Giudizio: 8/10
Apre il Festival di Torino edizione 38, interamente online per la ben nota situazione di emergenza sanitaria, il primo lungometraggio della regista ,sceneggiatrice e produttrice messicana Fernanda Valadez: Sin senas particulares si presenta già bello carico di onori, avendo ricevuto riconoscimenti importanti , tra l'altro , a San Sebastian e al Sundance e al di là dell'indubbio valore artistico dell'opera è facile capire anche il perchè visto il tema trattato, quello dei desaparecidos messicani in fuga verso la terra promessa oltre il muro che divide il loro paese dagli USA, argomento tornato prepotentemente di moda per le recenti elezioni presidenziali americane.
Il film si guarda bene però dall'affrontare il problema da una prospettiva politica, semmai lo sguardo della regista si posa sull'aspetto più intimo e sociale, sull'essenza dell'uomo che anela ad una vita migliore fuggendo dalla povertà.
Il Messico in cui si svolge la storia è un paese dilaniato dalle problematiche sociali veicolate dalla lunga guerra ai narcos e allo stato di indigenza in cui vive larga parte del paese; la protagonista è la mamma di uno dei tanti giovani che ogni anno intraprendono la via del tentativo di introdursi negli USA clandestinamente, un traffico gestito da criminali senza scrupoli.
Quando qualche tempo dopo essere partito, non avendo la donna notizie del figlio e del suo compagno di fuga, decide di sporgere denuncia alle autorità; mentre dell'amico con cui il ragazzo era partito ben presto si ritrova il cadavere in una fossa comune, del figlio di Magdalena si ritrova solamente una borsa e l'ipotesi è che sia stato bruciato e sepolto rendendo impossibile la sua identificazione; per la donna non rimane altro che accettare il presunto cadavere del figlio e mettere fine alle sue ricerche e al suo tormento. L'incontro all'obitorio con una donna che anch'essa deve riconoscere il figlio allontanatosi da casa molto tempo prima e che la incita a non arrendersi ad una verità molto parziale, porta Magdalena ad intraprendere una lunga ricerca nelle zone di confine tra Messico ed Usa per poter almeno sapere la verità "vera", scontrandosi con reticenze , omertà e paure.
Il film di Fernanda Valadez è quindi una lenta inesorabile ricerca da parte di una madre della verità e del destino del proprio figlio ed il finale tremendo, durissimo e drammatico, ricco di ambiguità morali e personali, ci lascia con l'amaro in bocca anche perchè rimane tragicamente ma molto efficacemente sospeso.
Il confine tra Usa e Messico è uno dei luoghi in cui il traffico umano trova la sua espressione più bieca e tragica e la descrizione, sempre molto posata, che ne fa la regista è quasi fuori dal tempo, con la storia che a tratti si tinge dei colori di una religiosità mista a tradizioni e a superstizione che molto spesso si incontra nelle pellicole del Centro-Sud America.