giovedì 30 giugno 2011

The yellow sea ( Na Hong-jin , 2010 )

Giudizio: 7/10
Violenza sempre più cupa

Tre anni dopo quello che a tutt'oggi rimane uno degli esordi più sorprendenti del cinema coreano, il regista di The Chaser, dirige, riscuotendo grande successo a Cannes, The yellow sea, film che per molti aspetti sembra continuare lungo il sentiero tracciato dalla bellissima opera prima.
E' ancora un thriller, frenetico, spietato, eccessivo se vogliamo , ma che ha la sua ragione di esistere, non apparendo assolutamente nulla forzato o incoerente.
La storia è quella di un taxista che vive miseramente in una zona abitata da sino-coreani, malvisti sia dai cinesi che dai coreani, oberato di debiti contratti col gioco, con la moglie rientrata in Corea del Sud a cercare fortuna di cui però ha perso le tracce (e i soldi che gli doveva mandare).
Quando un boss locale gli offre l'occasione di ripianare i suoi debiti compiendo un omicidio a Seoul, Gu-nam accetta, improvvisandosi killer.

domenica 26 giugno 2011

La sottile linea rossa ( Terrence Malick , 1998 )

Giudizio: 7/10
L'uomo e la guerra

L'impressione rimasta nella memoria dopo la visione di questo lavoro di Malick 13 anni orsono era quella di un film dalla regia accuratissima, che viveva di momenti di cinema immenso e di larghi spazi desolati.
Rivederlo ha confermato in ogni tratto quella sensazione.
La pausa di circa venti anni che Malick si prese dopo i suoi primi due splendidi lavori ci ha restituito un regista molto meno istintivo ed essenziale e molto più propenso ad affrontare temi filosofici e religiosi in cui al centro c'è sempre l'uomo e il suo rapporto drammaticamente conflittuale con la natura e con il soprannaturale.
La sottile linea rossa non è un film di guerra, come non lo era Apocalypse now, è un tentativo di mostrare la deflagrazione dell'anima umana di fronte all'evento bellico, che altro non è che il prodotto della costante lotta tra bene e male che alberga nel creato.

giovedì 23 giugno 2011

Divergence ( Benny Chan , 2005 )

Giudizio: 6.5/10
Tre storie a confronto

Un anno dopo New Police Story, lavoro che ci ha regalato una delle più belle interpretazioni di Jackie Chan, Benny Chan rimane nel solco del thriller e dell'action movie con questo Divergence, storia dal classico impianto: c'è un poliziotto tormentato dalla scomparsa ormai da dieci anni della sua fidanzata che indaga su un giro di soldi in cui è coinvolto un uomo d'affari che si sospetta legato alle triadi, c'è il killer solitario, spietato e anarchico, c'è l'avvocato dell'uomo d'affari  la cui moglie somiglia in maniera impressionante alla fidanzata scomparsa del detective, c' è un giro di soldi da scoprire, un rapimento su cui far luce, alcune sottotrame di chiarire.

mercoledì 22 giugno 2011

The lovers ( Tsui Hark , 1994 )


Giudizio: 9/10
La leggenda dell'amore impossibile

Ispirato ad una antica leggenda cinese che narra la storia di un amore impossibile fin oltre la morte, Tsui Hark regala con questa opera una delle sue più belle realizzazioni a livello quasi dei capolavori quali Peking Opera Blues and Shanghai Blues, in cui dimostra come ,ove il canovaccio della storia lo consenta, la sua sfrenata e immaginifica concezione del cinema si estrinseca con maggior enfasi.
E' la storia dell'amore impossibile tra Sha-pak e Ying-toi, due giovani che si conoscono presso una prestigiosa accademia, presso la quale i genitori di lei la inviano, dopo averla opportunamente camuffata da maschio onde poter aggirare le severissime regole della scuola ( e le leggi sociali, siamo nel III secolo d.c.), affinchè acquisisca doti da letterato per le quali la giovane sembra poco propensa.
La differenza sociale tra i due non impedisce il sorgere di una amicizia, venata dall'ambiguità circa la reale identità della ragazza/o: tutta la parte centrale , all'interno dell'accademia, è gioiosamente e coloratamente percorsa da questo status di amicizia/attrazione che si ingenera tra i due e con essa anche i dubbi.

martedì 21 giugno 2011

Confession of pain ( Alan Mak , Andrew Lau , 2007 )

Giudizio: 6/10
Atmosfere da noir per un thriller capovolto

E' un film a metà strada tra il noir e il thriller il lavoro dell'accoppiata Mak-Lau che inevitabilmente non può sfuggire al paragone con la trilogia di Infernal Affairs che ha visto per la prima volta insieme sul set i due registi: nonostante il tentativo di richiamare, sia nelle atmosfere che nelle tematiche, le pellicole precedenti, Confession of pain è opera che ,pur presentando qualche pregio, non raggiunge assolutamente quei livelli artistici.
La sua faccia bifronte da un lato mostra aspetti belli laddove gioca con le atmosfere da noir cupo, dall'altro perde di sostanza quando si incanala nel thriller, molto sui generis visto che la struttura tipica che crea la suspance è ben presto stravolta dalla scoperta del responsabile del delitto.
Hei e Bong lavorano assieme nella polizia e li vediamo da subito, nella sera di Natale, impegnati in un appostamento e nella caccia di un malvivente, introduzione tutta giocata sulla creazione di una atmosfera fatta di dialoghi, di whiskey on the rock e di confidenze.

lunedì 20 giugno 2011

Monga ( Doze Niu , 2010 )

Giudizio: 8/10
Quando il destino è più forte della fratellanza

Il 2010 è stata una annata notevole dal punto di vista qualitativo per il cinema taiwanese, a conferma di una ritrovata vitalità, e , pur discostandosi come genere dai lavori più apprezzati     , Monga risulta senz'altro tra i più belli ed interessanti.
E' il tipico racconto di formazione di una gang giovanile nella Taipei dei tardi anni 80 che si affaccia nel mondo delle triadi  nel coloratissimo e vivace quartiere di Monga, dominato dal boss Geta, padre di uno dei cinque giovani della Prince Gang.
Mosquito è l'ultimo arrivato della banda, preso sotto la protezione degli altri quattro una volta che viene fatto mira delle prepotenze dei bulli della scuola.

Time and tide ( Tsui Hark , 2000 )

Giudizio: 6/10
La colomba stavolta finisce arrostita

Action movie in perfetto stile cantonese, Time and tide è lavoro che nella immensa e straordinaria filmografia passa senza lasciare una traccia indelebile.
Non che il film sia da buttare via, ma suona più come uno stanco compendio di situazioni e topoi tipici del cinema HKese, tante volte usati magistralmente a partire dallo stesso Tsui fino a John Woo.
La sensazione di assistere a qualcosa già visto percorre lo spettatore per tutta la durata del film, anche se la bravura del regista regala qualche momento di spettacolo puro.
La solita amicizia virile tra due bodyguard, dapprima sotto lo stesso padrone e poi per un attimo avversari, la lealtà che lega i due, una gang di mercenari latinoamericani spietata, la presenza duplice femminile nei panni delle due donne gravide dei protagonisti, la lotta per salvare la pelle e il futuro dei nascituri, la ricerca di una redenzione non sempre raggiungibile vengono riversate sullo schermo in maniera che appare sovente troppo ovvia; non mancano inseguimenti, botte, sparatorie e momenti dal ritmo apprezzabile che però appaiono più come dei flash estemporanei piuttosto che cardini portanti del racconto.

domenica 19 giugno 2011

Butterfly ( Yan Yan Mak , 2004 )

Giudizio: 8/10
L'amore lesbico che riemerge dal passato

Opera che ha girato in lungo e in largo i festival di tutto il mondo, il secondo lavoro della bravissima regista HKese Yan Yan Mak , che di recente ha diretto in coppia con Clement Cheng il bel Merry go round, è di quelli che sono inevitabilmente destinati a suscitare discussioni, vuoi per il tema trattato (e come viene trattato), vuoi per interpretazioni più sottili, quasi sedimentate, cui si presta.
Se è vero che il tema dell'amore lesbico è quello che più emerge prepotente, altrettanto vero è che la storia è anzitutto un racconto di vite fragili, di individui insicuri, di riflessioni su quanto l'omosessualità sia ancora vista dalla società cinese come quasi un tabù e su quanto il clima sociale sia cambiato sì ma non nella direzione in cui si sperava che andasse sul finire degli anni novanta: non a caso, larghi brani del racconto tornano ai giorni della rivolta di Piazza Tienanmen, periodo in cui la protagonista Flavia, appena uscita dall'adolescenza viveva il suo grande amore con la compagna di scuola Jin.

venerdì 17 giugno 2011

Essential killing ( Jerzy Skolimowski , 2010 )

Giudizio: 4.5/10
Quando anche 75 minuti possono bastare ad annoiare

Un prologo così uguale a tanti film di guerra con tanto di gestualità e gergo ovvi, un sottoprologo da film carcerario stile campi di detenzione anche qui infarcito di situazioni di maniera ed uno svolgimento catapultato in uno spazio indefinito in una immensa foresta coperta di neve: questo è stringatamente quello che riservano i 75 minuti di Essential Killing, film che vorrebbe essere una sorta di ritorno ancestrale alle origini dell'uomo animale predatore, ma che convince pochissimo, nonostante qualche raro pregio che da un minimo di colore ad un lavoro in cui è il bianco della neve a dominare.

Getting home ( Zhang Yang , 2007 )

Giudizio: 8.5/10
On the road col morto

Due anni dopo la bellissima epopea di Sunflower, Zhang Yang, conquista nuovamente la critica occidentale con Getting home, premiato a Berlino e apprezzato in svariati altri festival.
Il regista cinese stavolta racconta una storia che mescola mirabilmente commedia, humor nero e dramma , tenuti insieme da una linearità narrativa e da una soavità che affascinano.
La vicenda prende spunto da un vecchio proverbio cinese (che è pure il titolo originale del film) che ammonisce come "una foglia caduta ritorna sempre alla sua radice"; seguendo questi dettami Zhao si carica sulle spalle il suo amico Liu, morto lontano da casa, per riportarlo nella terra natia.
Il viaggio , tra episodi che strappano spesso il sorriso e riflessioni esistenziali, da corpo ad un un film on the road sui generis, attraverso il quale Zhao ha modo di  conoscere altre storie di umanità e di incontrare personaggi tra i più svariati.

martedì 14 giugno 2011

Merry go round ( Yan Yan Mak , Clement Cheng, 2010 )


Giudizio: 7.5/10
Memoria e nostalgia

Dopo il brillante esordio alla regia con l'ottimo Gallants, omaggio sentito al cinema di Hong Kong anni 70-80, stavolta in coppia con Yan Yan Mak, Clement Cheng dirige questo lavoro anch'esso fortemente improntato al ricordo e alla memoria  che in alcuni passaggi sa emozionare e commuovere come il precedente.
E' la storia di due donne ( Eva e Merry) , appartenenti a generazioni diverse,  emigrate a San Francisco, per motivi diversi, che tornano ad Hong Kong spinte anche stavolta da motivazioni differenti.
Le due storie ben presto tendono a collimare, quasi casualmente, attraverso il contatto reciproco delle due con persone che sono appartenute al mondo dell'altra: il nipote di Eva , Allen, con cui Merry ha stretto un legame virtuale su internet, e Zio Lam che fa il guardiano in un cimitero e si occupa dei defunti che non sono stati ancora reclamati dalla parentela.

lunedì 13 giugno 2011

Mukhsin ( Yasmin Ahmad , 2007 )

Giudizio: 8/10
Gioie e dolori del primo amore

Yasmin Ahmad ha sempre fatto della rivisitazione autobiografica uno dei punti fermi dei suoi lavori , in maniera assolutamente intellegibile e per nulla sfumata , a partire dal ripetersi degli stessi protagonisti (qui come nei precedenti la giovane Orked), le figure dei genitori ben individuabili (padre musicista), luoghi e  situazioni che sono propri della sua vita.
Questa scelta così netta ha fatto sì che tutta la purtroppo breve cinematografia della regista scomparsa, brilli per una forte spinta emotiva e per una sincerità che colpiscono profondamente , maggiormente se si considerano i binari stilistici impostati: una narrazione sempre pacata, quasi sussurrata, che regala una soavità e un soffio di purezza , difficili da trovare nel panorama cinematografico.

domenica 12 giugno 2011

Don't go breaking my heart ( Johnnie To , 2011 )

Giudizio: 8/10
La rana, le vetrate e il trio

Il ritorno di Johnnie To alla commedia romantica , altra faccia del credo cinematografico del Maestro HKese, regala un film godibilissimo, molto bello per taluni aspetti fondamentalmente legati alla regia, che pone un'altra pietra nella costruzione di un rapporto cinematografico assai complesso tra la cinematografia dell'ex colonia britannica e quella cinese: Don't go breaking my heart infatti vuole essere un lavoro che faccia breccia nel pubblico mainlander, pur mantenendo, pregio indubbiamente notevole, caratteristiche che non snaturano i concetti che sono alla base del cinema di Hong Kong.
To, insieme al fidato Wai Kai Fai qui in veste di produttore e sceneggiatore, dirige un lavoro che si inserisce a pieno titolo nel solco delle commedie romantiche leggere e lo fa con la bravura che ben conosciamo riuscendo a suscitare divertimento (che non significa sguaiata ridancianeria) grazie ad un ritmo ben calibrato e a delle curiose ed efficaci trovate che sono anzitutto di regia ma che si riflettono sulla struttura narrativa dell'opera.

The fountain - L'albero della vita ( Darren Aronofski , 2006 )


Giudizio: 7.5/10
L'albero che rizza i peli

L'onda lunga dell'ultimo lavoro di Terrence Malick, riporta a galla questo, a suo modo, straordinario film di Darren Aronofski , terzo lavoro del regista indipendente americano, punto di svolta netto rispetto ai suoi due lavori precedenti e avamposto lanciato verso i due che seguiranno.
La straordinarietà del film risiede nelle sue profondissime contraddizioni, nella sua trama talmente esile da sembrare quasi solo un pretesto per una dissertazione a metà strada tra filosofie new age, a tratti quasi fastidiose, e dissertazioni escatologiche che cercano, interrogandosi all'infinito con ossessiva circolarità, in piani diversi, un punto di congiunzione tra origine della vita, morte e amore.

venerdì 10 giugno 2011

The convert ( Yasmin Ahmad , 2008 )

Giudizio: 7/10
La forza del perdono

The convert, conosciuto anche col titolo originale Muallaf, è il penultimo lavoro della regista malese Yasmin Ahmad, uscito giusto un anno prima della prematura scomparsa della regista.
Esponente di punta del cinema malese del terzo millennio, Yasmin Ahmed è regista dalla grande sensibilità e dalla preziosa e rara capacità di raccontare storie ,anche a sottofondo drammatico quale questa ,con una soavità e una semplicità stupefacenti.
E' la storia drammatica e tenera di due ragazze Rohani e Rohana , maltrattate e vessate dal padre ubriacone che trovano nella religione musulmana, trasmessa dalla madre fuggita dalla brutalità dell'uomo, il conforto che manca loro nella vita materiale.
Lungi dall'essere una apologia dell'Islam , come qualche buontempone ha tentato di far credere,  la storia si dipana sul rapporto tra le sorelle e il padre che tenta di riportarle a casa e tra le ragazze ed un vicino di casa, anch'esso in fuga da una famiglia opprimente, cattolico per forza e non per scelta che dalla religione ha più subito che ricevuto.

giovedì 9 giugno 2011

Kinatay ( Brillante Mendoza , 2009 )

Giudizio: 7/10
La notte del massacro

L'assegnazione del Gran Premio per la regia  a Cannes nel 2009 a Kinatay di Brillante Mendoza suscitò polemiche a non finire, essendo critica e pubblico fortemente divisi sul giudizio sul film.
Mendoza è regista senza dubbio anticonvenzionale, provocatorio, sia nelle tematiche affrontate che nelle scelte tecniche strettamente legate alla regia e quindi le controversie immancabili non debbono stupire ed in effetti qualche perplessità il lavoro la lascia, soprattutto riguardo ai poderosi colpi  di accetta che il regista compie sulla pellicola: ad una prima parte che porta indelebile il sigillo del regista , sublimato a livelli maestosi nel successivo Lola, segue una lunghissima seconda parte in cui sono il buio pesto e l'angoscia a farla da padroni indiscussi.

Tony Manero ( Pablo Larrain , 2008 )

Giudizio: 7/10
L'alienazione nel ballo

L'opera seconda del regista cileno Pablo Larrain ha riscosso numerosi premi (tra cui quello al Torino Film Festival ) dopo avere girato in lungo e in largo per i vari festival.
Il personale stile del regista nel raccontare il Cile di Pinochet , derivato più dal fatto di essere stato solo sfiorato dai ricordi di quel periodo che da una precisa scelta stilistica, costituisce l'aspetto che maggiormente emerge anche in questo Tony Manero, così come sarà per Post mortem due anni dopo.
I fatti narrano di un uomo, Raul, legato morbosamente alla immagine del personaggio del film portata sullo schermo da John Travolta, nonostante l'età non sia più quella che dovrebbe portare a seguire miti o modelli di vita.
Tutta l'esistenza di Raul è imperniata sul suo essere il più simile possibile al personaggio cinematografico, dalle movenze danzanti all'abbigliamento; il suo microcosmo è costituito da alcuni personaggi che come lui inseguono il mito della danza e che vedono in lui un mezzo macho e un mezzo matto.

mercoledì 8 giugno 2011

Balada triste de trompeta ( Alex De La Iglesia , 2010 )

Giudizio: 7/10
L'allegoria riuscita solo in parte

Film tra i più controversi della intera rassegna veneziana dello scorso anno ( si va dal capolavoro alla porcata più infima nella gamma dei giudizi) , il lavoro di Alex De La Iglesia comunque lo si voglia giudicare ,  il segno lo lascia.
E' fuor di dubbio che l'idea di partenza, cioè raccontare il periodo franchista dai suoi albori fino alla decadenza servendosi dell'allegoria circense e della storia d'amore di due pagliacci per la medesima trapezista, è assolutamente geniale e per taluni versi perfettamente riuscita; che poi il lavoro nella sua intierezza lasci più di qualche perplessità è altrettanto innegabile, troppo legato alla drammatica e violentissima tresca che va maturando nella trama principale.

I giorni del cielo ( Terrence Malick , 1978 )


Giudizio: 8.5/10
Il mito dell'America e dei grandi spazi

Cinque anni dopo quella che a tutt'oggi rimane probabilmente la sua opera più grezza e al contempo più genuina, Terrence Malick diresse I giorni del cielo che per buona parte segue il solco segnato da Badlands e , contemporaneamente, arricchisce di tematiche spirituali il credo cinematografico del regista.
Ancora il natio Texas, visto stavolta come meta dell'anelito alla fuga da una realtà deprimente, un Texas rurale all'infinito, dove esistono solo grani distese di campi coltivati in cui la natura trabocca di vita e di un armonia abbaglianti.
Ancora la voce fuori campo narrante di una adolescente che racconta la drammatica storia di Bill e Abbey e della giovane narratrice Linda che riversa sulla schermo quello che Malick racconta con le immagini bellissime di una ambientazione rurale, quasi georgica in cui però la violenza che è propria della natura è pronta ad esplodere.

lunedì 6 giugno 2011

The tree of life ( Terrence Malick , 2011 )

Giudizio: 7.5/10
La natura e Dio


Per scelta personale ho sempre preferito scrivere del film appena visto in quasi presa diretta, appena passati i titoli di coda: mi rendo conto però che esistono alcuni lavori , e questo attesissimo di Malick ne è il capotistipite indiscusso, che meriterebbero una sedimentazione prima di potere essere discussi, motivo per cui si è portati più a mettere nero su bianco emozioni e pensieri fugaci e a volte neppure troppo bene strutturati.
The tree of life ha l'indubbio pregio di lasciarti inchiodato alla sedia quando già scorrono i titoli di coda da un po', quasi a voler rimettere ordine nella mente sollecitata dal fiume di immagini, nonostante qualche movimento di troppo sulla poltrona nella lunghissima parte centrale: questo di per sè è già sinonimo di film che merita la visione.
Il lavoro di Malick, vincitore quasi annunciato a Cannes, sa offrire momenti di cinema immenso, dove la quotidianità e la storia comune scivolano nell'universalità, alternati a tratti in cui sembra che il regista voglia abbandonare la retta via per disperdersi in  minuscoli e tortuosi rivoli a forte impronta autobiografica che, soprattutto nella lunga parte centrale , appaiono un po' troppo fine a se stessi.

sabato 4 giugno 2011

The way back ( Peter Weir , 2010 )


Giudizio: 6.5/10
Il lungo viaggio per tornare alla vita

Il ritorno dopo sette anni dietro la macchina da presa di Peter Weir si presenta come uno degli eventi della stagione cinematografica, a maggior ragione se si considera che negli ultimi 13 anni il grande regista australiano si è cimentato solo in tre lavori.
L'attesa per l'evento non risulta vana , essendo il film bello, seppur non a livello dei migliori del cineasta, soprattutto grazie ad una regia che conferma le grandissime doti di Weir nel far parlare le immagini.
Ispirato liberamente al testo di Slavomir Rawicz , Tra noi e libertà, il film narra della fuga da un gulag siberiano di un piccolo manipolo di detenuti, alla ricerca della libertà per riprendersi la loro vita.
I fuggiaschi arriveranno dopo un viaggio a piedi in India, dopo avere attraversato la steppa innevata, la Mongolia e il deserto del Gobi, fino ai piedi dell'Himalaya.

venerdì 3 giugno 2011

Post mortem ( Pablo Larrain , 2010 )

Giudizio: 7/10
L'occhio di chi non c'era


Rimasto un po' a sorpresa a mani vuoti nella kermesse veneziana dello scorso anno presieduta da Tarantino, dove viceversa ha ricevuto valanghe di applausi e ovazioni dal pubblico, Post mortem del cileno Pablo Larrain è film bello e importante per almeno due ragioni: anzitutto è una forma di metabolizzazione del dramma di quasi quaranta anni fa da parte di una generazione, cui appartiene il regista, che a quei tempi non era ancora nata e quindi, per necessità la rilettura è costruita con angolature diverse da quella cui siamo stati abituati in questi decenni; in secondo luogo, e qui entriamo probabilmente in un campo più intimo e personale, è una sorta di ribellione del regista all'ambiente famigliare in cui è cresciuto, pericolosamente vicino alle forze politiche di destra che in qualche maniera tendono a ridurre la portata del dramma del golpe di Pinochet del 1973 (padre capo del partito più di destra cileno, madre ministro del governo conservatore).

mercoledì 1 giugno 2011

Let the bullets fly ( Jiang Wen , 2010 )

Giudizio: 9/10
Le bellissime pallottole di Jiang Wen

Ci aveva deliziato nel 2007 con The sun also rises, a conferma di un talento e di un carisma smisurato espresso già nel suo capolavoro Devils on the doorstep, come regista, e in numerosi altri lavori come attore di grande qualità e con quest'ultima fatica, Jiang Wen si conferma come uno tra i più bravi registi della Sesta Generazione di cineasti cinesi.
Il lavoro, apprezzatissimo al box office come pure dalla critica, si pone come espressione di altissimo livello di un cinema popolare (dove il termine non ha il connotato che comunemente intendiamo noi) come quello cinese, sempre più oscillante tra tradizione, influssi provenienti da Hong Kong ( e qui ce ne sono moltissimi) , kolossal e mainstream.
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