Il nuovo cinema taiwanese alla ribalta
A conferma della vitalità del cinema taiwanese, ecco l'opera prima di Arvin Chen, premiata a Berlino e in svariati altri festival in giro per il mondo.
Il film, su cui aleggia la grande ala protettiva di un produttore esecutivo del calibro di Wim Wenders , in effetti è una piacevolissima commedia che mescola in modo discreto svariati generi, su cui domina però una riflessione sull'amore.
Il film, su cui aleggia la grande ala protettiva di un produttore esecutivo del calibro di Wim Wenders , in effetti è una piacevolissima commedia che mescola in modo discreto svariati generi, su cui domina però una riflessione sull'amore.
Lungi dall'essere un film adolescenziale , come trama e locandina potrebbero erroneamente far credere, Au Revoir Taipei è un lavoro che ha nella originalità, nella leggerezza condita da un buon ritmo, nell'ambientazione da commedia fatta con intelligenza i suoi punti forti, pregi che indubbiamente superano i difetti (pochi a dire il vero).
Kai vedere partie Fei , la sua ragazza, per Parigi; ben presto , nonostante i suoi tentativi di imparare il francese, capirà che la loro storia è giunta al termine, motivo per cui decide di partire per Parigi in un disperato tentativo di recupero; i soldi , che gli mancano, li chiede al boss di quartiere che glieli accorderà in cambio di un piccolo favore.
Kai vedere partie Fei , la sua ragazza, per Parigi; ben presto , nonostante i suoi tentativi di imparare il francese, capirà che la loro storia è giunta al termine, motivo per cui decide di partire per Parigi in un disperato tentativo di recupero; i soldi , che gli mancano, li chiede al boss di quartiere che glieli accorderà in cambio di un piccolo favore.
Da questo momento in poi, e in poche ore, assistiamo ad un rincorrersi di eventi ed equivoci che vedranno protagonisti oltre a Kai, il suo amico Gao spilungone imbranato che ama la collega di lavoro del negozio ma che non è capace di dirglielo, Suzie, che lavora nella libreria dove Kai passa il tempo a leggere grammatiche francesi e che è interessata al ragazzo, il boss Bao che ben lungi dall'essere il duro che vuole apparire, medita di abbandonare gli affari per amore, il poliziotto, mollato dalla fidanzata che la da la caccia al boss, ma che sul più bello di un inseguimento preferisce pedinare la sua amata piuttosto che portare al termine il lavoro, una banda di scagnozzi del boss Bao, improbabili ed inadeguati quasi quanto il vestito arancione che indossano.
Come si vede, tutti, più o meno , affetti da problemi di cuore a rincorrersi in una Taipei notturna, magnificamente fotografata tra chioschi per ravioli e strade umide, che emana un fascino cinematografico ipnotico e che funge da palcoscenico per questo film che si srotola tutto in strada.
Come si vede, tutti, più o meno , affetti da problemi di cuore a rincorrersi in una Taipei notturna, magnificamente fotografata tra chioschi per ravioli e strade umide, che emana un fascino cinematografico ipnotico e che funge da palcoscenico per questo film che si srotola tutto in strada.
Non mancano i bei momenti,il ritmo sostiene le pretese da noir sui generis del film, alcune situazioni sono riuscitissime e divertenti (il rapimento di Gao, la confessione del boss che vuole abbandonare perchè innamorato), la regia di Chen è curatissima e dimostra un talento notevole, da cui si intuisce che il giovane regista sino-americano ha messo a frutto gli insegnamenti di Edward Yang di cui è stato assistente e che ha studiato i maestri della commedia (primo tra tutti Woddy Allen).
L'uncio vero difetto del lavoro, ma essendo un asiatico-americano il regista credo fosse quasi inevitabile, è il ricorso ad un registro narrativo che strizza un po' troppo l'occhio ai canoni occidentali, come dimostra inequivocabilmente il finale.
A parte ciò si può senz'altro parlare di film bello, che ben si inserisce nel solco della nuova cinematografia taiwanese che nel 2010 ha sfornato senz'altro un buon numero di opere valide.
L'uncio vero difetto del lavoro, ma essendo un asiatico-americano il regista credo fosse quasi inevitabile, è il ricorso ad un registro narrativo che strizza un po' troppo l'occhio ai canoni occidentali, come dimostra inequivocabilmente il finale.
A parte ciò si può senz'altro parlare di film bello, che ben si inserisce nel solco della nuova cinematografia taiwanese che nel 2010 ha sfornato senz'altro un buon numero di opere valide.
questo me lo son procurato, per colpa di tsai sono inevitabilmente attratto da taipei. non sapevo ci fosse anche lo zampino di wim. appena riesco a vederlo ti faccio sapere.
RispondiEliminaDebbo dire che con Tsai ha ben poco a spartire, siamo in un concetto di cinema molto diverso, semmai qualcosa che proviene da Edward Yang si intravede, così come il fatto di essere il regista influenzato da certo cinema americano.
RispondiEliminaComunque questo film , e più in generale la cinematografia di Taiwan degli ultimi 2-3 anni, merita grande attenzione.