giovedì 3 febbraio 2011

Whispering corridors 3 - Wishing stairs ( Yun Jae-yeon , 2003 )

Giudizio: 4.5/10
Un thriller inconcludente lungo la scalinata

Terzo espisodio di quella che viene imropriamente considerata una saga, Wishing stairs si svolge , come i precedenti, tutto all'interno di un ambiente scolastico.
Questa ambientazione sembra essere stato per un certo periodo di tempo, un pretesto per scavare nelle inquietudini adolescenziali che si tramutano in angoscie e fantasmi, risultandone una serie di pellicole considerate come horror ma che a volte , come in questo caso, non tengono fede all'intento.
Se nei primi due l'aspetto orrorifico e l'ambiente da thriller psicologico che si concretizzava nella meterializzaone di fantasmi più o meno incavolati, riusciva in qualche modo a centrare il bersaglio, questo Wishing stairs stecca clamorosamente proprio sul piano narrativo  dell'horror.

C'è una scala nel giardino della scuola che nasconde una leggenda: se percorrendola, alla fine, compare il ventinovesimo scalino, i desideri espressi possono diventare realtà.
Kim So-hee e Yoon Jin-sung sono grandi amiche, un legame che sembra andare oltre la semplice amicizia, frequentano le lezioni di danza con profitto, e quando ci sarà la possibilità per una allieva della scuola di potersi recare presso una famosa scuola di danza europea, la competitività tipica della cultura coreana prenderà il sopravvento: la scala diverrà per Jin-sung il mezzo per raggiungere il risultato agognato a scapito dell'amica dotata di maggior talento. L'altra protagonista della storia è una cicciona , Hae-ju, dileggiata e derisa dalle compagne che si rivolgerà anch'essa ai poteri della scala dei desideri.
Una volta che la scala inizierà a rendere realtà i sogni, il film dovrebbe immergersi nell'horror, popolato dai fantasmi assetati di giustizia, ma questo solo nelle intenzioni: nella seconda parte il film non sta in piedi, procede con tutti i trucchetti dei peggiori film di genere, tra scricchiolii, urla lancinanti, gli immancabili capelli lunghi neri sul volto e chi più ne ha più ne metta.
Il finale, in qualche modo, seppur macabro, vuole essere consolatorio, ma non fa altro che suggellare un thriller che non regge per nulla la prova.
Paradossalmente la parte inziale del film, in cui si delineano i personaggi con le loro aspirazioni e i loro caratteri, è l'unica che da un minimo di dignità al film, presentandosi come una storia che vuole raccontare i disagi della gioventù, la difficoltà di rapportarsi, la sfrenata competitività; nulla di cui esaltarsi, chiaro, però il racconto ha una sua organicità; quando poi dovrebbe virare, aiutato da spettri, presenza oscure, orrore e sensi di colpa tutto il castello viene giù, procedendo in maniera confusa, senza un minimo di coerenza cinematografica, affidandosi a momenti scontati e privi di tensione, al punto da far rimpiangere la prima parte che di horror non aveva nulla.
Avrebbe fatto bene la regista esordiente in un lungometraggio a dirigere un film che sta più nelle sue corde, come dimostra la lunga introduzione che qualche pregio lo mostra, piuttosto che fare scempio di un genere che , al contrario di quanto si possa comunemente pensare, è tutt'altro che facile maneggiare con bravura.


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