mercoledì 30 gennaio 2019

Hereditary [aka Hereditary:Le Radici del male] ( Ari Aster , 2018 )




Hereditary (2018) on IMDb
Giudizio: 8/10

Anche per il 2018 Il Sundance Film Festival, come fu per l'anno scorso con il magnifico A Ghost Story , si conferma platea capace di condizionare il panorama cinematografico americano indipendente con lavori che faranno discutere di loro per tutto l'anno; nel 2018 la palma di film più discusso, oltre che più osannato dalla critica, è stato l'horror Hereditary , opera prima del regista newyorkese poco più che trentenne Ari Aster,  premiato anche al botteghino con incassi da lavoro mainstream.
Al di là dei roboanti giudizi che sembrano slogan buoni per una campagna pubblicitaria, Hereditary è opera che sfugge ad una facile classificazione di sottogenere, principalmente perchè il regista per larga parte del film lascia aperte varie possibili letture, e per tale motivo qualcuno ha voluto vedere nel film un nuovo, rivoluzionario modo di approccio al genere horror.


La storia è imperniata intorno ad una famiglia la cui matriarca muore lasciando dietro di sè più rancori che vero dolore: infatti Ellen, la defunta,solo di recente con una incipiente demenza si era riavvicinata alla figlia e alla sua famiglia. Dal necrologio che apre il film apprendiamo che la famiglia Graham sembra avere qualche coltre di maledizione che la ricopre, perchè il marito di Ellen  è morto in seguito a una forma di psicosi acuta e il figlio affetto da schizofrenia è anch'esso deceduto in età giovanile; rimane la sola Annie sposata con Steve e con due figli, il maschio Peter e la femmina, inquietante, Charlie.
La stessa Annie ha sofferto e soffre tuttora di turbe psichiche come il sonnambulismo; la sua attività di miniaturista la porta a riprodurre ogni angolo della casa in una opera che dovrà essere esposta a breve in una mostra.
Ed è proprio attraverso un fenomeno ottico di compenetrazione che si svolge all'inizio quando la camera da presa lentamente si insinua nelle camere miniaturizzate dell'opera di Annie per trasformarsi in realtà che Aster ci lancia il primo messaggio in codice: quello cui assistiamo non è solo il retaggio ereditario di una famiglia su cui sembra pendere una maledizione, ma è anche una forma di realtà diversa, un qualcosa che forse è stato già scritto.

Roma ( Alfonso Cuaron , 2018 )




Roma (2018) on IMDb
Giudizio: 8/10

L'ingresso prepotente delle piattaforme streaming nella produzione cinematografica ha scatenato una lunga, infinita e per certi versi stucchevole diatriba tra Festival sull'opportunità o meno di considerare questi lavori eleggibili all'interno di una rassegna cinematografica di prestigio; la Mostra del Cinema di Venezia , sotto la guida di Alberto Barbera, non solo ha spazzato via ogni polemica sterile , ma ha dimostrato come anche una piattaforma come Netflix sia in grado di produrre film importanti, addirittura degni del Leone d'Oro come è stato quest'anno con Roma di Alfonso Cuaron, autore che a Venezia mancava dall'anno in cui, fuori concorso presentò quello che a tutt'oggi è il suo lavoro di maggior successo, Gravity.
Roma ha la forza del film autobiografico che sa essere non troppo personale, quello della purezza tecnica grazie ad un bianco e nero spettacolare cui si unisce una regia degna dei più grandi maestri del cinema.


Il racconto, minuziosamente ispirato persino nei più piccoli particolari alla vita del regista, si impernia intorno ad una famiglia della media-alta borghesia di Città del Messico nei primi anni 70, periodo di grande turbolenza del paese, ma anche periodo di crescita e maturazione del regista, alle prese con le problematiche di una famiglia che a stento cerca di mantenere la sua unità , prima di cadere sfaldata per l'abbandono del padre medico.
Se da un lato, e in questo aiuta senz'altro molto la scelta del bianco e nero, è palese la prorompente nostalgia per il periodo seppur problematico, dall'altro la scelta di Cuaron di raccontare la sua storia e quella della famiglia filtrandola con gli occhi della governante indios conferisce a tutta la pellicola una solidità obiettiva e priva di eccessivi e pericolosi personalismi.
In effetti la figura di Cleo, la governante, è l'elemento centrale del film non solo per il suo ruolo di filtro, ma anche perchè diventa l'anello di congiunzione con l'altro personaggio femminile dominante di questa storia matriarcale, la madre del regista: entrambe infelici ed abbandonate, Cleo addirittura con un figlio in grembo, ma al tempo stesso tenacemente attaccate alla famiglia nel tentativo di mantenere una unità sempre più difficile.

sabato 26 gennaio 2019

Una notte di 12 anni [aka La noche de 12 anos aka A Twelve-Year Night] ( Alvaro Brechner , 2018 )




A Twelve-Year Night (2018) on IMDb
Giudizio: 7.5/10


Uruguay 1973 , dopo un lungo periodo di turbolenze, un colpo di stato mette alla guida del paese un gruppo di militari, soffocando la democrazia nel paese, destino comune a gran parte dei paesi della regione in quegli anni.
La giunta militare si accanì soprattutto contro il movimento dei guerriglieri Tupamaros di ispirazione marxista-leninista, arrestandone gran parte delle figure di spicco.
Alcune di queste videro ben presto trasformato il loro status da prigionieri in ostaggi da utilizzare come ritorsione in caso di azioni degli attivisti rimasti in libertà: infatti il regime li incarcerò in totale isolamento in condizioni durissime sottoposti a violenze fisiche e soprattutto psicologiche; non potendoli uccidere e far sparire  per non attirarsi addosso le ire delle organizzazioni umanitarie e dei governi di molti paesi, la giunta decise di colpire i carcerati nel modo più feroce: annullarne la personalità  e condurli alla follia.


Il caso volle che dopo 12 anni di carcere durissimo in isolamento e la caduta della giunta militare, una volta liberati , alcuni di questi Tupamaros divennero figure di grandissimo spicco nella politica del paese nei regimi democratici che si sono susseguiti fino ad oggi:  Josè Alberto Mujica detto Pepe divenne dapprima senatore e quindi capo dello Stato nel 2010 , Eleuterio Fernandez Huidobro , senatore anch’esso e ministro della difesa tra il 2011 e il 2016, Mauricio Rosencof, poeta scrittore e drammaturgo nonché anche politico della municipalità di Montevideo , sono i tre protagonisti della storia raccontata da Alvaro Brechner  che vuole essere qualcosa di diverso dalla semplice biografia e dalla pura narrazione storica.

giovedì 24 gennaio 2019

And Breathe Normally ( Isold Uggadottir , 2018 )




And Breathe Normally (2018) on IMDb
Giudizio: 7/10

Il cielo livido , il vento sferzante , gli scrosci di pioggia e dei quartieri che sembrano costruiti con i mattoncini della Lego fanno da sfondo alla storia di immigrazione e di emarginazione ambientata in quel lembo estremo e periferico dell'Europa che è l'Islanda.
E' qui infatti che vive la protagonista Lara, una ragazza madre con un passato difficile e con un presente altrettanto disagiato in compagnia del figlioletto in tenera età che di fatto non ha un padre.
La donna viene assunta in prova dalla polizia di frontiera e inviata a lavorare nell'aeroporto internazionale di Keflavik, dove proprio grazie al suo zelo, viene fermata una giovane donna, Adja, che si spaccia per francese ma in effetti è una immigrata irregolare dal Burkina Faso.
La strade delle due donne da quel momento diventano dapprima impercettibilmente ma poi sempre più intimamente intrecciate, in una lotta per la sopravvivenza e per la liberazione da una emarginazione che , alla fine , ha molti punti in comune tra le due.


I gesti di solidarietà che porteranno le due donne a diventare complici e sempre più intime sono la risposta alla fredda burocrazia che governa le questioni della immigrazione e alla difficoltà da parte di Lara di riuscire a calarsi nella realtà delle convenzioni sociali; l'emarginazione non è solo quella della dell'immigrata e della precaria, ma anche quella della donna e delle sue preferenze sessuali.
Il finale apre alla speranza, alla possibilità che la solidarietà sia qualcosa che vada oltre le semplici, e spesso ipocrite , parole.
La pellicola della regista islandese Isold Uggadottir che ha avuto il suo battesimo al Sundance di un anno orsono, è una misurata e attenta descrizione di una realtà che in Islanda ha certamente connotanti ben diversi da quelli che si manifestano nei paesi mediterranei dove le rotte della immigrazione hanno i loro punti di partenza e di attracco.

lunedì 21 gennaio 2019

The Favourite [aka La favorita] ( Yorgos Lanthimos , 2018 )




The Favourite (2018) on IMDb
Giudizio: 6/10


Per il suo terzo film in lingua inglese che segna probabilmente il definitivo cambio di rotta della sua visione cinematografica, Yorgos Lanthimos sceglie il dramma storico in costume a tinte commediaiole e pruriginose: La Favorita infatti è ambientato in Inghilterra  nel primo 700 e si impernia sulla figura della Regina Anna  di Gran Bretagna, ultima regnante della dinastia Stuart.
In particolare il film di Lanthimos si focalizza sulla fragile sovrana, minata nel fisico e nella psiche e sulle torbide manovre che si svolgono intorno alla sua corte da parte della nobile Lady Sara e dell’arrivista Abigail, giunta a corte come semplice serva e rapidamente entrata nelle grazie della sovrana; in entrambi i casi a muover l’interesse della regina per le due donne è la sua palese omosessualità, attraverso la quale le due cercano di accaparrarsi il ruolo di favorita di corte.


La povere Anna, fragile e debole, isterica e ben poco portata alle sottigliezze e alle schermaglie politiche diventa insomma una pedina in mano alle due megere che per diversi motivi e con diversi metodi cercano di governare in sua vece, favorendo questo o quello schieramento politico; il tutto mentre il regno deve far fronte ad una sanguinosa quanto dispendiosissima guerra contro la Francia verso la quale Anna ha ben poche idee sul da farsi diventando così ancora più condizionabile e in balia delle due aspiranti favorite.
Se Lady Sara è la faccia aristocratica della assetata di potere, Abigail è colei che cerca un riscatto per cancellare un passato orrendo e Anna , nel mezzo, è un puro strumento in mano alle due.

mercoledì 16 gennaio 2019

The House That Jack Built ( Lars Von Trier , 2018 )




The House That Jack Built (2018) on IMDb
Giudizio: 8.5/10


Il ritorno di Lars Von Trier a Cannes dopo sette anni dal grande scandalo che accompagnò alcune sue dichiarazioni su Hitler e sul nazismo in occasione della presentazione di Melancholia che  costarono l’espulsione dalla rassegna con gran codazzo di polemiche abilmente alimentate dagli ambienti del Festival francese, indubbiamente oltre alla curiosità che il regista danese porta sempre con sé faceva sospettare  qualche messa in scena maldestramente costruita ( dagli organizzatori e dal regista) che servisse a sottolineare  l’imperituro legame che unisce Lars Von Trier alla rassegna della Croisette: una pagliacciata insomma di quelle cui il nostro simpatico regista si è reso più e più volte protagonista.
Invece The House that Jack Built non solo è un bel film, decisamente tra i migliori in assoluto di Von Trier, ma si erge, più di quanto abbiano fatto altri suoi lavori, a summa filosofica e artistica, una riflessione, molto a modo suo ovviamente, sul rapporto tra l’uomo e l’opera d’arte calato in una realtà nella quale dominano gli aspetti più negativi che emergono dalla natura umana.


Sebbene il film  ondeggi di frequente tra un sarcasmo nerissimo e situazioni ironiche, le tematiche che emergono risultano maledettamente serie e profonde, rendendo l’opera nel suo insieme anche piuttosto complessa per la mole di argomenti affrontati, di sottili citazioni e di riferimenti.
Il racconto si svolge intorno a Jack, in un lasso tempo di 12 anni, nei quali la sua voracità da serial killer si è consumata, ed è raccontata in prima persona dallo stesso Jack insieme ad un misterioso personaggio, Verge (occhio al nome…) di cui solo nel finale capiremo qualcosa di più.
La narrazione è strutturata a capitoli, cinque omicidi  ( o incidenti come sarcasticamente vengono definiti) che in qualche maniera hanno segnato le tappe più importanti della carriera da serial killer compulsivo-ossessivo del protagonista.

martedì 15 gennaio 2019

First Reformed-La Creazione a rischio ( Paul Schrader , 2018 )




First Reformed (2017) on IMDb
Giudizio: 8/10

Padre Toller è il pastore che amministra la piccola comunità religiosa che orbita  intorno ad una chiesa antica fondata da coloni olandesi 250 anni prima, "prima chiesa riformata di Snowbridge, New York".
Il pastore porta nell'austerità del suo volto sofferto il dramma della morte del giovane figlio spinto ad arruolarsi per rispetto di una antica tradizione di famiglia e morto in una operazione di guerra; con la morte di un figlio tutto crolla, compresa la famiglia,dice Padre Toller, motivo per cui l'uomo con il figlio ha perso anche la moglie.
Non bastasse il tormento interiore il pastore cova nel suo corpo anche il male della carne, un cancro che già da segno di sè in maniera cattiva.


Tra i fedeli che frequentano la chiesa c'è una giovane donna, Mary, sposata con Michael e in attesa di un bambino; la donna è preoccupata per le condizioni del marito, un attivista politico che vede nel mondo attuale l'inferno sulla terra dove far nascere il figlio; su richiesta della donna Toller incontrerà Michael, ma lungi dall'essere in grado di dare spiegazioni sulla deriva che il mondo sta prendendo, il confronto sembra acuire il turbamento e il malessere spirituale che attanaglia il pastore.
Quale risposta dare all'apocalisse che si avvicina, alimentata dalla cupidigia e dall'avidità dell'uomo , di fronte alla quale persino le autorità religiose sembrano ignave se non addirittura conniventi? 
Se persino un uomo di chiesa che ha nel rapporto con Dio una ciambella di salvataggio mirabile non è in grado di poter tracciare una strada da percorrere per uscire dal percorso di distruzione, come pensare che l'uomo del popolo, il fedele della domenica possa  credere in qualcosa che gli eviti la catastrofe interiore e quella del mondo che lo circonda?

venerdì 11 gennaio 2019

Cold War ( Pawel Pawlikowski , 2018 )




Cold War (2018) on IMDb
Giudizio: 7.5/10


Nelle campagne della Polonia appena  emersa dal dramma della Seconda Guerra Mondiale, la compagnia di ballo e canto popolare Mazurka si pone l’obiettivo di rilanciare le tradizioni popolari in ottica patriottica-internazionalista: in un grande palazzo che lascia intravvedere lo splendore del passato e le miserie del presente la compagnia trova la sua sede e qui si incontrano Wiktor il direttore d’orchestra e Zula una giovane cantante dal carattere fermo e dalla grande personalità.
Wiktor ha girato il paese col suo registratore per raccogliere le canzoni popolari soprattutto quelle contadine, Zula viene da un passato orribile nel quale le dicerie raccontano che abbia ucciso il padre-violentatore.


Tra i due, esempio di classi sociali agli antipodi, scatta un amore intenso, che si nutre delle loro diversità e del loro amore per l’arte; in una tournée a Berlino Est Wiktor e Zula progettano di fuggire in occidente per poter vivere il loro amore in maniera libera e priva di condizionamenti ma nel momento cruciale la ragazza rinuncia a scappare e Wiktor si ritrova da solo nella splendente Parigi esempio della rinascita di quell’Europa che sta al di qua della cortina di ferro.
Tra incontri furtivi in territorio neutro,  riavvicinamenti e distacchi però la storia d’amore tra i due continua a rimanere in piedi finché Zula finalmente decide di tagliare i ponti col suo paese e di raggiungere Wiktor a Parigi, dove lui nel frattempo partecipa attivamente alla frenetica vita culturale e musicale che anima la capitale francese.
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