella pattuglia di film indipendenti americani di cui ogni anno si popola la Festa del Cinema Di Roma, grazie all’occhio lungo del suo direttore artistico Antonio Monda: peccato che , a parte qualche rarissima eccezione, questi lavori risultano tutt’altro che degni di nota, spesso confusi quando non pretenziosi o addirittura di difficile lettura, ben lontani dai numerosi esempi di cinema americano indipendente che ultimamente hanno sorpreso per il loro valore artistico.
Il film di Swab è il racconto di una ragazzino della provincia americana, quella sporca e abbrutita, che passa le sue giornate con i suoi amichetti vicini di casa, affidati ad un padre ubriacone, sfaccendato e violento; nonostante questo strisciante stato di squallido abbandono i ragazzini sembrano comunque divertirsi dandosi man forte uno con l'altro.


Quando Oscar , il protagonista , viene a sapere delle molestie subite da Loux, la sua amichetta, non si crea problemi a far fuori il padre di questa, per poi fuggire in città per nascondersi. Qui entra in contatto con una banda di adolescenti manovrata da una gang di laidi personaggi che lo tiene nascosto da quelli che lo cercano; il ragazzino che dimostra subito di essere svelto e intelligente, quasi tagliato dalla nascita per quella vita di espedienti trova quindi una nuova famiglia che lo accoglie, nonostante le dinamiche che la governano sono tutt'altro che rassicuranti.
Quindici anni dopo Oscar ha fatto carriera nella banda, addestra i ragazzini all’uso della armi e alle tecniche di rapina , ma è sempre sottomesso nella scala gerarchica agli stessi personaggi  che si arricchiscono con le gesta della banda; la sua rimane sempre una vita ai margini, nell'emarginazione di una città di provincia dove i suoi capi si comportano da satrapi prepotenti e privi di scrupoli.
Il passato ritorna: Loux casualmente incontra Oscar, ma per quest’ultimo uscire dal giro infernale in cui si è infilato è tutt’altro che semplice, inoltre per uscirne lui deve necessariamente tirarsi dietro l'amata Loux che si ritrova nelle sabbie mobili di quel sottobosco di umanità alla deriva.

mercoledì 30 ottobre 2019

Antigone ( Sophie Deraspe , 2019 )




Antigone (2019) on IMDb
Giudizio: 5/10


Sophie Deraspe rappresenta una delle figure di avanguardia del cinema canadese francofono, e, portandosi sul groppone il premio ricevuto a Toronto come migliore opera del cinema canadese, presenta alla Festa del Cinema di Roma Antigone, (molto)personale rilettura della tragedia greca di Sofocle.
Protagonista del racconto è una giovane immigrata da un qualche paese arabo sconvolto dalla guerra di nome Antigone appunto; la ragazza che vive coi due fratelli e con un altra sorella insieme alla nonna, visto che i genitori sono morti durante la guerra, diventa l’eroina , come nella tragedia, che lotta contro la legge e contro la morale per difendere l’integrità della famiglia dopo che Eteocle, uno dei fratelli, affiliato ad una banda di criminali arabi viene ucciso dalla polizia durante l’arresto di Polinice , l’altro fratello. 
Nonostante un alacre quanto odioso poliziotto le metta di fronte il vero volto dei due fratelli (uno uno spacciatore di buon rango, l'altro un delinquentello da quattro soldi ancora in fase di apprendistato), Antigone non viene meno a quello che sembra la sua missione: mantenere l'integrità della famiglia, proteggere la nonna e i fratelli da un altro sconvolgimento, dopo l'approdo da rifugiati in Canada.


Antigone sfida la legge, sfida le regole, sfida le convenzioni per affermare il suo valore che risiede nell’unità della famiglia da difendere a tutti i costi anche di fronte alle azioni criminose dei fratelli, a maggior ragione quando viene messa di fronte alla scelta tra diventare per sempre cittadina canadese, rinnegando in qualche modo il fratello carcerato; ma soprattutto sembra essere l'unica in grado di portare questo fardello.
La ragazza diventerà una eroina della sua generazione, dei suoi compagni di scuola , dells sue amiche carcerate insieme a lei, diventa ispirazione per murales e magliette, siamo vicini quasi alla beatificazione laica, che suona molto di forzatura narrativa.

giovedì 12 settembre 2019

Gwen ( William McGregor , 2018 )




Gwen (2018) on IMDb
Giudizio: 8.5/10

Il cielo è sempre livido, carico di nuvole basse che ammantano le cime innevate del Galles, il vento sferzante ed incessante, colonna sonora naturale che non tace mai; gli alberi lanciano verso il cielo grigio i loro rami rinsecchiti e senza foglie, quasi a voler squarciare una coltre opprimente; la brughiera accoglie gli animali al pascolo offrendo solo poca erba buona solo per le pecore.
La Rivoluzione Industriale avanza imperterrita nella sua patria di origine, l'Impero britannico, le fabbriche divorano tutto alla rincorsa del profitto e del guadagno; imperversa la Guerra di Crimea  e quasi tutti gli uomini sono al fronte, lontani da casa.
Anche Gwen aspetta con fiducia il ritorno del padre e nel frattempo aiuta la madre nei lavori dei campi e con le pecore; la madre mostra una fragilità emotiva e di personalità anche perchè deve affrontare le pressanti richieste sempre meno amichevoli del signorotto panzone proprietario della miniera che vuole le sue terre per allargare le sue attività minerarie.


Sebbene Gwen sia solo una ragazzina adolescente , la sua vita sta subendo un repentino cambiamento che impone una maturazione accellerata; la madre è spesso colta da convulsioni ed è malata per cui lei deve curarsi anche della sorellina, i soldi per comprare gli elisir che potrebbero curarla non ci sono e le minacce del capitalista panzone sono sempre più pressanti.
Ma Gwen crede che ci sia anche qualche altra cosa che incomba su di lei e sulla sua famiglia: sente rumori nella notte, vede ombre sfuggenti nei campi intorno alla fattoria, qualcosa uccide nottetempo tutto il gregge di pecore, la madre sembra posseduta da strane forze malvagie: il mondo sta per crollare intorno a Gwen e la paura e il dolore sono talmente grandi che la ragazza pensa all'intervento divino o satanico o di qualche forza oscura impalpabile.

mercoledì 4 settembre 2019

Il signor diavolo ( Pupi Avati , 2019 )




Il signor Diavolo (2019) on IMDb
Giudizio: 7.5/10


Nei primi anni cinquanta l’Italia, faticosamente impegnata ad uscire dall’esperienza bellica devastante ,era governata dalla Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi che al timore di una nuova guerra aggiungeva quello per il comunismo che dilagava nella metà orientale dell’Europa. Il grande polmone elettorale della balena Bianca era il Veneto, regione a fortissima impronta cattolica anche piuttosto bigotta.
Questo contorno storico fa da preambolo  , oltre che da sfondo storico-sociale, al nuovo film di Pupi Avati, Il signor diavolo che segna , dopo svariati passaggi a vuoto sia cinematografici che televisivi, il ritorno del regista bolognese a quel cinema più piccolo ed intimo, quell’horror-thriller che fu il suo marchio artistico nei primi anni della carriera, al punto che fu coniato addirittura una sorta di sottogenere, l’horror padano appunto, che fa riferimento soprattutto ai connotati geografici, vero caposaldo del cinema di Pupi Avati.


La premessa storica serve ad introdurre il cuore pulsante  del film , cioè un racconto di cupa superstizione che sconfina nel religioso e nell’oscurantismo: il giovane ispettore del Ministero di Giustizia Furio Momentè, viene inviato  in Veneto per assicurarsi che una indagine sulla morte di un ragazzino per mano di un coetaneo che rischia di coinvolgere alcuni religiosi che avrebbero convinto l’omicida che il defunto fosse il diavolo in persona, non porti scompiglio nella comunità cattolica e di conseguenza nella placida e  cupa riserva elettorale in vista delle elezioni.
I motivi dell’incarico sono chiaramente esposti dal superiore al giovane ispettore che lasciando Roma per Venezia, sul treno si documenta sugli interrogatori avvenuti sin a quel momento, mediante i quali apprendiamo dalla viva voce del giovane Carlo, sotto forma di interrogatorio, come siano andate le cose.
Carlo avrebbe ucciso Emilio perché spinto dal sagrestano e da un ambiente bigotto e oscurantista a credere che il ragazzino, deforme e dall’aspetto quasi ripugnante, fosse il diavolo ,agendo in tal modo per vendicarsi anche della morte del suo amico Paolino causata da Emilio.
Il problema diventa particolarmente delicato nel momento in cui la madre di Emilio, una nobildonna veneziana aspra e dura, da fervente attivista cattolica diventa la più acerrima nemica della comunità incolpandola di avere causato la morte del figlio con la forza delle superstizioni e della malvagità.

mercoledì 21 agosto 2019

Firecrackers ( Jasmin Mozaffari , 2018 )



Firecrackers (2018) on IMDb
Giudizio: 8/10

Brillantissima opera prima di Jasmin Mozaffari, regista canadese ricchissima di talento di cui sentiremo parlare ancora certamente, Firecrackers è stato nella passata stagione uno dei film più sorprendenti e più esplosivi nel panorama del cinema indie; utilizzando come spunto un corto del 2013 dallo stesso titolo che utilizzò come film della tesi universitaria, la giovane regista canadese costruisce una storia che ha ben poco di originale nelle tematiche: la rabbia giovanile, la voglia di fuggire da una realtà squallida, la battaglia contro un ambiente che opprime sono temi di cui il cinema si nutre da decenni e spesso anche con risultati per nulla brillanti; cosa fa quindi di Firecrackers un film osannato dalla critica e pronto a diventare un cult movie?
E' semplicemente la bravura di Jasmin Mozaffari nel palsmare le tematiche, nel modulare il linguaggio e lo slang , nel costruire l'immagine, nell'immergerci in una realtà tutt'altro che idilliaca attraverso le figure delle due protagoniste, aspiranti eroine sullo stampo di Thelma e Louise, pronte a lasciarsi tutto alla spalle per raggiungere New York.


Lou e Chantal sono due diciassettenni che la Mozaffari ci imprime subito nella mente grazie ad un incipit convulso e violento; vivono in un posto dominato dallo squallore di case che sembrano costruite col compensato, famiglie disgregate dove regna l'astio e la contrapposizione violenta, dove il sessismo e la grettezza sembrano insopportabili.
Decidono così , dopo aver lavorato per un anno come  addette delle pulizie in un misero motel e messo da parte un gruzzoletto, di andarsene , lasciarsi alle spalle quel mondo senza speranza per raggiungere New York.
I piani vengono però stravolti dapprima dalla rinuncia di un compagno di fuga, quindi dalla reazione violenta e odiosa del fidanzato di Chantal e infine dal sequestro dei soldi delle due ragazze a causa di qualche danno provocato in uno scatto di ira violenta.
Quello che sembrava quasi essere un gioco da adulti per lasciarsi alle spalle una realtà deprimente, diventa alla fine per le due ragazze una necessità per fuggire da tutto ciò che genera odio e sopraffazione.
La descrizione vivida dell'ambiente rurale in cui si volge la storia è certamente l'aspetto più valido, quello che colpisce maggiormente di tutto il film: un ambiente in cui è la violenza bruta a dominare, dove la misoginia è requisito di machismo  e dove le due amiche , due facce quasi agli antipodi del modo di sentirsi donne, subiscono la cultura del maschio e della rozzezza.
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