lunedì 18 novembre 2019

Queen of Hearts ( May el-Toukhy , 2019 )




Queen of Hearts (2019) on IMDb
Giudizio: 8/10

Anne è una affermata avvocata con una bella famiglia da cartolina, una splendida casa nel bosco e una esistenza di certo agiata e gratificante, a giudicare almeno da quanto si vede.
L'unico neo nella vita di Anne è il suo approccio al lavoro: lei infatti si occupa di casi di violenze sui minori, soprattutto ragazze e l'incapacità dei tribunali di fare  giustizia rincorrendo cavilli legali e tematiche da azzeccagarbugli  le genera un senso di frustrazione.
Quando però nella vita della sua famiglia irrompe Gustav , il figlio diciassettenne del marito, l'effetto sarà fragoroso: il giovane di fatto non conosce il padre che lo ha trascurato per tutti gli anni passati lasciandolo con la madre, è un ragazzo problematico, che indubbiamente ha sofferto una esistenza difficile che lo ha plasmato carico di durezza, e il ritrovarsi in una bella famiglia da telefilm il cui asse portante è il padre che invece a lui ha negato la gioia di averne una lo rende almeno all'inizio ruvido e violento.


Poi un po' l'affetto che le sorelline gli dimostrano da subito e l'atteggiamento di Anne che cerca di coinvolgerlo nella vita famigliare sembrano scalfire almeno in parte il muro che circonda il ragazzo.
Il problema è che Anne forse per noia, forse perchè stanca della routine matrimoniale, forse semplicemente per curiosità un po' morbosa, abbindola il giovanotto e inizia con lui una relazione ovviamente segreta.
Fintanto che Anne ha il suo toyboy con cui trastullarsi tutto procede per il meglio, per lei e anche per il ragazzo, ma quando per un eccesso di confidenza qualcuno vede qualcosa la donna decide che è il momento di tagliare; Gustav non accetterà facilmente la decisione, e tutto prenderà una piega pessima con Anne disposta stavolta a tutto pur di salvare la sua esistenza , il suo benessere borghese e la morale.
Terzo lavoro della regista danese May el-Toukhy, Queen of Hearts nella sua prima parte si struttura come un lavoro dall'apparenza lenta e privo si spunti, con qualche venatura melodrammatica, ma quando l'evento centrale della storia si concretizza , il racconto assume subito le giuste tinte morbose, drammatiche, violentemente cattive grazie alla tematica che il film getta nella storia: una apologia della violenza del forte contro il debole, del ricco contro il poveraccio, di chi nella vita ha tutto da difendere contro chi invece non ha nulla.

La regista inoltre è molto brava nell'insinuare, almeno prima della deflagrazione finale che impregna il racconto di rimorso e di colpa, il dilemma che la apparentemente gioviale e sicura Anne è costretta a dover affrontare in seguito alla sua scelta: può un avvocato che difende i minori dai traumi soprattutto sessuali imporre la violenza del suo ruolo e della sua personalità su un ragazzo chiaramente disagiato e per di più anche minorenne?
Questa è probabilmente la prospettiva più valida attraverso la quale compenetrare il senso di disagio e di dolore che accompagna la visione del film.
Senza citare i canoni assurti ormai a vero e proprio genere per quanto riguarda il cinema scandinavo, Queen of Hearts è lavoro austero, che non urla e non grida, ma che ferisce in maniera profonda, rimanendo l'occhio della regista freddo , quasi impassibile di fronte alla tragedia di stampo greco che si consuma: la natura che circonda la casa, il cielo, gli ambienti domestici tutti concorrono a creare una ambientazione asettica ed austera che faccia da sfondo alla centralità del dramma.
Se il soggetto, la sceneggiatura, la fotografia e la regia concorrono in maniera armoniosa alla costruzione del film, come dimostrano anche i numerosi riconoscimenti ottenuti in giro per il mondo ( Sundance e Filadelfia, tra gli altri), è fuori di dubbio che il segno più indelebile e decisivo sulla pellicola lo lasciano i due attori principali: se il ventiquattrenne Gustav Lindh ( premio al Festival Internazionale di Hong Kong) colpisce sin dalla prima apparizione sullo schermo soprattutto per la capacità di sapere dare corpo ad un personaggio problematico e difficile, Trine Dyrholm (premio al Festival di Zurigo) dà l'ennesima conferma della sua bravura riuscendo ad essere sempre al centro del racconto attraverso un personaggio dalla mille sfaccettature nascoste; inoltre i due mettono in gioco molto di se stessi in un paio di scene di sesso non simulato  esplicito a coronare una prova eccellente, sebbene tutt'altro che semplice, per entrambi.

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