Giudizio: 8/10
Tommaso Buscetta è stato senza dubbio una delle figure più importanti nella storia del dopoguerra del nostro paese: la sua collaborazione con la giustizia iniziata negli anni 80 ha portato infatti alla definizione e all'abbattimento della struttura piramidale di Cosa Nostra, permettendo di assestare un duro colpo all'organizzazione criminale grazie al maxi processo che si svolse a Palermo, il primo nel quale furono portati alla sbarra centinaia di affiliati ai clan, fra cui numerosi boss di primissimo piano.
Costruire un film intorno a questa figura storicamente importante, complessa nella sua definizione personale ed intima, controversa soprattutto riguardo alla scelta di collaborare con la giustizia, è percorso ricco di trappole e solo un grande regista quale Marco Bellocchio, forse l'ultimo rimasto a saper creare opere che abbiano ancora una forte impronta civica, ha evitato che il film diventasse uno dei tanti prodotti dozzinali su storie di malavitosi, bande, delinquenti vari di registi in cerca di gloria di cui il panorama cinematografico nazionale pullula .
Il traditore, è bene dirlo sin da subito, è lavoro importante, bello, in cui la mano di un regista sapiente e navigato ha saputo scolpire sì un personaggio come Buscetta in maniera credibile senza mitizzare nè giudicare moralmente, ma è anche riuscito a tratteggiare un disegno di un'epoca nella quale sono state scritte pagine tra le più infami della nostra storia recente.
Il film si apre con un omaggio, non sappiamo quanto voluto, al Gattopardo di Visconti e di Tomasi di Lampedusa: nei primi anni 80 il giorno di Santa Rosalia patrona di Palermo in una grande villa in riva al mare viene firmato un patto di pacificazione tra la mafia palermitana e i corleonesi con tanto di festa e balli.
Ben lungi dall'essere l'inizio di una pace , quella festa è invece l'inizio di una guerra infinita e sanguinaria senza esclusione di colpi che porterà alla morte di centinaia di persone e che Bellocchio ci ricorda con un macabro contatore che scorre ad indicare il numero dei morti; boss, mogli, figli, ragazzini, parenti di vario grado sono coinvolti, è l'affermarsi dell'ala più feroce e rampante delle famiglie mafiose quella dei corleonesi di Toto Riina.
Buscetta , compreso che nella lista dei morituri c'è anche lui, fugge in Brasile, lasciando a Palermo una parte della famiglia ( due figli e la ex moglie) che ovviamente verrà sterminata, finchè anche lui cadrà nelle mani della polizia brasiliana per essere sospettato di traffico di droga e quindi estradato in Italia.