domenica 29 dicembre 2024

Vermiglio ( Maura Delpero , 2024 )

 




Vermiglio (2024) on IMDb
Giudizio: 7/10

Vermiglio di Maura Delpero, Leone d’Argento Gran Premio della Giuria a Venezia 2024, è un'opera che esplora il fragile equilibrio tra memoria collettiva e identità personale, ambientandosi nelle suggestive Alpi trentine durante gli anni cruciali della fine della Seconda guerra mondiale. Attraverso una narrazione intima e stratificata, il film segue tre giovani donne – Ada, Lucia e Flavia – che si muovono tra i vincoli di una società patriarcale e i loro desideri di libertà, in una comunità molto racchiusa in se stessa  dove il passato è sempre presente e dove il destino è segnato da strade già assegnate ad ognuno; inoltre in paese ci sono due disertori, uno dei quali autoctono, ma l’altro siciliano, che  con la loro presenza rischiano di sovvertire il fragile equilibrio di una comunistiche vive il suo isolamento quasi come un destino ineluttabile.
Delpero costruisce con precisione il microcosmo di Vermiglio, un villaggio che diventa metafora dell'Italia lacerata dalla guerra. L'utilizzo del dialetto locale e la ricostruzione accurata delle tradizioni – dai rituali religiosi alle pratiche agricole – immergono lo spettatore in un tempo sospeso, dove il peso della cultura locale è tanto una protezione quanto un ostacolo e costituisce di certo uno dei punti di forza del film. 
La regista mette in luce come le comunità di montagna siano state attraversate da tensioni profonde: lo scontro tra modernità e tradizione, tra maschile e femminile, tra la vita quotidiana e le incursioni della storia. Le Alpi, con la loro imponenza, diventano quasi un personaggio, una presenza silente che osserva i drammi umani.Ada, la figlia maggiore, incarna la ribellione silenziosa. In un contesto in cui le donne devono sottostare a rigide regole familiari, il suo desiderio di fuga e autonomia è un grido che risuona sotto la superficie della sua compostezza. La tensione tra dovere e desiderio è palpabile nelle sue scelte,  soprattutto per quanto riguarda il suo rapporto amoroso col disertore siciliano  che segnerà in maniera drammatica ed indelebile la sua vita ,e Delpero la rappresenta con una delicatezza che evita facili stereotipi.
Lucia, la secondogenita, rappresenta invece il conflitto interno: il suo percorso di crescita è segnato dalla scoperta della propria identità in una società che non lascia spazio all'individualità. Il personaggio di Lucia è il più complesso e stratificato, poiché incarna il passaggio dall'adolescenza all'età adulta in un mondo che chiede conformità.


Flavia, infine, è l'innocenza messa alla prova. La più giovane delle sorelle è testimone silenziosa di un mondo in cambiamento. Attraverso il suo sguardo, il film si concede momenti di poesia e speranza, contrapponendosi alle ombre della guerra.
Oltre alla trama personale delle tre protagoniste, Vermiglio si interroga sul rapporto tra memoria e identità. La comunità del villaggio, con i suoi riti e le sue abitudini, diventa il simbolo di un'Italia che tenta di ritrovare se stessa dopo il trauma del conflitto. L'acqua e la neve, elementi ricorrenti nella fotografia, assumono un valore simbolico: purificazione, ma anche immobilità.
Il patriarcato, incarnato nella figura del padre Cesare, è al centro di un discorso che non si limita alla critica, ma esplora le complessità delle relazioni familiari. Cesare non è solo oppressore, ma anche vittima di un sistema più grande di lui, che lo incatena a ruoli e aspettative, ma paradossalmente è anche il personaggio più colto ed evoluto del villaggio essendo un maestro che si spende per l’istruzione dei ragazzini e anche degli adulti in corsi serali.
Il personaggio di Cesare è forse quello più sfaccettato e meglio riuscito per lo meno relativamente al suo ruolo all’interno del racconto: evoluto, ma tiranno in casa, sceglie il destino delle figlie in base a regole arcaiche tramandate da secoli, ascolta la musica classica , ma affronta con gravità la situazione della figlia maggiore; una ambiguità insomma  che dà vita ad un personaggio ben riuscito anche grazie alla prova eccellente di Tommaso Ragno.

venerdì 27 dicembre 2024

Do Not Expect Too Much From the End of the World ( Radu Jude , 2023 )

 




Do Not Expect Too Much from the End of the World (2023) on IMDb
Giudizio: 8.5/10

Con Do Not Expect Too Much from the End of the World, Radu Jude confeziona un'opera che unisce sarcasmo tagliente, riflessione sociale e sperimentazione narrativa, offrendo un affresco tanto ironico quanto inquietante della Romania contemporanea e del suo rapporto ambiguo con l'Occidente. 
Il film, diviso idealmente tra passato e presente, riesce a mettere in dialogo due epoche attraverso un racconto che si muove tra il tragico e il grottesco, confermando Jude come uno dei registi più originali del panorama attuale dirigendo un’opera che ha molti punti in comune con l’osannato Sesso sfortunato o follie porno sia dal punto di vista narrativo che da quello delle tematiche discusse.
Al centro del film troviamo Angela ( una eccellente Ilinca Manolache ), un'assistente di produzione freelance che trascorre le sue giornate guidando freneticamente per Bucarest alla ricerca di lavoratori infortunati per un video aziendale commissionato da una multinazionale per una campagna rivolta alla sicurezza sul lavoro; nei momenti di pausa la protagonista da voce e volto sommariamente truccato da software su Tim Tok al suo alter ego Bobita un esaltato che sproloquia in perfetto stile trash da social.
Per gran parte del segmento iniziale la sua figura è messa in parallelo con quella di un'altra Angela, protagonista del film rumeno Angela Moves On (1981) di Lucian Bratu. Quest'ultimo racconta le vicende di una tassista nella Romania comunista, creando un parallelo efficace tra le due epoche.
Il confronto tra le Angela – la tassista di ieri e l'assistente stressata di oggi – rappresenta una riflessione potente sull'evoluzione della società rumena: se l'Angela degli anni '80 navigava in un sistema rigido e prevedibile, quella contemporanea è immersa in un mondo frammentato e alienante, dove il capitalismo ha sostituito il controllo centralizzato, ma non ha alleviato il peso dell'oppressione. 
La sovrapposizione di frammenti del film di Bratu con la narrazione contemporanea crea un dialogo ironico e malinconico, suggerendo che le dinamiche di potere e sfruttamento restano immutate, seppur cambino le forme e i colori , visto che il film dell’Angela comunista è in un bel colore d’annata mentre  quello della Angela-Bobita post comunista è un bianco e nero sporco e sgranato.



Una delle scene più emblematiche del film che occupa tutta la lunga  parte finale in un piano sequenza interminabile, è quella in cui Angela filma Ovidiu, un lavoratore infortunato su una sedia a rotelle. La sua testimonianza, che dovrebbe raccontare un incidente sul lavoro, viene manipolata per soddisfare le esigenze di comunicazione della multinazionale. 
Questo processo di distorsione etica non solo svilisce la voce di Ovidiu, ma mette in evidenza le dinamiche di potere insite nelle strategie di corporate storytelling. Simili pratiche, ormai diffuse globalmente, trasformano storie autentiche in strumenti di marketing, sollevando interrogativi sulla responsabilità morale di chi gestisce tali narrazioni. 
La scena, in questo senso, funge da specchio inquietante per il modo in cui la società moderna spesso monetizza il dolore personale, rendendo la verità un elemento secondario rispetto agli obiettivi commerciali. Questa dinamica non si limita a una critica alla realtà rumena, ma diventa uno specchio delle tendenze globali, dove la narrazione personale è spesso subordinata alle logiche aziendali.
La ripetizione ossessiva delle battute, che devono essere perfettamente allineate alla narrativa aziendale, evidenzia l'ipocrisia e la disumanizzazione del capitalismo contemporaneo. Il caso di Ovidiu non è un'eccezione, ma un esempio paradigmatico di come i lavoratori vengano ridotti a "storie" utili per alimentare il consenso o la promozione di valori aziendali. Questa manipolazione riflette un fenomeno globale, in cui le vite dei singoli sono strumentalizzate per creare contenuti appetibili e politicamente convenienti.
In questa scena, girata come detto in un lungo piano sequenza, l'alienazione kafkiana emerge con forza: la macchina da presa si sofferma con insistenza su dettagli apparentemente insignificanti, come il volto teso di Ovidiu o i movimenti monotoni di Angela, enfatizzando la ripetitività e l'assenza di via d'uscita. Il ritmo lento e claustrofobico del piano sequenza, unito alla scelta di inquadrature statiche o strette, sottolinea il senso di impotenza e assurdità, trasportando lo spettatore in un microcosmo di alienazione e sfruttamento, le parole ripetute fino alla loro completa perdita di significato trasformano un dramma umano in una farsa. Jude utilizza questo momento per sottolineare come le narrazioni ufficiali non siano mai innocue, ma strumenti per mantenere lo status quo. Al tempo stesso, il regista ci invita a riflettere su come queste pratiche si siano ormai infiltrate nei media globali, rendendo la critica urgente e universale.
Lo stile di Jude è volutamente frammentato e multistrato, combinando bianco e nero, riprese digitali, citazioni di cinema d'archivio e momenti surreali. La scelta di includere l'alter ego di Angela su TikTok – un personaggio volgare e satirico che prende di mira misoginia e stereotipi – aggiunge una tematica ormai universale che riflette sul nostro rapporto con i media e l'identità digitale.

mercoledì 25 dicembre 2024

Twilight of the Warriors:Walled In / 九龙城寨之围城 ( Soi Cheang /郑保瑞 , 2024 )

 




Twilight of the Warriors: Walled In (2024) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Soi Cheang per la presentazione del suo nuovo attesissimo film Twilight of the Warriors: Walled In, sceglie  la prestigiosa cornice del Festival di Cannes seppure fuori concorso nella sezione Midnight Screening, dopo avere avuto nel Festival di Berlino nelle due precedenti occasioni il trampolino di lancio; al di là dei giudizi positivi raccolti  il film si è rivelato come il secondo all time al botteghino di Hong Kong relativamente alle opere  prodotte nella ex colonia britannica.
Il film di Soi Cheang offre un'immersione senza compromessi nella Kowloon Walled City degli anni '80, un luogo che ha fatto la storia di Hong Kong e che in questo frangente sembra quasi una allegoria della società degli anni 80 dove vige l'anarchia e l’istinto di sopravvivenza umana. Questo thriller noir, adattamento dell'omonimo manhua di Andy Seto, non solo racconta una storia di giustizia e criminalità, ma dipinge un affresco crudo e suggestivo di un microcosmo che esisteva ai margini di Hong Kong, sospeso tra mito e realtà.
La vera protagonista del film è la Walled City stessa: un intricato labirinto di edifici sovrapposti, illuminato da neon tremolanti e popolato da un mix eterogeneo di personaggi. Soi Cheang filma questo spazio con uno sguardo quasi documentaristico, catturandone sia il fascino che il degrado. Scene emblematiche come il mercato notturno, dove i neon pulsano sopra banchi affollati di mercanzie, o il confronto tra bande in un vicolo stretto, con l'illuminazione che enfatizza il caos e la violenza, mettono in risalto la dualità della città. L'architettura claustrofobica diventa metafora della condizione umana: compressione fisica e morale, ma anche una sorprendente capacità di adattamento. 
Come sempre poi è la mano del regista a dare quel tocco che fa di Twilight of the Warriors un film ricco di fascino, anche laddove l’aspetto più puramente narrativo non convince sempre a pieno, e di molti dei numerosi sottotesti che hanno fatto la fortuna del grande cinema d’azione di Hong Kong.



Soi Cheang sfrutta la sua esperienza come regista di action thriller (“Dog Bite Dog”, “SPL II”, “ Limbo”) per costruire sequenze di combattimento intense e visceralmente coreografate, che trasmettono un senso di precarietà e pericolo costante. In particolare, una scena ambientata in un corridoio stretto, dove il protagonista combatte contro più avversari con oggetti improvvisati, cattura perfettamente questa tensione, mentre un altro momento clou mostra un inseguimento tra tetti instabili, dove il pericolo deriva tanto dai nemici quanto dall'ambiente circostante. Le scene d'azione, spesso girate in spazi angusti, enfatizzano la natura selvaggia e imprevedibile della vita all'interno delle mura.
La storia segue un giovane  immigrato clandestino mainlander, segnato da un passato turbolento e alla ricerca di redenzione che si trova lungo la strada uno dei signori della malavita locale di Hong Kong per fuggire dal quale si ritrova catapultato, quasi fosse in una favola dark, nell’ambiente che domina la Walley City.
Attratto dalla Kowloon Walled City come un luogo in cui rifarsi una vita, si confronta con un ambiente dominato da bande criminali e privo di regole, dove la sua forza e determinazione saranno messe alla prova e soprattutto dove in breve tempo capirà come sia meglio comportarsi per non finire stritolato.
Il protagonista, entrato nelle grazie di Cyclone il signore incontrastato di Kowloon che regola la comunità con un fare tra il paternalistico ed il tirannico, si allea con un gruppo di abitanti locali, composto da ex lavoratori, piccoli commercianti e giovani cresciuti tra le mura, che cercano di resistere alle conseguenze di una guerra per bande che affonda le sue radici in un passato che mette di fronte vecchi amici e compagni d’armi ora su barricate diverse, al quale il protagonista è in qualche modo connesso.
Uniti dalla volontà di proteggere ciò che rimane della loro comunità, trovano nel protagonista una speranza per ribellarsi al regime di terrore. Attraverso tradimenti, alleanze inaspettate e scontri violenti, la lotta per il controllo della città si intreccia con la ricerca di un senso di giustizia personale, che il protagonista manifesta affrontando i fantasmi del suo passato e cercando di proteggere gli innocenti all'interno della Walled City. Questa evoluzione lo porta a mettere in discussione il significato di giustizia e il ruolo che può avere in un mondo senza regole.
I personaggi sono scolpiti con il tipico approccio di Soi Cheang: figure moralmente ambigue, in bilico tra redenzione e dannazione. Il protagonista lotta non solo contro i criminali, ma anche contro il proprio passato e le sue scelte. Gli abitanti della città incarnano diverse sfumature di umanità, dall’eroismo alla disperazione: un ex medico combatte per mantenere un dispensario improvvisato, mentre un giovane orfano diventa il simbolo della ribellione comunitaria con il suo sogno di aprire una scuola all’interno delle mura.

venerdì 20 dicembre 2024

Caught by the Tides / 风流一代 ( Jia Zhangke / 贾樟柯 , 2024 )

 




Caught by the Tides (2024) on IMDb
Giudizio: 8.5/10

Con Caught by the Tides, Jia Zhangke realizza una delle opere più intime e riflessive della sua carriera, un film che attraversa decenni di cambiamenti personali e storici, intrecciando il passato con il presente. Presentato al Festival di Cannes 2024, il film unisce materiale d’archivio tratto dai precedenti lavori del regista con nuove riprese, creando una narrazione che è al tempo stesso nostalgica e profondamente critica nei confronti del rapido sviluppo della Cina contemporanea.
Profondamente influenzato dalle peripezie della pandemia che ha bloccato il cinema per quasi due anni, Jia da buon documentarista quale è, sfrutta tutto il girato di alcuni suoi lavori precedenti ( Still Life e Unknown Pleasures in primis) creando un filo che percorre la sua cinematografia, le storie personali e la trasformazione della Cina fino ai giorni nostri innestandosi sulle riprese vere e proprie del film girate subito dopo la fine dell’emergenza mondiale.
Il racconto si snoda su quasi venti anni, articolato in tre segmenti distinti e segue le gesta di Qiao Qiao e della sua tormentata storia d’amore con Guo Bin affidandosi per i primi due interamente a filmati di archivio; questo approccio non convenzionale evidenzia il passare del tempo in modo tangibile, mostrando l'invecchiamento reale dei luoghi e dei protagonisti, mentre la qualità visiva varia tra formati digitali, pellicole 35mm e video a bassa risoluzione, rendendo il tempo un elemento viscerale e quasi palpabile nel film.



La scelta di Jia di utilizzare filmati dai suoi lavori precedenti, non è solo un omaggio al suo cinema, ma un modo per esplorare il tempo come memoria collettiva e personale.  Questo approccio potrebbe sembrare auto-referenziale, ma offre una meditazione profonda sul potere del cinema come mezzo per preservare e rielaborare il passato, andando ad arricchire ulteriormente la riflessione sul tempo che trascorre , cardine imprescindibile delle tematiche cinematografiche dell’opera del regista cinese.
Il film si concentra su come il tempo plasmi non solo i personaggi ma anche il panorama culturale e sociale della Cina. 
La costruzione della diga delle Tre Gole e il conseguente spostamento di milioni di persone sono rappresentati come metafore della trasformazione nazionale, a costo della perdita di radici e tradizioni. Jia mostra con malinconia il contrasto tra la vitalità delle comunità dei primi anni 2000 e il senso di alienazione del periodo post-pandemico. Il tempo, nel suo cinema, è sia distruttore che custode, e il film cattura questo dualismo con straordinaria sensibilità.
Il film esplora due temi fondamentali: l'impatto del progresso cinese e il trascorrere del tempo. Dai villaggi minacciati dalla diga delle Tre Gole ai centri urbani in rapida espansione, Jia mette in luce i sacrifici umani e ambientali del progresso economico. 
La narrazione segue anche il viaggio emotivo di Qiao Qiao, che cerca un amore perduto ma finisce per intraprendere una ricerca più profonda di sé stessa, offrendo un parallelo con una nazione alla ricerca della propria identità in un mondo globalizzato.
Quello che Caught by the Times esprime con maggior forza è il rapporto tra il cinema ed esplorazione temporale che sebbene sia una tematica carissima al regista, diventa qui quasi un trattato filosofico per immagini: il cinema come custode imperituro del tempo, conservando il passato, descrivendo il presente e prefigurando il futuro.

domenica 8 dicembre 2024

Giurato numero 2 [aka Juror # 2] ( Clint Eastwood , 2024 )

 




Juror #2 (2024) on IMDb
Giudizio: 8/10

Con Giurato Numero 2 , Clint Eastwood torna dietro la macchina da presa con l'intensità e la profondità che hanno caratterizzato il suo cinema negli ultimi decenni. 
A 93 anni, il regista continua a esplorare i grandi dilemmi morali che attraversano la condizione umana, ponendo al centro della narrazione un uomo ordinario di fronte a un dilemma straordinario e crea un compendio cinematografico di questioni morali che possono presentarsi nella vita di chiunque.
Il film si concentra su Justin Kemp , un tranquillo impiegato con un passato da alcolista messo in salvo dalla amorosa moglie in attesa di avere un figlio, dopo che la precedente gravidanza si era trasformata in tragedia, che viene chiamato a far parte della giuria per un caso di omicidio all’apparenza di semplice soluzione: lui ex delinquente, beone e violento , lei trovata morta al bordo di una strada dopo una delle tante liti. 
Durante il processo, Justin scopre di avere informazioni cruciali che potrebbero influenzare l'esito del caso: potrebbe essere lui stesso coinvolto, anche se indirettamente, nella morte della vittima. La storia si sviluppa, apparentemente come un legal thriller intorno alla sua lotta interiore: confessare e rischiare di distruggere la propria vita o tacere e lasciar che un altro paghi per un crimine che forse non ha commesso.
Come in molte opere di Eastwood, il film scava nel profondo della natura umana, affrontando temi come la verità, la giustizia e il senso di colpa. 



Justin rappresenta un uomo comune posto di fronte a domande etiche universali: fino a che punto siamo disposti a sacrificare noi stessi per i nostri valori? Quanto possiamo convivere con un segreto che rischia di consumarci?
Accanto alla figura del protagonista si staglia quella del pubblico ministero Killebrew , una donna che cerca di conciliare la sua ambizione con la necessità di dover amministrare la legge e contribuire a fare giustizia.
La figura del protagonista si presta a un'analisi dettagliata:  Kemp non è un eroe tradizionale, ma un uomo tormentato, il classico medio man , tutto famiglia e lavoro che sembra essersi lasciato alle spalle il suo problema di alcolismo, intrappolato tra la paura di perdere tutto e il desiderio di fare ciò che è giusto. La regia di Eastwood, essenziale, a tratti quasi minimalista nel suo adagiarsi al racconto, ma potente, enfatizza il suo isolamento, mediante il quale il protagonista pensa di affrontare i dilemmi morali che lo affliggono.
Il senso di colpa, tema caro a Eastwood, si intreccia qui con la tensione narrativa del processo:  il regista aveva già esplorato le conseguenze delle scelte morali e il peso delle responsabilità in altri suoi lavori, tuttavia, in Giurato Numero 2 Eastwood pone una domanda ancora più radicale: quanto valore attribuiamo alla verità quando è la nostra vita a essere in gioco? E’ la giustizia da considerare come verità assoluta oppure la verità fa parte di quegli aspetti della condizione umana in cui è impossibile attendersi una unicità assoluta? In sostanza può la giustizia, intesa come entità quasi sacra, superare la verità ?

sabato 30 novembre 2024

Anora ( Sean Baker , 2024 )

 




Anora (2024) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Insignito non certo senza sorpresa della Palma d’Oro al Festival di Cannes , l’ultimo lavoro di Sean Baker, senza dubbio tra i cineasti indipendenti più interessanti del panorama cinematografico americano, è stato generalmente accolto con grande entusiasmo, sebbene per molti aspetti Anora risulta non essere di certo superiore alle opere precedenti del regista.
Il film vede come protagonista Anora, per gli amici Ani, una giovane che lavora come spogliarellista in un sexy bar di Brooklyn e vive con la sorella in un piccolo appartamento a Brighton Beach; la ragazza , come tutte quelle che lavorano in quell’ambiente è più che spigliata e intraprendente e non rifiuta certo le avances dei personaggi che frequentano il bar, cui lei si strofina addosso a ritmo di musica, ovviamente se adeguatamente prezzolata.
Una sera grazie alla sua conoscenza del russo che le viene dalla nonna di origini uzbeke, le viene affidato un giovanotto appena ventenne, rampollo di un oligarca russo al quale non mancano certo i dollari; quello che inizia come un normale rapporto di lavoro diventa poi un qualcosa in cui rientrano anche i sentimenti , o forse semplicemente Anora intravede la possibilità di sfuggire dallo squallore della sua vita. Ivan , il giovanotto russo è un bimbominkia versione putiniana, tutto alcol, Playstation e droga che però si lega ad Anora con la quale , dopo una settimana di follie a Las Vegas , pensa bene di convolare a nozze decise in dieci minuti, Las Vegas,si sa , ovviamente esiste per questo; peccato che i genitori appena vengono a conoscenza della cosa scatenano un putiferio sguinzagliando loschi gaglioffi incaricati di bloccare i due e di invalidare il matrimonio in attesa che raggiungano col loro jet privato New York.



Il fessacchiotto russo come scopre che i genitori stanno arrivando si da alla fuga e Anora rimane in balia dei loschi gaglioffi in attesa dello sbarco dei russi cattivi.
Sean Baker costruisce una commedia in alcuni tratti dai ritmi frenetici, ma nonostante ciò non rinuncia al suo sguardo critico sulla società americana. 
La precarietà lavorativa, il difficile equilibrio tra aspirazioni personali e le dure condizioni economiche, e le relazioni umane complicate sono tutti temi che si ripresentano con una leggerezza che, però, non nasconde l'ombra della critica sociale. 
Anora è una figura emblematica di una generazione che si arrangia, che non perde il sorriso anche di fronte alle difficoltà e che non rinuncia a sognare, pur nella consapevolezza della fragilità di questi sogni.
Questo tono da commedia leggera, quasi spensierata, domina per gran parte del film, salvo poi cambiare registro in un finale inaspettatamente drammatico. L’inaspettato picco di drammaticità, sebbene ben orchestrato, arriva un po’ come una nota stonata rispetto all’andamento generale del film, che fino a quel momento aveva optato per una narrazione più lieve e scanzonata, ma ciò tutto sommato è un qualcosa di cui Baker si avvale spesso e riesce a farlo con buona efficacia.
Rispetto a lavori come The Florida Project o Tangerine, Anora appare meno incisivo: in questi precedenti film infatti, Baker era riuscito a costruire dei mondi più solidi e coerenti, con personaggi che si stagliavano in modo netto sullo sfondo sociale ; qui invece la commedia sembra a tratti mancare di quella profondità che aveva reso le sue opere passate delle critiche taglienti alla società americana. La rappresentazione di una gioventù precaria e disillusa è efficace, ma a volte sfiora la banalità di certe situazioni, fermandosi a un livello meno complesso. 

domenica 24 novembre 2024

Parthenope ( Paolo Sorrentino , 2024 )

 




Parthenope (2024) on IMDb
Giudizio: 8/10

Secondo la leggenda , la città di Napoli fu fondata da una sirena, essere mitologico dalle fattezze per metà umane e per metà  da pesce ,di nome Partenope, approdata  sull’isolotto di Megaride dopo essersi gettata in mare per la disperazione di non essere riuscita ad ammaliare Ulisse; come tutti i miti , anche quello della sirena Partenope possiede varie versioni che differiscono tra loro, ma questa è di certo quella più consona al film di Paolo Sorrentino.
Il film si apre infatti, siamo negli anni 50, con una donna che partorisce in mare una femmina cui viene dato il nome di Partenope e che sin dall’inizio diventa il polo centrale del racconto, a metà tra la trasfigurazione umana della città e una versione napoletana del Virgilio dantesco, nostra guida nel ventre molle della città, dagli anni 50 appunto fino ai giorni nostri.
Paolo Sorrentino, con Parthenope, sembra ripercorrere l'approccio de La Grande Bellezza in una versione più intima, radicata nella sua Napoli. 
Mentre La Grande Bellezza esplorava la decadenza della mondanità romana, Parthenope porta lo sguardo del regista verso un'analisi più profonda e personale, legata all'identità e alla memoria. La città di Napoli non è solo uno sfondo: diventa un personaggio a sé, evocativo, complesso, con le sue contraddizioni, luci e ombre, che rispecchiano l'anima tormentata e insieme vivace del protagonista, il regista stesso, che qui sembra rispecchiarsi nelle sue radici.



Sorrentino si avvicina alla sua città natale con un affetto misto a malinconia, come fosse una madre imperfetta che si ama nonostante le ferite. Napoli, in Parthenope, si offre nelle sue strade strette, negli antichi palazzi e nei volti delle persone che riflettono la bellezza senza tempo, ma anche la fatica e la rassegnazione. È un luogo di memorie perdute e di dolori familiari irrisolti, elementi che rimandano all’esperienza personale del regista, traendo linfa dalla sua storia familiare e dalla perdita prematura dei genitori.
Sorrentino costruisce Parthenope in continuità con lo stile felliniano, autore al quale spesso rimanda, volutamente o no non ci è dato di sapere, ricalcando quelle atmosfere sospese tra sogno e realtà, tra sacro e profano, come già aveva fatto in La Grande Bellezza. Le sequenze barocche e visivamente opulente ricordano il tocco di Fellini, specialmente in film come La Dolce Vita o Roma , dove l’eccesso e il grottesco sono allo stesso tempo una celebrazione e una critica di un mondo in decadenza. In Parthenope, gli eccessi visivi si manifestano attraverso il gusto di Sorrentino per i dettagli stravaganti, le feste surreali e i personaggi sopra le righe, quasi caricaturali, che danno vita a un mondo distorto e fiabesco, specchio della Napoli interiore del regista. 
C’ è insomma una impronta felliniana ancor più marcata ed una autoreferenzialità che non appare fastidiosa e anzi tende quasi a creare un legame invisibile con La Grande Bellezza, opera con la quale condivide il gusto romanticamente dissacratorio e sarcastico della visione  di Roma e Napoli
A differenza de La Grande Bellezza, però, qui il barocchismo sembra trovare un equilibrio più intimo e personale: la fotografia indugia sulle texture della città, i colori caldi e contrastanti, creando un’esperienza visiva meno patinata e più vissuta. 
Il regista gioca con i contrasti tra modernità e antichità, tra il chiasso vitale dei vicoli napoletani e il silenzio carico di memorie delle stanze abitate un tempo ed ora in decadente rovina silenziosa. 
Parthenope è sì una versione “napoletana” de La Grande Bellezza, ma con una prospettiva più raccolta e autobiografica. Sorrentino celebra Napoli come un simbolo della memoria e dell'identità, trasformando la città in un teatro dell’anima dove si svolge il dramma umano e personale del protagonista. 
In quest’opera, l'omaggio a Fellini non è solo stilistico: Sorrentino sembra rivivere in sé il tema felliniano della ricerca di senso, della fuga e del ritorno, mettendo in scena non solo Napoli ma il suo stesso rapporto irrisolto con essa. Parthenope diventa quindi non solo un film su una città, ma un viaggio interiore nei labirinti dell'esistenza e della memoria, dove Sorrentino, come i protagonisti felliniani, si perde e si ritrova.

domenica 3 novembre 2024

Hit Man [aka Hit Man-Killer per caso] ( Richard Linklater , 2023 )

 




Hit Man (2023) on IMDb
Giudizio : 8/10

Richard Linklater sorprende un po’ tutti , anche chi non appartiene alla schiera di fans fedeli come chi scrive, con Hit Man - Killer per caso, un thriller brillante che coniuga ironia e riflessione filosofica, centrato su una figura affascinante e contraddittoria e incredibilmente ispirato ad un personaggio realmente esistito. 

L’opera ruota attorno a un professore di filosofia, chiamato a vestire i panni di un killer per conto della polizia, in un susseguirsi di situazioni tra il grottesco e il profondo, che pone interrogativi sull’identità e sulla mutevolezza della personalità umana.

Il protagonista, Gary Johnson, è un accademico di giorno, con una vita apparentemente  fin troppo ordinaria. Appassionato di informatica, a tempo perso collabora con la polizia per problemi tecnici legati appunto alle apparecchiature informatiche. 

La sua vita cambia radicalmente quando, in seguito al concatenarsi di situazioni fortuite, si ritrova coinvolto in un’operazione della polizia che lo porta a recitare il ruolo di Ron, un killer: fungere cioè da trappola per essere assoldato da gente che vuole fare fuori qualcun’altro servendosi appunto di un killer prezzolato. 

Quello che comincia come una finzione di mestiere si trasforma presto in un’esperienza di auto-scoperta, che porta Gary a mettere in discussione le certezze sul suo vero Io e sul confine tra maschera e realtà; inoltre quando tra i mandanti di omicidi compare una giovane donna, Madison, stufa delle angherie del marito e decisa a farlo fuori, Gary venendo meno al suo ruolo e soprattutto innamoratosi all’istante di lei, cerca di salvarla dal gesto estremo. 




La sua improvvisa ascesa nel mondo oscuro della criminalità si rivela così un viaggio interiore, un gioco delle parti in cui Gary si riscopre capace di pensare e agire in modi che mai avrebbe immaginato ed il consiglio che si può dare è quello di prestare molta attenzione a quanto Gary dice durante le sue lezioni, perché in quelle che potrebbero apparire come chiacchiere accademiche anche un po’ stantie, è nascosta la quintessenza del film.

Linklater non si limita a offrire una narrazione di genere: tramite la figura di Gary-Ron esplora la concezione freudiana della psiche, giocando con il confine tra Io e Super-Io, un dualismo che genera una identità fluida e mutevole.

Gary, nel suo ruolo da Ron- "hit man", viene spinto oltre i suoi limiti, esplorando lati di sé che nella vita ordinaria restano sopiti o repressi. 

La personalità di Gary sembra strutturata in modo tale da permettergli di adattarsi a circostanze estreme e inaspettate, un adattamento che Linklater espone in maniera lucida e mai troppo drammatica, mantenendo una costante vena brillante.

domenica 27 ottobre 2024

Megalopolis ( Francis Ford Coppola , 2024 )

 




Megalopolis (2024) on IMDb
Giudizio : 8/10

Megalopolis è il viaggio visionario di un regista entrato ormai nel mito del Cinema che all’età di 85 anni , e dopo una gestazione durata decenni, riesce finalmente a gettare sullo schermo tutta la sua forza visionaria nella creazione di una opera che è un po’ il suo ultimo “all-in”  che esplora le crepe del tempo moderno, proiettandolo e mostrandolo come una reincarnazione dell’impero romano; costruisce  una fiaba ( come dichiara apertamente nel sottotitolo del film) dal forte impatto onirico incentrata su un futuro  nel quale l’utopia fronteggia la decadenza e la morte per autodistruzione della nostra civiltà, nello stesso modo in cui la sete di potere di pochi portò alla rovina l’Impero romano. 

Coppola ha plasmato questa opera colossale come un tributo al potenziale umano, celebrando l'innovazione e la capacità di evolvere verso un'esistenza in armonia con la Terra. Nel cuore della storia vi è il personaggio di Cesar (interpretato da Adam Driver), un ambizioso architetto il cui desiderio di ricostruire una “Nuova Roma” in stile futuristico si scontra con le forze retrograde rappresentate dal sindaco Franklyn Cicero (Giancarlo Esposito). La dinamica tra progresso e conservazione crea un confronto che affonda le radici nel potere e nella possibilità che l'utopia possa trasformarsi in distopia, soprattutto se accompagnata da ambizioni smisurate.




Megalopoli ha tutti i crismi per entrare di diritto nella galleria in quei film cosiddetti “maledetti” che sono stati prima la croce e poi la delizia di tanti cineasti ( ricordiamo I cancelli del cielo di Cimino o lo stesso C’era una volta in America di Sergio Leone), per il semplice fatto che la reale essenza dell’opera non è apprezzabile alla prima visione ( basti pensare ai fischi alla prima a Cannes…) e probabilmente neanche ad una seconda; forse occorrerà che il mondo arrivi al punto narrato da Coppola per rivalutarne l’impatto, ma sta di fatto che Megalopolis è opera controversa, per molti versi difficile, mastodontica, coerente con il credo cinematografico di un autore che ha sempre tentato di plasmare la materia cinematografica portandola agli estremi.

Sebbene non manchi una chiaro riferimento a Trump e alla sua deriva populista becera enfatizzata nel personaggio di Clodio (un eccellente Shia LaBeouf), cugino invidioso di Cesar oltre che vizioso gaglioffo, cui è riservato un epilogo non proprio simpatico,il film allude continuamente al passato, paragonando l'America moderna all'impero romano. 

Questa correlazione storica, utilizzata per riflettere sulla caducità dei grandi imperi, emerge non solo come una critica alle strutture di potere attuali, ma anche come uno spietato avvertimento: persino le civiltà più potenti sono soggette al decadimento. Tuttavia, invece di un giudizio cupo e definitivo, Coppola opta per una narrazione allegorica e fiabesca, densa di colori e scene di festa. Tra balli e momenti di gioiosa espressione, costruisce atmosfere che non si lasciano sopraffare dal peso dei temi trattati, conferendo al film un ritmo vibrante e, in alcuni momenti, quasi onirico.

giovedì 17 ottobre 2024

Crossing ( Levan Akin , 2024 )

 



Crossing (2024) on IMDb
Giudizio : 7/10

Lia è una insegnante di storia ormai in pensione, ha come scopo quello di ritrovare il nipote scomparso in fase di transizione sessuale, le ultime tracce si perdono a Batumi , città della Georgia sul Mar Nero, e siccome la rotta di fuga  per chi frequenta il mercato del sesso porta ad Istanbul, la donna , accompagnata da un ragazzotto, Achi, a lei di fatto sconosciuto, desideroso solo di fuggire dalla realtà misera cui appartiene, intraprende il viaggio alla ricerca della ragazza in una città che è un po' l'approdo di tutti i sogni, spesso fallaci,  di quella zona che sta a cavallo tra Europa ed Asia.
Crossing del regista svedese di origini georgiane Levan Akin affronta il tema dell'identità transgender con un tono sorprendentemente leggero, dove il conflitto tra il diverso e la società non è mai appesantito da atmosfere drammatiche o opprimenti. 
Al contrario, il film è permeato da momenti gioiosi, vibranti di vita e colore, con balli e musica che punteggiano la narrazione, creando un equilibrio tra la profondità dei temi trattati e la vitalità dell'esperienza umana.
Questo approccio stilistico alleggerisce il peso del conflitto, trasformando ciò che potrebbe essere una storia dolorosa in un racconto che celebra la resistenza e la ricerca della propria verità. Le scene di festa, spesso piene di energia e spensieratezza, dimostrano come la vita continui a fluire nonostante le difficoltà, e come anche nei momenti di incertezza ci sia spazio per la gioia e la condivisione.
 


Questi momenti rappresentano una forma di liberazione, non solo per i personaggi, ma anche per lo spettatore, che si ritrova coinvolto in un viaggio emotivo più complesso e sfumato di quanto si possa inizialmente immaginare.
La decisione di Levan Akin di non mostrare mai Tekla,la ragazza scomparsa, se non in un finale dai contorni magici, quasi una apparizione, forse il segmento più bello del film, è un espediente narrativo potente, che permette al film di concentrarsi sul vuoto che lascia dietro di sé e sull'eco delle sue scelte nelle vite degli altri. I personaggi parlano della sua assenza, riflettono su di lei, ma nessuno sa veramente se è ancora viva o dove si trovi. Questa incertezza crea una tensione narrativa sottile, che sottolinea il tema dell'invisibilità delle persone transgender nella società e, più ampiamente, di chiunque si trovi ai margini delle norme sociali.
Il contesto sociale e culturale gioca un ruolo fondamentale nel film: Crossing si interroga  sulla rigidità delle aspettative sociali nei confronti dell'identità di genere e il rifiuto implicito di accettare coloro che sfuggono alle definizioni tradizionali. 
Tekla, emblema quasi eroico nella sua assenza, rappresenta la rottura di queste convenzioni, ma lo fa attraverso il filtro delle parole e delle memorie altrui, un fantasma che aleggia etereo sul racconto. In questo senso, la narrazione diventa un'esplorazione del lutto e della perdita, non solo per un individuo che potrebbe non essere più presente, ma anche per un'idea di identità che non può essere controllata o imbrigliata.
La narrazione che in alcuni tratti diventa frammentaria e indiretta si trasforma in  una meditazione sulla memoria e su come costruiamo le identità delle persone a partire dai nostri ricordi di loro. È un film che parla della percezione degli altri e del modo in cui la società etichetta chi si discosta dalle norme, ma lo fa con una delicatezza che lascia spazio alla riflessione personale e soprattutto con una veste di road-buddy movie ci mostra come da un lato il viaggio e la ricerca siano lo scopo della strana coppia di personaggi sulle orme della ragazza, ma dall'altro è anche l'occasione per portare a galla i disagi dei due in una sorta di viaggio catartico e di liberazione.

lunedì 14 ottobre 2024

Light Light Light [aka Vaola Valoa Valoa] ( Inari Niemi , 2023 )

 




Light Light Light (2023) on IMDb
Giudizio : 7.5/10

Light Light Light (Valoa Valoa Valoa), diretto da Inari Niemi, è un film intenso e poetico che mescola abilmente temi sociali, storici e antropologici. Ambientato durante l'estate del 1986, quando l'esplosione di Chernobyl scuote l'Europa, il film segue Mariia, una quindicenne che vive in un piccolo villaggio finlandese. La sua esistenza tranquilla viene sconvolta non solo dal timore delle radiazioni provenienti dalla vicina Ucraina, ma anche dall'arrivo di Mimi, una ragazza un po’ sopra le righe ma  che porta una ventata di luce e caos nella sua vita. 

Questa relazione estiva e travolgente diventa il punto focale del racconto, in un intreccio di amore adolescenziale, trauma e perdita e sarà talmente potente e totalizzante da gettare ombre sulla vita di Mariia dopo molti anni, quando una volta adulta torna dalla madre nel suo villaggio natale.

Il film affronta con delicatezza la scoperta della sessualità e dell'identità di genere in un contesto rurale e isolato. La relazione tra Mariia e Mimi esplora il risveglio dell'amore lesbico, inserendosi nella più ampia tradizione del cinema queer e venendo riconosciuto per il suo contributo alla rappresentazione LGBTQ+ (ha infatti vinto il premio Queer Film of the Year). 




Il contesto storico dell'incidente di Chernobyl, simbolo del disastro e della paura, crea un parallelo con il tumulto emotivo vissuto dalle protagoniste, rendendo l'intera vicenda un racconto di "esplosioni" personali e collettive.

La pellicola esplora anche la fragilità della vita e la paura dell'ignoto, temi amplificati dalla minaccia radioattiva di Chernobyl, che diventa una metafora del pericolo invisibile ma onnipresente che grava sui personaggi. 

Mariia, nel presente, ritorna al villaggio per assistere la madre malata, e questi temi si intersecano con quelli della cura e del passaggio generazionale, offrendo riflessioni sulla memoria e sulle scelte impossibili fatte nella giovinezza.

Il racconto, po’ coming of age, un po’ dramma esistenziale, esplora inoltre le tematiche relative alle famiglie disfunzionali, ai rifiuti e alle perdite che ne derivano, alla mancanza di una appartenenza famigliare  da parte degli adolescenti  che sfocia nella rabbia e nella ribellione.

La regia di Niemi si distingue per l'uso sapiente della luce, che gioca un ruolo centrale nella narrazione. Come suggerisce il titolo, la luce è usata sia in senso figurato che letterale, illuminando i momenti più dolorosi e trasformando scene altrimenti difficili da guardare in qualcosa di etereo.

venerdì 4 ottobre 2024

Close Your Eyes [aka Cerrar los ojos] ( Victor Erice , 2023 )

 




Close Your Eyes (2023) on IMDb
Giudizio: 8.5/10

Dopo una assenza protrattatsi per oltre 30 anni, torna alla regia il regista spagnolo Victor Erice una delle voci più interessanti e autorevoli del cinema europeo, regista di soli quattro lavori nell'arco di mezzo secolo di attività: Close Your Eyes, presentato a Cannes dove avrebbe meritato ben altri palcoscenici rispetto a quelli dove lo hanno relegato nel corso della rassegna, si presenta come una opera che può anche apparire complessa , soprattutto per la sua robusta stratificazione sia narrativa che tematica, ma che per chi conosce almeno un po' l'opera del cineasta spagnolo, appare pienamente coerente con il suo stile.
Durante le riprese di un film l'attore protagonista scompare nel nulla, e dopo una indagine forse frettolosa le autorità ne decretano la più che probabile morte per suicidio basandosi sul ritrovamento della auto e di alcuni effetti personali sul bordo di una alta scogliera. La lavorazione del film viene sospesa e il regista  alla sua opera seconda , nonchè amico dell'attore scomparso, costernato dall'evento, si ritira a vita privata in una specie di camping scalcinato in riva al mare.
Oltre vent'anni dopo una stazione televisiva riprende il caso della scomparsa di Julio Arenas, l'attore, e invita il regista Miguel Garay ad intervenire ad un programma che tratta appunto del caso.
Apparentemente malvolentieri Garay accetta , probabilmente con la segreta speranza di poter finalmente sapere che cosa sia successo al suo amico, ritrovandosi dopo tanti anni ad inseguire un ombra scomparsa nel nulla.



La memoria, tema centrale ed asse portante dell'opera , è trattata sia a livello individuale che collettivo. La scomparsa di Julio Arenas rappresenta una perdita per chi lo conosceva, ma anche un vuoto nella storia del cinema stesso. La sua assenza diventa un riflesso dell'amnesia collettiva: la capacità di ricordare è costantemente minacciata dal rischio di dimenticare. Il tentativo del regista Miguel Garay di riscoprire cosa sia successo al suo amico diventa una ricerca del passato, nel tentativo di colmare i vuoti lasciati dal tempo, ma soprattutto è una profonda riflessione su come l'oblio sia l'anticamera dell'amnesia, di come la memoria perde la sua forza ogni qual volta le tenebre dell'oblio nascondono tutto.
L’amnesia è simbolicamente legata all'oblio che minaccia ogni essere umano e ogni opera d’arte. Erice ci invita a riflettere su come la memoria non sia mai completa, ma piuttosto una ricostruzione frammentaria e soggettiva. 
Come nei suoi precedenti film, il passato non è mai del tutto chiaro, e il presente è costantemente invaso dai ricordi e dalle immagini sbiadite del tempo trascorso.
L'identità è invece l'altro tema in cui rientra anche il ruolo dell'attore e quindi del Cinema come mezzo di narrazione; Erice tratta sempre il Cinema come un gioco di ombre in cerca di identità  e   Julio Arenas, l’attore scomparso, rappresenta una figura ambigua: da una parte è un uomo reale, con una vita personale; dall'altra è un attore, la cui esistenza si dissolve nei ruoli che interpreta. Questa duplicità è alla base del concetto di identità fluttuante che Erice esplora, dove la persona e il personaggio si mescolano e confondono.
La scomparsa di Julio può essere vista come una metafora della scomparsa dell'attore una volta che il film finisce: l’attore, contenitore di sogni e realtà, di identità e di doppiezze esiste solo nel momento della performance, poi scompare, diventando un ricordo nella mente degli spettatori. 
Il film invita a riflettere su cosa significhi essere un attore, un mestiere che richiede la continua perdita di sé, dove l'identità individuale è sacrificata in favore della finzione e tra i tanti che hanno affrontato questa tematica risulta sicuramente tra i più efficaci.
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