venerdì 29 novembre 2019

Il traditore ( Marco Bellocchio , 2019 )




The Traitor (2019) on IMDb
Giudizio: 8/10

Tommaso Buscetta è stato senza dubbio una delle figure più importanti nella storia  del dopoguerra del nostro paese: la sua collaborazione con la giustizia iniziata negli anni 80 ha portato infatti alla definizione e all'abbattimento della struttura piramidale di Cosa Nostra, permettendo di assestare un duro colpo all'organizzazione criminale grazie al maxi processo che si svolse a Palermo, il primo nel quale furono portati alla sbarra centinaia di affiliati ai clan, fra cui numerosi boss di primissimo piano.
Costruire un film intorno a questa figura storicamente importante, complessa nella sua definizione personale ed intima, controversa soprattutto riguardo alla scelta di collaborare con la giustizia, è percorso  ricco di trappole e solo un grande regista quale Marco Bellocchio, forse l'ultimo rimasto a saper creare opere che abbiano ancora una forte impronta civica, ha evitato che il film diventasse uno dei tanti prodotti dozzinali su storie di malavitosi, bande, delinquenti vari di registi in cerca di gloria di cui il panorama cinematografico nazionale pullula .


Il traditore, è bene dirlo sin da subito, è lavoro importante, bello, in cui la mano di un regista sapiente e navigato ha saputo scolpire sì un personaggio come Buscetta in maniera credibile senza mitizzare nè giudicare moralmente, ma è anche riuscito a tratteggiare un disegno di un'epoca nella quale sono state scritte pagine tra le più infami della nostra storia recente.
Il film si apre con un omaggio, non sappiamo quanto voluto, al Gattopardo di Visconti e di Tomasi di Lampedusa: nei primi anni 80 il giorno di Santa Rosalia patrona di Palermo in una grande villa in riva al mare viene firmato un patto di pacificazione tra la mafia palermitana e i corleonesi con tanto di festa e balli.
Ben lungi dall'essere l'inizio di una pace , quella festa  è invece l'inizio di una guerra infinita e sanguinaria senza esclusione di colpi che porterà alla morte di centinaia di persone e che Bellocchio ci ricorda con un macabro contatore che scorre ad indicare il numero dei morti; boss, mogli, figli, ragazzini, parenti di vario grado sono coinvolti, è l'affermarsi dell'ala più feroce e rampante delle famiglie mafiose quella dei corleonesi di Toto Riina.
Buscetta , compreso che nella lista dei morituri c'è anche lui, fugge in Brasile, lasciando a Palermo una parte della famiglia ( due figli e la ex moglie) che ovviamente verrà sterminata, finchè anche lui cadrà nelle mani della polizia brasiliana per essere sospettato di traffico di droga e quindi estradato in Italia.

Buscetta non è più il Boss dei due mondi, come un po' pomposamente è stato definito: è invece un uomo sconfitto, tradito dalla mafia, di cui lui si ritiene ancora un esponente tradizionale, che ha fatto terra bruciata intorno a lui e per tale motivo cede alle richieste di Giovanni Falcone , il primo magistrato ad interrogarlo, e inizia a collaborare con la giustizia, rifiutando però l'appellativo di "pentito".
La storia del boss viene raccontata sempre in relazione con i fatti storici che lo hanno visto protagonista (maxiprocesso di Palermo, attentato a Falcone, processo per mafia ad Andreotti), ma Bellocchio lo fa attraverso lo studio di un personaggio e di una epoca, in cui il tradimento è la costante invariabile: tradisce Buscetta la mafia e la sua famiglia scappando, tradisce la mafia dei clan vincenti distruggendo quel codice d'onore antico molto sui generis ma rigido, tradiscono gli amici come Pipo Calò cui don Masino aveva affidato i figli , tradisce lo stato con i suoi oscuri legami con la mafia; per il regista insomma il traditore del titolo non è necessariamente Buscetta, ma tutte quelle entità che vengono meno alle regole etiche e morali nelle dinamiche personali e sociali.
La parabola di Buscetta è descritta con grande precisione nei riferimenti e nei fatti senza però deragliare nel film di cronaca , grazie all'attento studio sull'umanità del personaggio, sulle sue paure e sulla sua ideologia, sull'ossessione, pronunciata svariate volte nel film , di voler morire nel suo letto, motivo per il quale rinuncia a velleità di vendetta che amici braccati come lui gli propongono, sebbene nella scena della cena con la famiglia al ristorante capisce che fuggire e diventare uno qualunque, anonimo è impossibile.
Il finale nel quale l'ossessione della morte e la giovinezza di Buscetta col suo battesimo di sangue assume le tinte oniriche che hanno il colore della notte di Miami.
Proprio in questa fusione tra cronaca , che ormai è Storia, e racconto personale sta il grande pregio de Il traditore, opera nella quale Bellocchio riesce a raccontare un altro pezzo della nostra storia, ricca di miserie e di dramma , con rigorosa lucidità.
La prova di Pierfrancesco Favino nei panni di Buscetta, tutt'altro che facile, ha entusiasmato il Festival di Cannes dove la pellicola è stata presentata in concorso e ha probabilmente consegnato in maniera definitiva l'attore italiano alla ristretta schiera di quegli interpreti totali, capaci come pochissimi di calarsi nel personaggio in maniera assoluta e completa; la abbagliante prova di Favino non deve far perdere di vita anche l'ottima interpretazione di Luigi lo Cascio, nella parte di Totuccio Contorno, l'altro grande collaboratore di giustizia , un personaggio agli antipodi rispetto a don Masino.



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