venerdì 29 novembre 2019

Il traditore ( Marco Bellocchio , 2019 )




The Traitor (2019) on IMDb
Giudizio: 8/10

Tommaso Buscetta è stato senza dubbio una delle figure più importanti nella storia  del dopoguerra del nostro paese: la sua collaborazione con la giustizia iniziata negli anni 80 ha portato infatti alla definizione e all'abbattimento della struttura piramidale di Cosa Nostra, permettendo di assestare un duro colpo all'organizzazione criminale grazie al maxi processo che si svolse a Palermo, il primo nel quale furono portati alla sbarra centinaia di affiliati ai clan, fra cui numerosi boss di primissimo piano.
Costruire un film intorno a questa figura storicamente importante, complessa nella sua definizione personale ed intima, controversa soprattutto riguardo alla scelta di collaborare con la giustizia, è percorso  ricco di trappole e solo un grande regista quale Marco Bellocchio, forse l'ultimo rimasto a saper creare opere che abbiano ancora una forte impronta civica, ha evitato che il film diventasse uno dei tanti prodotti dozzinali su storie di malavitosi, bande, delinquenti vari di registi in cerca di gloria di cui il panorama cinematografico nazionale pullula .


Il traditore, è bene dirlo sin da subito, è lavoro importante, bello, in cui la mano di un regista sapiente e navigato ha saputo scolpire sì un personaggio come Buscetta in maniera credibile senza mitizzare nè giudicare moralmente, ma è anche riuscito a tratteggiare un disegno di un'epoca nella quale sono state scritte pagine tra le più infami della nostra storia recente.
Il film si apre con un omaggio, non sappiamo quanto voluto, al Gattopardo di Visconti e di Tomasi di Lampedusa: nei primi anni 80 il giorno di Santa Rosalia patrona di Palermo in una grande villa in riva al mare viene firmato un patto di pacificazione tra la mafia palermitana e i corleonesi con tanto di festa e balli.
Ben lungi dall'essere l'inizio di una pace , quella festa  è invece l'inizio di una guerra infinita e sanguinaria senza esclusione di colpi che porterà alla morte di centinaia di persone e che Bellocchio ci ricorda con un macabro contatore che scorre ad indicare il numero dei morti; boss, mogli, figli, ragazzini, parenti di vario grado sono coinvolti, è l'affermarsi dell'ala più feroce e rampante delle famiglie mafiose quella dei corleonesi di Toto Riina.
Buscetta , compreso che nella lista dei morituri c'è anche lui, fugge in Brasile, lasciando a Palermo una parte della famiglia ( due figli e la ex moglie) che ovviamente verrà sterminata, finchè anche lui cadrà nelle mani della polizia brasiliana per essere sospettato di traffico di droga e quindi estradato in Italia.

martedì 26 novembre 2019

The White Storm 2 - Drug Lords / 掃毒2天地對決 ( Herman Yau / 邱禮濤 , 2019 )




The White Storm 2: Drug Lords (2019) on IMDb
Giudizio: 7/10


Nel 2013 Il Festival del Cinema di Roma chiudeva i battenti con il film  The White Storm di Benny Chan, a dimostrazione di un progetto (allora) che ben si guardava , seppur tra mille problemi e difficoltà, di appiattirsi sullo stantio americanismo hollywoodiano e sullo sterile panorama indie-stelle-striscie da salotto radical chic che avrebbe contraddistinto gli anni seguenti della kermesse romana sotto la guida di Antonio Monda.
Harman Yau, forse il regista cinematograficamente più genuinamente hongkonghese di questi anni segnati da una crisi soprattutto autoriale del cinema per la ex colonia britannica, dirige The White Storm 2:Drug Lords, che del  lavoro di Benny Chan richiama solo il nome e le tematiche , ma non la storia , non potendo quindi considerarsi un sequel.


Dopo aver visto un paio di anni fa al FEFF di Udine Shock Wave nel quale il regista si cimentava su un lavoro con budget da blockbuster, situazione non abituale per lui, con la sua nuova fatica torna all’action movie più strutturato nel quale non mancano i momenti da grande cinema di intrattenimento.
Il racconto si apre con un fondamentale prologo ambientato 20 anni prima: Tin e Dizang sono due amici affiliati alla medesima Triade, mentre il primo vede la sua vita privata andare a rotoli perché la fidanzata lo molla,  stanca di avere a che fare con un gangster, al secondo le cose vanno anche peggio; scoperto dal boss a commerciare droga per conto suo dovrà subire la giusta punizione che il capo decide da far infliggere proprio dall’amico Tin: tre dita mozzate e una amicizia che finisce.

domenica 24 novembre 2019

Dolor y gloria ( Pedro Almodovar , 2019 )




Pain and Glory (2019) on IMDb
Giudizio: 7/10


Quando ad un certo punto del racconto, Salvador, il protagonista ,parlando del suo scrivere cionema dice :” Si scrive per dimenticare il contenuto di quello che si è scritto” , si capisce subito che l’ultimo lavoro di Pedro Almodovar è una di quelle opere che in qualche maniera sfuggono da una valutazione oggettiva e che costituiscono comunque una pietra miliare nella carriera di un artista.
Dolor y gloria è infatti un racconto introspettivo quasi con la pretesa di essere il bilancio di una vita vissuta, dal quale affiorano appunto dolori e gioie, segreti e confessioni intime che prendono il sopravvento sull’aspetto più squisitamente  narrativo, anche perché la scelta di Almodovar è stata quella di presentare una storia costruita sui piani temporali del passato e del presente: nei primi il regista racconta se stesso da quando ancora ragazzino dimostra un particolare interesse per la lettura e la scrittura passando in seguito per le più importanti tappe della sua esistenza; nel presente si affida a quello che probabilmente è il suo alter ego cinematografico più genuino e vicino, Antonio Banderas che interpreta Salvador Mallo, un regista che sembra inevitabilmente avviato sul viale del tramonto sia dal punto di vista fisico che da quello artistico.


Nella scelta di affidare se stesso e la sua vita narrata a Banderas c’è il senso del grande travaglio che probabilmente ha agitato Almodovar nella stesura del film e solo un grande amico oltre che suo attore prediletto poteva maneggiare le pagine della vita del regista senza che per questi potesse scattare quel blocco dato dal pudore e dalla difficoltà a raccontarsi, soprattutto nelle sue esperienze che lo hanno più segnato: il rapporto con l’amatissima madre ( non a caso interpretata da Penelope Cruz,altra pietra miliare del cinema di Almodovar), il suo grande amore giovanile, l’uso delle droghe pesanti, i malanni fisici e la depressione.
Salvador eè un regista che forse proprio perchè fedele a quella frase  è in pieno blocco di ispirazione , sebbene di scritti ne abbia non pochi, la salute è precaria, i cocktail di farmaci sembrano non essere più sufficienti e , grazie all’incontro con Alberto, l’attore protagonista di un film che 25 anni prima aveva decretato il grande successo per il regista, decide di passare all’eroina fumata.

lunedì 18 novembre 2019

The Nightingale ( Jennifer Kent , 2018 )




The Nightingale (2018) on IMDb
Giudizio: 7/10

Siamo nei primi anni dell' 800, nel Nuovissimo Mondo, il continente australiano, dove l'Impero Britannico consuma l'ennesimo atto di colonialismo brutale ai danni degli indigeni; per la precisione siamo in Tasmania una isola situata a sud dell'Australia: qui , proveniante dalle galere inglesi vive l'irlandese Clare, deportata insieme al marito.
In seguito al  rifiuto di accondiscendere ai turpi desideri di un ufficiale britannico che si ritiene un suo protettore, la famiglia di Clare subirà un brutale quanto odioso atto violento che spingerà la donna a viaggiare per l'inospitale isola alla ricerca della vendetta.
Dietro al revenge movie d'epoca la regista australiana Jennifer Kent, al secondo lavoro come regista dopo l'esordio nell'osannato horror Babadook, racconta non solo una storia di soprusi e di violenza , ma anche il genocidio e le violenze subite dagli indigeni durante quella che è stata la stagione colonialistica australiana dell'Impero Britannico, probabilmente la meno conosciuta e anche la meno raccontata ma che è ricca come tutte le altre di pagine di vero raccapriccio e odiosa violenza.


Per tale motivo il perno intorno cui gira tutto il racconto, dal momento in cui Clare parte per la sua vendetta, sta proprio nel binomio che si forma tra la donna stessa e Billy un indigeno che assolda per farle da guida all'interno della pericolosa foresta che domina l'isola per poter consumare la sua vendetta all'inseguimento del soldato britannico autore dello spregevole gesto.
Clare  l'irlandese galeotta deportata e Billy il nativo aborigeno che ha visto la famiglia sterminata dai bianchi colonizzatori diventano insomma i protagonisti del viaggio e al contempo l'emblema dei soprusi e delle violenze compiute dall'esercito che a sua volta viene dipinto dalla regista come un branco di violenti, ubriaconi, disgustosi personaggi in cerca di gloria: la Kent non risparmia nulla dal punto di vista visivo riguardo le violenze e gli atteggiamenti dei colonizzatori, risultando per tale motivo il film piuttosto crudo e in certi momenti quasi pesante da sopportare.

Queen of Hearts ( May el-Toukhy , 2019 )




Queen of Hearts (2019) on IMDb
Giudizio: 8/10

Anne è una affermata avvocata con una bella famiglia da cartolina, una splendida casa nel bosco e una esistenza di certo agiata e gratificante, a giudicare almeno da quanto si vede.
L'unico neo nella vita di Anne è il suo approccio al lavoro: lei infatti si occupa di casi di violenze sui minori, soprattutto ragazze e l'incapacità dei tribunali di fare  giustizia rincorrendo cavilli legali e tematiche da azzeccagarbugli  le genera un senso di frustrazione.
Quando però nella vita della sua famiglia irrompe Gustav , il figlio diciassettenne del marito, l'effetto sarà fragoroso: il giovane di fatto non conosce il padre che lo ha trascurato per tutti gli anni passati lasciandolo con la madre, è un ragazzo problematico, che indubbiamente ha sofferto una esistenza difficile che lo ha plasmato carico di durezza, e il ritrovarsi in una bella famiglia da telefilm il cui asse portante è il padre che invece a lui ha negato la gioia di averne una lo rende almeno all'inizio ruvido e violento.


Poi un po' l'affetto che le sorelline gli dimostrano da subito e l'atteggiamento di Anne che cerca di coinvolgerlo nella vita famigliare sembrano scalfire almeno in parte il muro che circonda il ragazzo.
Il problema è che Anne forse per noia, forse perchè stanca della routine matrimoniale, forse semplicemente per curiosità un po' morbosa, abbindola il giovanotto e inizia con lui una relazione ovviamente segreta.
Fintanto che Anne ha il suo toyboy con cui trastullarsi tutto procede per il meglio, per lei e anche per il ragazzo, ma quando per un eccesso di confidenza qualcuno vede qualcosa la donna decide che è il momento di tagliare; Gustav non accetterà facilmente la decisione, e tutto prenderà una piega pessima con Anne disposta stavolta a tutto pur di salvare la sua esistenza , il suo benessere borghese e la morale.
Terzo lavoro della regista danese May el-Toukhy, Queen of Hearts nella sua prima parte si struttura come un lavoro dall'apparenza lenta e privo si spunti, con qualche venatura melodrammatica, ma quando l'evento centrale della storia si concretizza , il racconto assume subito le giuste tinte morbose, drammatiche, violentemente cattive grazie alla tematica che il film getta nella storia: una apologia della violenza del forte contro il debole, del ricco contro il poveraccio, di chi nella vita ha tutto da difendere contro chi invece non ha nulla.

martedì 12 novembre 2019

Blanco en blanco [aka White on White] ( Theo Court , 2019 )




White on White (2019) on IMDb
Giudizio: 7/10


Inizi del XX secolo, il fotografo Pedro viene assoldato da un potente e invisibile latifondista del sud del Cile , in piena Terra del Fuoco, per immortalare il suo matrimonio con la giovanissima Sara. La bellezza e il candore virginale della giovane sposa, poco più che una adolescente, crea un forte turbamento su Pedro, quasi una ossessione che lo porterà a rimediare un bel po’ di botte e soprattutto a diventare un altro dei numerosi sgherri beceri e violenti che compongono l’esercito personale dell’ineffabile Mr Porter, il promesso sposo. Da fotografo che deve catturare la bellezza femminile e il momento del matrimonio Pedro diventa il testimone dell’odioso sterminio degli Indios nativi Selkman, immortalato dalla sua macchina fotografica.


Lavoro di grandissima ambizione, White on White ( Blanco en blanco il titolo originale), opera seconda del regista di origini cilene Theo Court, trova però il suo valore essenzialmente nell’aspetto tecnico, in quanto la mole di tematiche che il regista decide di affrontare ( lo sterminio, la violenza infinita, la costruzione dell’immagine, il concetto di opera d’arte) in larga parte affogano in un mare magnum che non riesce alla fine a rendere organiche le tematiche stesse. 
Viceversa la regia, la costruzione dell’immagine, i piani sequenza, i giochi con la luce , la ricerca della perfezione cromatica e una fotografia che esalta lo splendore terrificante della Terra del Fuoco fanno di White on White un lavoro meritevole, forse troppo incline al manierismo, ma di sicura presa. La prova di Alfredo Castro nei panni di Pedro dimostra per l’ennesima volta la bravura dell’attore, in un ruolo in cui più delle parole contano gli sguardi e i silenzi.

The Criminal Man ( Dimitri Mamuliya , 2019 )




The Criminal Man (2019) on IMDb
Giudizio: 4.5/10


Un uomo assiste casualmente ad un omicidio che diverrà poi un caso nazionale: il morto è infatti il portiere della nazionale di calcio georgiana; inizialmente tentato di telefonare alla polizia per rendere una preziosa testimonianza, l’uomo invece intraprende un percorso improntato alla follia  che lo conduce a diventare egli stesso un assassino.
Negli interminabili 130 minuti di The Criminal Man del regista georgiano Dimitri Mamulya si consuma una per molti versi inspiegabile parabola personale che porta il protagonista a compenetrarsi dapprima nell’omicidio motivo per cui si reca ripetutamente  a visitare  il luogo del delitto e quindi a far emergere in sé quel lato malvagio che lo conduce all’omicidio.


Vero che il protagonista è un uomo talmente normale da risultare grigio , ma francamente la sua smania silenziosa di assurgere al ruolo di omicida  risulta evidentemente  ben poco credibile per la mancanza di una qualche spiegazione razionale o non che indichi dove e perché risiede in lui il germe del male, quasi il percorso fosse un semplice sentiero già tracciato che  si trova in ogni essere umano, interpretazione antropologica ben poco credibile tra l’altro.

lunedì 11 novembre 2019

Adoration ( Fabrice du Weltz , 2019 )




Adoration (2019) on IMDb
Giudizio: 7/10


Regista che aveva coagulato intorno a se qualche anno fa un grande interesse, soprattutto per l’impulso personale dato al genere horror psicologico, Fabrice duWeltz aveva da qualche tempo fatto perdere le sue tracce prima di riemergere dall’anonimato con Adoration, un thriller con al centro del racconto una coppia di adolescenti in fuga dalla vita.
Paul vive con la madre nella clinica psichiatrica immersa nel bosco dove la donna lavora, è un ragazzino silenzioso ma sensibile, che vive quasi un afflato sensoriale con la natura che lo circonda; quando nel parco nel quale è immerso l’istituto incontra Gloria, una ragazzina con notevoli problemi psichiatrici, la sua esistenza subisce un cambiamento repentino. Letteralmente rapito a infatuato della ragazza Paul si presta in tutti i modi per aiutarla nonostante la madre lo metta in guardia; niente però impedirà ai due di fuggire dopo che Paul avrà visto con i suoi occhi per la prima volta cosa è in grado di fare Gloria.


Nonostante il timore per lo stato della ragazza, Paul si lascia andare a questa fuga folle, nutrita dalla insanità che risiede nelle mente di Gloria e dall’amore totalizzante del ragazzo che non vacilla neppure davanti all’emergere dei demoni della sua amica.
Lavoro che si lascia alle spalle le atmosfere morbose e ribollenti di follie e perversioni che avevano fatto la fortuna del regista, Adoration possiede una notevole forza narrativa che però duWeltz non sempre riesce a incanalare nel modo più opportuno al punto che il film per molti versi può essere considerato  una occasione persa; girato in pellicola , l’ultimo lavoro del regista belga tende a richiamare più la compenetrazione con la natura di stampo malickiano che i toni da horror, con il risultato di offrire immagini che la pellicola e le scelte di fotografia rendono particolarmente calde e avvolgenti, quasi ad avviluppare i due giovani protagonisti alle prese con la follia e con il battesimo nella vita adulta dove c’è poco spazio per il gioco e l’innocenza.

Trois jours et une vie ( Nicolas Boukhrief , 2019 )




Three Days and a Life (2019) on IMDb
Giudizio: 5.5/10


Ultimi giorni del Secondo Millennio: un paesino delle Ardenne al confine tra Belgio e Francia, un ragazzino di sei anni scompare misteriosamente e tutto il paese durante le feste si mobilita alla sua ricerca; l’unico che sa veramente cosa è successo è Antoine , un altro ragazzino di qualche anno più grande, che però per paura e per mantenere il segreto tace. 
Le ricerche risultano infruttuose , il racazzino sembra esseresi volatilizzato e come non bastasse nel pieno delle ricerche una violenta tempesta flagella le Ardenne cancellando ogni possibile traccia.
Quindici anni dopo Antoine torna al suo paese dove nulla sembra cambiato, ora è un giovane medico pieno di speranze che non ha smesso di amare la madre con cui è cresciuto; il ritorno a casa incredibilmente riporterà alla luce lentamente, ma inesorabilmente, il passato, mettendo il ragazzo di fronte a scelte dolorose.


Costruito nella prima parte come un intelligente noir a sfondo psicologico  che viene però spazzato via dalla tempesta che si scatena sul paese e che cancella forse per sempre le tracce di quello che è accaduto al piccolo scomparso, Trois jours et une vie di Nicholas Boukhrief perde nella seconda parte molto dello smalto del suo inizio, troppo impegnato a rincorrere un plot narrativo fin troppo incalzante nel quale si affastellano episodi e situazioni che dovrebbero sì creare un groviglio narrativo che avvolge e immobilizza i personaggi, ma che di fatto crea una pletora di avvenimenti che vengono trattati con colpevole superficialità e che portano a diluire la forza dei personaggi, senza considerare alcune situazioni francamente forzate ( quella dell'amante segreto della madre di Antoine) che sembrano attaccate alla storia solo per risultare degli snodi narrativi e dei colpi di scena.

giovedì 7 novembre 2019

The Farewell [aka The Farewell-Una bugia buona] ( Lulu Wang , 2019 )




The Farewell (2019) on IMDb
Giudizio: 7/10


Billi vive a New York dove si è trasferita con la famiglia venticinque anni prima lasciando la Cina, ormai è una americana acquisita a tutti gli effetti e i suoi ritorni nel paese Natale sono stati rari e distanti nel tempo ormai.
Quando giunge la notizia che la vecchia nonna è malata di cancro e le rimane poco da vivere Billi decide di volare a Changchun nonostante i genitori lo sconsiglino: tutta la famiglia ha deciso di mettere in scena il finto matrimonio tra il cugino di Billi e una ragazza giapponese per poter giustificare la presenza di tutti i membri della famiglia giunti per vedere per l’ultima volta viva la vecchia nonna.


Muovendosi tra il film autobiografico, la commedia agrodolce, la satira sui costumi e le usanze dei cinesi (ma anche degli americani), soprattutto riguardo alla tematica dell’informare o meno un malato terminale delle sue condizioni, la regista sino-americana Lulu Wang dirige The Farewell, un lavoro che ha divertito  e anche commosso la platea della rassegna cinematografica romana dopo aver raccolto numerosi apprezzamenti al Sundance Film Festival dove ha avuto l’anteprima e nelle altre rassegne in cui è stato proiettato.
In effetti la mescola funziona bene, e soprattutto si apprezza la sincerità della storia e dei sentimenti come sempre quando il lato autobiografico viene maneggiato in maniera non invasiva e discreta. Anche la tematica della ricerca delle proprie radici e della prospettiva di vedere le cose che cambia al modificarsi dell’ambiente sociale esterno è ben strutturata in modo equilibrato.
The Farewell risulta lavoro piacevole, che diverte in modo intelligente a lascia riflettere su come , in conclusione, la globalizzazione planetaria incalzante non riesca a omogeneizzare tutto e a cancellare gli usi e le tradizioni millenarie facenti parte della cultura di un paese.
Il lavoro di Lulu Wang sarà presente anche nelle sale  Italiane a partire dai primi giorni del 2020.

The Irishman ( Martin Scorsese , 2019 )




The Irishman (2019) on IMDb
Giudizio: 8/10

Leggi il titolo e le poche note che hanno accompagnato il film, osservi i nomi degli attori, pensi al regista e inevitabilmente la mente corre a Quei bravi ragazzi, a Casinò a Mean Streets, ai lavori insomma che Scorsese ha diretto raccontando il mondo della malavita soprattutto newyorkese; ma appena il film parte si capisce che sebbene la scena sia costruita in perfetto stile scorsesiano, siamo di fronte a qualcosa che sarà ben diversa dall'epopea ammantata di mito che accompagnava i lavori citati.
La lunga carrellata della macchina che si muove tra i corridoi e le stanze conduce al vecchio in sedia a rotelle, un De Niro ben più credibile da vecchi decrepito che artificiosamente ringiovanito dalla CGI, ma di questo parleremo dopo. 
De Niro è l'ultraottantenne Frank Sheeran, irlandese di origine, un tempo pezzo grosso della manovalanza del crimine organizzato, di cui però adesso nessuno si ricorda più, neppure la giovane infermiera che lo  accudisce nello ospizio.


The Irishman è  un lungo racconto a ritroso, partendo dall'immediato dopoguerra e giungendo al nuovo millennio, raccontato da Frank , con un intreccio di pieno temporali che non creano però mai nè confusione nè quel senso di indefinibile quando vengono utilizzati in maniera poco credibile.
Frank ha fatto la guerra in Italia, ed ora , anni 50 , vive a Filadelfia con la su famiglia, guida il camion per eseguire consegne di quarti di carne e ogni tanto arrotonda facendo la cresta sulle consegne.
Il fato, che sembra il motore della storia, lo mette davanti al primo bivio importante della sua carriera criminosa: l'incontro con Russell , uno dei pezzi grossi della famiglia mafiosa dei Bufalino, il quale vede in lui una persona fedele, efficiente e che esegue i suoi compiti in maniera discreta senza fare problemi; dapprima qualche carico, poi qualche intimidazione ed infine killer ben prezzolato e stimato.
Nella sua ascesa Frank si troverà di fronte al secondo incontro che stavolta non tanto casualmente gli si parerà davanti, quello con Jimmy Hoffa il celeberrimo sindacalista d'assalto leader della corporazione dei camionisti, personaggio molto ambiguo, controverso ma di sicuro carisma, di cui diverrà guardia del corpo, confidente e amico.
Gli anni passano e il racconto di Frank procede fino a giungere ai momenti cruciali , quelli che lo porteranno alla inevitabile caduta, al contrario degli altri protagonisti, tutti o quasi morti ammazzati; ma la sua sarà una caduta non solo fisica ma soprattutto morale, abbandonato anche dalla famiglia stanca dei suoi lavori ben poco onesti.

lunedì 4 novembre 2019

Run with the Hunted ( John Swab , 2019 )




Run with the Hunted (2019) on IMDb
Giudizio: 5/10


Diretto da John Swab,al suo secondo lungometraggio, Run with the hunted fa parte di quella pattuglia di film indipendenti americani di cui ogni anno si popola la Festa del Cinema Di Roma, grazie all’occhio lungo del suo direttore artistico Antonio Monda: peccato che , a parte qualche rarissima eccezione, questi lavori risultano tutt’altro che degni di nota, spesso confusi quando non pretenziosi o addirittura di difficile lettura, ben lontani dai numerosi esempi di cinema americano indipendente che ultimamente hanno sorpreso per il loro valore artistico.
Il film di Swab è il racconto di una ragazzino della provincia americana, quella sporca e abbrutita, che passa le sue giornate con i suoi amichetti vicini di casa, affidati ad un padre ubriacone, sfaccendato e violento; nonostante questo strisciante stato di squallido abbandono i ragazzini sembrano comunque divertirsi dandosi man forte uno con l'altro.


Quando Oscar , il protagonista , viene a sapere delle molestie subite da Loux, la sua amichetta, non si crea problemi a far fuori il padre di questa, per poi fuggire in città per nascondersi. Qui entra in contatto con una banda di adolescenti manovrata da una gang di laidi personaggi che lo tiene nascosto da quelli che lo cercano; il ragazzino che dimostra subito di essere svelto e intelligente, quasi tagliato dalla nascita per quella vita di espedienti trova quindi una nuova famiglia che lo accoglie, nonostante le dinamiche che la governano sono tutt'altro che rassicuranti.
Quindici anni dopo Oscar ha fatto carriera nella banda, addestra i ragazzini all’uso della armi e alle tecniche di rapina , ma è sempre sottomesso nella scala gerarchica agli stessi personaggi  che si arricchiscono con le gesta della banda; la sua rimane sempre una vita ai margini, nell'emarginazione di una città di provincia dove i suoi capi si comportano da satrapi prepotenti e privi di scrupoli.
Il passato ritorna: Loux casualmente incontra Oscar, ma per quest’ultimo uscire dal giro infernale in cui si è infilato è tutt’altro che semplice, inoltre per uscirne lui deve necessariamente tirarsi dietro l'amata Loux che si ritrova nelle sabbie mobili di quel sottobosco di umanità alla deriva.
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