venerdì 17 giugno 2011

Essential killing ( Jerzy Skolimowski , 2010 )

Giudizio: 4.5/10
Quando anche 75 minuti possono bastare ad annoiare

Un prologo così uguale a tanti film di guerra con tanto di gestualità e gergo ovvi, un sottoprologo da film carcerario stile campi di detenzione anche qui infarcito di situazioni di maniera ed uno svolgimento catapultato in uno spazio indefinito in una immensa foresta coperta di neve: questo è stringatamente quello che riservano i 75 minuti di Essential Killing, film che vorrebbe essere una sorta di ritorno ancestrale alle origini dell'uomo animale predatore, ma che convince pochissimo, nonostante qualche raro pregio che da un minimo di colore ad un lavoro in cui è il bianco della neve a dominare.

Il talebano catturato nel deserto, inviato al campo di detenzione e fortunatamente fuggito trova nella foresta riparo dalla caccia all'uomo messa in atto; qui il contatto con la natura impervia e violenta contribuisce alla regressione dell'uomo fino ai primordi, in cui l'istinto omicida è sinonimo di sopravvivenza.
Il regista usa svariate metafore per mettere in piedi la sua visione antropologica (la foresta, il seno materno ); peccato che per gran parte della pellicola sembra di assistere ad un videogioco, in cui di tanto in tanto grazie a flashback sottolineati dai versi del Corano, c'è qualcosa che ci ricorda che invece stiamo assistendo ad un film.
Di certo si può dire che anche un film di 75 minuti può annoiare e a poco servono sprazzi qua e là , quasi sempre colorati di un rosso sangue che sembra più una barbecue sauce, a rivitalizzare un racconto che non arriva neppure minimamente a toccare le finalità che si era prefisso.
La cruda essenzialità che lo permea, sia nei dialoghi praticamente assenti, sia nelle immagini così monotonamente bianche, non fa altro che acuire una sensazione di distacco e di glacialità emotiva che contrastano con la ricerca dello studio della regressione umana.
Unica nota veramente positiva, forse l'unica di un certo spessore, l'eccellente prova di Vincent Gallo, su cui di fatto si impernia tutto il film, braccato nella sua disperata ricerca di salvezza; purtroppo non basta a elevare il film a livelli almeno accettabili, così come non sono sufficienti quei due o tre momenti in cui la pellicola sembra volersi alzare sulle proprie gambe e camminare spedita.

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