martedì 6 aprile 2010

Unknown pleasures ( Jia Zhang-ke , 2002 )

*****
La generazione del cambiamento

Come fu per Platform, anche stavolta Jia Zhang-ke, trova ispirazione per il titolo del suo film da un brano musicale che fa da colonna sonora , ripetuto svariate volte all'interno della storia; quando uno dei protagonisti chiede il significato di quella canzone, Qiao Qiao , aspirante rockstar locale, sentenzia: "Significa che puoi fare tutto ciò che vuoi". In effetti il senso della canzone non è proprio quello, ma l'interpretazione data spiega molto bene l'ambiente e le storie di vita dei tre giovani protagonisti nella città di Datong, anche questa nella stessa provincia della città natale del regista.
Anche qui, trama praticamente assente, se non nello scorrere di esistenze travagliate e al tempo stesso vuote, prive di slancio reale, pietrificate nell'abbrutimento della provincia cinese in marcia verso le trasformazioni e il progresso.
I tre giovani passano il loro tempo senza un minimo di accenno di vitalità, sebbene il desiderio apparente di una vita diversa faccia spesso da filo conduttore dei loro discorsi e dei loro gesti; la popolazione esulta per l'assegnazione delle Olimpiadi a Pechino e loro guardano con indifferenza e fastidio. Anche quelli che sono i rapporti personali di affetto, se non di amore, risultano statici, immobili, immodificabili. La metafora dell'autostrada in costruzione, via di salvezza dall'abbandono in cui vivono i protagonisti, si scontra pesantemente con la presa di coscienza triste e disperata che nulla potrà cambiare. Quello che emerge per tutto il film è un isolamento emozionale dal quale è difficilissimo uscire e che rende i protagonisti schiavi del loro spazio e del loro tempo.
I piccoli accenni alle tematiche sociali che Jia pone qua e là , quasi di nascosto (controllo delle nascite, disoccupazione, corruzione) servono ad appesentire ulteriormente un clima fitto di pessimismo.
Al di là della ormai nota bravura di Jia Zhang-ke , padrone di una tecnica realistica limpidissima, il film non raggiunge certamente i livelli di Platform: alcuni momenti troppo ripetitivi, uno sfilacciamento del flusso narrativo e una certa freddezza impenetrabile rendono la pellicola poco fluida ed omogenea: dietro una indiscutibile forza delle immagini, stavolta sembra esserci un po' troppo vuoto emozionale che rende oltre tutto la visione un po' troppo pesante in certi momenti. Non mancano sicuramente momenti belli e validi, ma nel complesso il film lascia un po' troppo indifferenti, nonostante un finale che disegna in maniera quasi grottesca una sconfitta senza appello.

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