La deriva francese di Hong
Con questo lavoro il regista coreano più europeo raggiunge probabilmente il punto di massimo avvicinamento a quella cinematografia francese derivata dalla Novelle Vague che ha nel grande Eric Rohmer il suo punto di riferimento.
E' talmente netta la sensazione che sembra quasi di assistere ad un fenomeno di assimilazione, quando non proprio di fagocitosi, che, occorre dirlo, non giova, in questo caso specifico , al lavoro di Hong.
E' tanta la sua frenesia di avvicinarsi nello stile e nella tecnica a quel tipo di cinema che ambienta questo suo lavoro a Parigi, come a mettere un marchio indelebile sulla pellicola.
Il risultato non è di quelli che entusiasmano, tutt'altro,proprio perchè viene inesorabilmente a galla questa ricerca stilistica abbastanza fine a se stessa che fa passare in secondo piano quelli che invece sono sempre stati i punti di forza del cinema di Hong, che qui troppo spesso si riduce a un ripetere all'infinito la frase "ti amo".
E' talmente netta la sensazione che sembra quasi di assistere ad un fenomeno di assimilazione, quando non proprio di fagocitosi, che, occorre dirlo, non giova, in questo caso specifico , al lavoro di Hong.
E' tanta la sua frenesia di avvicinarsi nello stile e nella tecnica a quel tipo di cinema che ambienta questo suo lavoro a Parigi, come a mettere un marchio indelebile sulla pellicola.
Il risultato non è di quelli che entusiasmano, tutt'altro,proprio perchè viene inesorabilmente a galla questa ricerca stilistica abbastanza fine a se stessa che fa passare in secondo piano quelli che invece sono sempre stati i punti di forza del cinema di Hong, che qui troppo spesso si riduce a un ripetere all'infinito la frase "ti amo".