sabato 26 febbraio 2011

Un gelido inverno ( Debra Granik , 2010 )

Giudizio: 8.5/10
L'America nascosta tra i monti

Diciamolo subito, a poche ore dall'evento: se il premio Oscar avesse una reale validità artistica assoluta, svincolata da interessi commericiali e da pressioni affaristiche delle major, questo lavoro sarebbe sicuramente tra i più seri candidati alla vittoria e qualche statuetta non sarebbe certo uno scandalo, anzi; però siccome sappiamo che le cose non andranno così (ben lieto di essere smentito), rimane il fatto che Un gelido inverno risulta senz'altro tra i film più belli degli ultimi tempi, così plumbeo e drammatico, angosciante fino all'inverosimile.
Possiamo affermare che è uno di quei lavori che raccontano una certa America che solo un regista americano indipendente può rendere così vivido e vero, quasi fosse un trattato di antropologia che ci racconta una vicenda difficile da accettare per chi crede all'America come al centro del progresso e della tecnologia.

La vicenda, ambientata nel gelido Missouri, narra di una diciassettenne, Ree, che vive prendendosi cura dei fratellini e della mamma ridotta all' apatia completa, quasi fosse un vegetale; il padre, produttore e spacciatore di droghe sintetiche, è appena uscito di galera impegnandosi la casa e la proprietà in mezzo ai boschi per pagare la cauzione; Ree deve ritrovare il padre per evitare che le venga confiscata la proprietà e che la sua vita già ai limiti della sussistenza si trasformi in un incubo.
La sua ricerca la porta a contatto con la comunità montana in cui tutti sono mezzi parenti, tutti si odiano e tutti tacciono seguendo una legge tribale non scritta ma tramandata nei fatti.
La ricerca la porterà alla scoperta di alcune verità e soprattutto la condurrà profondamente nell'ammasso di desolazione e di abbandono che le ruota intorno.
Girato con grandissima attenzione per i luoghi e per le ambientazioni, prestando una meticolosa attenzione agli spazi in cui si svolgono le vicende con una natura impervia, ostile che sembra essa stessa voler prendere le distanze da una comunità governata da regole durissime dove la lotta per la sopravvivenza è l'essenza stessa della vita, la regista ci presenta una America nascosta, fatta di brutti, sporchi e cattivi, richiama alla mente alcuni momenti del Boorman di Un tranquillo week end di paura, delinea con grandissima efficacia la figura di una ragazza , già uscita dall'adolescenza di necessità, che ha appreso e messo in pratica le violente regole della sopravvivenza, in cui non alberga , tranne che per una furtiva lacrima nel momento topico del film,alcun emozione verso il padre, sopraffatta solo dalla sua responsabilità verso i fratellini e la madre malata.
Anche se qualcuno frettolosamente etichetta il lavoro come un thriller (cosa che non è), col passare del tempo inquietudine e angoscia crescono inesorabilmente raggiungendo, quasi senza rendercene conto , livelli altissimi, quasi si stesse assistendo ad una discesa agli inferi, popolati da facce dure, cattive, scolpite come totem , in cui però il pestaggio di una donna è consentito solo ad altre donne.
Un film che lascia il segno, profondissimo, come ferite che penetrano nelle viscere e che ci regale almneo due straordinarie interpretazioni: quella della giovane Jennifer Lawrance nel ruolo di Ree e quella di John Hawkes nel ruolo dello zio, fratello del padre, unico uomo rimasto a difendere la dignità di una famiglia ridotta in briciole.

8 commenti:

  1. credo sia venduto come thriller più che altro per ragioni commerciali, ché il thriller tira sempre.

    però a ben vedere proprio per quell'inquietudine e quell'angoscia sono caratteristiche che un thriller dovrebbe avere, e a me per atmosfere ha ad esempio ricordato alcune scene dall'america del silenzio degli innocenti. quindi forse è davvero un thriller e uno dei migliori degli ultimi anni :)

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  2. Verissimo che posside due tra gli ingredienti fondamentali di un buon thriller, ma nella struttura ha poco del genere, come siano andate le cose lo si capisce subito e non è neppure così importante sapere il come e il perchè.
    Io credo che il crescere soprattutto dell'inquietudine sia più dovuto ad una lenta discesa negli anfratti più bui delle vite stracciate raccontate nel film.

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  3. di sicuro è un pugno allo stomaco, in confronto "Il Grinta" sembra un film per bambini.
    se l'avessero chiamato "Pietra tombale per l'umanità" non avrebbero sbagliato di molto.
    e Ri è un'eroina, con una storia così disperata che neanche per andare a morire in Afghanistan la vogliono.

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  4. Naturalmente le cose sono andate come previsto alla kermesse hollywoodiana, ci voleva poco ad indovinare. Poco male.
    Esatto Ismaele ed alcune scene fotografano benissimo la tua idea: Ree che insegna ai fratellini come sparare col fucile, la scena dello zio che va a riprendersi la ragazza catturata e picchiata dal clan, la stessa scena madre sulla barca, apparentemente eccessiva.
    Voglio provare a recuperare in qualche modo il lavoro d'esordio di questa regista che, mi pare, abbia la giusta vis cinematografica.

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  5. E' nella wish-list. Spero di vederlo presto.

    Devo recuperarne un bel pò prima.

    CST

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  6. Direi che finora è uno fra i migliori film della stagione, quiundi merita assolutamente.

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  7. Anche a me è piaciuto moltissimo. Per ambientazione mi ha quasi ricordato un post-apocalittico. Lei bravissima ovviamente. Ma anche lo zio non è da meno. Un film che mi ha colpito molto.

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  8. Io ci ho visto molto del Boorman di Un tranquillo week end.... , ma indubbiamente la desolazione è talmente spinta che si può benissimo pensare ad un post-apocalittico o a un Brutti sporchi e cattivi stelle e strisce.

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