L'esordio dei fratelli Coen con l'occhio fisso su Hitchcock
Dopo aver visto il bel remake di Zhang Yimou, si imponeva una rivisitazione del lavoro d'esordio dei fratelli Coen, ormai 27 anni orsono.
L'idea che di grandissimo film si tratti si consolida ancora più , anche alla luce delle loro opere seguenti: è un film che contiene molti dei perni dominanti la cinematografia dei registi , esplicitamente dichiarati nel breve prologo parlato, con in più un impronta da noir che richiama opere e Maestri del passato.
La storia parte con una atmosfera che sembra creata da Chandler, si sviluppa con ritmi e canoni tipicamente hitchcockiani e si coagula intorno al concetto base del Coen-pensiero: una umanità ferita e corrosa dall'avidità verso cui il fato (neppure tanto cieco) si accanisce a scagliare dardi velenosi.
La trama è assolutamente essenziale e stringata: due amanti, un marito che li scopre e che progetta la loro eliminazione affidandosi ad un tipaccio detective-assassino , il quale rivolta il piano e stravolge l'andamento delle cose; ma, soprattutto, piccoli particolari che fanno prendere alla vicenda una piega inaspettata in cui l'equivoco spunta fuori da ogni angolo.
Alla fine i protagonisti veri sono uno stupido accendino lasciato colpevolmente sul luogo del delitto e quattro fottuti pesci puzzolenti che lo nascondono, senza che a nessuno venga in mente di spostarli e dipanare così il mistero.
Lo spregevole personaggio del detective privato e killer prezzolato incarna lo stereotipo dell'eroe sporco e , quasi sempre perdente, del cinema coeniano, votato alla sua infinita avidità; gli altri protagonisti della storia non sono certo dei cavalieri senza macchia, per cui quando il fato decide di spostare l'ago della bilancia da una parte o dall'altra, le conseguenze non sembrano mai eccessive o ingiuste.
Lo stile hitchockiano è continuamente richiamato e sollecitato, sia per la grande attenzione verso il dettaglio che diviene punto nodale, sia verso certe ambientazioni cariche di una certa morbosità; sta di fatto che il più grande pregio del lavoro risiede proprio nella struttura della narrazione capace di creare una sottile ma palpabile tensione per tutto il film senza dover fare ricorso a parossismi.
Alla luce di quanto fatto in seguito, è questo un lavoro fondamentale, non solo perchè è il film d'eosrdio dei fratelli Coen , ma perchè presenta una maturità e una efficacia che faceva già chiaramente capire di che pasta fossero fatti questi due grandi registi.
L'idea che di grandissimo film si tratti si consolida ancora più , anche alla luce delle loro opere seguenti: è un film che contiene molti dei perni dominanti la cinematografia dei registi , esplicitamente dichiarati nel breve prologo parlato, con in più un impronta da noir che richiama opere e Maestri del passato.
La storia parte con una atmosfera che sembra creata da Chandler, si sviluppa con ritmi e canoni tipicamente hitchcockiani e si coagula intorno al concetto base del Coen-pensiero: una umanità ferita e corrosa dall'avidità verso cui il fato (neppure tanto cieco) si accanisce a scagliare dardi velenosi.
La trama è assolutamente essenziale e stringata: due amanti, un marito che li scopre e che progetta la loro eliminazione affidandosi ad un tipaccio detective-assassino , il quale rivolta il piano e stravolge l'andamento delle cose; ma, soprattutto, piccoli particolari che fanno prendere alla vicenda una piega inaspettata in cui l'equivoco spunta fuori da ogni angolo.
Alla fine i protagonisti veri sono uno stupido accendino lasciato colpevolmente sul luogo del delitto e quattro fottuti pesci puzzolenti che lo nascondono, senza che a nessuno venga in mente di spostarli e dipanare così il mistero.
Lo spregevole personaggio del detective privato e killer prezzolato incarna lo stereotipo dell'eroe sporco e , quasi sempre perdente, del cinema coeniano, votato alla sua infinita avidità; gli altri protagonisti della storia non sono certo dei cavalieri senza macchia, per cui quando il fato decide di spostare l'ago della bilancia da una parte o dall'altra, le conseguenze non sembrano mai eccessive o ingiuste.
Lo stile hitchockiano è continuamente richiamato e sollecitato, sia per la grande attenzione verso il dettaglio che diviene punto nodale, sia verso certe ambientazioni cariche di una certa morbosità; sta di fatto che il più grande pregio del lavoro risiede proprio nella struttura della narrazione capace di creare una sottile ma palpabile tensione per tutto il film senza dover fare ricorso a parossismi.
Alla luce di quanto fatto in seguito, è questo un lavoro fondamentale, non solo perchè è il film d'eosrdio dei fratelli Coen , ma perchè presenta una maturità e una efficacia che faceva già chiaramente capire di che pasta fossero fatti questi due grandi registi.
Sono totalmente d'accordo col tuo commento. Anche liberandolo dell'aura che gli deriva dai 27 anni di vita, credo che rimanga uno dei più bei film dei fratelli Coen.
RispondiEliminaProbabilmente hai ragione: vero che col passare del tempo si mitizzano le cose, ma per certi aspetti Blood simple è forse il migliore film dei Coen
RispondiEliminaSi, sono d'accordissimo anche io. Ho visto quasi tutti i film dei Coen (me ne mancano un paio credo), e questo è sicuramente tra i miei preferiti.
RispondiEliminaMi conquistò a suo tempo, quando uscì e averlo rivisto non mi ha fatto cambiare idea di una virgola: rimane un grandissimo film.
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