Giudizio: 7/10
Quando ad un certo punto del racconto, Salvador, il protagonista ,parlando del suo scrivere cionema dice :” Si scrive per dimenticare il contenuto di quello che si è scritto” , si capisce subito che l’ultimo lavoro di Pedro Almodovar è una di quelle opere che in qualche maniera sfuggono da una valutazione oggettiva e che costituiscono comunque una pietra miliare nella carriera di un artista.
Dolor y gloria è infatti un racconto introspettivo quasi con la pretesa di essere il bilancio di una vita vissuta, dal quale affiorano appunto dolori e gioie, segreti e confessioni intime che prendono il sopravvento sull’aspetto più squisitamente narrativo, anche perché la scelta di Almodovar è stata quella di presentare una storia costruita sui piani temporali del passato e del presente: nei primi il regista racconta se stesso da quando ancora ragazzino dimostra un particolare interesse per la lettura e la scrittura passando in seguito per le più importanti tappe della sua esistenza; nel presente si affida a quello che probabilmente è il suo alter ego cinematografico più genuino e vicino, Antonio Banderas che interpreta Salvador Mallo, un regista che sembra inevitabilmente avviato sul viale del tramonto sia dal punto di vista fisico che da quello artistico.
Nella scelta di affidare se stesso e la sua vita narrata a Banderas c’è il senso del grande travaglio che probabilmente ha agitato Almodovar nella stesura del film e solo un grande amico oltre che suo attore prediletto poteva maneggiare le pagine della vita del regista senza che per questi potesse scattare quel blocco dato dal pudore e dalla difficoltà a raccontarsi, soprattutto nelle sue esperienze che lo hanno più segnato: il rapporto con l’amatissima madre ( non a caso interpretata da Penelope Cruz,altra pietra miliare del cinema di Almodovar), il suo grande amore giovanile, l’uso delle droghe pesanti, i malanni fisici e la depressione.
Salvador eè un regista che forse proprio perchè fedele a quella frase è in pieno blocco di ispirazione , sebbene di scritti ne abbia non pochi, la salute è precaria, i cocktail di farmaci sembrano non essere più sufficienti e , grazie all’incontro con Alberto, l’attore protagonista di un film che 25 anni prima aveva decretato il grande successo per il regista, decide di passare all’eroina fumata.
Piccoli episodi del presente rimandano la mente di Salvador al passato, alla sua infanzia vissuta in una casa che era una grotta ma che per lui era un luogo di serenità insieme alla madre e al padre ma anche gli anni seguenti e ad avvenimenti che tutti in qualche maniera hanno inciso sulla sua vita.
La pellicola ha il grandissimo pregio di nutrirsi di una sincerità di intenti da parte dell’autore che si manifesta in tutti i momenti autobiografici e perciò Dolor y gloria, proprio per questa operazione di introspezione intima che in certi momenti sembra essere più una seduta psicoanalitica che un racconto, è lavoro che certamente ha i suoi pregi, anche se dal punto di vista puramente cinematografico qualche difetto lo possiede , a partire dalla sua struttura stratificata nella quale gli episodi del passato si susseguono e si accumulano, mentre nel presente praticamente succede poco o nulla che non sia il reiterarsi del ritratto di un uomo in preda ad una crisi esistenziale profonda, anche se con un colpo di scena finale Almodovar sembra quasi volersi prendere gioco del pubblico.
E’ chiaro che , come detto, la sentita analisi autobiografica che fa Almodovar , assicura a Dolor y gloria , l’aura del film testamento , o forse quello del semplice racconto di una vita, ma per i motivi detti non siamo certo ai livelli più alti del regista spagnolo; vedremo quello che verrà dopo per capire se almeno l’effetto taumaturgico della pellicola e di ciò che contiene sarà assicurato.
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