Considerato sin dal 2000, anno della sua presentazione in anteprima al Festival di Rotterdam ,come uno dei lavori più significativi ed emblematici scaturiti dal movimento della Sesta Generazione di cineasti cinesi, Suzhou River-La donna del fiume , possiede tutti i paradigmi del film di culto: opera terza dell’allora trentacinquenne Lou Ye che si impone da subito come uno dei più militanti registi del nuovo corso, censura cinese che si abbatte prepotentemente sul film ( verrà presentato sugli schermi cinesi solo molti anni dopo) e sul regista ( non autorizzato per due anni a dirigere in patria) , accoglienze trionfali in tutti i festival in cui è stato presentato, fino a divenire appunto uno dei manifesti cinematografici della Sesta Generazione.
Tranne una apparizione in un piccolo festival di cinema asiatico romano nel 2001 , il film è rimasto inedito in Italia fino ad ora ma il notevole lavoro di restauro in 4K da parte della Basis Berlin Postproduktion e l’opera meritoria della casa di distribuzione Wanted ha finalmente, dopo 22 anni , portato sugli schermi italiani questa opera fondamentale, presentata in anteprima all’ultima Berlinale.
Il lavoro di restauro rasenta la perfezione sia dal punto di vista puramente tecnico che da quello filologico grazie al tentativo, cui ha personalmente presenziato il regista, di mantenere il più possibile il timbro personale sia relativamente all’immagine che al suono, non snaturando l’essenza di un’opera che originariamente era stata concepita su pellicola a 16 mm a grana grossa.
La storia si basa sul racconto di un fotografo che funge da narratore di cui non conosciamo nome né volto, l’unico segno di tangibilità che lo contraddistingue da una classica voce fuori campo sono le sue mani che ogni tanto balenano sullo schermo; un racconto che corre su due binari, da un lato è quello personale del fotografo-narratore che ci racconta la sua storia d’amore tra il tormentato e l’etereo con Meimei una ballerina di night che si esibisce con una vistosa parrucca bionda e un abito da sirena in una grande vasca; dall’altro quello in cui lo stesso fotografo ci racconta la storia di Mardar, corriere e piccolo delinquente al servizio di un boss , e Madoun figlia sedicenne del boss che viene affidata al ragazzo quando il boss stesso ha da fare con le sue amanti: tra i due nasce un legame sentimentale che si interrompe drammaticamente quando la ragazza capisce che Mardar si è prestato al suo rapimento a fine di estorsione; Madoun si getterà nel fiume Suzhou e non si troverà più.
Mardar finisce qualche anno in galera e quando esce la sua ossessione è quella di ritrovare la ragazza amata , fino a che non incontra Meimei , uguale come una goccia d’acqua all’amata Madoun.
Quella che potrebbe apparire come una banale storia d’amore come tante, narrata su un doppio binario spazio-temporale è invece intimamente immersa in una atmosfera urbana dominata dalla presenza del fiume che scorre dentro Shanghai e che come un libro aperto infestato di sporcizia galleggiante racconta la storia di una città e della sua gente che barcolla sotto i colpi dei cambiamenti tumultuosi e a volte persino drammatici che hanno sconvolto il tessuto sociale della Cina metropolitana sul fine del secolo scorso e gli inizi del XXI; il breve prologo con cui conosciamo la voce narrante del fotografo (non a caso Lou sceglie questa professione per il narratore) è quasi un’ode al fiume Suzhou, a Shanghai e ai suoi abitanti che lungo le sponde del fiume vivono e sopravvivono, inseguendo addirittura leggende e miraggi di sirene.
Le storie delle due coppie, distinte , ma poi di fatto convergenti ed intersecantesi sono invece la fotografia di una situazione sociale e personale che è abituale nei film dei registi della generazione di Lou Ye: solitudine, affanni amorosi che intossicano una vita difficile in cui tutto sembra sfuggire di mano, piccola delinquenza che sopravvive di loschi traffici, i dubbi e le paure per un futuro cui neppure il sentimento riesce a regalare un raggio di luce e di speranza; come tanti personaggi di quel cinema splendido che è stato quello degli anni della trasformazione della Cina da grande gigante silente e arretrato a potenza economica dove comunismo e capitalismo vanno a braccetto seppur tra mille contraddizioni, i protagonisti di Suzhou River-La donna del fiume, sono gli eroi silenziosi, la gente comune che sbanda sotto i colpi dei cambiamenti e le cadute delle certezze, che si aggrappa all’amore per trovare una sicurezza difficile da raggiungere.